Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, novembre 15, 2014

Anton Bruckner: il carattere e la religiosità

Anton Bruckner (1824-1896)
Fondamentali per la corretta comprensione dell'uomo-Bruckner e della sua musica sono il particolare carattere e l'incredibile religiosità, in un contesto storico, sociale ed ambientale di indubbio interesse.
Va detto come, nella prima metà dell'800, la regione dove visse il nostro (Austria superiore) fosse una delle più semplici e retrograde della contemporanea società europea: strettamente legata alla coltivazione della terra oltre che ad un costante sodalizio spirituale con lo Stato Vaticano.
Per più di cinque secoli i suoi antenati erano rimasti nella più completa ignoranza del mondo circostante, prima come servi della gleba, poi come agricoltori e gestori di locande, ed infine, nelle generazioni più vicine al periodo che ci interessa, come maestri alla scuola del villaggio di appartenenza.
Villaggi come Ansfelden, luogo di nascita di Anton, gravitavano nei pressi di complessi monastici cattolici (v. Sankt Florian), in una sorta di economia curtense e post-feudalesimo di stampo quasi medievale. In questo remotissimo mondo, Bruckner creb
be semplice, fiducioso, oltre che devoto, come solo poteva essere un uomo nato in uno sperduto paesino del tempo di Metternich, sotto un governo dispotico e conservatore.
Egli nel corso degli anni sarebbe rimasto uguale a se stesso: un tipico personaggio del mondo contadino, pur dotato di apparente saggezza popolare e con in più uno straordinario talento musicale.
Quello che stupiva, però, era che nonostante il mutare dei tempi e dell'ambiente (si pensi ai suoi innumerevoli trasferimenti da Sankt Florian a Linz e a Vienna) il nostro non cambiasse mai le vecchie abitudini campagnole, continuando sempre ad indossare goffi abiti provinciali, a esprimersi nel pittoresco dialetto della sua terra, a mostrarsi ossequioso ai limiti della piaggeria verso ogni genere di autorità costituita.
Al riguardo una ricca aneddotica può chiarire meglio le continue gaffes cui spesso andava incontro: una volta, per esempio, offrì un tallero al direttore d’orchestra Hans Richter, dopo una prova che lo aveva particolarmente soddisfatto; un'altra volta rispose ad un'offerta di assistenza economica dell'Imperatore in persona con la preghiera di non permettere al feroce Hanslick di scrivere le sue ostili e abituali critiche nei confronti delle sinfonie da lui composte.
L'obiettiva incapacità di Bruckner di darsi una certa misura o almeno un'apparente sobrietà, sono indicative secondo alcuni biografi di un carente sviluppo psicologico, dovuto alla lunga permanenza nell'atmosfera sin troppo monastica e solitaria di Sankt Florian. Egli cominciò sin dagli anni vissuti in quella dimensione a disinteressarsi completamente delle cose terrene e pratiche, ed a privilegiare unicamente il suo rapporto diretto con Dio, la sua profonda fedeltà al Creatore: dati oggettivi di rilevante interesse per capire il senso più recondito e l'originaria ispirazione delle opere musicali bruckneriane.
Sin dall'inizio risultarono evidenti le difficoltà di ambientamento che il nostro dovette superare quando, ritrovatosi, seppur in età già matura, a Vienna, capitale della musica riconosciuta in tutto il mondo occidentale, visse sempre nell'insicurezza più totale i rapporti con i propri simili.
Un uomo così devoto a Dio non poteva poi prendere in considerazione una relazione non consacrata dal sacro vincolo matrimoniale; le sue ricerche in tal senso non furono quasi mai coronate da successo.
Spesso le sue infatuazioni erano dirette a graziose fanciulle che conosceva appena e sconcertava con audaci e immediate proposte già al primo incontro, chiedendone la mano; l'imbarazzata risposta della ragazza di turno era più o meno... "Ma signor Bruckner, lei non é più così giovane!".
Il nostro povero Anton “cadeva” così vittima di gravi depressioni, immergendosi ancor di più nel lavoro creativo e nei suoi innumerevoli impegni religiosi e didattici.
Altro aspetto rilevante del suo carattere era l'assurda mania di sottoporsi continuamente ad esami per verificare il livello della sua preparazione musicale e didattica, che lo lasciava perennemente scontento.
Ma la più singolare delle sue ossessioni era quella di osservare i cadaveri da vicino (quasi ai limiti della necrofilia): i corpi degli amati Beethoven e Schubert, dopo la loro esumazione, o addirittura quello dell'Imperatore Massimiliano riportato dal Messico a Vienna per la sua definitiva sepoltura.
Per Bruckner la composizione doveva essere indubbiamente un rifugio da tutte le manie ossessive e le insicurezze che lo fagocitavano in continuazione; l'atto del comporre era parte imprescindibile della sua vita religiosa tanto che, criticare le finalità o la forma delle sue sinfonie, era come convincerlo dell'assenza di Dio nei cieli. E questo atteggiamento che all'epoca non ispirava alcuna simpatia o ammirazione in personaggi coevi come il protestante Johannes Brahms o il critico Eduard Hanslick, lo espose molto spesso al pubblico ludibrio, come accadde in particolare durante la prima infelice esecuzione della Terza Sinfonia, dallo stesso Bruckner diretta a Vienna, che costituì certo uno dei momenti, in assoluto, peggiori della sua vita.
D'altra parte, si formò intorno al Maestro nel periodo Viennese un cenacolo di amici ed allievi che cercarono di sorreggerlo ed aiutarlo nei momenti di difficoltà, ma che tuttavia contaminarono, in una
certa misura, la sua opera negli anni successivi alla sua morte, con la redazione di apocrife versioni delle sue sinfonie, non troppo rispondenti agli stilemi artistici ed estetici di Anton Bruckner.

Alessandro Romanelli (da "Divino Bruckner", Schena editore, 1996)

1 commento:

Anonimo ha detto...

"Sodalizio spirituale con lo Stato Vaticano".? Ma come scrive questo? E poi che profondità di analisi storica. In un blog come questo stona davvero