Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
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domenica, marzo 04, 2018

Alfred Deller

Harmonia Mundi France HM 249 (1979)
La copertina che illustra quest’articolo é quella dell’ultimo disco inciso da Alfred Deller nell’aprile dello scorso anno; due mesi dopo Deller moriva, all’età di 67 anni, senza che nessuno ne abbia scritto un "memoriale" in Italia, e senza una nota di commento su questo disco se non "ultima incisione Alfred De1ler".
Ciò non meraviglia vista la perenne diffidenza che la critica italiana ha avuto nei confronti del controtenore o contraltista, dirsi voglia, e conseguentemente di Deller che ne è stato il massimo esponente della nostra epoca. Da cosa è nata questa diffidenza? Da una controversia storica, più probabilmente, da una scarsa conoscenza dell’argomento da parte della critica ufficiale. Non è questo il luogo dove tentare un approfondimento del problema, ma vale la pena, parlando di Deller, dare gli estremi del "caso controtenore". Il termine controtenore era in uso all’epoca della polifonia (Tre e Quattrocento), e indicava quel timbro vocale, quella tessitura, che stava tra il discantus e il tenor. La sua esecuzione era prevalentemente affidata a tenori in grado di usare il falsetto.
Nel Cinquecento nacquero i castrati per rispondere alle esigenze del melodramma dal quale erano eslcuse, nell’esecuzione, le donne. Tutta l’età barocca fu dominata dal primeggiare di controtenoristi (contraltisti o sopranisti) e castrati (anch’essi contraltisti o sopranisti) sulle scene del belcanto, grazie alle loro grandi capacità rappresentative. Per approfondire l’interessante argomento si può, ad esempio, consultare le voci "Castrati" e "Contralto" redatte da Rodolfo Celletti nell’enciclopedia Rizzoli-Ricordi.
L’età del barocco ha quindi visto l’impiego parallelo di castrati e controtenori; che ciò fosse dovuto alla contingente mancanza di voci femminili non ci deve far riflettere; ("oggi abbiamo queste voci e quindi non ci sono problemi"...); Haendel e Lully composero le loro opere vocali pensando ad una esecuzione anche con castrati e controtenori. Dobbiamo solo preoccuparci, perciò, di ricreare quella situazione.
Che non ci si castri più molto può sembrare un argomento validissimo: ma perché rifiutare i controtenori?
Sull’onda di questa rivalutazione filologica Deller cominciò circa quarant’anni fa ad eseguire con il timbro in falsetto di controtenore. Dopo di lui sono venuti tanti altri nomi che oggi incidono a ritmo serrato; sono Paul Esswood, James Bowman, Charles Brett, John York Skinner e René Jacobs, i più in attività. E tutti debbono qualcosa a Deller. Nel ’48 Deller diede vita al suo Consort e, successivamente, anche ad una sua produzione discografica: "Deller Recordings". Con quest’etichetta l’Harmonia Mundi francese ha pubblicato negli ultimi anni decine e decine di incisioni che rappresentano oggi una testimonianza artistica di raro calibro. Per rifare la storia di Deller mi pare significativo rifare la storia delle sue incisioni; non è un ennesimo tentativo per parlar solo di dischi. Obiettivamente, il disco come il libro immortala il messaggio artistico, e permette a chiunque di venirne a contatto; non tutti, ho l’impressione, sono stati in grado di applaudire dal vivo. E poi fare articoli che siano storie della musica a puntate mi dà l’impressione che non entusiasmi molto i nostri lettori.
Il massimo dell’impegno di Deller si ebbe nella musica inglese, ovviamente: con Dowland e Purcell il controtenore giocava in casa e questo si è sempre sentito. Le sue incisioni più significative, infatti, possono riassumersi nelle tre opere di Purcell e nelle songs di Dowland. Nel 1975 uscì "The fairy queen", nel ’76 "The indian queen", nel ’79 "King Arthur": tre incisioni d’altissimo livello artistico e tecnico (con tecnico intendo la capacità tecniche di coro e orchestra). Le due ultime in modo particolare furono realizzate con ottimi solisti, specialisti del genere, quali Mark Deller (figlio di Alfred ed anch’egli controtenore), Paul Elliott, Honor Sheppard, Maurice Bevan, Jean Knibbs e Rosemary Hardy. Non è da meno l’orchestra: una "session orchestra" formata da alcuni dei migliori strumentisti inglesi con strumenti originali; sotto il nome di The King’s Musick presero parte a queste incisioni Roderick Skeaping, Michael Laird, Catherine Mackintosh, Nicholas McGegan. Oltre le tre opere di Purcell l’altra incisione fondamentale di Deller è quella dedicata alle songs di Dowland; si tratta di una antologia vocale dai vari libri scritti da Dowland assortita molto oculatamente. Con Deller prendono parte a quest’incisione ancora una volta musicisti di primo piano (alcuni ex Early Music Consort di Munrow): Robert Spencer, Jane Ryan, Nigel North. Questo volume antologico è forse quanto di più interessante e meglio eseguito si sia fatto sull’opera di Dowland; allo stesso livello, ma con un impegno d’ascolto molto maggiore, troviamo l’integrale discografica, in via di compimento, ad opera del Consort of Musicke di Antony Rooley. La discografia purcelliana di Deller, comunque, non si ferma alle tre opere citate. Meno avvincenti, con tenutisticamente, ma rilevabili, l’Ode a Santa Cecilia e i vari Anthems buoni soprattutto nelle parti vocali. Una piccola perla incisa da Deller molti anni or sono ci è stata di recente ripubblicata dall’editoriale Sciascia: L’"Amfiparnaso", commedia harmonica di Orazio Vecchi. I solisti vocali sono i soliti che hanno sempre accompagnato Deller, mentre nel gruppo incontriamo nomi abbastanza insoliti quali Hans Martin Linde, Ferdinand Conrad, Franz Josef Maier, August Wenzinger, Fritz Neumeyer e Walter Gerwing: il Collegium Aureum, in altre parole. Nella collaborazione tra il Deller Choir e il Collegium Aureum troviamo un altro disco importantissimo che è quello dedicato ai balletti e Madrigali di Monteverdi contenente il celebre "Tirsi e Clori". Tra le altre rilevabili collaborazione del Deller Consort c’e stata quella col Clemencic Consort; René Clemenecic stesso, in un recente incontro che ebbi con lui, mi parlo di Deller come del più grande controtenore vivente e come un musicista di grande ingegno. Da questa collaborazione uscì la Messa a quattro voci di Monteverdi, anch’essa ristampata da Sciascia. Più sensazionale, forse, la collaborazione con il Morley Consort, pseudonimo dell’Early Music Consort di David Munrow. Con Munrow Deller incise due dischi antologici l’uno dedicato alla "Corte dei Tudor" e l’altro a Thomas Morley ("l trionfi di Oriana").
 
Gabriele Rifilato ("Banchetto Musicale", Numero 2, Anno II, gennaio 1980)

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