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martedì, luglio 01, 2025

Schönberg: Verklärte Nacht

DG 410 962-1 - (P) 1984
Le due composizioni riunite in questa registra
zione sono pilastri angolari nella produzione cameristica di Arnold Schönberg: il Sestetto Verklärte Nacht (“Notte trasfigurata") op. 4 (1899) è il suo primo lavoro per complesso da camera con un numero d'opus ed è la sua prima composizione stampata; invece il Trio op. 45 (1946) è l'ultima opera di Schönberg per soli archi. 47 anni separano l'appassionato calore del lavoro giovanile dall'opera tarda dove il tempo sembra sospeso, e che rappresenta la sua esperienza alle soglie della morte.
Nel suo primo periodo creativo Schönberg si volse a musica a programma di ampio respiro e guardò ai grandi esponenti della musica sinfonica tardoromantica: “Sulla scena musicale erano comparsi Mahler e Strauss, e la loro apparizione era così affascinante che ogni musicista fu subito costretto a prender partito pro o contro. Allora avevo solo ventitre anni, prendevo fuoco facilmente, e incominciai a scrivere poemi sinfonici in un unico movimento ininterrotto, basandomi per l'ampiezza sui modelli di Mahler e Strauss... Punto culminante di questo periodo furono Verklärte Nacht op. 4 e Pelleas und Melisande op. 5" (Introduzione ai 4 Quartetti per archi, 1949). Pur richiamandosi a Mahler e Strauss, Schönberg impiegò per la prima volta la forma del poema sinfonico in un solo movimento in un'opera cameristica, impresa difficile ed audace in questo genere raffinato e per tradizione legato alla musica “pura”.
Dalle prime opere ancora sostanzialmente tonali il cammino di Schönberg compositore lo portò intorno al 1908 alla libera atonalità, a lavori radicalmente espressionistici di forte tensione e concentrazione, ricchi di violenti contrasti. In nome dell'esigenza di riorganizzare razionalmente il materiale cromatico egli elaborò poi all'inizio degli anni Venti il “metodo della composizione con dodici suoni che stanno in rapporto soltanto fra loro". Come sempre, un rigoroso lavoro tematico caratterizza le opere dodecafoniche di Schönberg; nuovo è tuttavia il ricorso a forme storiche, frequente all'inizio di questa fase. Le opere tarde, composte dopo l'emigrazione di Schönberg in America (1933) rappresentano una sintesi di tendenze eterogenee: mentre in alcune la tonalità allargata include tutti i dodici suoni, nelle composizioni seriali possono emergere effetti apparentemente tonali.
Verklärte Nacht e il Trio per archi segnano il punto di partenza e di arrivo di un cammino artistico di inflessibile coerenza, un cammino che Schönberg deve aver sentito come manifestazione di una volontà superiore: “Non ero destinato a continuare nella maniera di Verklärte Nacht o dei Gurrelieder o anche di Pelleas und Melisande. Il Comandante Supremo mi ha ordinato un cammino più arduo." (“On revient toujours“, 1948).
Per la composizione del Sestetto per archi Verklärte Nacht Schönberg si ispirò ad una poesia di Richard Dehmel tratta dal volume di liriche Weib und Welt (“Donna e mondo“) e in seguito ripresa nel romanzo in versi Zwei Menschen (“Due creature“). Pur parlando esplicitamente di “musica a programma", Schönberg nelle sue note del 1950 su quest`opera fa delle distinzioni su questo termine: “Il mio pezzo era forse un po' diverso da altre composizioni descrittive: innanzi tutto perché non era per orchestra, ma per complesso da camera, e poi perché non illustra nessuna azione né dramma, ma si limita a descrivere la natura e ad esprimere sentimenti umani... in altre parole la mia composizione offre la possibilità di essere apprezzata come 'musica pura'."
In una lettera a Schönberg (12-12-1912) Richard Dehmel confermò l'effetto del Sestetto come musica autonoma: “Ieri sera ho ascoltato Verklärte Nacht e sentirei come un peccato di omissione non dirLe una parola di ringraziamento per il Suo meraviglioso Sestetto. Mi ero proposto di seguire i motivi del mio testo nella Sua composizione, ma lo dimenticai presto, tanto fui preso dall'incanto della musica". E Schönberg scrisse a Dehmel (13-12-1912) di aver “rispecchiato musicalmente" nella propria composizione quel che i versi del poeta avevano “agitato” in lui.
Nella struttura della sua composizione Schönberg segue la poesia di Dehmel, articolando il pezzo (che è in un unico movimento) in cinque sezioni con diversi caratteri espressivi. Le parti che si riferiscono al vagare delle due creature e colgono le atmosfere della natura (I, III, V) inquadrano due episodi, le parole della Donna (parte II) e quelle dell'Uomo (parte IV). Nonostante questa chiara articolazione la forma si presta a diverse letture. In Verklärte Nacht è già preannunciata una disposizione formale che Schönberg doveva sviluppare e portare a grande perfezione nelle composizioni strumentali seguenti, in Pelleas und Melisande op. 5, nel Quartetto in re minore op. 7 e nella Kammersymphonie op. 9. Tutte queste opere in un unico movimento hanno un duplice significato formale, perché si possono intendere come un tempo in forma-sonata di ampio respiro e come sinfonia in diverse parti. Anche nel Sestetto, alla presentazione dei temi seguono complicate sezioni di sviluppo, e nella quinta parte vengono a congiungersi i complessi tematici che hanno significato programmatico, così che nell'insieme questa sezione presenta il carattere di una ripresa. Così pure la parte corrispondente alle parole della Donna (a sua volta in cinque sezioni) può essere intesa come movimento principale di un'opera ciclica; alle parole dell'Uomo toccherebbe allora la funzione di un tempo lento di sinfonia. Sarebbe tuttavia un errore vedere nella forma una sorta di rondò con ripetizioni delle sezioni A: sebbene le tre parti della “notte di luna" siano caratterizzate dalla presenza del tema iniziale (es. a, p. 16), si mutano nel carattere espressivo e nella funzione, perché proseguono gli episodi precedenti carichi di emozione. Dopo le agitate parole della Donna il tema iniziale entra in fortissimo "schwer betont“ (pesantemente marcato), appare più incalzante per la tensione verso l'alto di disegni in ottavi, finché la musica si calma e questa parte si estingue in accordi lungamente tenuti di mi bemolle minore. Nella parte conclusiva il tema in un dolce pianissimo s'irradia sopra gli arpeggi del secondo violino: nella poesia la natura per le due creature si era mutata da uno "spoglio, freddo bosco" in una "alta, chiara notte".
Ricchissima di materiale tematico è la seconda parte, la confessione della Donna. Una dopo l'altra incessantemente si formano nuove strutture in crescendo, gruppi che vengono condotti ad un punto culminante; qui Schönberg impiega da virtuoso la tecnica brahmsiana della variazione di sviluppo (entwickelnde Variation). Questa parte finisce con un espressivo episodio dal carattere di recitativo, che immediatamente conduce al tema della “notte di luna" della terza parte. Sebbene si colleghi a motivi apparsi in precedenza, anche il secondo episodio, con le parole dell'Uomo (parte IV/), è in sé concluso. Dopo l'inquieta conclusione della terza parte in mi bemolle minore il repentino passaggio a re maggiore e la vigorosa melodia introduttiva del violoncello hanno un effetto liberatorio. Un nuovo mutamento di atmosfera è prodotto da suoni armonici con sordina in fa diesis maggiore, che, abbelliti da animate figure di sedicesimi, esprimono - secondo le parole dello stesso Schönberg - la bellezza della luce lunare, sul cui sfondo egli ha collocato le parole consolatrici dell'uomo. Questo intenso lavoro tematico e l'intrecciarsi delle sezioni ricordano la tecnica wagneriana del Leitmotiv. L'uso di questa tecnica e l'impegnativo confronto con la grande forma in un unico movimento di matrice lisztiana rivelano l`influsso su Schönberg delle idee della scuola neotedesca_ Nell'articolo La mia evoluzione (1949) egli spiega quali elementi stilistici di Wagner e di Brahms egli avesse unito nel proprio stile in Verklärte Nacht:
La costruzione tematica e basata, da un lato, sulla formula wagneriana di “modello e sequenza" sopra un'armonia mutevole, e, dall'altro, sulla tecnica brahmsiana della variazione di sviluppo (come io la chiamo). Pure a Brahms va ascritta la disparità delle misure... Ma il trattamento degli strumenti, il modo della composizione e molte sonorità sono strettamente wagneriani... Penso pero che si possa trovare anche qualche elemento schönberghiano nella lunghezza delle melodie... nelle combinazioni contrappuntistiche e motiviche e nei movimento semicontrappuntistico dell'armonia e dei bassi in rapporto alla melodia. Infine v'erano già alcuni passaggi (ad esempio le batt. 137-139) di tonalità indefinita, che possono essere considerati anticipazioni del futuro.
Già con questo Sestetto iniziano le resistenze alle esecuzioni di Schönberg. Racconta Zemlinsky:
Poco dopo scrisse un Sestetto per archi ispirato ad una poesia di Richard Dehmel. Per quanto ne so, era la prima musica a programma per un organico da camera. Cercai nuovamente di persuadere il comitato direttivo del Tonkünstlerverein a farlo eseguire. Ma questa volta non vi riuscii. Il pezzo fu “esaminato” e l'esito fu del tutto negativo. Un membro della giuria pronunciò il suo giudizio con queste parole: “Suona come se la partitura ancora umida del Tristano fosse stata strofinata!“ Questo Sestetto, Verklärte Nacht, è ora uno dei pezzi più eseguiti di Schönberg e di tutta la letteratura cameristica moderna. Schönberg non si lasciò fuorviare da questo apparente insuccesso; un paio di parole energiche e facete indirizzate ai suoi critici - e con questo aveva sbrigato l'intera faccenda, grazie alla sua natura a quel tempo ancora assai serena e ottimista" (Arnold Schdnberg zum 60, Geburtstag am 13. September 1934, Universal Edition, Vienna).
Nel 1917 il Sestetto per archi fu pubblicato anche in versione per orchestra d'archi: allora era consuetudine presentare musiche da camera in veste orchestrale (ad esempio Mahler eseguì il Quartetto op. 95 di Beethoven con un'orchestra d'archi). Molto più importante per gli interpreti è tuttavia una seconda versione per orchestra d'archi del 1943. Si tratta di una revisione in cui Schönberg tenne conto delle proprie esperienze come direttore e inserì i ritocchi derivati soprattutto dalla pratica esecutiva del Quartetto Rosé e del Quartetto Kolisch: indicazioni precise di tempo e di metronomo, una distribuzione delle parti fra gli esecutori più organica dal punto di vista tecnico, chiara distinzione di voci principali e secondarie e segni dinamici differenziati. Questa registrazione si basa sulla revisione del 1943.
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In California (la sua seconda patria), all'inizio dell`agosto 1946 Schönberg, che soffriva di asma, svenimenti e vertigini e versava in condizioni di salute sempre più precarie, ebbe una grave crisi cardiaca; era clinicamente morto e fu salvato soltanto grazie ad una iniezione praticata direttamente al cuore: “Sono risorto da una vera morte e ora sto molto bene", scrisse Schönberg in una lettera a Hans Heinz Stuckenschmidt. Già nelle prime tre settimane successive alla crisi cardiaca egli iniziò la composizione del Trio per archi, che finì cinque settimane dopo, il 23 settembre. Schönberg si è ripetutamente espresso a proposito del rapporto di questa composizione con la malattia e con l'esperienza della morte. Hanns Eisler, dopo una conversazione con lui, racconta:
Era morto... Era... già morto da un quarto d'ora [il tempo indicato è sicuramente un errore di Eisler]. C'e, come Lei sa, questa famosa iniezione che si fa direttamente nel cuore. Non appena Schönberg si riprese scrisse come primo pezzo un Trio per archi, che considero una delle più belle composizioni che egli abbia scritto; non lo penso soltanto io, ma tutto il mondo musicale. Quando dissi a Schönberg, che mi mostrava il manoscritto: “Ma signor Schönberg, è una composizione davvero grandiosa", mi rispose “Sa, ero così debole, non so proprio come lo ho scritto. Qualcosa ho messo insieme." Ma mi mostrò an-
che come ogni accordo rappresenta una iniezione.
Anche Thomas Mann accenna al contenuto autobiografico del Trio nelle sue annotazioni pubblicate con il titolo La genesi del Doktor Faustus;
In quei giorni è ricordato e desidero che anche qui sia ricordato un incontro con Schönberg, il quale mi parlò del suo nuovo Trio appena compiuto e delle esperienze misteriosamente insinuate nella composizione che sarebbe in certo qual modo un loro prodotto Disse di avervi rappresentato la sua malattia e la cura medica compreso il male nurse (l'infermiere) e tutto il resto. L'esecuzione sarebbe estremamente difficile, anzi quasi impossibile o possibile soltanto per tre suonatori del livello di virtuosi, ma d'altro canto molto grata in virtù di straordinari effetti sonori. La combinazione “impossibile, ma grata" entrò nei capitolo della musica da camera di Leverkühn.
Il Trio per archi è l'unico di Schönberg, come unico è il giovanile Sestetto. Inoltre il Trio è un esempio di uso non dogmatico della tecnica seriale nell'ultimo Schönberg (che del resto, contrariamente a ciò che molti credono, fu per tutta la vita uno sperimentatore non dogmatico): il materiale fondamentale dell'opera è costituito da una serie di 18 suoni, divisa in tre esacordi (A, B, A") e da una serie di 12 suoni ricavata dalle note iniziali e finali di questi esacordi; attraverso combinazioni dei gruppi si producono stratificazioni verticali che di volta in volta contengono l'intera scala cromatica.
Nella configurazione formale quest'opera tarda rivela una sorprendente somiglianza con Verklärte Nacht: anch'essa è in un unico movimento articolato in cinque sezioni, dove tre parti sono collegate fra loro da due episodi. La prima parte è caratterizzata soprattutto da timbri chiari e da stridenti suoni armonici in fortissimo, ed è facile porre in rapporto questa pungente presenza con il racconto di Eisler. Le angosce, le lotte, il manifestarsi improvviso della malattia si riflettono nella gestualità e nella dinamica molto discontinue di questa parte introduttiva. L'esteso primo episodio comincia con una frase ascendente dolce del violino, che sembra schiudere un nuovo, lirico mondo sonoro, un altro livello di coscienza. Battute di sottile irregolarità ritmica fanno sospendere il senso del tempo, momenti che producono un effetto di disorientamento - col legno, sul ponticello, flautando - creano eventi sonori estraniati. Così l'accento fondamentalmente lirico di questo episodio è talvolta compromesso, finché emerge un grande passaggio melodico in un danzante 6/8. La seconda parte, che inizia con una tranquilla successione di ottavi, si collega organicamente all'episodio precedente. Violenti contrasti dinamici rendono drammatico lo svolgimento successivo, che poi di nuovo provvisoriamente si placa in piani andamenti di sedicesimi con sordina, e dopo una rinnovata intensificazione sfocia in una melodia cantabile con carattere di Valse triste.
Il secondo episodio contrappone alla tenera conclusione della seconda parte martellanti decime e tritoni al violoncello. Dopo questo veemente inizio, la tempesta si placa di nuovo nella ripetizione in progressione di una frase di tre note al violino e in un canone a tre voci che inizia in sedicesimi non accentati, pianissimo (con tre p). Seguono con forte risalto i glissandi eseguiti dai tre strumenti, che “scivolano” lentamente verso l'abisso. Dopo unisoni ritmicamente pregnanti si prepara l'inizio della terza parte, dove attraverso il tempo sempre più lento e le note ripetute si crea addirittura l'impressione di una transizione “classica". Nella terza parte si ripercorrono ancora una volta in modo concentrato gli eventi musicali fin qui presentati. Si possono identificare chiaramente temi, figurazioni, caratteri delle parti ed episodi precedenti. Questa reminiscenza non è una ripetizione condensata, ma viene ad illuminare con la repentina rapidità di un lampo certe pietre costitutive del mosaico, che qui si ridispongono su un altro piano di configurazione attraverso la ripetizione, omissione, trasformazione e sintesi. Ad esempio, nella prima battuta dell'ultima parte viene citato l`inizio del pezzo, e le battute 4 e 5 sono riprese alla lettera, mentre la seconda battuta è variata e la terza è omessa completamente; le battute 8, 9, 12, 13 della parte iniziale sono ora unite immediatamente l'una all'altra: soltanto l'essenziale viene ancora una volta ripreso. Per Schönberg non si trattava evidentemente di creare una conclusione compiuta con carattere di ripresa, ma di una riflessione soggettiva su ciò che era stato vissuto: i punti fermi, le tappe di un processo psichico sono ancora una volta ripercorsi su un piano surreale al modo del montaggio di un film. Tempo e causalità sono sospesi e superati come in sogno, come sulla via verso un'altra realtà.
Juliane Ribke
(Traduzione: Paolo Petazzi)