Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, luglio 02, 2016

"Musica Ricercata" di György Ligeti


"Musica ricercata" - I
Cosa c’è di più inquietante di un foglio bianco da riempire? Per giunta un foglio pentagrammato. Molti compositori raccontano del senso di panico che può assalire. Tra le possibili soluzioni c’è quella di darsi limiti severi, lanciare a se stessi delle sfide ed ingegnarsi a risolverle. Non per questo le soluzioni saranno cervellotiche, tutt’altro, il limite può servire a trovare il meglio di sé.
E non è peculiarità dei soli musicisti, basti pensare agli Esercizi di Stile di Raymond Queneau o alle regola del Dogma di Lars von Triar.
In questo contesto si inserisce György Ligeti, ungherese, nato in una città della Transilvania che ha più volte cambiato nazionalità tra Ungheria e Romania, che dopo la Seconda Guerra Mondiale avvia la sua attività di compositore e scrive la raccolta di brani per pianoforte intitolata “Musica Ricercata”.
Undici brani in cui il punto di partenza è nel medesimo tempo semplice e severo: il primo brano potrà utilizzare solo due note (ripetute a piacere, si intende), il secondo tre e così via fino al totale delle dodici note nell’undicesimo e ultimo brano. La sfida è notevole, occorre maneggiare la materia musicale con maestria, chiamando in soccorso l’invenzione ritmica, la creazione di atmosfere molto particolari, la musica popolare che usava melodie fatte di poche note, il coraggio della reiterazione come cardine per affascinare il pubblico.
E’ facilmente intuibile che i brani più difficile da scrivere siano i primi. Ligeti li risolve con astuzia e immaginazione, richiamandosi a quello che a quell’epoca era il suo padre spirituale: Bèla Bartòk, anche egli ungherese e morto nel 1945. Il pianoforte inteso come strumento a percussione (ma espressivo, non solo ritmico) è proprio un’invenzione bartòkiana. Così il brano I è risolto ed anche il secondo, che Stanley Kubrik utilizza in Eyes Wide Shut proprio per il suo carattere solenne e quasi morboso. Poi è un susseguirsi di invenzioni: il III è un indiavolato “presto”, il IV è un valzer irriverente, nello stile della musica di strada, di quegli organetti che una volta musicavano la passeggiata in centro o al parco. Il V è un gioco di inseguimenti tra le due mani, il VI richiama le melodie mediorientali (la musica popolare del medio oriente e quella dell’Europa dell’est hanno più di un punto in comune, del resto l’Impero Ottomano…). Il VII è un vero prodigio avveniristico: nel 1950 e senza l’ausilio delle macchine Ligeti inventa il “loop” e i procedimenti tanto cari ai nostri dj: le mani suonano in tempi diversi, il pianista si sdoppia, l’ascoltatore resta stupito. L’VIII è un omaggio alle danze popolari: tempi dispari e aria di festa. Il IX è un dichiarato omaggio a Bartòk, alla sue musiche notturne fatte di campane, rumori, spaventi, magie. Il X è un altro “presto”, ma la tavolozza di note da usare è molto più grande e quindi la musica è molto meno stilizzata. Infine, e siamo arrivati al totale delle dodici note, l’ultimo brano è una fuga ipercromatica dedicata a Frescobaldi, compositore ferrarese del 1600 e primo grande rivoluzionario della tastiera. Molto spesso i compositori degli ultimi decenni hanno preso come esempio i maestri del 1500 e 1600 vedendo in loro quella purezza e quel rigore che poi nei secoli a venire non ritroveranno, in virtù di altri bisogni.
Musica Ricercata, oltre al piacere dell’ascolto, che non è poco, anzi forse è già tutto, ha aperto molte strade alla musica: è stata una di quelle fonti da cui tutti i compositori prima o poi hanno attinto, liberando le ulteriori energie che la musica di oggi ancora possiede.
 
Andrea Rebaudengo (http://it.peacereporter.net)

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