Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, aprile 26, 2008

Bach e la numerologia

La possibilità che i compositori del passato siano potuti ricorrere alla Numerologia scatena oggi reazioni anche fortemente contrastanti: dal rifiuto a priori delle menti più razionali ai romantici idealismi degli speculatori più irriducibili.
Anche in questo caso vale quanto comunemente si raccomanda agli interpreti, ovvero un approccio oggettivo ad epoche remote le quali, in quanto tali, si differenziano profondamente dalla nostra per cultura e sensibilità. Chi interpreta il passato lo deve prima osservare così come esso si presenta, per poi darne la propria lettura. Scopo di questo contribuito è pertanto quello di fornire, al di là di ogni empirismo, elementi concreti volti a verificare la probabilità di una tradizione numerologica nella cultura musicale occidentale. Cultura in cui, lungi dal rappresentare un caso isolato, si inserì Johann Sebastian Bach.
Essendo essa volta ad evocare concetti di natura astratta altrimenti difficilmente esprimibili, la numerologia rientrava nell’ampio contesto dell'Ars Rhetorica. In musica ravvisiamo, nell‘espressione retorica di quegli anni, diversi livelli di ricezione:
*l’Affetto immediatamente recepibile, trasmesso dal compositore servendosi di figure immediatamente riconoscibili (exclamatio, suspiratio ecc.) che così, al pari di un attore, rendeva partecipe ogni ascoltatore del significato testuale. È la fase ultima e più "esteriore" dell’impianto retorico, la cosiddetta decoratio.
Ma l’affetto poteva essere espresso anche attraverso le parvenze grafiche di una determinata figura o frase musicale, procedimento definito da molti trattati col termine greco hypotyposis. "Quest’ornamento è proprio dei veri artisti. Oh, se tutti i compositori ne facessero uso!" (Burmeister, Musica Poetica). Così Bach arriva a dipingere musicalmente forme di croce, schiere di angeli e perfino le fiamme dello Spirito Santo, come già intuì Schweitzer parlando di "pitture musicali". Va da sé come solo gli occhi di un iniziato siano in grado di distinguere tali figure sulla carta
Ma vi è uno stadio ancora più nascosto, quello che conferisce ai dati numerici di una composizione (unità di tempo, quantità di battute, di note o di motivi) un significato "esoterico", in quanto percepibile sono sulla base di approfondite ricerche. Vista in quest‘ottica, la numerologia esula da un contesto meramente matematico entrando a far parte dell‘ampio vocabolario simbolico-musicale a disposizione del compositore.
Tale approccio reservato sarebbe solo apparentemente in contrasto con lo spirito universale di Lutero: dopo essersi rivolto all’assemblea e successivamente ai conoscitori, il musicista sembrerebbe voler qui dialogare con il suo Io più recondito. È quella privata, secondo il Vangelo, l’attestazione di Fede più autentica: "Prima di rivolgervi al Padre, chiudete la porta della vostra casa; poi pregate così...". Ci sembra questo il senso delle innumerevoli "firme" in codice (attraverso le cifre 14, 41, 158) incastonate da Bach nelle sue composizioni.
Ma questa è solo una supposizione poiché, nonostante i tentativi di molti, le intime convinzioni di Bach non sono dimostrabili; certo è che l’interpretazione dei numeri era allora una tappa obbligata dello studio della Bibbia, arrivando quindi a coinvolgere chi sul testo biblico musicalmente operava. Non quindi arida speculazione od elitario intrattenimento, bensì l’altra faccia del movere: il docere, concetti entrambi citati da Bach nei suoi frontespizi.
Non va esclusa l’‘ipotesi che il compositore, nell’erigere il suo edificio musicale, si servisse di determinate formule matematiche proprio come un architetto del rinascimento; è noto come tale procedimento sia diffusissimo anche nel nostro tempo (Webern, Boulez e molti altri). Che tali cifre fossero tratte dalla tradizione biblica non dovrebbe stupire più di tanto, in una società impregnata di cultura religiosa com’era la Germania luterana; in un contesto completamente differente, Alban Berg avrebbe invece citato „numericamente" i nomi degli amici Zemlinsky, Schönberg e Webern (Kammerkonzert), e perfino i particolari delle sue ... passioni extraconiugali (Lyrische Suite)!
Tra i vari codici numerologici diffusi in Occidente, la Ghematria era quello generalmente più applicato: possiamo supporre che l’idea di sostituire ciascuna nota con una lettera possa risalire ad influssi orientali; alcune lingue asiatiche sono infatti prive di numeri, utilizzando al loro posto lettere dell’alfabeto. L’origine della Ghematria è tuttavia generalmente attribuita a Pitagora; attraverso la cultura ebraica tale sistema si innestò nella civiltà cristiana.
Guillaume de Machaut (ca.1300-1377) utilizza l’alfabeto numerico nel testo del suo Rondeau Dix et sept, cinq. Le prime frasi della composizione sono: "Dix et sept, cinq, trese, quatorse et quinse / M’a doucement de bien amer espris". I numeri 17, 5, 13, 14 e 15 equivalgono a RENOP, anagramma del nome Péronne, sua compagna.
Nel Quattrocento l’esempio più famoso di numerologia applicata alla musica è certamente il motteto "Nuper rosarum flores" di Guillaume Dufays (1400?-1474) scritto per la consacrazione del Duomo di Firenze seguendo le proporzioni matematiche della cupola del Brunelleschi, ma non è che un caso tra tanti. Il ricorso alla Ghematria è infatti documentato anche nella musica di Johannes Tinctoris (1435-1511?), e Josquin des Prez (1440-1521), espressamente stimato da Lutero.
Jacob Obrecht (1452-1505) è autore di due messe, Sub Tuum Praesidium e Maria Zart, dalla struttura talmente complessa da spingere il loro editore moderno ad allegarvi ben 146 pagine di esplicazione (M.van Crevel, Amsterdam, 1959)! Egli spiega come in questa musica siano celate speculazioni matematiche di ogni genere, dalla serie di Fibonacci al teorema di Pitagora, inclusa naturalmente la ghematria. Ad esempio, nel Medio Evo Cristo veniva spesso rappresentato dal numero 888, esattamente quanti sono i tactus della messa Sub Tuum.
Nel Rinascimento tutto ciò coincideva con l’affermarsi di un sentire che, come è noto, sull’armonia delle proporzioni e il valore del numero fondava la sua estetica.
L‘inizio del Seicento musicale fu segnato da un avvenimento fondamentale: il passaggio dalla Prima alla Seconda Prattica, iniziato nell’ambito della Camerata Fiorentina e portato a compimento da Claudio Monteverdi. La Musica si estraniò gradualmente dal medioevale Quadrivium (Aritmetica, Musica, Geometria, Astronomia) divenendo essenzialmente un veicolo espressivo, al servizio di un Affetto immediatamente recepibile, unendosi nel Trivium (grammatica, dialettica, retorica) all’Ars Rhetorica. Ciò implicò un progressivo allontanamento dalla sensibilità rinascimentale.
Anche la cultura tedesca recepì i nuovi stimoli provenienti dall’Italia. Martin Lutero intuì immediatamente le facoltà propedeutiche della Musica, considerandola quale Donum Dei e conferendole, affiancandola alla Teologia, valenza dottrinale: il Protestantesimo applicò intelligentemente la Seconda Prattica piegandola ai fini della Riforma. Il concetto protestante di Musica Poetica fu espresso per la prima volta da Nicolaus Listensius nel suo Musica (1537), mentre il primo trattato dedicato alle figure retoriche in musica fu il Musica Poetica di Joachim Burmeister (1599).
In Italia, il passaggio dal Rinascimento al Barocco comportò la progressiva estinzione della numerologia; Vincenzo Galilei, nel suo "Dialogo dell‘antica Musica…“, biasima quei compositori dediti a tecniche troppo speculative, pronunciandosi in favore di un‘espressione più immediata. In Germania al contrario, l‘evoluzione del gusto determinò un‘emigrazione della Cabala verso le sfere più recondite del sapere.
Quale esempio di scritti numerologici risalenti all’epoca di Bach, Friedrich Smend cita le pubblicazioni "Der biblische Mathematicus" del predicatore luterano Johann Jakob Schmidt (1736) ed il 19. Capitolo dei "Paradoxal-Discourse" di Andreas Werckmeister (1707), intitolato: "Von der Zahlen geheimen Deutung" (sul significato segreto dei numeri). Riferendosi alla Gematria, Schmidt scrive: "Il ricorso a tali invenzioni per innocuo lusus ingenii o spirituale intrattenimento, come affermato dal beato Lutero, non va assolutamente condannato". (Der biblische Mathematicus)
Bach potrebbe aver conosciuto, sempre di Werckmeister, il Musicae mathematicae hodegus curiosus oder Richtiger Musicalischer Wegweiser, pubblicato a Lipsia nel 1687. L‘autore, celebre anche per le sue ricerche sul temperamento, scriveva: "Anche il musicista dovrà studiare con zelo gli intervalli musicali (...) Essi sono costituiti secondo numeri e proporzioni, così come Dio tutto ha ordinato secondo numeri, peso e misura...". (Cribrum musicum, Lipsia 1700)
Interessante come Werckmeister, nei Paradoxal-Discourse, limiti la pratica cabalistica alle unità numeriche più piccole, quelle fondamentali, quasi in riferimento alle entità realmente presenti nel Creato: effettivamente le cifre cui tradizionalmente si aggiudica una valenza allegorica raramente superano il 13. Il pensiero del teorico tedesco può anche riferirsi alla natura simbolica del numero 1, immagine di Dio; per S.Agostino infatti, più un numero si avvicina all’Uno più esso è prossimo alla perfezione.
L’arte del numero quindi al servizio di una convinzione (o convenzione) religiosa ma anche vista quale nobile, elevante diletto intellettuale. Ciò è confermato da una non cospicua (almeno allo stato attuale delle ricerche) ma significativa letteratura dell’epoca. Nella biblioteca di Bach era presente lo scritto Judaismus (Amburgo 1707) del teologo luterano Johannes Müller. Egli scrive: "Se si ricorre alla Cabala non soltanto per illustrare la Sacra Scrittura, bensì anche per alludere al proprio ingegno ("ingeniose zu alludieren"), ciò non sarà contrario al volere di Dio, nè rientrerà tra le pratiche magiche, ma sarà prossimo alla fede cristiana (...). Ciò può accadere senza che la coscienza ne sia ferita".
Non è forse il „canone segreto", sfoggiato da Bach sul suo ritratto, l’esempio più eclatante di tale ingegno? Il sorriso leonardesco del musicista la dice lunga su questo suo intellettuale "duello" con i posteri... .
Non vi è dubbio però che agli albori dell’Illuminismo la Cabala fosse ormai una disciplina rivolta a pochi iniziati, tenendo così fede all‘essenza reservata delle sue origini. Johann Mattheson e Johann Adolf Scheibe ad esempio, ormai calati nel pragmatismo di Diderot e Voltaire, si pronunciano in termini scettici se non addirittura ironici sull’antico sapere numerico, confermandone così l’effettiva esistenza nelle epoche precedenti. Che la numerologia fosse caduta in disuso già in nel XVIII secolo è dimostrato anche dal celebre ritratto bachiano, commissionato nel 1746 ad Elias Gottlob Haussmann per l’ammissione alla Società di Mizler. Nell‘originale spiccano sulla casacca del musicista 14 bottoni (BACH), mentre le copie immediatamente approntate dopo la sua morte non tengono conto di questo particolare, evidentemente ignorandone il significato.
In ambito musicale le opere sacre di Heinrich Schütz si rivelano estremamente interessanti anche nella loro simbologia, mentre fu Johann Kuhnau (predecessore di Bach al cantorato lipsiense) ad includere nella prefazione delle sue Biblischen Historien (1700) un quesito numerico rivolto ai colleghi.
L’interesse di Bach per i numeri ed il loro significato simbolico è accertato, come testimoniano le sue annotazioni al Bibelkommentar di Abraham Calov. Esodo 15:20 descrive la danza di Miriam e delle donne ebree in risposta al canto di Mosè e dei suoi uomini; qui Bach annota: “Preludio a due cori, da eseguirsi a gloria di Dio”. Alcuni commentatori suggeriscono che il mottetto Singet dem Herrn, per doppio coro, sia stato ispirato da questo passaggio. Ancora, in Esodo 15:27: “Ed essi giunsero ad Elim, dove vi erano dodici sorgenti d’acqua e settanta alberi di palma”. Il commentatore puntualizza come nel Vecchio Testamento vi fossero 12 tribù d’Israele e 70 anziani, e nel Nuovo Testamento 12 Apostoli e 70 Discepoli. Bach, prontamente, sottolinea il passo, dimostrando così il suo interesse per simili associazioni.
In questo contesto va rilevata la presenza nella biblioteca di Bach del Haupt=Schlüßel über die hohe Offenbarung S.Johannis (Schleusingen 1684) di Caspar Heunisch. Questo libro offre una ‚interpretazione di tutti i numeri dell’Apocalisse‘, applicando però quanto esposto all‘intera Sacra Scrittura.
Riallacciandosi a quanto auspicato da S.Agostino, l‘italiano Pietro Bongo (Numerorum Mysteria, 1599) raccomandava che la simbologia matematica fosse mantenuta "segreta" e non esposta al pubblico dominio. Perfettamente logico quindi che, almeno fino al Novecento, nessun compositore si sia premurato di estendere una chiave di interpretazione delle proprie opere.
L’abitudine di trasmettere messaggi in codice attraverso i numeri è documentata nel corso di tutta la storia della musica tedesca: se ne trovano tracce anche nelle opere di Schumann, Brahms e Bruckner, fino alla seconda scuola viennese. Fu Alban Berg uno dei primi compositori a "rivelare" per iscritto i segreti del suo Kammerkonzert, in una copia della partitura ritrovata dopo la sua morte.
Proprio intorno a quegli anni musicologi e specialisti iniziarono ad interessarsi a questo particolare aspetto della musica di Bach. Nel 1937 apparve nel Bach Jahrbuch un pionieristico articolo di M. Jansen, Bachs Zahlensymbolik, an seinen Passionen untersucht („La simbologia numerica in Bach, applicata alle Passioni"). Ma fu l‘anno bachiano 1950 a vedere la pubblicazione del primo importante studio sull’argomento, ispiratore di quelli successivi: J.S.Bach bei seinem Namen gerufen, di Friedrich Smend. Ricorrendo alla Numerologia l‘autore formulò una sua soluzione al mistero del "Canone segreto" presentato nel ritratto di Hausmann.
Da allora sono apparsi innumerevoli contributi (per lo più in lingua tedesca ed inglese) dedicati a quello che sembra costituire l‘argomento più delicato e discusso nell’ambito della ricerca bachiana. Molteplici infatti i criteri di approccio: da chi con veemenza si oppone (U.Meyer, Zahlenalphabet bei Bach? Zur antikabbalistischen Tradition im Luthertum, [Sulla tradizione anticabalistica nel Luteranesimo] 1981) a chi, forte di calcoli al di là ogni immaginazione, è stato capace di delineare fantasiosi paralleli tra correzioni dei manoscritti e salmi ebraici (Ludwig Prautzsch, Vor deinen Thron..., 1980). Di carattere prettamente esoterico sono le scoperte di Kees van Houten ed altri olandesi (BACH an het getal, 1985): il nostro sarebbe ricorso nelle sue opere a simbolismi numerici collegati alla setta medievale dei Rosacruciani, anticipando nelle proporzioni delle Variazioni Goldberg l’esatta data della sua dipartita!
A titolo informativo stiliamo qui un elenco dei pricipali numeri con il significato simbolico loro generalmente attribuito. Naturalmente l‘elenco non si riferisce esclusivamente alla musica di Bach, bensì all’intera tradizione cabalistica occidentale.

  1. Dio, l’Unità. Per gli ebrei, "Dio è uno". Si pensi all’incipit del Credo dalla Messa in si minore: il soprano declama il Credo in unum Deum iniziando solo e su un’unica nota.
  2. L’Uomo, "nato da Dio, il vero Uno" (J.J. Schmidt, Der biblische Mathematicus). La vita terrena si compone di dualismi: Dio e l’Uomo, Cielo e Terra, Bene e Male, giorno e notte, anima e corpo, uomo e donna, destra e sinistra... In musica il tempo binario è detto imperfectum.
  3. La Trinità, Dio. Perfezione: il tempo ternario è perfectum. L’unità composta di tre parti: Passato, Presente, Futuro; Inizio, Centro e Fine. Morte e Risurrezione: Cristo giace 3 notti nel sepolcro, per risorgere il Terzo giorno; nella terza ora del giorno (Hora Nona) Cristo è condannato a morte. Secondo la tradizione medievale, alla stessa ora Dio crea Adamo: il sacrificio di Cristo per la Redenzione dell‘Uomo.
  4. La Terra, il Mondo (gli elementi, le stagioni, i punti cardinali). Per i cristiani, i quattro evangelisti e le quattro fasi della vita terrena di Cristo: Incarnazione, Passione, Risurrezione, Ascensione. Messa in si minore, Gloria: il "divino” ritmo ternario si trasforma in 4/4 in corrispondenza dell’Et in terra Pax.
  5. Satana, il Male. Secondo Werckmeister, "numero degli spiriti malvagi". Secondo altre tradizioni, l’Uomo: la testa, le due braccia e le due gambe corrispondono ad un pentragramma, così come cinque erano i pianeti conosciuti nel Medioevo: Giove, Mercurio, Saturno, Venere, Marte. Le ferite di Cristo.
  6. La Creazione. Per Sant'Agostino, Dio creò il Mondo in sei giorni (Hexameron), poiché il 6 è un numero perfetto: esso è infatti insieme somma e prodotto delle sue componenti (1+2+3 – 1x2x3). Nel Wir glauben BWV 680 di Bach (Crediamo tutti in un solo Dio, creatore...) l’ostinato del pedale si ripete per sei volte.
  7. Per la cultura cristiana ed ebraica, a causa del continuo apparire di questa cifra nella Bibbia, numero sacro per eccellenza. La fusione di Dio (3) con l’Uomo (4) : nelle 7 invocazioni del Padre Nostro, 3 si riferiscono all’eternità, 4 alla vita terrena. Lo Spirito Santo: i 7 Doni, il Settimo Giorno consacrato a Dio. Forse non è un caso che in lingua tedesca parole come Heiland, Erlöser, (Salvatore), Messias si compongano di sette lettere.
  8. Perfezione e Vita eterna. L’Ottavo Giorno: per S.Agostino, al Sabbat segue il Giorno del Signore, "senza inizio e senza fine". Graficamente, le due linee simboleggiano intersecandosi il passaggio dalla vita terrena a quella spirituale. In musica, l’ottava (Diapason) comprende non a caso tutti i suoni disponibili nel nostro sistema. Sempre nel Wir glauben (Creatore del cielo e della terra) dalla Klavierübung, l’ostinato al pedale si estende lungo tutta l’ottava (=totalità).
  9. In quanto 3x3, simbolo trinitario.
  10. La Legge, i comandamenti, a loro volta suddivisi in 3 (rivolti a Dio) e 7 (rivolti al Prossimo). Il 7 in questo caso allude all’Uomo, fatto di corpo (4) e anima (3). Il preludio sopra Dies sind die heilgen zehn Gebot BWV 678 è in tempo 6/4 (=10), e Bach raddoppia le cinque frasi del corale presentandole in canone. Nella cantata Du sollst Gott, deinen Herren lieben (Devi amare il Signore Dio tuo) la stessa melodia è introdotta per dieci volte dalla tromba.
  11. Il Peccato, per S.Agostino il "soverchiamento della Legge". Gli Apostoli dopo il tradimento di Giuda: cfr. "Herr, bin ich" (Signore sono io?) esclamato dagli Apostoli per undici volte nella Passione secondo Matteo di Bach (pochi sanno che Heinrich Schütz, nella sua Johannes Passion, fece esattamente lo stesso).
  12. La Chiesa, gli Apostoli, le tribù d’Israele, le porte della Città Celeste. Per S.Gregorio Magno simbolo della Chiesa in quanto Dio Trinitario che si manifesta al mondo (3x4). Il cosmo, lo Zodiaco.
  13. Hermann Fischer fornisce una visione interessante di quello che per noi oggi è il numero della sfortuna. Potrebbe simboleggiare l’unità della Chiesa con il Maestro: anche l’espressione Jesus Christus si compone di tredici lettere.
Vi sono inoltre numeri che nella Bibbia rivestono un valore particolare:

  • 24 = I Saggi che nella Gerusalemme Celeste si raccolgono di fronte al trono, in contemplazione eterna.
  • 33 = Gli anni di Cristo.
  • 40 = Penitenza: quarant’anni trascorse il popolo d‘Israele nel deserto, per 40 giorni Mosè e Cristo digiunano nel deserto. La battuta 40 del Vater Unser BWV 682 è l’unica in tutto il pezzo (91 battute) dove il pedale tace.
  • 46 = Simbolo del Tempio, eretto in 46 anni.
  • 77 = l’Incarnazione di Cristo, settantasettesimo discendente di Adamo (Luca, 3, 23).
  • 144 = I centoquarantaquattro eletti, destinati alla Città Eterna.
Attraverso la Ghematria, Bach ricorrerebbe con frequenza a determinate cifre cariche di significato. Ludwig Prautzsch così le elenca:

  • 14 BACH
  • 29 J.S.B, anche SDG (Soli Deo Gloria)
  • 41 J.S. BACH
  • 43 CREDO
  • 47 HERR (Signore)
  • 48 INRI
  • 53 SOHN (Figlio, di Dio)
  • 59 GLORIA, GOTT (Dio)
  • 61 ISRAEL
  • 70 JESUS
  • 71 KRIPPE (Presepio)
  • 73 ZEBAOTH
  • 75 BETHLEHEM
  • 83 IMMANUEL
  • 112 CHRISTUS
  • 158 JOHANN SEBASTIAN BACH
È probabile che Bach ricorresse tali numeri utilizzandone anche i diversi fattori. La terza parte della Klavierübung cela alcuni esempi affascinanti. Notoriamente composta in omaggio alla Trinità, quest’opera complessa consta non a caso di 27 composizioni, ovvero 3 x 3 x 3, esattamente quante sono le sezioni della Passione secondo Matteo. La celebre fuga “tripla” in mib (tre alterazioni, tre soggetti), è divisa in tre sezioni rispettivamente di 36, 45 e 36 battute (tutte cifre divisibili per tre). La somma dei singoli fattori 3 + 6 + 4 + 5 + 3 + 6 equivale ancora una volta a 27; inoltre 2 + 7 = 3 + 3 + 3 !
In particolare Bach citò “numerologicamente” il proprio nome in molte delle sue composizioni. Il celebre corale Vor deinen Thron attesta inoltre come, nella musica sacra, egli ricorresse ai “suoi” numeri forse identificandosi nel messaggio del testo in questione: in questo pezzo la prima frase del corale (al soprano) è composta di 14 note, mentre in tutto il corale la voce superiore consta di 41 note, così come 41 sono le entrate del soggetto in versione originale ed inversa.

tratto da www.sectioaurea.com

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bellissimo scritto!
Complimenti per averlo reso leggibile...
Antonio