Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, ottobre 25, 2008

Roberto Gini: "Basta, mi ritiro!"

Una voce in qualche modo "fuori dal coro" sui veri problemi della musica in Italia viene da uno dei protagonisti dell'inarrestabile avanzata degli Italiens, ossia Roberto Gini, violoncellista e violista da gamba di fama internazionale oltre che fondatore e direttore dell'Ensemble Concerto e insegnante al Conservatorio di Parma, che ha espresso la volontà di sospendere la sua attività di direttore di musica barocca.

Gli chiediamo le ragioni del suo gesto nel momento in cui i suoi colleghi italiani lamentano di non vedere apprezzato il proprio lavoro in patria:
«Negli ultimi sei mesi ho avuto occasione di riflettere sullo stato attuale dell'interpretazione del repertorio antico e sull'approccio che gli interpreti hanno verso le partirure che eseguono. Mi sono preso la briga di ascoltare tutta la discografia monteverdiana significativa (recente e meno recente) eseguita dai gruppi di grido e diretta dalle star del momento, per conoscere il mondo che mi circonda e uscire dal mio patologico isolamento. Questa serie di ascolti è stata lo spunto principale per la conclusione cui sono arrivato, frutto di una lunga e tormentata analisi del fenomeno, non semplice da riassumere in poche righe; ti assicuro però che ho riflettuto molto seriamente e sulla base di argomenti non leggeri ho deciso di ritirarmi e di non dirigere più. Mi prendo una pausa di riflessione a tempo indeterminato, anche nell'insegnamento orientato alla musica monteverdiana e vocale in genere. Ciò al fine di porre in qualche modo una questione seria su seri problemi: la fedeltà al testo e l'onestà dell'interprete nei confronti dell'inconsapevolezza dell'ascoltatore. Ritengo che siano state prodotte troppe disoneste falsificazioni su Monteverdi e sulla musica italiana del Seicento, al punto che molte di queste dovrebbero essere presentate come opera di quello o quell'altro collega e non di Claudio Monteverdi: una rivisitazione, o piuttosto un'elaborazione personale della musica di Monteverdi e degli altri suoi contemporanei, quasi sempre attuata nella ricerca del facile effetto a mezzo di trovate folcloristiche ricche di suggestioni etniche, richiami stilistici totalmente falsificati, ornamentazioni bislacche e strafalcioni di lettura, di tempi, di armonia e persino di testo".
Per te, a parte il problema "morale", non c'è una particolare crisi di pubblico o di strutture della musica antica in Italia?
"Il pubblico c'è, l'interesse esiste ma gli interessi degli organizzatori ho smesso di cercare di capirli; propabiblmente anche loro cercano una programmazione facile e di sicuro richiamo, spesso vogliono essere originali confezionando produzioni che nascono e muoiono nella loro stagione (atteggiamento provinciale), o vanno a simpatie personali che sono quindi soggettive e imperscrutabili. Nella didattica, l'apertura dei bienni ha fatto spuntare dal nulla specialisti in ogni tipo di strumento antico e di materia teorica. Molti di essi erano fino a ieri docenti di materie tradizionali all'interno del conservatorio, oggi si dichiarano specialisti in virtù di qualche concertino fatto qua e là con gruppi vari oppure per avere il nome in copertina su un disco; e i dischi oggi li fanno proprio tutti. L'impossibilità di aprire nuove classi, unitamente a questo fenomeno, porta alla creazione di dipartimenti di musica antica - salvo poche luminose eccezioni - troppo eterogenei e quindi poco interessanti e organizzati male. Restano le singole cattedre che richiamano coloro i quali desiderano prendere lezione dal tal o dal tal altro insegnante: ma è difficile ravvisare i presupposti per un vero progetto didattico generale. In europa invece accade il contrario: le vecchie storiche istituzioni che il progetto didattico l'avevano (sono reduce da 14 anni di insegnamento a Ginevra) hanno ora bisogno di un bacino d'utenza - oggi si dice così - di clienti piuttosto che di allievi, per cui abbassano il livello concentrando il repertorio quasi esclusivamente su un generico "barocco di massa" in cui, come dice un mio caro amico e collega si usano "strumenti con corde del Novecento tirate su strumenti dell'Ottocento montati come nel Settecento per suonare musica del Seicento": molto più facile. I centri di musica antica sono moribondi, ciò che è successo alla ex Scuola Civica di Milano è emblematico...."
Ma c'è almeno qualcosa di positivo?
"Assolutamente sì: quei giovani allievi appassionati della Musica che ancora hanno voglia di studiare per fare bene, non lasciandosi influenzare nè dal cattivo gusto e dall'approssimazione che li circonda nè dal facile protagonismo, cercando la sincerità dell'espressione al servizio di ciò che eseguono, con coscienza e cultura. Ce ne sono ancora, ma hanno pochi spazi in cui imparare veramente (scuole) e poche occasioni per esprimersi....".

intervista di Dinko Fabris (gdm. n.246, 03/08)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quest'annuncio mi rattrista ; riflettiamo su quale eredità ci è stata consegnata e su quale sia il miglior mezzo per preservarla e tramandarla.Forse questo "passare il testimone" può efficacemente indurre altri a d una ricerca scrupolosa e avulsa dall'effetto fine a se stesso.Nello stesso tempo voglio ringraziare Von Trotta per queste preziosissime pagine , nelle quali spendo meno tempo di quanto vorrei , ma che sanno sempre comunicarmi la sensazione di una "folata" di orizzonti da approfondire. grazie .
AP