Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, dicembre 03, 2022

Francis Poulenc: Les dialogues des Carmélites

I tedeschi, che trovano sempre una parola per tutto, la chiamano
 Literaturoper. Che sarebbe come a dire un melodramma il cui testo non è più un libretto (un derivato, un surrogato) ma l’opera letteraria stessa. Il rifiuto di ogni mediazione librettistica corrisponde naturalmente a un gesto orgoglioso e liberatorio: abbandonati i complessi d’inferiorità del passato, l’opera si sente ora alla stessa altezza dei capolavori letterari. La prima Literaturoper a far scuola fu Pelléas et Mélisande (1902) in cui Debussy realizzò una versione musicale della famosa pièce di Maeterlinck. Seguì Wozzeck di Alban Berg (1925), un’intonazione del dramma di Büchner da poco riscoperto. Per capire il senso di questo nuovo incontro tra musica e letteratura, si legga quanto scrive lo stesso Poulenc a proposito dei Dialogues des Carmélites: «Conoscevo […] il dramma di Bernanos, che avevo letto, riletto e visto due volte, ma non avevo alcuna idea del suo ritmo verbale, particolare che per me è capitale» (corsivo mio). Dunque non è tanto nelle situazioni o nei personaggi che si trova la chiave della possibile trasformazione in opera, quanto piuttosto nelle parole, nel «ritmo verbale» di Bernanos. E sarà proprio la capacità di rendere il testo bernanosiano in modo così trasparente e discreto l’arma vincente di Poulenc. Va da sé che un intervento di modifica (già abbondantemente usato da Debussy) è ammesso nella Literaturoper: mi riferisco ai tagli di porzioni anche significative del testo originario. Così ad esempio Poulenc salta a piè pari il prologo di Bernanos (due scene di sole didascalie) col panico della folla, la nascita di Blanche e la morte della marchesa. Un antefatto recuperato poi per bocca del Marchese de la Force che nel primo quadro dell’opera racconta l’episodio di quindici anni prima usando sostanzialmente le parole della didascalia del prologo bernanosiano. Ma nonostante questa e altre varianti, il risultato è una musica che sembra scaturire dal testo stesso di Bernanos. Una musica che fonda la sua ragion d’essere in una speciale sensibilità letteraria. Non a caso, nel Journal de mes mélodies, Poulenc scrive: «Se sulla mia tomba comparisse l’epitaffio: Qui giace Francis Poulenc, il musicista di Apollinaire e di Éluard, credo che sarebbe il mio più bel titolo di gloria».
Fu il direttore della Ricordi, Guido Valcarenghi, a proporre i Dialoghi delle Carmelitane a Poulenc nel 1953. La première mondiale dell’opera sarebbe avvenuta, in italiano, al Teatro alla Scala il 26 gennaio 1957 sotto la direzione di Nino Sanzogno con un cast che comprendeva Virginia Zeani (Bianca), Gianna Pederzini (la prima Priora), Leyla Gencer (la seconda Priora), Gigliola Frazzoni (Suor Maria), Eugenia Ratti (Costanza). In francese, l’opera venne rappresentata per la prima volta all’Opéra di Parigi il 21 giugno 1957. Poulenc dedicò la sua partitura «Alla memoria di mia madre che mi ha rivelato la musica, di Debussy che mi ha dato il gusto di scriverla, di Monteverdi, Verdi e Musorgskij che mi sono stati, qui, di modello». Non è impossibile stabilire il lascito dei quattro musicisti citati: nelle lettere di Poulenc al baritono Pierre Bernac si capisce che Verdi fu tirato in ballo per il trattamento delle voci («I dischi di Aida mi incantano; ho capito la tessitura del contralto. Molto utile per la morte. I suoni filati della Tebaldi sono l’ideale per la seconda Priora [che sarebbe poi stata interpretata da Leyla Gencer]»). Quanto a Monteverdi e Musorgskij, è interessante citare un’altra lettera di Poulenc (a Henri Sauguet): «Nei Dialoghi è lo spirito di Monteverdi e Musorgskij che mi guida […]. Ho sempre pensato, ad esempio, che l’aria di soprano del Ballo delle ingrate sia proprio il modello di un’aria operistica d’una straordinaria intensità in cui era necessario far comprendere le parole a ogni costo». D’altra parte il modalismo e il clima sonoro dei canti religiosi (il Requiem per la morte della prima Priora, l’Ave Maria al termine della cerimonia di obbedienza alla nuova Superiora, l’Ave verum del Cappellano durante il suo ultimo officio per le carmelitane e il famoso Salve Regina cantato dalle Suore durante l’esecuzione) ha qualcosa di russo-ortodosso, come ha notato Gianfranco Vinay, il che rafforza ovviamente la presenza del modello musorgskiano. Ma è evidente che il vero riferimento, quello più profondo, non solo musicalmente ma anche drammaturgicamente, è Debussy. Il rifiuto dell’effetto che nasce dai contrasti drammatici, l’attenzione ossessiva al «ritmo verbale» del testo, la tematizzazione del silenzio e l’estetica del dépouillement stanno tutti sotto il segno di Debussy. A ciò si deve aggiungere l’uso (discreto ma fondamentale) dei Leitmotive di tipo simbolico-allusivo (non i “motivi conduttori” alla maniera di Wagner) che creano correspondances misteriose e formano un tessuto connettivo tanto musicale quanto narrativo. Così il primo tema che apre l’opera coi suoi staccati ascendenti (così ansiogeni), tema di solito associato al Marchese de la Force, ritorna durante il colloquio di Blanche col fratello (il Chevalier) nel parlatorio del convento, quando quest’ultimo dice alla sorella che «nostro padre ritiene che qui voi non siate al sicuro». Lo stesso tema ritornerà alla fine nella biblioteca del Marchese devastata e «completamente saccheggiata», durante la scena tra Blanche e Mère Marie, allorché la figlia sempre più ossessionata dalla paura («Je suis née dans la peur») – paura che è forse la vera protagonista dell’opera (e che viene sonorizzata in modo mirabile da Poulenc) – ricorda il padre morto ghigliottinato. Il tutto, però, senza troppo rilievo e come inserito in un continuum sonoro da cui i temi sembrano uscire e rientrare… Si sa, per lasciare l’ultima parola a Debussy, «la musica è per l’inesprimibile. Deve uscire dall’ombra ed essere discreta».
Emilio Sala
Milano, Teatro alla Scala, 17 maggio 2000

Atto primo
Quadro primo
La biblioteca del Marchese de la Force, a Parigi, nell’aprile del 1789. Il Cavaliere de la Force entra in modo irruente nella biblioteca, risvegliando il padre appisolato in una poltrona. Si è permesso di disturbarlo perché è preoccupato per la sorte di Blanche, sua sorella, la cui carrozza teme possa essere stata bloccata da una folla tumultuante. Una carrozza, un tumulto ridestano immediatamente nel Marchese il ricordo della moglie, morta dopo aver dato alla luce Blanche in seguito allo spavento provocato dalla folla che aveva preso d’assalto la carrozza. L’inquietudine del Cavaliere è accresciuta dal fatto che la sorella è per natura estremamente impressionabile e paurosa. Mentre il Marchese cerca di minimizzare le preoccupazioni del figlio, giunge Blanche sana e salva. Spossata dal timore che la folla potesse aggredirla ma anche dalla lunghezza di una funzione religiosa alla quale ha partecipato, chiede al padre il permesso di andarsi a riposare prima di cena. Padre e figlio, dopo aver scambiato qualche battuta, sono sorpresi da un grido di terrore: Blanche si è spaventata alla vista di un’ombra sul muro, proiettata dalla fiaccola del domestico. Ritorna quindi dal padre, e dichiarandosi inadatta e troppo fragile per affrontare la vita mondana, gli chiede il permesso di entrare nel Carmelo, con la speranza che, abbandonando e sacrificando tutto, Dio le restituisca l’onore macchiato dalla sua pavidità.
Quadro secondo
Il parlatoio del Carmelo di Compiègne, qualche settimana dopo. Dietro una grata che la separa dalla Madre Superiora, una suora anziana e malata, Blanche risponde alle domande che le vengono rivolte per saggiare la forza e la serietà della sua vocazione. Blanche risponde che ciò che la spinge a prendere gli ordini religiosi è l’attrazione esercitata da una vita eroica. Al che la Superiora, dopo aver denunciato la natura illusoria di un eroismo così concepito, afferma che l’unica ragion d’essere del Carmelo è la preghiera. Blanche si dichiara disposta ad affrontare le prove più dure pur di entrare in convento perché non le resta altro rifugio. La Madre Superiora le fa allora notare che la Regola non è un rifugio, che non è essa a salvaguardare le carmelitane, ma le carmelitane a osservare la Regola. Le chiede quindi se abbia pensato a un nome da religiosa se verrà ammessa come novizia. Blanche, con grande sorpresa della Superiora, risponde che vorrebbe chiamarsi Suor Blanche dell’Agonia di Cristo.
Quadro terzo
La dispensa all’interno del convento. Blanche e un’altra novizia, Constance, stanno occupandosi delle provvigioni. Constance, una giovane vivace e piena di gioia di vivere, chiacchiera incessantemente di argomenti frivoli e piacevoli, come della festa di matrimonio alla quale ha partecipato prima di entrare in convento. Blanche la rimprovera di tanta gaiezza mentre la Madre Superiora è in fin di vita. Constance, allora, in uno slancio di generosità, si dichiara disposta a offrire a Dio la sua vita in cambio di quella della Superiora, e sollecita a fare lo stesso Blanche, che bolla di infantilismo un atteggiamento simile. Constance dice di essere di parere contrario, di avere sempre desiderato di morire giovane, e di essere anzi certa che il suo desiderio sarà esaudito: la prima volta che l’ha incontrata, ha avuto il presentimento che sarebbero morte entrambe, ancora giovani, lo stesso giorno e la stessa ora, senza sapere di che giorno e di che ora si tratta.
Quadro quarto
Infermeria del convento. La Madre Superiora, a letto, è terrorizzata dalla morte che sente approssimarsi sempre più. Le assidue meditazioni nel corso dei decenni che ha passato in convento non le sono servite ad attenuare lo sconforto e la paura presente. A Suor Marie, che la sta assistendo, raccomanda Suor Blanche dell’Agonia di Cristo, la novizia per cui è maggiormente preoccupata. È rimasta colpita dal fatto che abbia scelto lo stesso nome da religiosa che avrebbe voluto scegliere lei stessa quand’era entrata in convento; ma poi vi aveva rinunciato, messa in guardia dalla Superiora di quel tempo che «chi entra nel Getsemani non ne esce più». A Suor Blanche, che ha mandato a chiamare, la Superiora dice che avrebbe volentieri sacrificato la vita per salvarla dai pericoli cui è esposta, ma nell’ora presente non può offrirle che la sua morte, una povera morte. Dopo averle raccomandato la semplicità e la fiducia in Dio, la benedice e la congeda. Ritorna Suor Marie con il medico al quale la Superiora chiede un altro po’ di tonico per poter trovare la forza necessaria a congedarsi dalle sue consorelle. Suor Marie la invita a non preoccuparsi più di altri all’infuori di Dio. Al che la Superiora replica che non sta a lei di preoccuparsi di Lui, ma a Lui piuttosto di preoccuparsi di lei. Suor Marie fa allora chiudere le finestre per evitare che le consorelle possano essere scandalizzate dalla Madre Superiora delirante, che subito dopo ha una visione della cappella del convento profanata e insanguinata. Suor Marie dispone che la vita conventuale si svolga come d’abitudine e fa avvertire le consorelle che non potranno vedere la Superiora nel corso della giornata. Solo Blanche rientra e si avvicina al letto della Superiora che, dopo averle fatto una raccomandazione e aver pronunciato ancora qualche parola sconnessa, muore. Blanche cade in ginocchio, singhiozzando.
Atto secondo
Quadro primo
Nella cappella. Blanche e Constance vegliano il corpo della Madre Superiora. Constance esce a cercare le consorelle che devono darle il cambio. Blanche, spaventata dal fatto di rimanere sola con il cadavere, rabbrividisce e si precipita verso la porta nell’esatto momento in cui entra Suor Marie. Cerca di scusarsi per aver abbandonato il suo posto, ma Suor Marie, imputando più al freddo che alla paura i brividi della novizia, la accompagna alla cella dispensandola dalle preghiere e consigliandola di dormire e di non pensare più all’inadempienza. Domani mattina ne proverà dolore e potrà allora chiedere perdono a Dio.
Interludio primo
Constance e Blanche portano delle composizioni di fiori sulla tomba della Madre Superiora. Constance coi fiori restanti propone di fare un mazzo da offrire alla nuova Superiora. Blanche si chiede se Suor Marie ami i fiori. Constance desidererebbe che proprio lei fosse eletta Superiora, al che Blanche la rimprovera della sua ingenua speranza che Dio esaudisca sempre i suoi desideri. Constance le risponde che magari la logica divina consiste proprio in ciò che gli uomini intendono per casualità. Riflette quindi sulla morte della Superiora. La sua agonia le è parsa troppo lunga e faticosa: come se avesse vissuto una morte che non era la sua, né più né meno come quando per sbaglio si indossa un vestito confezionato su misura per un altro. Quell’altro, al momento di morire, sarà colpito della serenità con cui andrà incontro alla morte: non si muore ciascuno per sé, ma gli uni per gli altri e anche gli uni al posto degli altri.
Quadro secondo
Sala capitolare. L’intera comunità è riunita per giurare obbedienza alla nuova Madre Superiora, che non è Suor Marie, come tutte si aspettavano, ma Suor Marie-Thérèse di Sant’Agostino (Madame Lidoine, secondo lo stato civile), di origini modeste, che con parole semplici predica le virtù essenziali di una carmelitana: la buona volontà, la pazienza e lo spirito di conciliazione. La preghiera è il loro compito principale e nulla deve distrarle da essa; neppure il pensiero del martirio: la preghiera è un dovere, il martirio una ricompensa. L’intera comunità intona quindi l’Ave Maria.
Interludio secondo
Qualcuno suona insistentemente alla porta del convento. È il Cavaliere de la Force che, prima di partire in terra straniera per combattere a fianco dell’esercito controrivoluzionario, vuole parlare a sua sorella. La Madre Superiora, vista l’eccezionalità della situazione e dei tempi, concede questo strappo alla Regola, ma desidera che Madre Marie assista al colloquio.
Quadro terzo
Il parlatoio del convento. Il Cavaliere de la Force cerca di convincere Blanche a ritornare a casa perché suo padre stima che non sia più sicura in convento. Blanche replica dicendo che non si è mai sentita così sicura come ora, ma il fratello, conoscendola a fondo, reputa illusorio questo senso di sicurezza, conseguenza non tanto della paura della realtà esterna, del mondo, ma della paura della paura: bisogna saper rischiare la paura come si rischia la morte; il vero coraggio sta in questo rischio. Blanche cerca di convincerlo che la vita monastica l’ha cambiata. È ormai una figlia del Carmelo che soffrirà anche per lui: anche lei ha una battaglia da combattere, con i suoi rischi e i suoi pericoli. Il Cavaliere de la Force, prima di uscire, la osserva con uno lungo sguardo indefinibile. Blanche, spossata da quel confronto, si sostiene alla grata per non cadere, assalita dal dubbio di aver peccato d’orgoglio. Suor Marie la invita a ricomporsi soggiungendo che l’unico modo per vincere il proprio orgoglio è di salire più in alto di esso.
Quadro quarto
La sacrestia del convento. Il Cappellano ha finito di officiare la sua ultima messa nel Carmelo. Intona l’Ave verum cantato da tutta la comunità. Ormai messo al bando, deve nascondersi e camuffarsi. Constance depreca la codardia dei francesi che permettono che i preti siano perseguitati. Le consorelle si sforzano di comprendere in qual modo la paura si impossessi a poco a poco di tutte le coscienze. La Madre Superiora interviene dicendo che, quando i sacerdoti vengono a mancare, i màrtiri abbondano, e così si ristabilisce l’equilibrio della Grazia. Suor Marie coglie la palla al balzo e propone che le carmelitane si votino al martirio perché la Francia possa ancora avere dei sacerdoti. La Superiora controbatte che è stata fraintesa, e che comunque non sta a loro decidere se i loro nomi debbano comparire sul breviario. Qualcuno suona e bussa violentemente alla porta del convento. Il Cappellano deve nascondersi per non compromettere le monache, le quali, spaventate, si ammassano tutte in un canto della stanza. Suor Marie va ad aprire e tiene testa con molta fermezza e sangue freddo ai commissari rivoluzionari che ordinano alle carmelitane di sgombrare il convento entro ottobre (1792). Alla fine del contraddittorio, il Primo commissario confida segretamente alla suora di essere un ex sacrestano, fratello di latte del vicario, costretto, di questi tempi, a «urlare con i lupi». Per dimostrare la sua buona fede, la avverte di diffidare del fabbro Blancart, un delatore. I commissari e la folla escono. Suor Jeanne avverte le consorelle che la Madre Superiora deve partire per Parigi. Quindi dà a Blanche, rimasta fino ad allora appollaiata su una seggiola come un uccello ferito, la statuetta del Piccolo Re Glorioso, dicendo che le infonderà coraggio. Spaventata dal canto del Ça ira intonato dalla folla, all’esterno del convento, lascia cadere la statuetta, che si fracassa al suolo, soggiungendo: «Oh! il Piccolo Re è morto! Non ci resta che l’Agnello di Dio».
Atto terzo
Quadro primo
La cappella del Carmelo completamente devastata. Alla presenza del Cappellano, l’intera comunità è riunita, tranne la Madre Superiora, occupata a Parigi. Suor Marie propone alle consorelle di votarsi tutte insieme al martirio «per meritare la sopravvivenza del Carmelo e la salvezza della Patria comune». Aggiunge però che, vista l’importanza dell’impegno e della responsabilità individuale, il voto avverrà a scrutinio segreto, e dovrà essere unanime: basterà un solo voto contrario a invalidarlo. Il Cappellano si presta a fare da scrutatore e, dopo aver raccolto i foglietti, comunica a bassa voce il risultato a Suor Marie, che dichiara esservi un voto contrario. Tutti gli sguardi si affissano su Blanche, al che Suor Constance afferma di esser responsabile del voto contrario, ma di volerlo ritirare associandosi alla decisione comune. Il Cappellano allora decide che, per sacralizzare la loro intenzione, tutte le carmelitane pronuncino il voto, due alla volta, giurando sul Vangelo, a cominciare dalle più giovani. Suor Blanche e Suor Constance giurano per prime, dopodiché, approfittando della confusione delle consorelle che compiono lo stesso rito, Blanche fugge via.
Interludio primo
Un Ufficiale rivoluzionario si felicita con le carmelitane, che stanno lasciando il convento in abiti civili, per il loro senso della disciplina. Le avverte che la nazione le terrà d’occhio e che non dovranno aver contatti con membri del clero e con controrivoluzionari. La Madre Superiora, rimasta sola con le consorelle, invia una di loro dal Cappellano per avvertirlo che sarebbe troppo pericoloso officiare la messa in segreto, com’era convenuto. Suor Marie, sollecitata a esprimere il suo parere, ricorda alla Superiora che tutte queste cautele mal si addicono a una comunità che si è votata al martirio. Al che la Superiora replica che, se ognuna di loro risponderà del suo voto di fronte a Dio, lei dovrà rispondere per tutte e che è sua abitudine tenere i conti in regola.
Quadro secondo
La biblioteca del Marchese de la Force, saccheggiata e trasformatasi in un grande ripostiglio multiuso. Blanche, in vesti civili, divenuta la serva dei nuovi inquilini, è ai fornelli. Entra improvvisamente Suor Marie. Anche lei in abiti civili, è venuta a cercarla per metterla in salvo. Blanche replica di sentirsi sicura dov’è perché, caduta così in basso, nessuno si occuperà più di lei. Nel rispondere a Suor Marie si è distratta, e rischia di far bruciare il ragù. Suor Marie interviene a tempo, ma Blanche è in preda a una crisi di nervi. L’unica persona che poteva capirla, suo padre, è stato ghigliottinato. Nata nella paura, trova giusto che ora sconti la sua debolezza di carattere con il disprezzo degli altri. Suor Marie replica che lo sconforto non deriva dal disprezzo degli altri, ma da quello di sé medesimi. Rivolgendosi a Blanche con il suo nome da religiosa, il che la scuote immediatamente dalla sua angoscia, la invita a rifugiarsi temporaneamente a Parigi da persone fidate di cui le lascia l’indirizzo. La voce della nuova padrona di casa ingiunge a Blanche di andare a fare le compere. Dopodiché, Suor Marie se ne va, convinta che Blanche seguirà il suo consiglio.
Interludio secondo
Una strada di Parigi. Voci di passanti, fra cui quella di una Vecchia che parla dell’arresto delle carmelitane di Compiègne e chiede poi a Blanche se abbia dei parenti laggiù. Blanche nega, visibilmente scossa dalla notizia. Poi, atteggiandosi come chi ha preso una decisione disperata, se ne va via veloce.
Quadro terzo
Una cella della Conciergerie. La Madre Superiora cerca di consolare le carmelitane dopo la prima notte di prigione. Afferma inoltre di condividere il voto di martirio che hanno pronunciato in sua assenza e di assumere ora su di sé la responsabilità del suo adempimento. Suor Constance le chiede se abbia notizie di Blanche. Ricevuta una risposta negativa, dice di esser sicura che Blanche ritornerà, perché durante la notte ne ha avuto la premonizione in sogno. Le consorelle, a eccezione della Madre Superiora, scoppiano a ridere. Entra quindi il Carceriere per avvertirle che il Tribunale rivoluzionario le ha condannate tutte a morte. Quando esce, la Madre Superiora le benedice e consacra a Dio il voto da cui tutte sono ora legate.
Interludio terzo
Il Cappellano incontra Suor Marie in una strada parigina e l’avverte che tutte le consorelle sono state condannate a morte. Suor Marie vuole allora raggiungerle subito per morire assieme a loro, al che il Cappellano replica ricordandole che non è lei, ma Dio che ha deciso per lei una diversa sorte, alla quale dovrà sottostare mortificando il suo orgoglio.
Quadro quarto
Piazza della Rivoluzione. Le carmelitane scendono dal carro dei condannati a morte e cantando il Salve Regina, salgono al patibolo. Ogni volta che la lama cade, il coro diminuisce di intensità. Constance, salita per ultima, scorge Blanche fra la folla. Si ferma un istante, il suo viso si illumina di felicità, per riprendere poi il suo cammino verso il patibolo. Blanche sale a sua volta riprendendo il canto, fra la folla ammutolita. Si ode per l’ultima volta la lama cadere, dopodiché la folla comincia a disperdersi.
Gianfranco Vinay

Nessun commento: