Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

venerdì, settembre 30, 2011

Il perfezionismo di Rudolf Buchbinder

Rudolf Buchbinder è immerso nella vita musicale dai primi anni cinquanta del Novecento, quando – enfant prodige – fu ammesso a cinque anni (il più giovane allievo di tutti i tempi) alla Musikhochschule di Vienna. E sessant’anni dopo questo interprete tradizionalista e intraprendente ha ancora le riserve di energia fisica e spirituale che occorrono per eseguire in un’unica serata (in veste di direttore e di solista) i Concerti per pianoforte di Brahms. La sua conversazione è focosa: non è certo uno di quei pianisti che sanno parlare esclusivamente del loro repertorio e del loro strumento.
Buchbinder è un ottimo conoscitore della letteratura mitteleuropea e un esperto di arti figurative che durante le rare vacanze si dedica volentieri alla pittura. Le sue considerazioni sulla vita musicale sono quelle di un artista pienamente calato nella propria epoca ma preoccupato per quella perdita di memoria che affligge il mondo musicale di oggi.

Che cosa significa per Lei essere un artista in questo particolare momento storico? E che cosa significa essere un artista in senso più ampio?
Partirò da un aspetto che potrebbe sembrare a prima vista marginale, ma che in realtà è di fondamentale importanza: non lascio passare uno solo dei miei concerti senza intrattenermi dopo la performance con il pubblico che me lo richiede, per la firma degli autografi, o semplicemente per scambiare un’opinione sulla musica eseguita, o ancora meglio, solo per un sorriso o una stretta di mano. Inizio da questo dettaglio per spiegare il mio concetto di tradizione e di missione, con poche parole: le cattive tradizioni vanno abolite, distrutte. Le buone tradizioni vanno tenute in vita, adattandole al passare del tempo e al mutare delle condizioni sociali, politiche, culturali. In questo senso più ampio va intesa la professione, il fare artistico, che è una missione ricca di centinaia di anni di storia in trasformazione continua e ininterrotta, nella quale i cambiamenti si innestano con naturalezza.
Essere un artista significa per me innanzitutto essere un interprete. Non metto certo in secondo piano il versante tecnico: senza quello non esisterebbe l’interpretazione.
Lo studio è una condizione imprescindibile per l’esistenza di un pianista. L’esercizio quotidiano è un compagno di viaggio dell’intera vita del pianista. Tuttavia essere artista presuppone un salto di qualità, entrare nel vivo della musica, comprendere i compositori, confrontarsi con ciò che hanno scritto, eventualmente fino a trasfigurarlo. Abbiamo documenti di Stravinski che attestano come egli stesso cambiasse la sua musica dopo il confronto con gli esecutori.
Come sono mutate le dinamiche del Suo lavoro?
I mutamenti sono vastissimi, e sono di due categorie ben distinte: potremmo definirle interne ed esterne. Innanzitutto quelle interne: è cambiato completamente il metodo di avvicinarsi agli studi, all’acquisizione della tecnica, e di conseguenza è mutato il gusto esecutivo. Io non giudico, non categorizzo, non pretendo di dire ciò che è meglio o peggio: constato solamente che ci si avvicina a un compositore, magari studiandolo a fondo, ma talvolta senza entrare nel suo mondo, nella sua storia, senza valutare i motivi che hanno condotto la sua estetica a prendere una certa direzione. Noto talora che i giovani pianisti sono tecnicamente inappuntabili, ma portano al pubblico note magnificamente suonate senza far arrivare agli ascoltatori la cultura che le ha generate, l’epoca dalla quale i capolavori sono usciti. Io invece sono molto legato alla necessità di approfondire la conoscenza delle fonti. Per amore delle sonate di Beethoven, ho acquisito circa venti edizioni differenti della raccolta completa. Per passione ho poi collezionato un gran numero di manoscritti, di autografi, di prime edizioni. Anche dei Concerti per pianoforte e orchestra di Brahms possiedo le copie anastatiche dei manoscritti. Oggi la professione si è trasformata in una
corsa al concerto, talora senza comprendere la differenza tra evento e interpretazione. Molti pianisti si sono trasformati in uomo-evento, e questo è un cambiamento evidente, sotto gli occhi di tutti.
Per quanto riguarda i mutamenti che abbiamo definito come «esterni», si può ben cogliere il fatto che la musica d’arte non è più sotto i riflettori come un tempo. Qualche decennio fa i giornali, i quotidiani come le riviste, avevano il critico musicale, l’inviato a teatro per le «prime», e a volte anche lo storico che introduceva e spiegava l’opera. In televisione c’erano molti più concerti, i telegiornali parlavano dei musicisti come oggi parlano dei protagonisti della vita sportiva. Tutto questo non esiste più, e ovviamente condiziona la percezione del pubblico. Una grandissima differenza rispetto al passato riguarda la professione di pianista in relazione alle case discografiche. Un tempo il pianista veniva quasi «adottato» da una casa discografica, che lo seguiva lungo tutta la sua carriera, con un vantaggio enorme: quello di poter programmare il suo repertorio anche in funzione dell’eredità discografica. Tutto ciò costringeva in un certo senso l’artista a delineare un percorso, a scegliere i «suoi» compositori.
L’identificazione fra pianista e casa discografica poteva essere addirittura totale o quasi, come dimostra il caso di Glenn Gould e la CBS. Questo elemento ci porta alla considerazione forse più importante: il pianista del passato poteva pensare in proiezione alla sua carriera e al suo percorso estetico, lentamente, senza scossoni. Riassumendo, la carriera del pianista del passato era rivolta alla costruzione di un futuro, quella del pianista di oggi guarda essenzialmente al presente.
La più grande fortuna della mia carriera è stata quella di poter costruire il mio percorso con serenità, mettendo assieme le tessere di un mosaico ideale per cinquant’anni, senza affanni
e senza rincorse, con l’unica idea di migliorare.
Qual'è il destino dei più giovani che si avvicinano alla musica colta e in particolare al pianoforte?
Penso che il problema fondamentale per il mondo della musica colta sia attualmente quello di trovare una soluzione che permetta ai giovani e anche ai più piccoli di avvicinarsi in modo naturale all’arte. Ripeto, è lo snodo vitale per la trasmissione della nostra cultura musicale, ed è una questione che viene quasi totalmente accantonata dalle istituzioni della quasi totalità dell’Occidente. Io ho la fortuna di attraversare il mondo suonando, e da questa posizione di osservatore per così dire privilegiato devo dire che – dal Musikverein di Vienna fino alla sala da concerto più sperduta in Islanda – quando durante un concerto mi volgo al pubblico, o mi inchino per ricevere gli applausi, vedo sempre meno giovani tra le file. Ci sono certo delle eccezioni, dovute alla lungimiranza non tanto dei governi ma delle orchestre e dei teatri: direttori come Zubin Mehta e Nikolaus Harnoncourt fanno sì che vengano messi a disposizione biglietti economici per i ragazzi. Anche nel Festival di Grafenegg, che ho fondato e che dirigo, quello dell’accesso privilegiato ai giovani è un aspetto fondamentale. Purtroppo noto che in Italia questo atteggiamento è meno frequente, con pochissime eccezioni, rappresentate dal Teatro alla Scala e soprattutto dalla Filarmonica della Scala, che apre le prove alle scuole, gratuitamente.
Poi c’è un altro problema da affrontare, quello della crisi economica.
Se il prezzo di un biglietto per un concerto o per un’opera è assolutamente al di fuori della portata di un operaio o di un insegnante, figuriamoci come può uno studente accedere alle sale da concerto. Inoltre il sistema scolastico è oggi orribile, perfino in Austria, dove le scuole sono carenti in numero e in qualità. La situazione nel vostro paese non è migliore, ma finchè non si prenderanno delle decisioni serie e definitive a livello politico sicuramente sarà improbabile un miglioramento. Sarebbe inoltre necessario far capire ai politici la differenza tra istruzione e cultura; la prima non serve a nulla senza la seconda, e i governi dovrebbero investire maggiormente in tutti e due i campi.
Quali sono i Suoi impegni piu` coinvolgenti attualmente?
L’entusiasmo maggiore deriva dal mio carattere di perfezionista: come il grandissimo Claudio Arrau, vorrei arrivare dopo cinquant’anni di carriera al massimo delle mie possibilità. Migliorare continuamente è la mia fonte principale di energia ed entusiasmo. Come direttore e solista, dopo aver affrontato tutti e cinque i Concerti di Beethoven con i Wiener, il mio coinvolgimento maggiore in questo momento è diretto all’esecuzione dei due Concerti di Brahms che preparo con la Tonhalle Orchester Zürich; li suoniamo nella stessa serata, come abbiamo già fatto a Vienna e al Brucknerfest di Linz.
Ma tutta la mia vita come pianista mi coinvolge completamente, nello spirito e nella quotidianità: programmare il futuro significa avere l’opportunità di poter proporre al pubblico i propri sogni.
Fonte di enorme soddisfazione è per me la nomina a «Capell-Virtuoso», un incarico creato per me dalla Staatskapelle Dresden come artista residente: con questa magnifica compagine suonerò sia in tourné negli Stati Uniti che presso la Semperoper. Sempre nell’ottica di affinare le mie scelte estetiche, ripropongo il ciclo integrale delle sonate per pianoforte di Beethoven, che eseguirò – tra l’altro – anche al Mariinsky. Non mi dispiacerebbe riproporre, dopo tanti anni di distanza dalla mia incisione discografica, questo ciclo fondamentale in compact disc.
Qual'è appunto il Suo rapporto con il disco? Dopo averne registrati più di cento, c’è ancora qualcosa che sogna di incidere, o un ciclo che desidera realizzare?
Sta per essere pubblicato il live dei due Concerti per pianoforte di Brahms realizzato con la Israel Philharmonic Orchestra diretta da Mehta. Un ciclo completo di Beethoven mi permetterebbe poi di realizzare un confronto fra il me stesso odierno e il me stesso di venti anni addietro. Non aggiungo altro tuttavia, proprio perchè i sogni sono belli ma privati, e non nascondo un certo grado di scaramanzia, misto anche alla mia naturale riservatezza. Certamente guardando al mio passato posso dire di aver avuto la fortuna di realizzare progetti fondamentali per la mia crescita, come l’incisione completa dei Concerti per pianoforte e orchestra di Mozart, di tutte le sonate di Haydn, dei Concerti di Beethoven, ma anche di progetti più originali come il ciclo delle Variazioni Diabelli, in cui ho affrontato le lezioni di più di cinquanta autori differenti che si sono cimentati sul celebre tema. Posso solo aggiungere che ultimamente prediligo le registrazioni dal vivo, per la loro naturalezza, ma anche per la forza e l’energia che emanano.
In veste di fondatore e direttore artistico del Grafenegg Festival può raccontarci qualcosa su questa esperienza?
Per mia natura sono un perfezionista, e ho cercato di cogliere il meglio, selezionandolo, dai festival più affermati e consolidati a livello mondiale, come il Festival di Salisburgo, di cui sono ospite abituale. Ho cercato di trasmettere tutta la mia personalità e le mie idee a questo festival, cercando soprattutto di evitare gli errori compiuti da altri, che sono sotto gli occhi di tutti. Spesso capita che i fondatori di Festival, se sono anche esecutori, desiderino essere anche le celebrità della manifestazione, togliendo spazio agli altri. Decisamente non è il mio caso: le mie apparizioni sono molto limitate, un recital solistico e un concerto con orchestra, e quest’anno sarò lieto di interpretare il Primo Concerto di Brahms con la Israel Philharmonic e Mehta. Come direttore artistico sono orgoglioso di poter dire che sono lontano mille miglia dal sistema clientelare che purtroppo vige in molte manifestazioni, sistema che io detesto.
Nel mio Festival non sono invitati solo gli amici degli amici, o i protetti di qualche potente agenzia: a Grafenegg lo scambio culturale si svolge soprattutto all’insegna del confronto fra scuole e stili. Io invito artisti interessanti, che possono trasmettere il senso dell’arte al pubblico, offrendo repertori variegati, dal barocco al ventesimo secolo, senza preclusioni.
Soprattutto non invito solo artisti che io amo; mi sforzo di invitare anche interpreti che io personalmente non apprezzo, ma che possono coinvolgere il mio pubblico. Il mio gusto non è importante, io devo assemblare il miglior cartellone possibile.

Mario Marcarini (Musica, n.227, giugno 2011)

sabato, settembre 24, 2011

Harding/Mahler: Sinfonia n.9 in re maggiore

Un silenzio totale, protrattosi per più di un minuto, ha preceduto l’esplosione degli applausi al termine della Nona Sinfonia di Mahler diretta da Daniel Harding al Teatro Grande per l’inaugurazione del 48.mo Festival pianistico di Brescia e Bergamo (2 maggio 2011). Sottolineiamo con piacere l’eccezionalità di un silenzio così prolungato e perfino magico, logico sbocco di una sinfonia monumentale, che termina con un vastissimo Adagio, a sua volta sfociante in suoni degli archi sempre piu` rarefatti, tenui, sottili. Un lungo silenzio non può che essere l’unico sbocco della Nona di Mahler: sarebbe stato inopportuno affrettare l’applauso, togliere alla musica quel silenzio che le appartiene di diritto.
E` stato un concerto memorabile per piu` di un aspetto. Oggi ci sono direttori d’orchestra che vengono proiettati nello star-system in giovanissima età. Anche Harding, sul cui talento hanno scommesso maestri quali Simon Rattle e Claudio Abbado, ha bruciato le tappe, ma a differenza di altri colleghi ha saputo mantenere le promesse e le ha perfino oltrepassate. La Nona di Mahler, per la sua complessità a tratti quasi indecifrabile, sembra uno di quei testi musicali che si possono affrontare solo in età più che matura: Harding, a trentacinque anni, si è spinto molto più in profondità di tanti maestri con il doppio della sua esperienza, e con esiti di perfezione unica.
Ecco il primo movimento, Andante comodo, restituito con la massima trasparenza fin dalle prime decisive battute, in cui, sottovoce, compaiono le cellule generatrici di un brano oltre modo complesso, che rappresenta sempre – come lo stesso Harding ha dichiarato – una suprema «sfida intellettuale». Ecco l’enigmatico Ländler, reso con la necessaria rudezza iniziale e poi rilanciato ad alta velocità come nell’universo vertiginoso de La Valse di Ravel.
Ecco l’ancor più misterioso Rondo-Burleske, apparentemente centrifugo, ma in realtà compatto nella sua densità polifonica. Ecco infine l’Adagio, non più pensato come un momento lirico a sè stante, ma come il logico coronamento di quanto precede.
Forse la chiave di questa felicissima introspezione da parte del direttore inglese consiste in un atto di fiducia nella scrittura mahleriana. Considerando Mahler come un compositore avvenirista (e non decadente), come un autore dallo spirito giovane (dunque pieno di energie, malgrado la morte che lo avrebbe precocemente strappato a questo mondo), Harding ci ha fatto scoprire l’organicità e la coerenza interna di un’opera come la Nona Sinfonia che pensavamo fosse giocata soprattutto sui contrasti, su esaltazioni e depressioni, su momenti intellegibili e su lunghi interludi magmatici. E invece, con una concertazione finissima e con un’acuta lettura di quanto Mahler ha effettivamente scritto, il direttore inglese ha liberato la partitura dagli aloni tardo-romantici per consegnarla a quella galleria dei classici che, più che alla storia, appartengono al futuro.
Esemplare e impeccabile, in questo affascinante processo, l’apporto dei musicisti dell’Orchestra Sinfonica della Radio Svedese.

Marco Bizzarini (Musica, n.227, giugno2011)

venerdì, settembre 16, 2011

Hubert Stuppner: Exstasis & Nirwana

«Estasi & Nirvana» - Fantasie tristaniane di Re Ludwig con morte e Nirvana al cospetto del lago di Starnberg, 13 giugno 1886.
 
Non vi è nella Storia della Musica, tra compositore e reggente, un rapporto di amicizia, di ammirazione, di morbosa comprensione ed empatia più intensa e incondizionata che tra Ludwig II, Re di Bavaria, e Richard Wagner. «Egli mi ama con tutta l'intimità e l'ardore dei primo amore», ebbe a scrivere Wagner in una lettera del 4 maggio 1884 e aggiunge non senza compiacimento: «Egli mi conosce e sa tutto di me... e mi comprende come la mia propria anima Egli vuole che io rimanga con lui per sempre, che io lavori, riposi ed esegua le mie opere per lui... Non ho da essere un maestro sostituto, nè direttore, ma soltanto me stesso ed il suo amico».
Questa amicizia, nella quale si nasconde il sodalizio, narcisistico e prometeico, tra due anime portatrici di un Io romanticamente infinito e megalomane, ha aspetti fortemente regressivi e non è certamente un caso che Ludwig fosse il primo vero intenditore di quel depressivo mito di Tristano, eroe dell'unione mistica e un po' necrofila nella morte per amore, nonché l'esecutore sulla propria pelle - come il Werther di Goethe - del richiamo funesto dell'estasi che si completa nell'annientamento fisico del soggetto nel vortice della passione amorosa. Mai un messaggio estetico è stato preso più sul serio che in quell'attimo, tragico e metafisico in uno, quando il 13 giugno 1886 Ludwig si gettò nelle acque dei lago di Starnberg, simile a quell'«Olandese Volante» nel «Vascello Fantasma» di Wagner, che dopo aver cercato invano un amore che duri se ne andò tra le onde del mare e le tempeste del cielo, deciso come quell'altro protagonista dell'estasi, Tristano, di cui ambì seguire le orme, di «onorare il più sublime sogno dell'umanità, l'amore, con l'esecuzione dell'opera stessa» (Wagner), vale a dire con il gesto più perentorio possibile, più metafisico e regressivo: con il suicidio nell'acqua, con l'immersione nell'oblio primordiale del simbolico grembo materno.
L'immaginazione di un Ludwig dichiarato inaffidabile per gli affari ordinari del Regno a causa di una persistente Paranoia (Pazzia), costantemente in balia di fantasie regressive e suicide, associate alla forsennata impressione che aveva provato ascoltando proprio quel «Tristano», di cui sapeva recitare a memoria i versi più incisivi, acquista una propria connotazione psicologica, una plausibilità poetica, che risiede nella profonda identità e somiglianza tra l'ispirazione di Wagner e lo stato d'animo di un temperamento romanticamente coerente quale quello di Re Ludwig negli ultimi istanti della sua vita.
Nello stato d'animo della Paranoia la percezione si dilata all'infinito, tempo e spazio si disintegrano a vicenda, il movimento musicale, che si snoda lentissimo come un fiume dell'inconscio letale, diventa fantasmagorico, caricandosi di significati extramusicali in uno stato d'animo in cui l'estasi si unisce al nirvana e l'individuo, chiudendo gli occhi, fugge dal proprio corpo, trasgredisce il reale e si precipita nel nulla: «Precipitare dal grado più alto della vita nel nulla» (Ludwig, giorni prima dei suicidio). Ed è destino dei re che essi cadano dall'alto più in basso di ogni altro essere umano su questa terra!
«Estasi & Nirvana» interpreta il profondo ed ostinato desiderio di nirvana di Re Ludwig con il «rallentando» più lento e regressivo immaginabile della musica per archi, associando la dimensione consonante degli accordi, privi di punti di riferimento in una sintassi di ovvia musica,tonale, al desiderio, sfrenato e morboso, di distensione, manifestantesi in un «eterno» accordo perfetto di la bemolle maggiore, simbolo di quella mollezza dell'acqua del Lago di Starnberg, che gli doveva apparire, nell'attimo estremo del ritorno al nulla, come un simbolico e primordiale grembo materno.

Hubert Stuppner (note al CD Nuova Era 6881, 1990)

lunedì, settembre 05, 2011

Requiem


Requiem
Requiem aeternam dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis.
Te decet hymnus, Deus, in Sion,
et tibi reddetur votum in Jerusalem;
exaudi orationem meam,
ad te omnis caro veniet.
Requiem aeternam dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis.

Kyrie
Kyrie eleison,
Christe eleison,
Kyrie eleison.

Dies irae
Dies irae, dies illa
solvet saeclum in favilla,
teste David cum Sybilla.
Quantus tremor est futurus,
quando judex est venturus,
cuncta stricte discussurus.

Tuba mirum
Tuba mirum spargens sonum
per sepulchra regionum,
coget omnes ante thronum.
Mors stupebit et natura,
cum resurget creatura,
judicanti responsura.
Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur.
Judex ergo cum sedebit,
quidquid latet apparebit,
nil inultum remanebit.
Quid sum miser tunc dicturus,
quem patronum rogaturus,
cum vix justus sit securus?

Rex tremendae
Rex tremendae maiestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.

Recordare
Recordare Jesu pie,
quod sum causa tuae viae,
ne me perdas illa die.
Quaerens me sedisti lassus,
redemisti crucem passus;
tantus labor non sit cassus.
Juste judex ultionis,
donum fac remissionis
ante diem rationis.
Ingemisco tamquam reus,
culpa rubet vultus meus:
supplicanti parce, Deus.
Qui Mariam absolvisti,
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.
Preces meae non sunt dignae,
sed tu, bonus, fac benigne,
ne perenni cremer igne.
Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra.

Confutatis
Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis,
voca me cum benedictis.
Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis,
gere curam mei finis.

Lacrimosa
Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla
judicandus homo reus.
Huic ergo parce, Deus.
Pie Jesu Domine,
dona eis requiem!
Amen!

Domine Jesu
Domine Jesu Christe! Rex gloriae!
Libera animas omnium fidelium defunctorum
de poenis inferni et de profundo lacu!
Libera eas de ore leonis,
ne absorbeat eas Tartarus,
ne cadant in obscurum:
sed signifer sanctus Michael
repraesentet eas in lucem sanctam,
quam olim Abrahae promisisti,
et semini ejus.

Hostias
Hostias et preces tibi, Domine,
laudis offerimus.
Tu suscipe pro animabus illis,
quarum hodie memoriam facimus:
fac eas, Domine, de morte transire ad vitam,
quam olim Abrahae promisisti,
et semini ejus.

Sanctus
Sanctus, sanctus, sanctus Dominus Deus Sabaoth!
Pleni sunt coeli et terra gloria tua.
Osanna in excelsis.

Benedictus
Benedictus, qui venit in nomine Domini.
Osanna in excelsis.

Agnus Dei

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,
dona eis requiem.
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,
dona eis requiem sempiternam.
Lux aeterna luceat eis, Domine,
cum sanctis tuis in aeternum, quia pius es.
Requiem aeternam dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis.

Requiem
L'eterno riposo dona loro, Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua.
Si innalzi un inno a te, o Dio, in Sion,
e ti si renda grazie in Gerusalemme;
esaudisci la mia preghiera,
a te verranno tutti i corpi.
L'eterno riposo dona loro, Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua.

Kyrie
Signore pietà,
Cristo pietà,
Signore pietà.

Dies irae
Giorno d'ira, quel giorno
distruggerà il mondo nel fuoco,
come affermano Davide e la Sibilla.
Quanto terrore ci sarà,
quando verrà il giudice,
per giudicare tutti severamente.

Tuba mirum
Una tromba che diffonde un suono meraviglioso
nei sepolcri di tutto il mondo,
chiamerà tutti davanti al trono.
La morte e la natura stupiranno,
quando la creatura risorgerà,
per rispondere al giudice.
Verrà aperto il libro,
nel quale tutto è contenuto,
in base al quale il mondo sarà giudicato.
Non appena il giudice sarà seduto,
apparirà cio che è nascosto,
nulla resterà ingiudicato.
E io che sono misero che dirò,
chi chiamerò in mia difesa,
se a mala pena il giusto è tranquillo?

Rex tremendae
Re di tremenda maestà,
tu che salvi per tua grazia,
salva me, o fonte di pietà.

Recordare
Ricordati, o Gesù pietoso,
che sono il motivo della tua via,
non perdermi, quel giorno.
Ti sedesti stanco di cercarmi,
mi hai salvato morendo in croce;
fa' che tanta fatica non sia inutile.
O giudice che punisci giustamente,
donaci la remissione dei peccati
prima del giorno del giudizio.
Piango in quanto colpevole,
il mio volto arrossisce per la colpa:
risparmia chi ti supplica, o Dio.
Tu che hai assolto Maria Maddalena,
e hai esaudito il ladrone,
hai dato speranza anche a me.
le mie preghiere non sono degne,
ma tu, buono, fa benignamente,
che io non bruci nel fuoco eterno.
Dammi un posto tra gli agnelli,
allontanami dai capretti,
ponendomi alla tua destra.

Confutatis
Confusi i maledetti,
gettati nelle vive fiamme,
chiama me tra i benedetti.
Prego supplice e prostrato,
il cuore contrito come cenere,
abbi cura della mia sorte.

Lacrimosa
Giorno di lacrime, quel giorno,
quando risorgerà dal fuoco
l'uomo reo per essere giudicato.
Ma tu risparmialo, o Dio.
Pietoso Signore Gesù,
dona loro requie!
Amen!

Domine Jesu
Signore Gesù Cristo! Re di gloria!
Libera le anime di tutti i fedeli defunti
dalle pene dell'inferno e dalla fossa profonda!
Liberale dalla bocca dei leoni,
affinché non vengano inghiottite dal Tartaro,
affinché non cadano nell'oscurità:
ma l'alfiere san Michele
le porti nella luce santa,
che un tempo hai promesso ad Abramo
e alla sua stirpe.

Hostias
A te, o Signore, offerte e preghiere
ti offriamo con lodi.
Tu ricevile in favore di quelle anime,
delle quali oggi facciamo memoria:
falle, o Signore, passare dalla morte alla vita,
che un tempo hai promesso ad Abramo
e alla sua stirpe.

Sanctus
Santo, santo, santo il Signore Dio dell'Universo!
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
Osanna nell'alto dei cieli.

Benedictus
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Osanna nell'alto dei cieli.

Agnus Dei
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,
dona loro il riposo.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,
dona loro il riposo eterno.
Splenda ad essi la luce perpetua, Signore,
con i tuoi santi in eterno, poiché tu sei pietoso.
L'eterno riposo dona loro, Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua.


 
Tommaso da Celano (1190 ca. - 1260 ca.)

sabato, settembre 03, 2011

Discorso di Garmisch per l'85° compleanno (11 giugno 1949)

Signor Primo Ministro, signor Governatore, signori Borgomastri, cari amici!

Sono felice che a mia moglie e a me sia concesso di tornare, almeno per i mesi estivi, nella vecchia patria, nella cerchia familiare, per godere della nostra casa e del nostro giardino. Purtroppo non mi sono ancora rimesso dai disturbi a cui sono stato soggetto soprattutto negli ultimi sei mesi, al punto da non poter osare di prender parte personalmente ai festeggiamenti che la mia cara città natale vuole offrirmi. Sono sinceramente commosso che Ella, Signor Primo Ministro, si sia scomodato personalmente a venire qui in compagnia di membri del Governo bavarese e del Borgomastro di Monaco, per Portarmi gli auguri Suoi e del Governo dello Stato in questa ricorrenza. Voglia accettare i miei ringraziamenti più sentiti per le Sue gentili e calde parole e per il bel regalo, che ho apprezzato moltissimo. Ringrazio anche di tutto cuore il signor Governatore Garlock, come pure i Signori Borgomastri di Monaco e di Garmisch per il loro gentile saluto; e nell'accettare la cittadinanza onoraria non vorrei dimenticare di ringraziare le autorità di Garmisch-Partenkirchen, e specialmente il Presidente della giunta provinciale e il signor Borgomastro Schütte, per l'amichevole aiuto e l'affettuosa premura con cui si sono presi cura della mia famiglia e della mia casa durante la mia assenza.
Benché circondato dalle più amorevoli attenzioni nella ospitale Svizzera, nel clima mite del lago di Ginevra, e sollevato, insieme con mia moglie, dalle preoccupazioni della vita quotidiana, nonché fortunatamente messo in grado di assistere con piccoli aiuti la mia famiglia e i miei compatrioti sofferenti, tuttavia il mio pensiero correva continuamente con profondo dolore al duro destino della mia amata città natale, a cui si collegano indissolubilmente i più bei ricordi della mia vita. Pensavo alla bella sala dell'Odeon, in cui ascoltai, studente di ginnasio e figlio di un membro dell'orchestra, tutta la produzione sinfonica dei classici fino all'allora ancora aborrito Berlioz, eseguita nei concerti dell'Accademia Musicale. Fu là che Hermann Levi tenne a battesimo nel 1883 la prima sinfonia del ginnasiale, che ascoltava da un posto in piedi tra le colonne; ginnasiale che tre anni dopo esordiva già come direttore con una Suite per fiati senza prove, in una matinée di Bülow con l'orchestra di Meiningen; e fu là che, ancora quindici anni fa, fui seguito come sempre magnificamente dalla fedele orchestra in un ciclo Beethoven-Liszt-Strauss che fece storcere il naso a molti. Allora non immaginavo che sarebbe stato un congedo definitivo. Pensavo poi all'incantevole Residenztheater, in cui Mozart aveva diretto il suo Idomeneo e dove, 120 anni più tardi, potei inaugurare una nuova cultura mozartiana facendo apprezzare, con l'intelligente regia di Possart, soprattutto Così fan tutte, opera ampiamente misconosciuta.
Sempre presente era però il dolore per la distruzione del Teatro di Corte, nella cui orchestra il mio caro padre tenne per cinquant'anni il posto di primo corno, collaborando alle prime assolute del Tristano e dei Maestri cantori sotto la direzione di Bülow e ricevendo persino l'elogio personale del grande Maestro. In quel bel tempio dell'arte ascoltai, bambino di sei anni, Il franco cacciatore e Il flauto magico; nel 1886 vi diressi la mia prima opera, Jean de Paris di Boieldieu, e vi trascorsi fino a tarda età, come collaboratore e come ascoltatore, innumerevoli ore nel più alto godimento artistico. Ancora negli ultími vent'anni le esecuzioni esemplari della più gran parte dei miei lavori teatrali (Friedenstag e Capriccio addirittura in prima assoluta) colmarono il mio orgoglioso cuore d'autore di gratitudine incancellabile e di ammirazione per Clemens Krauss e Rudolf Hartmann, che ne furono interpreti magistrali.
Vorrei terminare questi brevi ricordi biografici con il più fervido augurio a che la bella città sull'Isar rinasca presto nel suo antico splendore, le istituzioni artistiche ricche di grandi tradizioni vi rifioriscano a nuova vita e costituiscano di nuovo un centro di cultura visitato da tutto il mondo colto e amante dell'arte.
Mi permetta, stimatissimo Signor Primo Ministro, di offrirLe, in ricordo di questo giorno così onorifico per me e quale modesto contraccambio, un piccolo manoscritto per la Biblioteca di Stato Bavarese. E' la partitura di un valzer da concerto, München, che ho scritto anni fa per un film che poi non è stato girato. Non è pubblicato, né è stato mai eseguito: possa continuare a dormire in un posticino onorevole.
E ancora una volta mille grazie per la vostra bontà e la vostra amicizia.

Richard Strauss