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venerdì, aprile 11, 2014

IV Concorso Internazionale per Quartetto d'Archi Premio Paolo Borciani - 1997


Questa registrazione celebra la storia del quartetto d'archi e il suo futuro. La storia è rappresentata dallo straordinario repertorio di opere per due violini, viola e violoncello composte lungo gli ultimi due secoli e mezzo, opere che sono fra i più grandi esiti dell'espressione artistica nella tradizione classica occidentale. Il futuro è rappresentato dai giovani musicisti che vi partecipano e dalla presenza nel programma di un nuovo quartetto di Luciano Berio, registrato qui per la prima volta. L'attenzione così per la tradizione come per il futuro è caratteristica del concorso Paolo Borciani (intitolato alla memoria del fondatore del Quartetto Italiano), il cui comitato organizzatore ha dimostrato l'impegno nell'allargamento del repertorio per quartetto d'archi commissionando un nuovo pezzo per il concorso. I tre quartetti d'archi presentati qui sono stati registrati il 22 giugno 1997, in occasione del concerto dei vincitori della quarta edizione del concorso per il Premio Paolo Borciani.

Quartetto Artemis, Germania
Primo Premio (Premio Paolo Borciani)
Béla Bartok: Quartetto n.4

Quartetto Auer, Ungheria
Terzo Premio (ex-aequo)
Franz Joseph Haydn: Quartetto in sol maggiore, Op.77 n.1

Quartetto Lotus, Giappone
Terzo Premio (ex-aequo)
Premio speciale per la migliore esecuzione del quartetto Glosse di Luciano Berio
Luciano Berio: Glosse - Prima mondiale

Franz Joseph Haydn è giustamente considerato il creatore (fra gli anni Cinquanta e Sessanta del Settecento) di quelli che a tutt'oggi sono ritenuti i primi quartetti d'archi significativi. Nei suoi quartetti giovanili Haydn cercò di risolvere due questioni principali: una di tessitura, l'altra di forma. Insieme ad altri musicisti della sua generazione, egli dovette reimmaginare un complesso strumentale che non fosse dominato dalle parti gravi e acute con l'accompagnamento di uno strumento a tastiera (struttura tipica della musica da camera barocca), ma che invece costituisse una conversazione fra quattro strumenti, ciascuno dei quali portasse qualcosa di individuale ed essenziale all'insieme. Egli lavorò altresì allo sviluppo dei principi di organizzazione musicale che sarebbero stati fondamentali per lo stile classico, lo stile di Haydn, Mozart e Beethoven: un approccio alla forma che enfatizzava le interazioni drammatiche intrinseche al sistema tonale, mezzo flessibile eppure coerente di integrazione fra aree tonali contrastanti e (di solito) fra materiali tematici entro un singolo movimento.
L'op.77 n.1 è uno degli ultimi quartetti di Haydn, scritto nel 1799 e dedicato al principe Joseph Franz Maximilian Lobkowitz (al quale più tardi Beethoven avrebbe dedicato non solo i suoi primi quartetti, op.18, ma anche la terza, quinta e sesta sinfonia). A esemplare testimonianza di ciò che divenne il quartetto d'archi nelle mani di Haydn, l'op.77 n.1 si articola in quattro movimenti: Allegro moderato; Adagio; Menuetto (Presto); Finale (Presto). Il primo, terzo e quarto movimento sono in sol maggiore, il secondo movimento (insieme alla sezione centrale, o "trio", del terzo) è in mi bemolle maggiore. In ciascun di essi Haydn sfrutta il contrasto fra aree tonali, fondamentale per lo stile classico. Ma ancora più tipico dello Haydn maturo è l’eleganza del pensiero melodico combinata con uno straordinario ingegno musicale. Ciò che al primo ascolto percepiamo come gradevole melodia risulta composto di piccoli frammenti, ciascuno dei quali manipolabile e sviluppabile separatamente; viceversa, ciò che al primo ascolto percepiamo come breve motivo porta con sé la propria eventuale espansione in magnifica me1odia. La nobile, soave melodia del primo violino all’inizio del primo movimento, per esempio, è effettivamente fatta di un breve motivo puntato ripetuto più e più volte. Prima che il movimento sia concluso avremo ascoltato quel motivo in diverse combinazioni, disseminate avanti e indietro fra gli strumenti, ora come melodia, ora come interiezione comica, ora come commento all’acuto, ora some brontolio al grave. A un dato momento, il ritmo subisce una sospensione di due battute, per poi riprendere. Ma tale interruzione porta in sé il seme da cui emergerà il tema lirico già ascoltato alla dominante.
L'Adagio, di austera bellezza, esordisce con un tema enunciato insieme dai quattro strumenti, ma al procedere del discorso, la melodia spezza il proprio cammino fra i diversi registri, in una serie di eleganti contrappunti (e virtuosistici, per il prime violino) che la avviluppano in un’onda sonora. Il tempestoso Menuetto ha ben poco a che fare con la danza aristocratica da cui prende il nome, e gli intervalli estremi, sincopati del primo violino sono tanto divertenti in se stessi, quanto (come sempre in Haydn) soggetto per ulteriori esplorazioni musicali: Beethoven avrebbe chiamato movimenti di questo tipo, “scherzi". Haydn confonde le nostre aspettative a ogni occasione. Il Finale appare come un luminoso pezzo d’intrattenimento, fino a quando il tema non risulta pronto per l'elaborazione contrappuntistica.
Circa 130 anni separano l'op.77 n.1 di Haydn dal Quarto quartetto di Bela Bartok. I sei quartetti del compositore ungherese sono giustamente annoverati fra i capolavori della musica del Novecento. Il linguaggio musicale che li caratterizza è molto diverso da quello di Haydn. I violenti pizzicato, i glissando, l’uso del "non-vibrato", della sordina, degli armonici, degli arpeggi sfruttano le diverse possibilità sonore degli strumenti ad arca. Il linguaggio armonico, senza abbandonare il sistema tonale maggiore-minore, lo spinge energicamente a esplorare misture modali, cluster, cromatismi estremi. Il linguaggio ritmico dischiude un vasto spettro di possibilità, dall’uso di rauchi ritmi di danza, alla sostanziale sospensione dell’attività ritmica (per entrambi gli aspetti si trovano precedenti nei tardi quartetti di Beethoven).
E quale forza emotiva e costruttiva Bartok mostra in quest’opera in cinque movimenti. Essi si accoppiamo in una forma ad arco attorno alla misteriosa musica notturna posta al centro, evocante richiami d’uccelli che emergono attraverso l'immobilità, gli agitati momenti d’angoscia, i brevi passaggi di tranquilla bellezza. Il secondo e il quarto movimento sono entrambi “scherzi”, l'uno affidato a tutti gli archi con sordina, l’altro in pizzicato. Benché essi suonino in modo alquanto differente, il materiale musicale che li costituisce è intimamente correlato: essendo il quarto movimento sostanzialmente una variazione del secondo.
Rapporti d’affinità sono ancora più evidenti fra i due movimenti d’apertura e di chiusura del quartetto, il principale materiale tematico dei quali è correlato in modo diretto. Il sorprendente motivo cromatico che ape il prima movimento, lo domina tutto, dappoiché Bartok ne asseconda lo sviluppo contrappuntistico (invertendolo, contrapponendolo a se stesso) e melodico. Gradualmente, esso perde parte della sua intensità cromatica e si trasforma in una figura diatonica, dotata di più melodica curvatura. Il processo culmina nel movimento finale, dove il motivo in questione dà origine a un disegno melodico compiuto con chiare radici nella tradizione zigana. E' come se Bartok avesse preso il motivo, lo avesse ridotto a una sua essenza fondamentale nel primo movimento, per poi lasciargli riacquistare la propria compiutezza all’inizio del movimento conclusivo. Ma alla fine esso ritorna di nuovo allo stato fondamentale, con una serie di gesti che richiamano direttamente il primo movimento.
Il gesto sta al centro del nuovo lavoro per quartetto d'archi di Luciano Berio, Glosse. “Glosse” sta naturalmente per "commenti”, “annotazioni apposte a qualcos'altro", ma nel quartetto di Berio ciò che troviamo sono commen1i in sé e per sé. Tali annotazioni, che sembrano nascere da molte delle tecniche presenti nei quartetti di Bartok, rinviano a tanta parte della storia del quartetto d'archi. Lo sfruttamento delle possibilità sonore degli archi è cruciale in quest'opera, e la varietà degli effetti, pizzicato, armonici, glissando, oltre che stupefacente, evoca spesso un sentimento di “musica notturna”.
Glosse non abbandona mai un tono lirico, come è dato ascoltare nell’a solo di violoncello che apre e chiude a composizione. La sezione caratterizzata dalla tesa scrittura ritmica affidata a tutti e quattro gli archi ricorda gli “scherzi“ di Haydn, filtrati da Bartok, mentre la sezione in pizzicato evoca, oltre a Bartok, molti altri quartetti del Novecento che adottano una tecnica simile.
Glosse, in tal senso, è un commento sul passato e una dichiarazione rivolta al futuro. In questo modo Berio riesce felicemente a catturare lo spirito del concorso Paolo Borciani.

Philipp Gossett (trad. Roberto Fabbi)

sabato, luglio 09, 2011

Concorso "Paolo Borciani" 2011

Brunello: «Concorso “Borciani” già la finale è un premio»
Come ormai tutti sanno (e bene lo sappiamo noi), il Premio Borciani ha raggiunto la fama di "più importante Premio Internazionale" dedicato al Quartetto d'archi. Lo dimostrano la sua storia e l'attenzione che gli viene dedicata da organizzatori di concerti e giornali specializzati di tutto il mondo.
Proprio la sua unicità ha generato l'idea di distinguerlo dalle usuali "competizioni" musicali e rendere così il premio Borciani e chi se lo aggiudica, degno di essere paragonato a una sorta di "Nobel" del Quartetto. Di conseguenza arrivare ad essere candidati al Premio Borciani (indivisibile), cioè raggiungere la Prova Finale, è in sé un premio, come dimostra anche la cospicua somma di denaro destinato, in ogni caso, a qualsiasi quartetto finalista.
Per poter sostenere il peso di una così importante decisione, la Giuria deve rappresentare, al massimo livello, varie modalità di pensiero musicale ed essere trasversale su più generazioni per avere le basi nel passato, ma essere aperte al futuro. Una indubbia personalità del mondo del Quartetto come Günter Pichler a presiedere la Giuria del Premio Borciani 2011, ha garantito che i lavori della Giuria stessa non perdessero di vista i valori musicali sui quali misurare le prove dei quartetti concorrenti. La decisione del risultato finale è stata raggiunta dalla Giuria in pieno accordo con i regolamenti del Premio Borciani che, come in ogni edizione passata, sono stati applicati anche quest'anno. La Giuria non ha dovuto cercare né compromessi né attestarsi su rigide posizioni, in quanto l'evidenza del regolamento non dava possibilità alcuna.
A soddisfazione di noi organizzatori, la constatazione che il mondo del quartetto cresce e il livello medio si alza di edizione in edizione. Le capacità strumentali dei singoli componenti hanno superato le aspettative e la qualità e la preparazione dei quartetti ne beneficia. L'entusiasmo e la tenacia che hanno dimostrato fanno ben sperare nella loro continua ricerca e approfondimento del pensiero e dello stile musicale, lezione lasciataci dal Quartetto Italiano e dal suo fondatore Paolo Borciani.
Questa edizione del Premio Borciani si è arricchita della presenza massiccia del pubblico di appassionati della città e anche molte presenze straniere durante tutte le prove e soprattutto nella serata finale a teatro esaurito. Il pubblico è fondamentale per qualsiasi esecuzione musicale; mette in moto l'elemento emozionale che in genere in un concorso viene tralasciato. Per questo è stato scelto di presentare la Prova Finale come un concerto vero e proprio. Serve però ricordare che il giudizio finale della Giuria si basa, anche per regolamento, sulle votazioni delle prove seconda, terza e di finale e questo può provocare delle discrepanze. Il Premio del Pubblico è nato anche per dare soddisfazione a esecutori e pubblico sul risultato di un evento, che non può però avere la visione generale che un percorso di varie prove e su diversi repertori può dare.
Sicuramente una attenzione alla comunicazione con il pubblico avrebbe spiegato tutto ciò, me ne assumo la responsabilità, ma non avrebbe cambiato nè il risultato nè avrebbe risparmiato i dissensi.
Il futuro del Premio Borciani, al di là delle diverse valutazioni, non può che essere rafforzato nel suo prestigio e serietà dopo una prova di grande intensità come quella appena vissuta, ne sono certo, da pubblico, quartetti, organizzatori, tutti accomunati da vera passione per il Quartetto.

Mario Brunello (direttore artistico Concorso Borciani)

sabato, luglio 02, 2011

Nessun premio Borciani 2011: eccellenza penalizzata

Nessuna assegnazione del Premio Borciani 2011, (come accaduto nel 1987, 1994 e 2000) questo il clamoroso verdetto della giuria dopo oltre due ore di camera caritatis al termine di una serata densa di emozioni per l’esibizione ad altissimo livello dei tre quartetti finalisti e di fronte a un pubblico attonito che è letteralmente sbottato in esclamazioni di dissenso e di veemente protesta. Nessuna assegnazione per eccesso di eccellenza, questa l’amara verità, certo non pubblicamente ammessa ma evidente ad ognuno nel corso di una settimana di ascolti, dalle eliminatorie alla finale di domenica sera, che hanno raccolto un totale di 4mila spettatori e passa; eccellenza giustamente enfatizzata dalla stessa direzione artistica, da indiscrezioni trapelate dalla giuria e ribadita all’inizio della finale.
Uno smacco grave per una giuria che non è riuscita a mettersi d’accordo e all’interno della quale hanno prevalso, con alta probabilità, faziosità, risentimenti e interessi personali a tutto discapito della musica, del talento e dell’impegno di tanti giovani interpreti. Vulnus tanto più profondo in quanto giunto al termine di una settimana perfetta, di musica esercitata ai più alti livelli da giovani provenienti da tutto il mondo, con la partecipazione di un pubblico meraviglioso, vivacizzato dalla importante presenza di molti bambini e dove tutto ha funzionato a meraviglia.
Un‘ingiustizia che offusca l’operato di una giuria, nonostante la levatura dei singoli componenti. Mario Brunello, sul palco insieme ai membri della giuria e ai tre quartetti finalisti, visibilmente imbarazzato e crediamo profondamente dispiaciuto, in qualità di direttore artistico dovrà lavorare non poco per sanare la ferita, per non compromettere l’esito della prossima edizione tra tre anni, per mantenere alto il prestigio di una manifestazione afflosciatasi proprio nella sua fase conclusiva. La novità di eliminare secondo e terzo posto, fatta, sembra (ma non è chiaro il perché), per agevolare i gruppi, ha, alla resa dei conti, radicalizzato lo scontro restringendo la rosa dei premiabili e impedendo di stemperare i contrasti. Inoltre, la excusatio non petita del presidente di giuria, Günter Pichler, primo violino del mitico Quartetto Berg, a sua volta visibilmente imbarazzato e teso, relativa al non voto nei confronti dei quartetti in concorso, allievi nel corso degli ultimi due anni, ha messo in luce un possibile fattore di disequilibrio nella composizione della giuria.
Sei musicisti su otto, di cui cinque membri di quartetti, un solo musicologo e critico musicale (ma anche organizzatore), e un compositore, l’autore del pezzo commissionato. E se è giusto dare peso a chi la musica la pratica in prima persona, soprattutto se si tratta di personalità del calibro di un Pichler o di un Isomura (viola del Quartetto di Tokio), è altrettanto vero che chi è direttamente coinvolto a livello personale può, pur non votando nel caso specifico, creare impasse nella conta finale. Dunque solo tre finalisti, Meccorre (Polonia), Amaryllis (Germania- Svizzera) e Voce (Francia) ed essendo il premio unico e assoluto, nessuna divisone del premio in denaro e soprattutto nessuna tournée, fattore qualificante del concorso, con la tremenda conseguenza che il mondo non avrà la possibilità di conoscere musicisti straordinari. E se giusta, tutto sommato, appariva la scelta dei tre finalisti, su di essa, a ben vedere, gravava l’ombra di una esclusione, già dalla rosa dei sei semifinalisti, incomprensibile, quella del Quartetto Kelemen.
Dei premi di consolazione, per così dire, quello del pubblico, novità di questa edizione, è andato al Quartetto Voce (1000 euro), mentre il premio speciale Kancheli, il compositore a cui era stato commissionato il quartetto contemporaneo, ai Quartetti Meccorre e Cavaleri (2500 euro); Qundi due borse di studio, Premio Jeunesses Musicales Deutschland e Premio ProQuartet, assegnate rispettivamente ai Quartetti Schumann e Linden.

Daniela Iotti (Giornale di Reggio, 21 giugno 2011)