Gli chiediamo le ragioni del suo gesto nel momento in cui i suoi colleghi italiani lamentano di non vedere apprezzato il proprio lavoro in patria:
«Negli ultimi sei mesi ho avuto occasione di riflettere sullo stato attuale dell'interpretazione del repertorio antico e sull'approccio che gli interpreti hanno verso le partirure che eseguono. Mi sono preso la briga di ascoltare tutta la discografia monteverdiana significativa (recente e meno recente) eseguita dai gruppi di grido e diretta dalle star del momento, per conoscere il mondo che mi circonda e uscire dal mio patologico isolamento. Questa serie di ascolti è stata lo spunto principale per la conclusione cui sono arrivato, frutto di una lunga e tormentata analisi del fenomeno, non semplice da riassumere in poche righe; ti assicuro però che ho riflettuto molto seriamente e sulla base di argomenti non leggeri ho deciso di ritirarmi e di non dirigere più. Mi prendo una pausa di riflessione a tempo indeterminato, anche nell'insegnamento orientato alla musica monteverdiana e vocale in genere. Ciò al fine di porre in qualche modo una questione seria su seri problemi: la fedeltà al testo e l'onestà dell'interprete nei confronti dell'inconsapevolezza dell'ascoltatore. Ritengo che siano state prodotte troppe disoneste falsificazioni su Monteverdi e sulla musica italiana del Seicento, al punto che molte di queste dovrebbero essere presentate come opera di quello o quell'altro collega e non di Claudio Monteverdi: una rivisitazione, o piuttosto un'elaborazione personale della musica di Monteverdi e degli altri suoi contemporanei, quasi sempre attuata nella ricerca del facile effetto a mezzo di trovate folcloristiche ricche di suggestioni etniche, richiami stilistici totalmente falsificati, ornamentazioni bislacche e strafalcioni di lettura, di tempi, di armonia e persino di testo".
«Negli ultimi sei mesi ho avuto occasione di riflettere sullo stato attuale dell'interpretazione del repertorio antico e sull'approccio che gli interpreti hanno verso le partirure che eseguono. Mi sono preso la briga di ascoltare tutta la discografia monteverdiana significativa (recente e meno recente) eseguita dai gruppi di grido e diretta dalle star del momento, per conoscere il mondo che mi circonda e uscire dal mio patologico isolamento. Questa serie di ascolti è stata lo spunto principale per la conclusione cui sono arrivato, frutto di una lunga e tormentata analisi del fenomeno, non semplice da riassumere in poche righe; ti assicuro però che ho riflettuto molto seriamente e sulla base di argomenti non leggeri ho deciso di ritirarmi e di non dirigere più. Mi prendo una pausa di riflessione a tempo indeterminato, anche nell'insegnamento orientato alla musica monteverdiana e vocale in genere. Ciò al fine di porre in qualche modo una questione seria su seri problemi: la fedeltà al testo e l'onestà dell'interprete nei confronti dell'inconsapevolezza dell'ascoltatore. Ritengo che siano state prodotte troppe disoneste falsificazioni su Monteverdi e sulla musica italiana del Seicento, al punto che molte di queste dovrebbero essere presentate come opera di quello o quell'altro collega e non di Claudio Monteverdi: una rivisitazione, o piuttosto un'elaborazione personale della musica di Monteverdi e degli altri suoi contemporanei, quasi sempre attuata nella ricerca del facile effetto a mezzo di trovate folcloristiche ricche di suggestioni etniche, richiami stilistici totalmente falsificati, ornamentazioni bislacche e strafalcioni di lettura, di tempi, di armonia e persino di testo".
Per te, a parte il problema "morale", non c'è una particolare crisi di pubblico o di strutture della musica antica in Italia?
"Il pubblico c'è, l'interesse esiste ma gli interessi degli organizzatori ho smesso di cercare di capirli; propabiblmente anche loro cercano una programmazione facile e di sicuro richiamo, spesso vogliono essere originali confezionando produzioni che nascono e muoiono nella loro stagione (atteggiamento provinciale), o vanno a simpatie personali che sono quindi soggettive e imperscrutabili. Nella didattica, l'apertura dei bienni ha fatto spuntare dal nulla specialisti in ogni tipo di strumento antico e di materia teorica. Molti di essi erano fino a ieri docenti di materie tradizionali all'interno del conservatorio, oggi si dichiarano specialisti in virtù di qualche concertino fatto qua e là con gruppi vari oppure per avere il nome in copertina su un disco; e i dischi oggi li fanno proprio tutti. L'impossibilità di aprire nuove classi, unitamente a questo fenomeno, porta alla creazione di dipartimenti di musica antica - salvo poche luminose eccezioni - troppo eterogenei e quindi poco interessanti e organizzati male. Restano le singole cattedre che richiamano coloro i quali desiderano prendere lezione dal tal o dal tal altro insegnante: ma è difficile ravvisare i presupposti per un vero progetto didattico generale. In europa invece accade il contrario: le vecchie storiche istituzioni che il progetto didattico l'avevano (sono reduce da 14 anni di insegnamento a Ginevra) hanno ora bisogno di un bacino d'utenza - oggi si dice così - di clienti piuttosto che di allievi, per cui abbassano il livello concentrando il repertorio quasi esclusivamente su un generico "barocco di massa" in cui, come dice un mio caro amico e collega si usano "strumenti con corde del Novecento tirate su strumenti dell'Ottocento montati come nel Settecento per suonare musica del Seicento": molto più facile. I centri di musica antica sono moribondi, ciò che è successo alla ex Scuola Civica di Milano è emblematico...."
Ma c'è almeno qualcosa di positivo?
"Assolutamente sì: quei giovani allievi appassionati della Musica che ancora hanno voglia di studiare per fare bene, non lasciandosi influenzare nè dal cattivo gusto e dall'approssimazione che li circonda nè dal facile protagonismo, cercando la sincerità dell'espressione al servizio di ciò che eseguono, con coscienza e cultura. Ce ne sono ancora, ma hanno pochi spazi in cui imparare veramente (scuole) e poche occasioni per esprimersi....".
intervista di Dinko Fabris (gdm. n.246, 03/08)
1 commento:
Quest'annuncio mi rattrista ; riflettiamo su quale eredità ci è stata consegnata e su quale sia il miglior mezzo per preservarla e tramandarla.Forse questo "passare il testimone" può efficacemente indurre altri a d una ricerca scrupolosa e avulsa dall'effetto fine a se stesso.Nello stesso tempo voglio ringraziare Von Trotta per queste preziosissime pagine , nelle quali spendo meno tempo di quanto vorrei , ma che sanno sempre comunicarmi la sensazione di una "folata" di orizzonti da approfondire. grazie .
AP
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