Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
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mercoledì, maggio 22, 2024

Karel Ancerl: l'ultimo nipotino di Dvorak

Quando compose 1'opera La sposa 
venduta, fra i1 1863 e il 1866, Bedrich Smetana non poteva pensare ad una vasta diffusione internazionale del suo lavoro. L'argomento popolare boemo non sarebbe stato di per sé di intralcio, ché, anzi, i paesani in braghe delle piccole nazioni piacevano al pubblico cosmopolita; ma la lingua boema era top secret per tutti quelli che non s'erano abbeverati alle fonti della Moldava, e la forma che alternava canto e recitazione era gradita solo in Germania. Con la traduzione tedesca la Sposa venduta avrebbe guadagnato un confortevole bacino d’utenza. Ben difficilmente sarebbe pero arrivata a Milano e a Napoli, o a New York o a Londra o a Buenos Aires o a Madrid, dov'era di rigore il linguaggio italiano: magari incomprensibile ai più, ma gradevole all'orecchio, mentre le lingue slave sembravano adatte solo a cantanti col fil di ferro nel gargarozzo.
La Sposa venduta ebbe successo a Praga, venne tradotta in tedesco e si diffuse in Germania, non comparve, com’era prevedibile, al di là dei fiumi e delle montagne che delimitano i paesi di lingua tedesca. Ma 1'ouverture varcò tutti i confini.
L’ouverture era brillante e spigliata. Il suo successo fu però dovuto prima di tutto alla sua parte iniziale, che metteva splendidamente in mostra 1e virtù degli strumenti ad arco (o che ne metteva in luce le manchevolezze). Siccome nell’ultimo trentennio del secolo stavano pullulando in tutto il mondo le iniziative sinfoniche - e continuative, come nei paesi anglosassoni, e saltuarie, come nei paesi latini -, i direttori d’orchestra trovarono nella ouverture della Sposa venduta, e nella ouverture del Prometeo di Beethoven, una palestra di prova per l'agilità d'arco dei loro strumentisti. E il nome di Smetana divenne popolarissimo ovunque.
Non sembra che Smetana possedesse, nell'orchestra del Teatro Provvisorio di Praga, uno strumento veramente all’altezza dei virtuosismi della sua ouverture: l’orchestra non era famosa in Europa, né era famosa la scuola boema dell’arco. Trent'anni più tardi, quando dall'orchestra del Teatro Nazionale nacque l’Orchestra Filarmonica Ceca, la scuola boema dell’arco, grazie a Sevcik, era ormai all’avanguardia.
I violinisti apprezzano molto le genealogie, e sono fieri di uscire, sia pur alla lunga, dalla costola d’Adamo. I boemi, in particolare, rivendicano come loro progenitore Viotti, che tra i suoi allievi ebbe Friedrich Wilhelm Pixis, dignitoso violinista tedesco che a Praga insegnò a lungo. Tra i suoi allievi si conta - ed è l’anello un po’ debole della catena - Anton Bennewitz; ma con Bennewitz studiarono Sevcik e Ondricek.
Otakar Sevcik, nato nel 1852, dopo gli studi nel conservatorio di Praga lavorò a Salisburgo, al Teatro Nazionale della sua città, a Vienna, a Kiev. Nel 1892 cominciava ad insegnare nel conservatorio di Praga, e con lui nasceva una scuola boema del violino che avrebbe reso affannoso il sonno ai maghi dell’arco russi come ai tedeschi come ai francesi. La Scuola della tecnica violinistica di Sevcik, op. 1, uscì a Praga nel 1881. Nel 1895 uscì a Lipsia l'op. 2, Scuola della tecnica dell'arco. Su questi due piloni, summae della genialità didattica di Sevcik, venne costruito il vascello della scuola boema, tanto ben armato che nel 1904 settantaquattro allievi del Maestro avrebbero eseguito a Praga, all'unisono, il Moto perpetuo di Paganini.
Un altro allievo di Bennewitz nel conservatorio di Praga, Frantisek Ondrícek, un po' più giovane di Sevcik perché nato nel 1857, fin dagli anni Ottanta aveva conquistato una grande fama internazionale di
concertista, eseguendo il Concerto di Dvorak che il grande Josef Joachim aveva rifiutato. Ondrícek fondò più tardi un quartetto e girò il mondo in lungo e in largo: morì - curioso - nella stazione di Milano, nel 1922.
Con Ondrícek prima (1890-91), con Sevcik poi (1892-98) studiò Jan Kubelik, nato nel 1880, uno dei più grandi virtuosi che il violino abbia mai conosciuto. Un altro violinista destinato ad una grande carriera studiò dal 1896 con Sevcik: Jaroslaw Kocian, concertista celebre che molti anni più tardi sarebbe diventato assistente del suo maestro. Insomma, come ho detto, già alla fine del secolo Praga era una delle indiscusse capitali mondiali del violino.
Tra i tanti giovanotti che negli anni Novanta tiravano l'arco secondo i canoni della scuola di Praga c'era Oskar Nedbal. Nel 1889 un celebre violoncellista boemo, Hanus Wihan, tornò a Praga da Monaco per insegnare nel conservatorio musica da camera. Wihan, prossimo ispiratore del Concerto per violoncello di Dvorak, nel 1891 formò, con quattro suoi allievi, un quartetto, il Quartetto Boemo: i violinisti erano Karel Hoffmann e Josef Suk (destinato poi ad una carriera di compositore), il violista era Nedbal, il violoncellista Oskar Berger.
Il diciassettenne Nedbal, che aveva il bernoccolo degli affari, oltre a suonar la viola si occupò anche di organizzare le tournées del complesso. Studiava inoltre composizione con Dvorak, Oskar Nedbal, quando Dvorak non stava a New York, componeva, dirigeva l'orchestra. L'orecchio di Nedbal è una leggenda: non solo non gli scappava nulla, quando concertava una partitura, ma poteva entrare in sala durante la prova di un altro direttore, ascoltare, ed andarsene brontolando perché al quarto leggio dei primi violini c'era un disgraziato che in un certo passo suonava sol naturale invece di sol diesis senza che quello scemo sul dicesse niente.
Dvorak, che era il maggior musicista boemo vivente, diresse il 4 gennaio 1896 il concerto inaugurale dell'Orchestra Filarmonica Ceca. Ma alla direzione stabile fece chiamare il ventiduenne Oskar Nedbal, che mantenne il comando fino al 1906.
Nedbal se ne andò da Praga nel 1906 perché voleva affermarsi come compositore. A Vienna diresse la Tonkünstler-Orchester, ma ottenne un enorme successo con le operette, specie con Polenblut, Sangue polacco (1913). Dal 1918 riprese per breve tempo la direzione della Filarmonica Ceca, poi passò al Teatro di Bratislava, divenendone anche impresario. Nel 1928 fondò l'Orchestra Sinfonica della Radio di Praga e Bratislava, appena arrivò il film sonoro scrisse le musiche per un San Venceslao. Insomma, un musicista vulcanico che si buttava su tutto, persino come imprenditore. E da uomo all'antica, trovandosi in seri guai finanziari, Nedbal trasse le conclusioni che l'etica dell'imprenditore gli imponeva: il 24 dicembre 1930 si suicidò.
Nel 1919, dopo il temporaneo ritorno di Nedbal, la direzione stabile della Filarmonica Ceca venne assunta da Václav Talich, che la mantenne fino al 1941. Talich, nato nel 1883 in Moravia, aveva studiato con Sevcik dal 1897 al 1903, quand'era divenuto primo violino dei Filarmonici di Berlino. Dal 1905 al 1907 aveva lavorato a Tiflis, nel 1908 era diventato direttore della Filarmonica Slovena di Lubiana, nel 1912 era passato al Teatro d'Opera di Pilsen, dov'era rimasto fino al 1915.
Nel 1919 Praga non era più la capitale di uno stato dell'Impero austriaco, ma di una repubblica indipendente. E la piccola repubblica di Cecoslovacchia ebbe, dalle mani di Václav Talich, un'orchestra sinfonica che poteva reggere il confronto con le maggiori istituzioni europee. Che c'era di strano, del resto? La piccola Cecoslovacchia aveva in Planicka uno dei più famosi portieri, la piccola Cecoslovacchia arrivò a un passo dal vincere il primo campionato del mondo di calcio, la piccola Cecoslovacchia stava allevando, in Drobny, uno dei più grandi tennisti mai esistiti, la piccola Cecoslovacchia metteva all'onore del mondo il successore di Jan Kubelík, Vása Príhoda, quello che per un virtuoso come Ruggero Ricci era "il" violinista in assoluto. Perché non avrebbe dovuto avere una grande orchestra e un grande direttore?
Nel 1941 Václav Talich, che dal 1932 insegna direzione d'orchestra nel conservatorio e che dal 1935 è direttore artistico ed amministratore del Teatro Nazionale, lascia la Filarmonica Ceca. Gli succede Raphael Kubelik, figlio di Jan, che guida la Ceska fino al 1948. Nel 1949 la direzione stabile è affidata interinalmente a Karel Sejna; nel 1950 viene nominato Karel Ancerl, allievo di Talich e di Scherchen, assistente di quest'ultimo a Berlino e a Monaco, direttore dell'Orchestra Sinfonica di Radio Praga dal1933 al 1939 e dal 1947 al 1950.
L'ho presa lunga - vero? - per arrivare fino ad Ancerl. Ma se mi fossi limitato a dire che Ancerl era un talento naturale, un musicista coltivatissimo, un tecnico elegante e disinvolto avrei detto troppo poco. Perché Ancerl era tutto questo, ma era anche il prodotto e il custode di una tradizione. Gli archi della Ceska, che negli anni Sessanta sanno volteggiare come equilibristi sulle insidie della ouverture della Sposa venduta, sono gli eredi dei settantaquattro violini che nel 1904 eseguivano tutti insieme il Moto perpetuo di Paganini. L'orchestra che esegue la Sinfonia del Nuovo Mondo è l'erede dell'orchestra che Dvorak se lo era trovato di fronte, che era stata guidata da OskarNedbal, che era stata tenuta con pugno di ferro da Václav Talich. Il rampollo di un duca, educato nel castello di famiglia, sa comportarsi a tavola o a cavallo o in società con una grazia che neppure la più accurata educazione potrà dare al figlio di un ricco commerciante di scarpe. E Karel Ancerl sa benissimo che gli stacchi di tempo, i colpi d'arco, l'espressione radicati nella sua orchestra sono il raffinamento di indicazioni interpretative che risalgono ai padri fondatori della cultura nazionale e che sono state gelosamente custodite.
Raphael Kubelik, grandissimo musicista, abbandona Praga nel 1948. Nei quattro anni, dal 1950 al '53, in cui dirige la Sinfonica di Chicago, nei diciannove anni, dal 1961 al 1979, in cui dirige la Sinfonica della Radio Bavarese, esegue gli autori del suo paese e li esegue secondo le tradizioni culturali apprese in patria. Ma altro è insegnare ad orchestre straniere, altro è intendersi con chi in quelle tradizioni è cresciuto. Nei diciannove anni in cui resta a capo della Filarmonica Ceca, dal 1950 al 1968, Ancerl porta a compimento ciò che era cominciato a Praga il 4 gennaio 1896, percorrendo una traiettoria che non è di banale conservazione ma di sviluppo. E mentre Ancerl lavora con la Filarmonica Ceca un altro grandissimo direttore, Zdenek Chalabala, lavora all'Opera di Praga.
Talich scompare nel 1961, Chalabala nel1962. Nel 1968, dopo l'occupazione sovietica, Ancerl non rientra a Praga, stabilendosi in Canada dove morirà nel 1973. A sostituirlo viene chiamato Václav Neumann, direttore del Gewandhaus e dell'Opera di Lipsia. E con Neumann qualcosa, nella grande tradizione ceca, si rompe, o per lo meno si attenua. Le incisioni dei lavori sinfonici e delle opere teatrali di Smetana, Dvorak e Janácek che ci hanno lasciato Ancerl e Chalabala rappresentano un culmine che non viene mantenuto da Neumann (che viceversa è un grande direttore mahleriano, oltre che di Martinu). In fondo, è una vecchia legge storica: una grande esperienza culturale si esaurisce nel corso di
sessanta-settant'anni, cioè attraverso l'opera di due generazioni di musicisti. E di quelle due generazioni, Ancerl è l'ultimo, l'ultimo nipote di Dvorak.
Piero Rattalino
("Symphonia", N° 36 anno V, Marzo 1994)

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