L'idea che arte e religione abbiano radici comuni, e che anzi possano fondersi in un'unica entità in cui trovino espressione al tempo stesso umano e divino, anelito struggente e rivelazione, fu un tema centrale dell'Ottocento. Esso ricorre in aspetti diversi, e nell'opera di Anton Bruckner ebbe un'impronta particolare: la musica vista come ricerca del senso ultimo delle cose e come una confessione di fede del tutto personale. In nessuna delle sue composizioni strumentali quest'idea traspare in modo più chiaro che nell'VIII Sinfonia. Qui non si tratta solo di "forme sonore in movimento" secondo la famosa definizione di Eduard Hanslick sull'essenza della musica, bensì - come disse un altro critico - della "consapevolezza dell'omogeneità sostanziale dell'animo umano con la natura cosmica, del desiderio struggente di sprofondare in essa e di perdersi nell'infinito". Malgrado tutti i pro e i contro estetici e ideologici che una tale concezione musicale può suscitare ancora oggi, l'ascoltatore deve farsi consapevole, per dirla con Ernst Bloch, del "magico" e "serafico" di questa musica, del "sostrato di una fede, qui ancora realmente genuina, in una sovranità celestiale, a cui si riferiscono i maestosi accordi bruckneriani". Senza questo aspetto si perderebbe una dimensione essenziale della sua musica.
Bruckner lavorò alla sua VIII Sinfonia a più riprese, fra il 1884 e il 1890. In questo periodo gli sbalzi fra una euforica creatività e una profonda sfiducia nelle proprie capacità indicano eloquentemente quale fosse il suo stato d'animo. All'inizio, grazie al successo riportato dalle esecuzioni della sua Settima Sinfonia, si sentì spronato nel suo nuovo lavoro; ma in seguito, quando anche alcuni suoi amici musicisti (Hermann Levi, Joseph Schalk e altri) gli mossero delle critiche, Bruckner fu preso da dubbi e decise - sempre pronto ad accettare consigli altrui - di apportarvi trasformazioni radicali. Colto da una vera febbre di rielaborazione, sottopose non solo questa Sinfonia, ma anche altre che l'avevano preceduta a una profonda revisione. (La registrazione presente segue la versione dell'"Edizione critica completa" curata da Robert Haas, dove, nonostante tutte le difficoltà filologiche, si cerca di tenere fede alle intenzioni di Bruckner: essa si basa infatti sull'autografo della versione definitiva, come sulla bozza per la prima edizione a stampa, e inoltre il testo è stato emendato da aggiunte estranee).
L'Ottava Sinfonia fu eseguita per la prima volta il 18 dicembre 1892 a Vienna, sotto la direzione di Hans Richter. Alcune indicazioni di Bruckner riguardo a questa partitura possono valere come riferimenti programmatici, ma la maggior parte di esse è da intendersi come un chiarimento delle implicazioni descrittive di singoli passi. Si consideri ad esempio il primo movimento (è l'unico movimento iniziale di una Sinfonia bruckneriana che non si conclude in un'atmosfera raggiante, bensì si spegne in pianissimo!): al punto culminante di esso dovevano trovarsi le parole "Annuncio di morte", mentre le sue ultime misure, scandite sottovoce in una lugubre pulsazione, rappresenterebbero 'L'orologio dei morti". Altre espressioni quali "Il Michel tedesco" (come era stato intitolato lo Scherzo) o "Incontro dei tre imperatori" (quale motto per il Finale) dicono ben poco e danno tutt'al più un'indicazione sommaria sul carattere globale di questi movimenti.
Il fatto che Bruckner modifichi la successione tradizionale dei movimenti e faccia risuonare lo Scherzo prima dell'Adagio è dovuto certamente al proposito di far seguire ad un movimento più 'ponderoso' uno più 'leggero'. Ma in ciò si può scorgere anche un richiamo alla Nona di Beethoven, che sotto molti aspetti ne fu il modello: così, per esempio, nell'ultima parte del Finale risuonano ancora una volta i temi principali di tutti i movimenti precedenti, riassunti in una grandiosa sintesi contrappuntistica.
Un elemento essenziale del linguaggio musicale di Bruckner è la successione di singoli blocchi a sé stanti, spesso con cambiamenti improvvisi di timbro (si passa ad esempio dai fiati del registro acuto agli archi di quello grave) o con effetti d'eco indistinta, e spesso anche con un nuovo avvio di un monumentale crescendo, che quasi trascina l'ascoltatore nel vortice di un movimento ondoso sempre più imponente. E vi sono sempre connessi improvvisi mutamenti di carattere, ad esempio da momenti di solennità trionfale si trapassa a squarci di delicato lirismo. Se si considera poi l'impianto formale complessivo dell'Adagio, se ne potrebbe facilmente immaginare un'integrazione scenica: una processione celestiale, dapprima sommessa, ma che col suo tono innodico sfocia in un crescendo d'intensità drammatica, al cui culmine si spalanca un cielo radioso. Ma questo processo non si compie in maniera continua, bensì prende l'avvio ogni volta da un'ottica diversa e analogamente alla tecnica cinematografica viene interrotto da "tagli" e "dissolvenze". Cambiamenti di atmosfera caratterizzano anche l'armonia, come quando dal maggiore si passa improvvisamente al minore (inizio dell'Adagio) o tutt'a un tratto risuonano regioni armoniche lontane - e ciò va detto sia in senso emozionale che in termini di analisi teorica. (In questo contesto è già significativo che la Sinfonia non comincia nella tonalità fondamentale di do minore, ma in un tessuto armonico ancora nebuloso).
Esattamente come per l'impianto formale complessivo, anche i vari motivi musicali risultano composti dalla somma di singole cellule ricorrenti; colpisce la tipica figurazione ritmica basata sulla successione di tempi binari e ternari (nella misura di 414 si hanno cioè due semiminime e una terzina di semiminime), che spesso si integrano reciprocamente dando luogo a figurazioni metriche complementari (attrito di valori binari e ternari sul tipo della hemiolia).
Nella strumentazione si rivela chiaramente la formazione organistica di Bruckner, quando contrappone ad esempio tra loro i singoli gruppi orchestrali come singoli registri d'organo, o combina determinati strumenti amalgamandoli.
Ma ciò che colpisce, oltre alla scrittura orchestrale compatta e Massiccia, sono anche quei momenti di levità pressoché eterea, in cui sembra che aleggi un assolo desolato dei legni o che si libri il suono di un'arpa. La plasticità di simili procedimenti musicali è innegabile; essa fa parte di quella grande, fantasiosa visione che la musica di Bruckner comunica all'ascoltatore.
Volker Schlerliess (traduzione: Alessandra Castriota, note al CD DGG 419 196-2)
Bruckner lavorò alla sua VIII Sinfonia a più riprese, fra il 1884 e il 1890. In questo periodo gli sbalzi fra una euforica creatività e una profonda sfiducia nelle proprie capacità indicano eloquentemente quale fosse il suo stato d'animo. All'inizio, grazie al successo riportato dalle esecuzioni della sua Settima Sinfonia, si sentì spronato nel suo nuovo lavoro; ma in seguito, quando anche alcuni suoi amici musicisti (Hermann Levi, Joseph Schalk e altri) gli mossero delle critiche, Bruckner fu preso da dubbi e decise - sempre pronto ad accettare consigli altrui - di apportarvi trasformazioni radicali. Colto da una vera febbre di rielaborazione, sottopose non solo questa Sinfonia, ma anche altre che l'avevano preceduta a una profonda revisione. (La registrazione presente segue la versione dell'"Edizione critica completa" curata da Robert Haas, dove, nonostante tutte le difficoltà filologiche, si cerca di tenere fede alle intenzioni di Bruckner: essa si basa infatti sull'autografo della versione definitiva, come sulla bozza per la prima edizione a stampa, e inoltre il testo è stato emendato da aggiunte estranee).
L'Ottava Sinfonia fu eseguita per la prima volta il 18 dicembre 1892 a Vienna, sotto la direzione di Hans Richter. Alcune indicazioni di Bruckner riguardo a questa partitura possono valere come riferimenti programmatici, ma la maggior parte di esse è da intendersi come un chiarimento delle implicazioni descrittive di singoli passi. Si consideri ad esempio il primo movimento (è l'unico movimento iniziale di una Sinfonia bruckneriana che non si conclude in un'atmosfera raggiante, bensì si spegne in pianissimo!): al punto culminante di esso dovevano trovarsi le parole "Annuncio di morte", mentre le sue ultime misure, scandite sottovoce in una lugubre pulsazione, rappresenterebbero 'L'orologio dei morti". Altre espressioni quali "Il Michel tedesco" (come era stato intitolato lo Scherzo) o "Incontro dei tre imperatori" (quale motto per il Finale) dicono ben poco e danno tutt'al più un'indicazione sommaria sul carattere globale di questi movimenti.
Il fatto che Bruckner modifichi la successione tradizionale dei movimenti e faccia risuonare lo Scherzo prima dell'Adagio è dovuto certamente al proposito di far seguire ad un movimento più 'ponderoso' uno più 'leggero'. Ma in ciò si può scorgere anche un richiamo alla Nona di Beethoven, che sotto molti aspetti ne fu il modello: così, per esempio, nell'ultima parte del Finale risuonano ancora una volta i temi principali di tutti i movimenti precedenti, riassunti in una grandiosa sintesi contrappuntistica.
Un elemento essenziale del linguaggio musicale di Bruckner è la successione di singoli blocchi a sé stanti, spesso con cambiamenti improvvisi di timbro (si passa ad esempio dai fiati del registro acuto agli archi di quello grave) o con effetti d'eco indistinta, e spesso anche con un nuovo avvio di un monumentale crescendo, che quasi trascina l'ascoltatore nel vortice di un movimento ondoso sempre più imponente. E vi sono sempre connessi improvvisi mutamenti di carattere, ad esempio da momenti di solennità trionfale si trapassa a squarci di delicato lirismo. Se si considera poi l'impianto formale complessivo dell'Adagio, se ne potrebbe facilmente immaginare un'integrazione scenica: una processione celestiale, dapprima sommessa, ma che col suo tono innodico sfocia in un crescendo d'intensità drammatica, al cui culmine si spalanca un cielo radioso. Ma questo processo non si compie in maniera continua, bensì prende l'avvio ogni volta da un'ottica diversa e analogamente alla tecnica cinematografica viene interrotto da "tagli" e "dissolvenze". Cambiamenti di atmosfera caratterizzano anche l'armonia, come quando dal maggiore si passa improvvisamente al minore (inizio dell'Adagio) o tutt'a un tratto risuonano regioni armoniche lontane - e ciò va detto sia in senso emozionale che in termini di analisi teorica. (In questo contesto è già significativo che la Sinfonia non comincia nella tonalità fondamentale di do minore, ma in un tessuto armonico ancora nebuloso).
Esattamente come per l'impianto formale complessivo, anche i vari motivi musicali risultano composti dalla somma di singole cellule ricorrenti; colpisce la tipica figurazione ritmica basata sulla successione di tempi binari e ternari (nella misura di 414 si hanno cioè due semiminime e una terzina di semiminime), che spesso si integrano reciprocamente dando luogo a figurazioni metriche complementari (attrito di valori binari e ternari sul tipo della hemiolia).
Nella strumentazione si rivela chiaramente la formazione organistica di Bruckner, quando contrappone ad esempio tra loro i singoli gruppi orchestrali come singoli registri d'organo, o combina determinati strumenti amalgamandoli.
Ma ciò che colpisce, oltre alla scrittura orchestrale compatta e Massiccia, sono anche quei momenti di levità pressoché eterea, in cui sembra che aleggi un assolo desolato dei legni o che si libri il suono di un'arpa. La plasticità di simili procedimenti musicali è innegabile; essa fa parte di quella grande, fantasiosa visione che la musica di Bruckner comunica all'ascoltatore.
1 commento:
questa sera vado ad ascoltare l'ottava sinfonia di Bruckner a S.Cecilia. Credo che questo commento mi sarà utile
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