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domenica, gennaio 27, 2013

Susanna Pasticci: l'esperienza del sacro in Stravinskij

Igor Stravinskij secondo Pablo Picasso
Il XX secolo ci ha lasciato in eredità un grande patrimonio di repertori musicali e linguaggi espressivi: una moltitudine di oggetti sonori che ci affascina e ci frastorna. Talvolta, dal nostro osservatorio di ascoltatori del XXI secolo, tante di quelle musiche ci sembrano lontane, distanti, o forse semplicemente troppo legate a certe contingenze specifiche del loro tempo. Se tante opere di Igor Stravinskij mantengono intatta la loro capacità di stupirci, ogni volta che le riascoltiamo, ciò si deve probabilmente alla profonda vocazione enciclopedica della sua musica. Una musica che si confronta con ogni stimolo del presente e del passato, che cerca di venire a patti con la memoria e le diversità e che, proprio per questo, si presta a diventare oggetto di un’attività interpretativa insistente e profonda, come se si trattasse di un testo biblico. Il paragone può sembrare azzardato; eppure ci sono opere di Stravinskij, come Le sacre du printemps o la Sinfonia di Salmi, che non possiamo fare a meno di annoverare tra i ‘testi sacri’ della cultura occidentale. Non tanto perché esprimono contenuti religiosi, spirituali, ma soprattutto perché si configurano esse stesse come testi sacri, come opere-mondo, come monumenti che possiamo scrutare a lungo e che ci sfidano ad attivare un processo di interrogazione, di ricerca di senso.
Accogliere il richiamo di questa sfida, mettendo la Sinfonia di Salmi al centro di un percorso di riflessione ramificato e intenzionalmente centrifugo, è il principale obiettivo di questo volume; che, nel focalizzare l’attenzione sulla prima grande opera di Stravinskij basata su testi religiosi, intende anche raccogliere una serie di indizi utili a contestualizzare la presenza dell’universo del sacro nella poetica e nell’esperienza creativa del compositore.
L’idea che Le sacre du printemps sia uno dei principali monumenti musicali del XX secolo è fortemente radicata nella coscienza degli studiosi e degli ascoltatori, e trova conferma nel gran numero di pubblicazioni dedicate a questo pezzo. Anche la Sinfonia di Salmi è un’opera molto nota e amata dal grande pubblico, che trova regolare accoglienza nelle principali stagioni concertistiche; eppure, questa diffusa consapevolezza della sua importanza non ha mai trovato riscontro, a livello internazionale, nella produzione di studi monografici o approfondimenti di ampio respiro. Questa disparità di trattamento si colloca nel quadro di una più generale tendenza a marginalizzare il ruolo della dimensione del sacro nella musica di Stravinskij; o meglio, a valorizzare la presenza di una sacralità arcaica e primitiva, che troverebbe la sua massima espres-sione in opere come Le sacre du printemps o Les noces, a scapito di una concezione del sacro più convenzionale e legata all’esperienza di fede cristiana, come accade nella Sinfonia di Salmi.
D’altra parte, il filone della musica sacra occupa un posto abbastanza marginale nel catalogo di Stravinskij. Nella prima fase della sua attività creativa, segnata dai grandi successi delle opere realizzate per la compagnia dei Ballets russes di Djagilev, il compositore non rivolge mai la sua attenzione a testi e soggetti religiosi. Solo a partire dalla Sinfonia di Salmi realizzata nel 1930, nel pieno della sua fase neoclassica, Stravinskij comincerà a manifestare uno sporadico interesse nei confronti della musica sacra e liturgica; per poi intensificare la sua produzione su testi sacri — o comunque animati da una forte carica spirituale e religiosa — nel corso degli anni cinquanta, in corrispondenza della sua ultima stagione creativa. In ogni caso, l’attrazione di un compositore nei confronti della dimensione del sacro non si traduce solo e necessariamente nella produzione di musica religiosa: essa può riflettersi in vari modi sulla sua esperienza creativa, contribuendo a orientare i suoi atteggiamenti estetici e le sue concrete modalità operative.
Questa ipotesi è suggerita dalla presenza di alcuni riferimenti teologici disseminati negli scritti di Stravinskij, che nel corso del volume verranno analizzati e discussi in dettaglio. Tutto ciò che un compositore ci spiega a parole, tuttavia, rappresenta un indizio di poetica ‘esplicita’ che acquista rilevanza tangibile solo nel momento in cui viene messo in relazione con la sua poetica effettiva, che si manifesta nell’esercizio della pratica compositiva e nella realtà sonora delle sue opere. Nel caso di Stravinskij, più che sul piano dell’espressione di 'contenuti’ religiosi il rapporto con la dimensione del sacro si stabilisce soprattutto a livello formale, attivando una simbologia profondamente radicata nella sostanza poetica della creazione. La possibilità di rileggere la sua esperienza musicale alla luce dell’eredità della tradizione spirituale ortodossa permette di raccogliere una serie di indizi utili a contestualizzare diversi aspetti della sua poetica e della sua pratica artistica: la sua concezione del tempo musicale e la tendenza a pianificare la forma in base a un attento dosaggio di equilibri, simmetrie e proporzioni; ma anche la sua idea della musica come attività artigianale, la poetica dell’oggettività e il suo controverso rapporto con la questione dell’‘espressione’ in musica.
Il nostro percorso di esplorazione della Sinfonia di Salmi si articola in tre principali direzioni di indagine: una ricostruzione del contesto storico, culturale ed estetico in cui si è sviluppata la genesi dell’opera; un’interpretazione della sua realtà sonora, che cerca di mettere in relazione i dati che emergono dall’esperienza d’ascolto con le tecniche costruttive utilizzate dal compositore; e infine, una riflessione sulle potenzialità performative del testo e le sue diverse interpretazioni. Queste linee di ricerca vengono approfondite attraverso una trama narrativa che si sviluppa intorno a due nuclei tematici: la dimensione del sacro e la questione del tempo in musica. Temi suggeriti, con tutta evidenza, dalle qualità specifiche del testo in esame. Un pezzo di musica sacra, in cui per la prima volta Stravinskij si confronta con un orizzonte di pensiero teologico apparentemente estraneo ai suoi interessi, ma che a uno sguardo più attento si rivela invece profondamente radicato nel suo universo poetico; ma anche un oggetto sonoro che, proiettandosi nella dimensione dell’ascolto, ci sfida a sperimentare un rapporto più diretto e consapevole con la nostra esperienza della temporalità. In tal modo, il percorso di riflessione avviato nel primo capitolo, La nostalgia del presente perduto, giunge a compimento nell’ultimo, Il presente possibile, in cui la concezione del tempo musicale di Stravinskij viene interpretata alla luce degli indizi raccolti nel corso della narrazione.

Questo volume non avrebbe potuto realizzarsi senza la collaborazione del dott. Ulrich Mosch, responsabile della ‘Collezione Igor Strawinsky’ della Paul Sacher Stiftung di Basilea, che ringrazio per aver autorizzato la consultazione ela riproduzione degli autografi del compositore e di altri documenti conservati nell’archivio. Decisivi sono stati anche i consigli e i suggerimenti bibliografici ditanti colleghi che mi hanno sostenuto e incoraggiato nel corso di questa ricerca, tra cui Marcello Del Verme, Antonio Grande, Massimiliano Locanto, Antonio Rostagno e Nicola Tangari. Ringrazio anche due cari amici, Claudia Giottoli e Michele Napolitano, che hanno letto questo testo prima della pubblicazione e lo hanno arricchito con preziose critiche, consigli e spunti di riflessione.

Un ringraziamento particolare va infine a Franco Piperno, che ha seguito tutte le fasi del lavoro con autentica partecipazione, spirito di ricerca e disponibilità dialettica, contribuendo in modo decisivo al suo completamento.
Susanna Pasticci
(introduzione del libro "Sinfonia di Salmi: l'esperienza del sacro in Stravinskij", LIM, 2012)

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