Arturo Benedetti Michelangeli (1920-1995) |
Ma una sera lo attendeva una sgradita sorpresa. Uscendo, non trovò piu la sua stupenda super-macchina, che aveva posteggiato proprio davanti al cancello principale del Teatro Massimo. Dopo il primo comprensibile smarrimento e dopo averla cercata in lungo e in largo senza trovarla, cominciò ad imprecare ed a chiedere l’intervento della forza pubblica. Intanto si era creato intorno a lui un “capannello” di gente che commentava l’increscioso fatto, quando, dal fondo dell’assembramento, si levò una voce anonima che suggeriva con un pizzico di ironia: "Altro che forza pubblica, qui i picciotti ci vogliono, se vuol riavere la sua macchina". Benedetti Michelangeli, per nulla intimidito, si diresse a grandi passi verso la Direzione del Teatro, raccontando esterrefatto l’accaduto e minacciando i presenti che, se la sua macchina non si fosse ritrovata prima del concerto, il concerto non ci sarebbe stato!
A quell’epoca sovrintendente del teatro era il barone De Simone che, giustamente preoccupato, cominciò a sguinzagliare i suoi sottoposti nei meandri della malavita palermitana, cercando di battere in volata la lenta macchina della legge.
Intanto Benedetti Michelangeli, barricato nella sua stanza dell’Albergo delle Palme che fungeva da quartier generale delle operazioni, attendeva irremovibile lo svolgimento degli eventi. Ma ecco che, di lì a qualche ora, giunse una misteriosa telefonata. Gli annunciava che avrebbe potuto ritrovare la sua fiammante macchina esattamente al posto dove l’aveva lasciata. Ancora incredulo, e quasi temendo si trattasse di uno scherzo, corse velocemente davanti al cancello del teatro, ma constatata la veridicità dell’annuncio, si diresse in Direzione per congratularsi sull’efficienza della fulminea azione e mostrare un elegante biglietto che accompagnava la stupenda Maserati e che diceva: "All’illustre Maestro, con tutte le nostre scuse".
Dai Ricordi teatrali di Raffaele Arié
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