Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
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sabato, febbraio 19, 2011

Bruckner: Sinfonia n.7 in mi maggiore

Nelle grandi controversie estetico-musicali dell'Ottocento, in cui in ultima analisi si trattava di definire che cosa costituisse lo "spirito" della musica, se la forma o il contenuto, se delle qualità puramente compositive o dei "messaggi" rinvianti ad una sfera extramusicale, Anton Bruckner non può essere ricondotto a nessuna posizione estrema. Egli stava per così dire tra i due fronti. Mentre a causa della sua ardente venerazione per Richard Wagner viene facilmente collocato vicino alla "scuola neotedesca", egli ha d'altra parte ben poco in comune con l'idea della musica a programma di un Berlioz o di un Liszt, e non è affatto in così aperta contrapposizione con la concezione brahmsiana della musica sinfonica, come farebbe invece supporre il rapporto personale tra i due maestri, così diversi tra loro. Detto in termini positivi: il sinfonismo di Bruckner costituisce un mondo proprio, con leggi sue proprie. La sua singolare posizione nella storia della musica è dovuta all'interazione, di diversi presupposti. Essi sono sia personali (l'origine di Bruckner dalla musica sacra rimane percepibile anche nelle sue opere per orchestra non solo nella dinamica di tipo organistico e nella "registrazione" strumentale, ma anche in quell'aspetto di sacra solennità che traspare finanche negli "Scherzi") sia storici: c'è la monumentalità sinfonica di Beethoven, che esercitò un profondo e ampio influsso sul pensiero di Bruckner, ma c'è nel contempo anche il procedimento, che rimanda piuttosto a Schubert, di vivificare le grandi forme non tanto secondo il principio dello sviluppo, quanto secondo quello delle superfici sonore, mediante la giustapposizione di singoli complessi strutturali. Infine c'è il modello di Wagner, presente in modo variamente accentuato: nell'armonia fondata su accordi alterati che risale al 'Tristano" nelle ampie linee melodiche e nei grandi crescendi ma soprattutto, nel modo più appariscente, nell'apparato orchestrale.
Bruckner compose la Settima Sinfonia tra il 1881 e il 1883. Il movimento lento è un omaggio particolare al maestro di Bayreuth, morto il 13 febbraio del 1883, e ciò non solo per l'uso delle quattro tube wagneriane, ma anche per il suo carattere di musica funebre di vaste proporzioni. Questo Adagio - uno degli esempi più imponenti e commoventi dell'arte di Bruckner - mostra al tempo stesso un particolare problema che si pone per questo compositore: quello delle differenti versioni. Nel punto di maggiore intensità infatti (battuta 177), quando il lungo crescendo di tutta l'orchestra giunge al suo culmine, Bruckner ha aggiunto sulla partitura già compiuta ancora un accento nella percussione (con piatti e triangolo), che poi ha però di nuovo cancellato con l'annotazione "non valido". Ciò ha dato luogo (da 100 anni ormai) alle più veementi controversie tra gli interpreti, che sono poi state e vengono ancora condotte con fervore ideologico. Questo è però solo il caso più appariscente di una difficoltà di fondo che accompagna nel suo complesso la produzione di Bruckner. Infatti, spesso egli non aveva fin dall'inizio un quadro chiaro della forma definitiva delle sue opere e accettava di buon grado le proposte di musicisti amici, di solito direttori d'orchestra, che volevano aiutare il compositore, per lo più violentemente contestato dal pubblico, a rendere la sua musica il più efficace possibile. Pertanto esistono anche per gli altri movimenti della Settima delle differenze tra la prima edizione a stampa e l'autografo, ed è ben difficile decidere ciò che corrisponde all'ultima, definitiva intenzione di Bruckner.
Comunque sia - la Settima Sinfonia fu la prima ad essere accolta con entusiasmo fin dalla sua prima esecuzione, diretta da Arthur Nikisch (30 dicembre 1884). Il modo in cui il primo tema del primo movimento si leva dal tremolo dei violini e cresce fino a dar vita a una complessa stratificazione di linee ascendenti e discendenti, il modo in cui negli altri due complessi tematici (Bruckner allarga il dualismo classico a un tritematismo) vengono di volta in volta raffigurati nuovi caratteri, che vengono poi combinati assieme nello sviluppo secondo tutte le raffinatezze del contrappunto rigoroso, il modo in cui infine la coda esultante si eleva in un poderoso crescendo di sonorità - tutto ciò mostra la maestria di Bruckner nella sua forma più grandiosa. Il Finale è costruito nello stesso modo, l'invenzione motivica però fa un'impressione più gaia, in un primo momento addirittura ardita. Ma anche qui è presente la tensione architettonica verso l'alto, che si potrebbe forse paragonare con la costruzione di una cattedrale gotica. La monumentalità, la tensione verso le sfere spirituali è evidente persino nello "Scherzo" che con il suo fondamentale impulso vitale e il suo primo tema di fanfara, che ricorda in parte correnti motivi di caccia, fa più di tutti un'impressione "mondana" (l'immagine di una cavalcata selvaggia sorge irresistibile, il che fa pensare involontariamente di nuovo a Wagner). E vengono in mente le parole di Wilhelm Furtwängler: "Per rendere giustizia a Bruckner non si deve vedere in lui solo il musicista, ma bisogna comprenderlo come discendente dei mistici tedeschi".

Volker Scherliess (Traduzione: Adriano Cremonese, note al CD DGG 419 195-2)

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