Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

domenica, luglio 29, 2012

La nona di Bruckner e quell'irresolubile problema dei corni

Anton Bruckner (1824-1896)
Le ultime cinque battute della nona sinfonia di Bruckner pongono un problema che viene considerato di solito irresolubile: i corni devono tenere la medesina nota per un tempo interminabile e non c'è potenza di fiato che basti, soprattutto se si tiene conto che siamo in un "Adagio" in cui il tempo scorre lentissimo. Come fare? Di solito si ricorre ad una leggera e impercettibile presa di fiato che salvi i cornisti dall'asfissia. Per quanto è dato di sapere solo Furtwängler riuscì nel 1944 a indurre i cornisti della Filarmonica di Berlino ad eseguire il passo con un'unica presa di fiato. Questo problema al limite tra la musica e l'atletica potrebbe a prima vista sembrare una sciocchezza ma è proprio partendo di lì che ci si trova davanti a problemi di enorme portata. Innanzi tutto la nona ed ultima sinfonia di Bruckner è notoriamente un'opera incompiuta: Bruckner morì l'11 ottobre 1896 mentre era intento a comporre il quarto ed ultimo movimento della sinfonia. Così come la conosciamo la nona sinfonia consta di soli tre movimenti e l'Adagio conclusivo avrebbe dovuto essere il cuore dell'opera, ovvero il luogo in cui s'addensavano le maggiori tensioni e contraddizioni. Tutta la musica di Bruckner è colma di tensioni e contraddizioni di questo genere ma nella nona sinfonia quegli elementi esplodono con una violenza che dovrebbe indurre a riconsiderare l'intera carriera del musicista austriaco.
Si dice che era un mistico, ed era vero, che era stato allevato dai monaci e che aveva trascorso gran parte della vita nelle grandi abbazie barocche dell'Austria ed anche questo era vero. La sua musica rivela una fantasia ed una sensibilità in cui è dato riconoscere alcuni degli attributi principali del mistico. Quando si ascolta la settima sinfonia non si può fare a meno di essere colpiti dalla veemenza di un sentimento che continuamente sconfina con la più accesa sensualità; cosa che comprese benissimo Luchino Visconti scegliendo proprio quella musica come colonna sonora per il suo film "Senso". Mistico e sensuale, sperduto nei meandri di una fantasia senza tempo, fornito di una fede granitica che lo induceva a dedicare le sue gigantesche sinfonie "Al buon Dio". Probabilmente è tutto vero ma è proprio grazie alla nona sinfonia che il personaggio di Bruckner riesce ad acquistare un'identità che diversamente continuerebbe a sfuggirci. L'incompiuta nona è a considerare prima di tutto il libro delle grandi tentazioni, l'analogo musicale di quello che fu "La tentation de Saint Antoine" per il letterato Flaubert. Da buon mistico Bruckner aveva le sue crisi, i suoi terrori e le sue angosce e all'epoca della nona sinfonia, dunque alla fine della vita, queste crisi dovevano raggiungere la fase più acuta. La fede doveva rivelarsi molto meno granitica e attraverso le sue incrinature si spalancavano abissi d'inferno. Questa è la trama che con sconvolgente violenza viene narrata dalla nona sinfonia. Visioni celesti e fantasmi d'inferno si intrecciano già nel vasto primo movimento, ma è nel secondo, uno Scherzo seguito da un Trio, che gli elementi inferi prendono il sopravvento. Quel tema di pizzicati agli archi, sostenuto da un lungo pedale dissonante dei fiati, è quanto di più sinistro Bruckner abbia mai scritto e le violenti esplosioni degli ottoni compaiono qui con una durezza che niente riesce a temperare. Il terzo movimento, quell'Adagio che il compositore voleva fosse il più bello di tutti, reca all'estremo tutte quelle contraddizioni. All'inizio i violini pongono il famoso tema ascendente, cantabile come una preghiera al quale segue immediatamente un originale episodio che alcuni commentatori hanno voluto definire "Addio alla vita". Può darsi che le cose stiano così; in ogni caso è certo che le brevi interiezioni delle trombe che segnano questo tema fatto solo di tremoli, sembrano colpi d'ala librati verso l'alto. Il tema successivo è ancora lirico e cantabile ma a differenza del primo più intriso di nostalgie terrestri. Seguirà un travaglio senza precedenti in cui le tentazioni, i dubbi e le angosce scuotono implacabilmente il cielo della fede, lo dilaniano con violenza terrificante. Dissonanze feroci, cataclismi sonori, abissi improvvisi si spalancano in questa confessione scritta con i suoni, e solo con enorme fatica gli sviluppi formali riusciranno attraverso una rapsodia di citazioni a riconquistare un sentimento di calma che va a culminare proprio in quell'interminabile nota tenuta dai corni. Quel venire meno del suono, il suo progressivo impallidire, è molto più inquietante dei finali agonici delle sinfonie di Mahler perchè qui la pace, il mistero e la sofferenza si confondono in maniera inestrivabile.
Di questa nona sinfonia di Bruckner abbiamo parlato un poco grazie alla nuova incisione che ce ne offre la Deutsche Grammophon con l'orchestra dei Wiener Philharmoniker diretta da Carlo Maria Giulini. I tempi sono lentissimi, meravigliosamente in sintonia con i presagi di eternità che si irradiano da tutta la partitura, e l'intensità sofferta del fraseggio è tra le cose più grandi che Giulini sappia raccontare con la sua raffinata arte direttoriale. Un'interpretazione così è destinata a diventare per anni un punto di riferimento e, giusto per la cronaca, segnaliamo che il grande direttore italiano non ha voluto sottoporre i bravissimi cornisti viennesi alla terribile prova del fiato concedendo loro qualche impercettibile respito.

Enzo Restagno ("La Stampa", 7 settembre 1990)

5 commenti:

Emanuele Mongiovì ha detto...

ma Restagno conosceva la partitura? nella partitura del 1903 e già nell'autografo, infatti, oltre ai quattro corni, suonano i tromboni e le tube, anzi questi ultimi strumenti iniziano la nota tenuta, sotto il tema dei violini, quattro battute prima (mi) senza pausa, con senza segno di legatura, tranne nel momento in cui attaccano i corni per le cinque battute finali.

Angel_Aol_Master ha detto...

Volendo parlare di esecuzioni di questa ultima meraviglia bruckneriana, vi piace più nei tempi lenti (Giulini, Jochum), o in quelli più veloci (Barbirolli, Karajan) ?!

Motivate però!

Celere ha detto...

Mi piace nei tempi giusti di Ivan Fischer.

Celere ha detto...

Mi piace nei tempi giusti di Ivan Fischer.

magomusicale ha detto...

GIULINI anche la versione con Chicago. La versione con i Wiener è uno dei vertici assoluti della discografia non solo bruckneriana . Esiste anche una edizione con la radio di Stoccarda altrettanto bella