In un giornale francese si leggeva recentemente: «Desta attenzione in Germania un giovane compositore danese; si chiama Gade, viaggia spesso da Copenaghen a Lipsia e viceversa, col violino in spalla, e rassomiglia a Mozart in carne e ossa». La prima e l'ultima frase sono esatte; in quella di mezzo si è inserito qualcosa di romantico. Il giovane danese, con la sua testa di Mozart dalla forte capigliatura che par scolpita in pietra, venendo in realtà qualche mese fa a Lipsia (sebbene tanto lui quanto il violino in carrozza) ha corrisposto alle simpatie che già avevano destato fra i nostri musicisti la sua ouverture per l'Ossian e la sua prima sinfonia.
Della sua vita esteriore v'è poco da dire. Nato a Copenaghen nel 1817, figlio di un fabbricante di strumenti di quella città, nei suoi primi anni deve aver sognato più fra gli strumenti che fra gli uomini. Ricevette la sua prima istruzione musicale da uno dei soliti maestri che, ovunque, badano alla diligenza meccanica e non all'ingegno, e si dice anzi che il mentore non fosse particolarmente contento dei progressi dell'allievo. Egli imparò a suonare la chitarra, il violino e il pianoforte, ma senza eccellere in nessuno di questi strumenti. Soltanto in seguito ebbe in Wexschall e in Berggreen maestri più seri, ed ebbe anche più volte consigli dall'eccellente Weyse. Produsse opere di diverso genere, di cui ora il compositore non vuole tener conto, perché sono, secondo lui, esplosioni di una orribile fantasia. Più tardi entrò come violinista nella cappella reale di Copenaghen, dove ebbe occasione di strappare agli strumenti tutti i loro segreti, segreti che qualche volta ci narra nelle sue opere strumentali. Questa scuola pratica, negata a tanti, inavvedutamente utilizzata da molti, lo educò principalmente a quella maestria della strumentazione che deve essergli riconosciuta senza discussione. L'ouverture Ricordi d'Ossian, che per giudizio di Spohr e di Schneider fu coronata del premio proposto dalla Società di musica di Copenaghen, deve avergli attirata l'attenzione del re, amatore dell'arte; cosicché egli ricevette, come molti altri ingegni suoi compatrioti, uno stipendio veramente regale per un viaggio all'estero, e cominciò da Lipsia, che per prima lo aveva introdotto al grande pubblico musicale. Vi si trova ancora, ma tra breve si recherà a Parigi, e di là in Italia. Approfittiamo dunque del momento, in cui la sua figura è ancor fresca davanti a noi, per illustrare alcuni tratti della personalità artistica di quest'uomo notevole, quale da tempo non s'è presentata fra i giovani.
Chi dalla sua somiglianza con Mozart, che ha realmente qualcosa di sorprendente, volesse trarre anche una somiglianza musicale, s'ingannerebbe di molto. Ci sta innanzi un carattere d'artista affatto nuovo. Sembra che le nazioni confinanti con la Germania vogliano emanciparsi dal dominio della musica tedesca; ciò forse potrà dispiacere a un teutomane, ma al pensatore dall'occhio acuto e al conoscitore dell'umanità parrà invece una cosa naturale e di cui rallegrarsi. Così Chopin rappresenta la sua patria, Bennett l'Inghilterra; J. Verhulst in Olanda dà speranze di diventare un degno rappresentante della sua patria, e in Ungheria si fanno ugualmente sentire delle aspirazioni nazionali. E poiché tutti considerano la nazione tedesca come la loro prima e più cara maestra nella musica, nessuno deve meravigliarsi se essi vogliono tentar di parlare per la loro nazione una lingua propria, senza perciò rendersi sconoscenti agli insegnamenti della loro maestra. Giacché nessun paese del mondo ha maestri che possano paragonarsi ai nostri grandi, e nessuno ha finora voluto negarlo.
Anche nell'Europa del nord abbiamo già visto manifestarsi tendenze nazionali. Sindblad, di Stoccolma, ci ha tradotto i suoi vecchi canti popolari; Ole Bull, per quanto non sia un ingegno creatore di prima grandezza, ha tentato di renderci familiari gli accenti della sua patria. Gli importanti poeti della Scandinavia, recentemente apparsi, devono aver dato un potente impulso al suo ingegno musicale anche se i monti, i laghi e le aurore boreali di lassù non gli abbiano ricordato che il Nord poteva parlare una sua lingua particolare.
I poeti della sua patria hanno ispirato anche il nostro giovane musicista; egli conosce e ama tutti; i vecchi racconti e le vecchie saghe lo accompagnavano nelle sue escursioni da ragazzo e l'arpa eolica di Ossian gli risuonò dalle sponde dell'Inghilterra. Così nella sua musica, e soprattutto in quell'ouverture d'Ossian, si mostra per la prima volta un carattere nordico molto spiccato; ma certo Gade stesso non negherà quanto deve ai maestri tedeschi. Essi hanno ricompensato la sua grande diligenza e il grande studio dedicato alle loro opere (conosce quasi tutte le loro composizioni) con il dono che concedono a tutti coloro che si mostrano loro fedeli: con la consacrazione della maestria.
Fra i nuovi compositori è riconoscibile, sopra gli altri, l'influsso di Mendelssohn in certe combinazioni strumentali. Ciò risulta in modo particolare nei Ricordi d'Ossian; invece nella sinfonia, molte cose ci ricordano F. Schubert; ma ovunque domina uno stile melodico interamente originale come non s'era ancora presentato in un modo così popolare nei generi più elevati della musica strumentale. In genere, la sinfonia si solleva sull'ouverture sotto ogni rapporto, sia nella forza naturale, sia nel magistero della tecnica.
Resta da desiderare ancora una cosa: che l'artista non si perda nella sua nazionalità e che la sua fantasia «creatrice d'aurore boreali» (come la definì qualcuno) si mostri ricca e varia, tanto da poter volgere lo sguardo anche ad altre sfere della natura e della vita. Così si potrebbe dire a tutti gli artisti, di raggiungere prima l'originalità per poi rifiutarla; al modo di un serpente, l'artista si spogli quando l'abito vecchio comincia a sdrucirsi.
Ma l'avvenire è oscuro; accade che la maggior parte delle cose vada altrimenti da come pensiamo; per ora possiamo soltanto esprimere la speranza che noi attendiamo da questo ingegno distinto opere più solide e più belle. Quasi che già il caso del nome (G-a-d-e = sol-la-re-mi), come Bach, l'avesse spinto verso la musica, le quattro lettere del suo nome formano in strana guisa le quattro corde vuote del violino. Nessuno contesterà questo piccolo segno di un più alto favore, e neppure quest'altro: che il suo nome si può scrivere in quattro chiavi con una nota sola, che sarà facile da trovare per i cabalisti.
Entro questo mese attendiamo una seconda sinfonia di Gade, essa è diversa dalla prima, ossia più delicata e leggera, e ci fa pensare alle piacevoli foreste di faggi della Danimarca.
di Robert Schumann (da "La musica romantica", SE, 2007)
Della sua vita esteriore v'è poco da dire. Nato a Copenaghen nel 1817, figlio di un fabbricante di strumenti di quella città, nei suoi primi anni deve aver sognato più fra gli strumenti che fra gli uomini. Ricevette la sua prima istruzione musicale da uno dei soliti maestri che, ovunque, badano alla diligenza meccanica e non all'ingegno, e si dice anzi che il mentore non fosse particolarmente contento dei progressi dell'allievo. Egli imparò a suonare la chitarra, il violino e il pianoforte, ma senza eccellere in nessuno di questi strumenti. Soltanto in seguito ebbe in Wexschall e in Berggreen maestri più seri, ed ebbe anche più volte consigli dall'eccellente Weyse. Produsse opere di diverso genere, di cui ora il compositore non vuole tener conto, perché sono, secondo lui, esplosioni di una orribile fantasia. Più tardi entrò come violinista nella cappella reale di Copenaghen, dove ebbe occasione di strappare agli strumenti tutti i loro segreti, segreti che qualche volta ci narra nelle sue opere strumentali. Questa scuola pratica, negata a tanti, inavvedutamente utilizzata da molti, lo educò principalmente a quella maestria della strumentazione che deve essergli riconosciuta senza discussione. L'ouverture Ricordi d'Ossian, che per giudizio di Spohr e di Schneider fu coronata del premio proposto dalla Società di musica di Copenaghen, deve avergli attirata l'attenzione del re, amatore dell'arte; cosicché egli ricevette, come molti altri ingegni suoi compatrioti, uno stipendio veramente regale per un viaggio all'estero, e cominciò da Lipsia, che per prima lo aveva introdotto al grande pubblico musicale. Vi si trova ancora, ma tra breve si recherà a Parigi, e di là in Italia. Approfittiamo dunque del momento, in cui la sua figura è ancor fresca davanti a noi, per illustrare alcuni tratti della personalità artistica di quest'uomo notevole, quale da tempo non s'è presentata fra i giovani.
Chi dalla sua somiglianza con Mozart, che ha realmente qualcosa di sorprendente, volesse trarre anche una somiglianza musicale, s'ingannerebbe di molto. Ci sta innanzi un carattere d'artista affatto nuovo. Sembra che le nazioni confinanti con la Germania vogliano emanciparsi dal dominio della musica tedesca; ciò forse potrà dispiacere a un teutomane, ma al pensatore dall'occhio acuto e al conoscitore dell'umanità parrà invece una cosa naturale e di cui rallegrarsi. Così Chopin rappresenta la sua patria, Bennett l'Inghilterra; J. Verhulst in Olanda dà speranze di diventare un degno rappresentante della sua patria, e in Ungheria si fanno ugualmente sentire delle aspirazioni nazionali. E poiché tutti considerano la nazione tedesca come la loro prima e più cara maestra nella musica, nessuno deve meravigliarsi se essi vogliono tentar di parlare per la loro nazione una lingua propria, senza perciò rendersi sconoscenti agli insegnamenti della loro maestra. Giacché nessun paese del mondo ha maestri che possano paragonarsi ai nostri grandi, e nessuno ha finora voluto negarlo.
Anche nell'Europa del nord abbiamo già visto manifestarsi tendenze nazionali. Sindblad, di Stoccolma, ci ha tradotto i suoi vecchi canti popolari; Ole Bull, per quanto non sia un ingegno creatore di prima grandezza, ha tentato di renderci familiari gli accenti della sua patria. Gli importanti poeti della Scandinavia, recentemente apparsi, devono aver dato un potente impulso al suo ingegno musicale anche se i monti, i laghi e le aurore boreali di lassù non gli abbiano ricordato che il Nord poteva parlare una sua lingua particolare.
I poeti della sua patria hanno ispirato anche il nostro giovane musicista; egli conosce e ama tutti; i vecchi racconti e le vecchie saghe lo accompagnavano nelle sue escursioni da ragazzo e l'arpa eolica di Ossian gli risuonò dalle sponde dell'Inghilterra. Così nella sua musica, e soprattutto in quell'ouverture d'Ossian, si mostra per la prima volta un carattere nordico molto spiccato; ma certo Gade stesso non negherà quanto deve ai maestri tedeschi. Essi hanno ricompensato la sua grande diligenza e il grande studio dedicato alle loro opere (conosce quasi tutte le loro composizioni) con il dono che concedono a tutti coloro che si mostrano loro fedeli: con la consacrazione della maestria.
Fra i nuovi compositori è riconoscibile, sopra gli altri, l'influsso di Mendelssohn in certe combinazioni strumentali. Ciò risulta in modo particolare nei Ricordi d'Ossian; invece nella sinfonia, molte cose ci ricordano F. Schubert; ma ovunque domina uno stile melodico interamente originale come non s'era ancora presentato in un modo così popolare nei generi più elevati della musica strumentale. In genere, la sinfonia si solleva sull'ouverture sotto ogni rapporto, sia nella forza naturale, sia nel magistero della tecnica.
Resta da desiderare ancora una cosa: che l'artista non si perda nella sua nazionalità e che la sua fantasia «creatrice d'aurore boreali» (come la definì qualcuno) si mostri ricca e varia, tanto da poter volgere lo sguardo anche ad altre sfere della natura e della vita. Così si potrebbe dire a tutti gli artisti, di raggiungere prima l'originalità per poi rifiutarla; al modo di un serpente, l'artista si spogli quando l'abito vecchio comincia a sdrucirsi.
Ma l'avvenire è oscuro; accade che la maggior parte delle cose vada altrimenti da come pensiamo; per ora possiamo soltanto esprimere la speranza che noi attendiamo da questo ingegno distinto opere più solide e più belle. Quasi che già il caso del nome (G-a-d-e = sol-la-re-mi), come Bach, l'avesse spinto verso la musica, le quattro lettere del suo nome formano in strana guisa le quattro corde vuote del violino. Nessuno contesterà questo piccolo segno di un più alto favore, e neppure quest'altro: che il suo nome si può scrivere in quattro chiavi con una nota sola, che sarà facile da trovare per i cabalisti.
Entro questo mese attendiamo una seconda sinfonia di Gade, essa è diversa dalla prima, ossia più delicata e leggera, e ci fa pensare alle piacevoli foreste di faggi della Danimarca.
di Robert Schumann (da "La musica romantica", SE, 2007)
1 commento:
imparato molto
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