Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, maggio 23, 2009

Quartetto Italiano alla Società del Quartetto di Vicenza

Il Quartetto Italiano a Vicenza

Per nove volte nell'arco di ventun'anni il nome del Quartetto Italiano - una formazione che fa parte della leggenda interpretativa del nostro secolo - è comparso nelle locandine della Società del Quartetto di Vicenza, con una frequenza che testimonia anche di un felice periodo nella programmazione del sodalizio vicentino. L'esordio risale al 17 febbraio 1956 nella sala del palazzo delle Opere sociali: l'occasione era quella del bicentenario della nascita di Mozart, e infatti tutto mozartiano fu il programma, con l'Adagio e Fuga K. 564, e due dei Quartettí dedicati ad Haydn, il primo (K. 387) e l'ultimo, quello "delle dissonanze" K. 465. Due anni più tardi, la suprema trimurti - se così si può dire - dell'arte quartettistica segnalò la grandezza dell'Italiano in termini inequivocabili. All'Olimpico, con l'"introduzione" singolare di una Sonata a quattro di Scarlatti e di una di Vivaldi furono eseguiti l'11 aprile 1958 il Quartetto K. 156 di Mozart, il Quartetto op. 74 di Beethoven, e il Quartetto op. 3 n. 5 di Haydn. Il terzo concerto vicentino del quartetto Italiano, il 7 novembre 1959, è quello che oggi può sembrare più anomalo, sul piano della scelta musicale: addirittura due Canzoni di Gabrieli in apertura, e poi pagine di Galuppi e di Donizetti, affiancate peraltro a due capolavori come il Quartetto K. 428 di Mozart e quello di Maurice Ravel. Questo non dissimulato gusto per l'antico aveva evidentemente ragioni musicali precise, e in ogni caso risultò superato due anni e mezzo più tardi, il 10 marzo 1962 al Canneti, quando i quattro dell'Italiano impaginarono uno dei capolavori haydniani, l'op. 76 n. 4, con il Quartetto op. 51 n. 1 di Brahms, per poi concludere ancora nel nome di Ravel. Il giorno seguente la formaziome cameristica offrì un concerto «alla cittadinanza» come si legge nel programma di sala, variando il programma solo quel tanto che bastava per sostituire Verdi e il suo Quartetto in mi minore a Brahms. Quattro anni dopo, il 24 novembre 1966 nel programma dell'Italiano comparvero i nomi di Schubert (op. 125) e Schumann (Op. 41 n. 3), ma al centro della serata c'era ancora Beethoven, nell'occasione quello del terzo Quartetto Razumovsky. Beethoven è stato autore indagato con suprema acutezza dal Quartetto Italiano, forse quello di fronte al quale la formazione si è espressa al meglio; per questo, memorabile più di ogni altra dev'essere considerata la serata dell'11 dicembre 1969, quando il pubblico che gremiva il Canneti poté ascoltare il tardo stile del musicista tedesco, sublimato in capolavori come l'op. 95, la Grande Fuga, l'op. 132, in una versione di assoluta lucidità e stupenda musicalità. I due successivi "incontri" vicentini dell'Italiano non hanno probabilmente raggiunto la stessa magnetica intensità di quella serata magica (chi scrive vi partecipò ragazzino quattordicenne, riportandone un'impressione indimenticabíle), rimanendo però naturalmente ad un livello di eccellenza. Programma tradizionale è stato quello del 10 febbraio 1971, diviso fra Mozart, Brahms e Dvorak, mentre l'ultima apparizione della formazione a Vicenza - il 2 dicembre 1977 - è legata a Stravinskíj (sono stati eseguiti il doppio Canone, i tre Pezzi e il Concertino) e ancora, significativamente, a Mozart e all'ultimo Beethoven.

di Cesare Galla (tratto da "La Società del Quartetto a Vicenza", Neri Pozza Editore, 1990)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' una grande emozione rileggere del Quartetto Italiano, ed anche delle sue esecuzioni rare, in un momento in cui anche " il terzo cavaliere dell'arco" Piero Farulli e' gravemente malato....

Alain Guercio ha detto...

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