Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

domenica, giugno 12, 2022

Paolo Terni: "Elsa mi lesse tutto Aracoeli al telefono"

Il popolare conduttore di ascolti musicali su Radiotre, un lungo sodalizio con l'Einaudi, da "ragazzo cliente" a collaboratore e direttore della Biblioteca di Dogliani

Ha conosciuto André Gide ad Alessandria d'Egitto. "L'ho letto quasi tutto, compreso il Journal", precisa Paolo Terni tra i fiori della spaziosa casa romana al Celio, sul tavolo petunie blu-viola, oltre la finestra girasoli gialli, un tripudio di rose, alberi altissimi. Intorno, libri a volontà e due enormi pareti di cd. "Ho speso tutto per acquistare musica", dice la popolare voce di Radiotre, che al Respiro della musica dedica un volumetto appena uscito da Bompiani con una lettera-prefazione del pianista e compositore Ludovico Einaudi. Ma subito ritorna a Gide: "Ricordo con particolare piacere Le retour de l'enfant prodigueLa porte étroite, La symphonie pastorale, Les faux monnayeurs, soprattutto Les caves du VaticanSi le grain ne meurt". In francese li ha letti, in francese li cita. "La Francia ha avuto un dominio sulla mia vita. Chiuse per la guerra le scuole littorie di Alessandria, ai ragazzi italiani non restavano che i  "Siete pazzi, ne faranno un falegname!", avvertì una signora una notte in rifugio. Fui dirottato al Lycée de la mission laique française, con professori eccelsi inviati da Parigi per proteggerli dai rischi bellici.
Quando arrivarono i Terni in Egitto?
"Una famiglia nobile, come altre di ebrei romani più antiche dei Colonna. Tra gli antenati un grande rabbino di Ancona. Il cognome Terni pare fosse un premio dovuto a un lavoro finanziario per lo Stato pontificio. In un collegio di Firenze il giovane Michelangelo Terni, molto mazziniano, s'incontra con il giovane Khediwe Ismail futuro re d'Egitto. Salito al trono, questi affida all'amico l'istituzione della banca nazionale, lo premia con terre ad Alessandria. Nella città si riuniscono esuli insoddisfatti del Risorgimento e attratti dalle prime piantagioni di cotone lungo il Nilo, dalla costruzione del Canale di Suez, approdo di gente che ha voglia di futuro, libertà, soldi. Formano una comunità aperta, con ospedale, scuole, cimitero. Un'epopea bellissima".
Ideali. utopie, soldi. Anche libri?
"Il bisnonno sposa Linda Coronel, figlia di un armatore portoghese, ricchissima, d'intelligenza strepitosa. Si secca alle riunioni di famiglia, si ritira scusandosi: 'Devo finire di leggere certi dialoghi di Platone'”.
Eredita da lei la passione per la lettura?
"Per me leggere è vitale. Ho letto biblioteche".
Cominciamo dall'infanzia-adolescenza.
"Un ruolo centrale ha avuto Alice nel paese delle meraviglie di Carroll, ne so parte a memoria, in inglese. Ho divorato Maurice Leblanc e le avventure di Arsèn Lupin. Dell'amatissimo Dickens provo particolare affetto per i Pickwick papers e per le immani risate che il suo profondo umorismo ha suscitato in me".
Era la scuola a suggerire le scelte?
"Scuola e famiglia. Al Lycée Français mi fu affidata la presentazione ex cathedra di Candide ou l'optimisme di Voltaire. Con Le grand Meaulnes di Alain-Fournier scoprii la relazione tra il quotidiano e l'onirico. Con Les Misérables cominciai a provare orrore per  l'ingiustizia, la burocrazia, il potere cieco e arrogante. Ammiravo i ritratti fulminei di Victor Hugo, i contrasti, l`ironia".
Proprio nessun autore italiano?
"Soltanto Salgari. Era insopportabile il Manzoni spiegato dal professore di italiano arruolato da mio padre perché mantenessi contatti con la nostra terra. Avrei scoperto I promessi sposi più tardi, imparando a conoscere bene il nostro Ottocento musicale. Poi lavorando con Mauro Bolognini alla riduzione tv della Certosa di Parma, da Stendhal, ho capito la materia dalla quale partiva la ricerca di Manzoni: quei laghi, quell'impegno linguistico, quella moralità".
I suoi picchi letterari di allora?
"I ragazzi terribili di Cocteau. L'incessante corpo a corpo con Proust. Il colpo di fulmine per Musil: L'uomo senza qualità mi ha accompagnato per anni nelle vacanze a Stromboli".
Il trasferimento in Italia influì sulla scelta degli autori?
"Arrivai nel 1951 a Roma. Il nonno Enrico Terni mi leggeva Les enfants du Capitaine Grant di Verne. La scrittrice Fausta Cialente, da lui sposata in seconde nozze, mi leggeva Conrad, Kipling e il duello della mangusta Rikitikitavi con il serpente. E questa nonna che più tardi mi farà scoppiare un amore a prima vista: il Pasticciaccio. Da quel momento divorerò Gadda".
E con Gadda finalmente apprezzò la nostra lingua?
"Ad Alessandria non l'amavo, mi sembrava improponibile un confronto tra il francese che studiavo, da Ronsard a Mallarmé, o ascoltavo alle recite della Comédie Française in tournée - Racine, Molière, Giraudoux - e Vitaliano dialettale del pur grande Totò al cinema. Gadda e poi Giorgio Manganelli mi avrebbero riconciliato con la nostra lingua come ricerca e invenzione costanti".
Finché la sua vita non s'intrecciò con casa Einaudi.
"Stavo leggendo Thomas Mann - Doktor Faustus e La montagna incantata, acquistati a fatica in libreria - quando scopersi il meraviglioso servizio rateale Einaudi: un mito, una continua provocazione intellettuale, sempre un passo avanti rispetto al 'dibattito'".
Da ragazzo cliente, ne diventò collaboratore.
"Ero in Sardegna, presso Oristano, interprete traduttore in una specie di kibbutz dove si studiava il fattore umano dello sviluppo economico. Una pubblicità sul Giorno: “Giulio Einaudi spa cerca public relation officier". Mi indignò quel linguaggio e lo scrissi all'editore. Pochi giorni dopo mi trovo davanti a lui, Bobbio, Bollati, Mila, Raniero Panzieri seduti al famoso tavolo ovale. Avrei diretto la Biblioteca civica Luigi Einaudi a Dogliani, esperienza da cui nacque la fortunata Guida la formazione di una biblioteca".
... e il matrimonio con la figlia dell'editore.
"Ida lavorava all'Einaudi di Roma, aveva avuto un problema sentimentale. Giulio la portò a Torino, me l'affidò. Un castigo, m'interrompeva le vacanze. Molta bella, timida, mi si rivelò affine, complice, con valori fondamentali forti, l'impalcatura etica che cercavo. La mia vita è stata bella per quel privilegio, per la gioia infinita di quel grande amore".
Roma, via Gregoriana 38, un atelier letterario.
"Ida Einaudi ne era il perno. Lavoravamo accanto a Natalia Ginzburg, Calvino, Elsa Morante: l'ho aiutata nei momenti culminanti de La storia, mi ha letto al telefono tutto Aracoeli. Ho molto amato Primo Levi come persona e come scrittore".
In tutto questo mare, qual è il suo capolavoro di riferimento?
"I racconti di Edgar Allan Poe nella sublime traduzione einaudiana - goduriosa, sapida e rivelatrice! -di Manganelli".
Chi rilegge più spesso?
«Ogni volta che posso, Simenon, Conrad e James".
Che cosa non ama più?
"Trovo ormai invecchiate e anche noiose le opere di Agatha Christie che per anni ho divorato. Non ho mai apprezzato Malaparte. Credo mi deluderebbe rileggere oggi André Gìde".
La coinvolge la contemporaneità letteraria italiana?
"Poco, ma seguo con particolare simpatia il nuovo filone sardo, dal giovane Wilson Saba - Sole&Baleno, Giorni migliori - a Sergio Atzeni, Marcello Fois, Michela Murgia".
Ha un modello di cultura musicale?
"Luigi Magnani, l'unico modello italiano cui mi sono ispirato. Penso a Beethoven lettore di Omero, ai Quaderni di conversazione, al Nipote di Beethoven, alla Musica in Proust. M'indigna che le opere di questo grande letterato musicale siano da decenni esaurite. Scusi, ma mi ha davvero acceso una miccia nella mia coscienza".
Alberto Sinigaglia
("ttL", Supplem. de LA STAMPA)

domenica, giugno 05, 2022

Teologia della musica sacra

La Costituzione Conciliare sulla Sacra 
Liturgia dice: "La Musica Sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all'azione liturgica, sia esprimendo più dolcemente la preghiera e favorendo l'unanimità, sia arricchendo di maggior solennità i riti sacri. La Chiesa poi approva ed ammette nel culto divino tutte le forme della vera arte, purché dotata delle qualità necessarie" (112); "Fra le più nobili attività dell'ingegno umano sono, con pieno diritto, annoverate le arti liberali, soprattutto l'arte religiosa e il suo vertice, l'arte sacra. Esse, per loro natura, hanno relazione con l'infinita bellezza divina che deve essere in qualche modo espressa dalle opere dell'uomo, e sono tanto più orientate a Dio e all'incremento della sua lode e della sua gloria, in quanto nessun altro fine è stato loro assegnato se non quello di contribuire il più efficacemente possibile, con le loro opere, a indirizzare religiosamente le menti degli uomini a Dio. Per tali motivi, la Santa Madre Chiesa ha sempre favorito le arti liberali, ed ha sempre ricercato il loro nobile servizio" (122).
L'uomo è dotato della capacità di ragionare sulle cose attentamente osservate, costruendo un sistema delle scienze importanti per il mondo tecnico e per la vita culturale. L'artista invece, non ferma tanto la sua attenzione sulla realtà sensibile in se stessa, ma la trasforma in una nuova creatura. La musica non è una semplice disposizione di suoni e di ritmi ordinati in un certo modo, ma è un'espressione ritmica e melodica delle intime esperienze del maestro di musica.
Percependo intellettualmente l'universo creato da Dio, si effettua, per così dire, un movimento dalle cose verso il genio umano, mentre, realizzando artisticamente un concetto nato nello spirito si effettua un movimento contrario, un movimento cioè che dall'interno va verso l'esterno nella creazione di una nuova opera. La vita interiore della musica si manifesta sensibilmente in suoni e ritmi che esprimono lo spirito creativo dell'ingegno umano in un linguaggio particolare, in musica, non traducibile in qualsiasi altra maniera. La parola cantata interpreta il significato contemplativo, anche se il testo non ha carattere divulgativo, purché la musica sia veramente arte.
La prima fonte ed il supremo fine di ogni arte è in Dio Creatore. Tre dogmi gettano luce sull'indole artistica: 1) La Creazione divina; 2) il mondo disturbato dal peccato, 3) la redenzione mediante Gesù Cristo.
L'uomo è creato come immagine ed effige di Dio. Da ciò ne segue che fra il Creatore e la creatura c'è una certa parentela intrinseca. L'atto per cui l'artista. produce la sua opera ha un rapporto di somiglianza e di dissomiglianza con l'atto creatore di Dio. Dio crea ex nihilo. Anche l'artista crea qualcosa che prima non esisteva, però non crea ex nihilo, ma da una materia preesistente che verrà trasformata in una nuova creatura. L'opera d'arte ha una vita particolare, creata dall'ingegno dell'artista per mezzo di un'intensa elaborazione della materia sonora adattandola umilmente alle facoltà della materia e dello spirito creativo per farne nascere un'opera nuova. Lo scienziato studia la realtà, l'artista crea un'opera viva, imitando in qualche modo l'atto creativo di Dio, e perciò egli diviene la più perfetta immagine naturale del Dio-Creatore. Un'opera d'arte non può essere soltanto una copia, essa dev'essere una creazione. Ogni atto musicale: composizione, esecuzione, canto e anche audizione, si devono sempre fare con spirito creativo. La Costituzione liturgica (127) dice: "Tutti gli artisti, che guidati dal loro ingegno intendono glorificare Dio nella santa Chiesa, ricordino sempre che la loro attività è in certo modo una sacra imitazione di Dio Creatore".

I
Dio Padre, eternamente pronunciando se stesso, genera il Verbo Divino. Analogamente, l'artista fa nascere dal suo ingegno l'idea dell'opera da realizzarsi.
La teologia dogmatica riferendosi al Padre che, non procedendo da alcuna delle Divine Persone, genera il Verbo, gli appropria le divine qualità di unità, eternità e onnipotenza.
La prima qualità di un'opera d'arte, anche di una musica composta da vari brani, deve essere l'unità.
Tutte le opere d'arte esprimono qualcosa di veramente valido. Tra la musica e le altre opere d'arte esiste però una differenza: mentre esse, una volta create, esistono materialmente, la musica esiste solo quando è eseguita. Una partitura, una musica scritta, diventa vera musica soltanto se sarà eseguita quasi come una ripetizione dell'atto creativo del compositore. Con una certa analogia, si può paragonare l'esecuzione alla conservazione divina del mondo creato. La musica sacra è l'espressione sonora dei sentimenti dell'uomo religioso, celebrante la sacra liturgia del Corpus Christi mysticum. Tale espressione è sempre unica e personale, è un'attuazione particolare della vita liturgica. Una determinata opera musicale, essendo unica nella sua composizione ed esecuzione, non può mai esser sostituita in modo equivalente da altra musica. Ogni pezzo musicale ha una sua fisionomia individuale e propria; altra musica farà risplendere un nuovo aspetto, ma non potrà mai dire la stessa cosa.
Il paradosso che la musica, solamente al momento dell'esecuzione esprime valori eterni, ci porta a valorizzare le caducità terrestri elevate in uno stile musicale che imita i cori celesti inneggianti davanti al trono di Dio Padre onnipotente. In ogni opera d'arte spicca il valore dell'artista nei confronti della materia da trasformare, e questo specialmente nella musica, che esiste soltanto quando viene eseguita. Il musicista di chiesa dev'essere sempre l'umile e devoto cantore della gloria celeste.
Il Figlio eterno è lo splendore del Padre e, per così dire, l'arte del Padre. La teologia dogmatica appropria al Figlio la Verità, la Sapienza e la Bellezza.
Anche la musica sacra deve accordarsi alla verità e alla sapienza divina. Una musica troppo sentimentale e appassionata non esprime la verità soprannaturale, anzi la svisa incatenandola in sensualità materialista. Ogni bellezza della musica sacra, purché non sia brillantemente seducente, è splendore della bellezza di Dio.
Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio come eterno dono d'amore. Il Padre ha creato il mondo mediante il Figlio, nell'amore dello Spirito Santo, che è il "Creator Spiritus". Tante volte cantiamo il Veni Creator Spiritus! Allo Spirito Santo si attribuiscono la Bontà, la Santità e la Perfezione. La musica sacra, essendo dono di Dio. deve riflettere lo splendore della bontà divina e perciò la liturgia sacra deve praticarsi come contraccambio all'amore di Dio.

II
Ogni creatura, anche la capacità creativa dell'artista, è intaccata dal peccato. La morte ne è la conseguenza immancabile. Così l'artista e la sua opera sono sempre in condizioni di caducità. E' faticoso concepire una vera musica, senza parlare poi del lungo studio necessario per qualificarsi musicista di Chiesa. Solamente coloro che conoscono bene la tecnica musicale possono accingersi a comporre musica sacra. Una musica non fatta bene sembra quasi patologica. Una musica artistica dev'essere eseguita con arte, altrimenti non può corrispondere all'ispirazione artistica del compositore né alla dignità della sacra liturgia.

III
Nel cristianesimo, l'uomo è vero uomo solo quando partecipa alla redenzione mediante Cristo.
La musica sacra non nasce dal solo testo religioso. Il musicista sacro deve comporre come artista redento da Gesù Cristo. Devozione religiosa e buona volontà non sono sufficienti a comporre qualcosa di degno della sacro liturgia, quando manca l'arte musicale. E' quasi una menzogna un testo religioso o liturgico non musicato artisticamente. La vera musica sacra sia un'opera d'arte religiosa, se si vuol cantare la gloria di Dio in modo da promuovere l'edificazione dei fedeli! L'artista può cantare anche il dolore, seguendo l'esempio del Canto Gregoriano che al De Profundis unisce un Alleluja giubilante. Anche il canto funebre desta la fede, la speranza e l'amore di Dio, per far superare le dissonanze della vita terrestre.
La Chiesa è il Corpus Christi mysticum. Da ciò ne segue che la musica sacra deve proclamare il regno di Dio. Come membri del Corpo mistico di Cristo tutti: il corpo, il solista, l'organista e l'assemblea usino le proprie qualità, donate loro dal Creatore, partecipando alla sacra liturgia. Alla santità liturgica corrisponda una partecipazione artisticamente valida, sviluppata dall'indole spirituale, di cui ciascuno sarà responsabile al Creatore, al futuro giudice dell'universo.
Per la Chiesa, la tradizione, cioè il conservare e continuare la salvezza di Cristo, sarà sempre essenziale.
Una genuina musica sacra non invecchierà mai. Anche il canto attuale ha un valore personale per la nostra vita eterna. La liturgia terrestre, lieve indizio di quella celeste, sarà perfezionata nella gloria della Santissima Trinità che ha creato l'ingegno umano per il suo servizio.
L'arte ha bisogno della religione per perfezionarsi e la religione ha bisogno dell'arte per formare una liturgia degna della gloria di Dio e per favorire la partecipazione dei fedeli. L'arte non è assolutamente necessaria né per il benessere né per la salvezza soprannaturale. Ma se alla religione occorre influire sensibilmente sull'uomo, l'arte le offre un aiuto pregevole. Solo l'artista può scrivere una musica degna della gloria di Dio e capace di edificare i fedeli. Gesù Cristo era sempre entusiasta delle bellezze naturali, del magnifico tempio di Gerusalemme e parlava al popolo usando metafore e parabole artisticamente formate. L'artista e l'intenditore di arte si avvicinano più facilmente alla religione che non l'uomo materialista. Al valore del sacro si avvicina molto più la bellezza che non l'utilitarismo e il pragmatismo odierno. Il valore specifico dell'arte è la bellezza, quello della religione è il sacro, mentre l'utile è rivolto al materialismo.
L'uomo sviluppi l'indole artistica per glorificare Dio. Gesù Cristo ha realizzato la somma glorificazione del Padre mediante la sua morte in croce, sacrificio che sacramentalmente viene reso presente nella Santa Messa, e perciò la musica liturgica partecipa alla gloria che Gesù Cristo dà al Padre.
Il sacerdozio comune impone a tutti l'obbligo di cura d'anime. La musica sacra, se è veramente liturgica, ne realizza una parte essenziale per la sua potenza di commuovere l'anima, evangelizzando il popolo di Dio per il suo riflesso di bellezza divina, per la musicalità della parola liturgica.
La musica sacra partecipa del sacerdozio, consacrando il popolo di Dio che canta e che ascolta. Il musicista di chiesa, se è padrone dell'arte musicale e rispetta l'ordine liturgico, fa risplendere il regno di Cristo e, fondandosi sulla grazia divina, finalmente si perfezionerà per la partecipazione all'inno eterno degli angeli cantanti la beatitudine della Santissima Trinità, che ha creato l'ingegno umano e l'indole artistica per il suo supremo servizio.
Ferdinando Haberl
Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma
("Rassegna Musicale Curci", anno XXIV n. 1, marzo 1971)