La valchiria Brünnhilde (Arthur Rackham 1867-1939) |
La stirpe degli Asen, degli dei luminosi, dopo un rapido e fallace trionfo, volge a decadimento. Minata nel suo stesso nascere, e, per il suo stesso essere, nata da un'insanabile colpa, cresciuta cotesta colpa a dismisura per la maledizione, che portano sempre con sé la violenza e la frode, essa abita malsicura lo splendido, superbo Walhalla, si logora in vane e tormentose imprese, spia angosciosamente i segni premonitori del Crepuscolo, a cui bene vorrebbe e in tutti i modi tenta sottrarsi, ma sotto il quale sa, che, o prima o poi, dovrà inesorabilmente soggiacere. Nè la stirpe dei giganti e dei nani, delle forze elementari e dei démoni oscuri, a lei avversaria, conta maggiori o più durevoli vittorie. Il gigante Fafner, dopo l'uccisione del fratello Fasolt, solo possessore del tesoro e dell'anello del Nibelungo, mutatosi in drago, non sa trarre dalla sua immensa male acquistata ricchezza e dal magico potere dell'anello, altra gioia, che di contemplare e custodire oziosamente, in una caverna, nel cuore della selva. il frutto della sua stupida violenza. D'altra parte, il nano Alberico si logora nella meditazione di tortuosi disegni per ricuperare quel ch'egli ha sacrilegamente conquistato con la rinunzia e con la maledizione all'amore, e s'illude, scambiando ancora una volta la lussuria con l'amore, che l'ancora non nato Hagen, figlio dell'adulterìo e del baratto, possa essergli aìutatore e liberatore. Tra gli dei e gli esseri elementari, tra gli Asen dall'una parte e i giganti e i nani - nemici, ma congiunti - dall'altra, s'inserisce intanto, germina e fiorisce, una stirpe nuova e baldanzosa, intelligente e consapevole: la stirpe degli eroi, la stirpe degli uomini. La Walkiria, prima giornata, della «sagra», drammatizza appunto il sorgere di cotesta stirpe, canta i suoi primi errori e i suoi primi dolori: ineluttabìli, da poi ch'è sorta, e gli uni e gli altri. Pure, a traverso gli uni e glì altri, gìà si disegna un trionfo più grandioso di quello degli dei: il trionfo dell'ancora non nato Siegfried. Ma di lui diranno le giornate seguenti.
Dunque, l'epoca degli dei comìncia a cedere vichianamente a quella degli eroi. Sarà non solo più felice, ma anche veramente purificatrice e liberatríce? Wotan, lo vuole e lo spera. Egli stesso, l'ha creata. nelle sue scorrerie d'amore, con l'assurda credenza - credit quia absurdumn! - di poter donare altrui, quel ch'egli stesso possiede: la libertà. Wotan per erigere il Walhalla, rocca del proprio orgoglio e della proprìa potenza, ha dovuto farsi doppiarnente servo: servo dei patti conclusi coi giganti e sanciti dalle rune della sua asta di frassino; servo dell'oro, ch'egli ha dovuto fraudolentemente conquistare, per non privare gli dei della dolce Freia, dispensiera di gioia e di giovinezza, già promessa ai giganti. Doppia servitù; doppia maledizione. Dalla quale e per la quale, a lui, non soltanto è negata ogni piena e durevole vittoria; ma incombe ache la sorte tragica di dovere, impigliato nei propri stessi patti, nelle proprie stesse rime, muovere contro quella stirpe diletta, la stirpe dei Welsunghi, ch'egli stesso ha ercato, perchè possa in libertà conquistare la salvezza a se medesima ed agli dei.
Questo il nucleo interiore, anzi centrale, del dramma. Contro Siegmund e contro Síeglinde, figli suoi gemelli e sposi per trabocco, per prepotenza d'amore, Wotan dovrà crudelmente infierire. Glielo chiede la moglie Fricka, appunto per gli intangibili patti che sono incisí nell'asta di lui, e che egli non può rìfiutarsi dall'osservare. L'incesto, anche se debba portare al più puro degli eroi, puro nel sangue e nello spirito, va condannato. Di fronte alla legge, codificazione del costume, dell'abituale, del Gewohntes, di fronte a Fricka insomma, vale più la consacrazione legale di una mostruosa violenza, di una congiunzione senz'amore, che non l"amore, infuso dalla Natura - eterna innocente - nell'animo di un fratello e di una sorella: l'amante di puro amore e fiorente di puro eroismo Siegmund, cadrà sotto i colpi di Hunding, violento e vile, marito senz'amore, anzi contro amore. E sarà Wotan stesso, che nel duello mortale - poichè questo ha dovuto giurare a Fricka, - manderà in pezzi Notung, la spada di salvezza già promessa e poi accordata a Siegmund. Smisurata tragedia, eppure non la sola imperversante nell'animo del dio.
Perchè anche Brünnhilde, figlia e walkíria sua diletta, egli dovrà punire: con l'obbrobrio, se non con la morte. Le walkirie, lucenti vergini, aeree cavalcatrici guerriere, Wotan le ha create da Erda, la madre Terra, la saggia delle sagge, perchè scelgano tra i caduti in campo ì più valorosi e glieli portino nel Walhalla: quanto più numerosi e valorosi saranno, tanto maggiori saranno le probabilità di vittoria, il giorno in cui si scateneranno contro gli dei superi, contro gli Asen, le forze degli dei inferi, dei giganti e dei nani. Ma Briinnhilde gli disobbedisce: il comando di lui - tragico, necessitato comando di saviezza, - è che nel duello di Hunding con Siegmund ella porti vittoria a Hundìng e morte a Siegmund. Ma come potrebbe ella obbedire, da poi che corre nelle sue vene il sangue stesso di Siegmund, e l'animo suo è quello stesso di Wotan, aperto alla divina «compassione»? Ella è infatti la volontà di Wotan più pura e profonda.
Ora, se a cotesta volontà, sotto le determinazioni della legge e del savio costume (Fricka), si è sostituita in Wotan un'altra volontà superficiale ed impura, non per questo Brünnhilde potrà dalla prima deflettere. Brünnhilde obbedirà, dunque, disobbedendo, e disobbedirà obbedendo; disobbedirà nel contingente, obbedirà nell'assoluto. D'altra parte, non per questo Wotan, stretto da un destino tragico e da una necessità indeprecabile, potrà esimerla dalla punizione; egli la condannerà, dunque, al sonno profondo, a perdere il rango e l'ufficio divino e ad essere destata e posseduta dall'uomo; se pure quest'uomo, per ultima concessione d'un animo commosso, sarà l'eroe puro, il «senza paura», traversante le fiamme guizzanti intorno alla bella dormiente.
Ora, se a cotesta volontà, sotto le determinazioni della legge e del savio costume (Fricka), si è sostituita in Wotan un'altra volontà superficiale ed impura, non per questo Brünnhilde potrà dalla prima deflettere. Brünnhilde obbedirà, dunque, disobbedendo, e disobbedirà obbedendo; disobbedirà nel contingente, obbedirà nell'assoluto. D'altra parte, non per questo Wotan, stretto da un destino tragico e da una necessità indeprecabile, potrà esimerla dalla punizione; egli la condannerà, dunque, al sonno profondo, a perdere il rango e l'ufficio divino e ad essere destata e posseduta dall'uomo; se pure quest'uomo, per ultima concessione d'un animo commosso, sarà l'eroe puro, il «senza paura», traversante le fiamme guizzanti intorno alla bella dormiente.
Così Wotan appare sempre più scisso ed isolato: scisso da Siegmund, per mezzo del quale ha sperato di ritrovare il suo «potere»; scisso da Brünnhilde, espressione pura del suo «volere», cioè del suo «amore». Per quanto grande sia il suo sperare, non può fare maraviglia, che le parole di Erda suonandogli disperatamente ammonitrici, egli si agiti e si dibatta in continua spaventevole angustia, fra la brama e il conato di un'azione liberatrice, e l'angoscia, che quasi si muta in spasmodìco desiderio, che la fine precipiti: preistorico Amleto.
In lui pertanto tutto il dramma si chiude e si sintetizza. Il dramma stesso di Brünnhilde, è riassorbito nel suo, a quel modo che la Walkiria è riassorbita, come un dimidium, nell'intero spirito di lui. Il titolo della seconda giornata, che apparentemente contraddice a questa affermazione, non ne è effettivamente che la conferma: Brünnhilde - la Walkiria - non è soltanto la «metà» dello spirito di Wotan, è anche la metà sua «migliore» e più profonda, la metà dell'amore. Gli altri personaggi - Siegmund e Sieglinde, Fricka e Hunding - per quanto sia nei due primi un maraviglioso e primaverile fiorire d'amore sembrano anche più esterni alla ragione intima del dramma; molto più sfondo che primo piano prospettico, molto più mallo che gheriglio. Essi non sono chiamati ad altro, infatti, che a rappresentare le due grandi forze che si contrasteranno, d'ora in poi, per tutta la Tetralogia: la wotanica wälsidica contro la frickiana - nibelungica - poi meramente nibelungica -: qui Siegmund contro Hunding; in seguito, Siegfried contro Mime e contro Fafner (Siegfried) ; poi ancora Siegfried contro Hagen (Crepuscolo degli dei).
Conformemente allo spirito si svolgono le forme del dramma. Non più esclusivamente Edda, ma parecchia, anzi molta Saga; non più esclusivamente dei ed esseri elementari, ma semidee (walkirie) ed eroi e uomini; ma un lento e progressivo retrocedere dell'elementare e divino di fronte all'apparire, all'affermarsi ed all'avanzare dell'umano, del lirico di fronte all'epico. Così avviene, che tra il furore di notturne tempeste e miti chiarori di lune primaverili, tra l'imperversare della Caccia Selvaggia e il cavalcare sfrenato, delle W'alkirie, portanti via per l'aria il lugubre carico dei loro cadaveri, s'inserìsca e sorrida il giovanile amore di Siegmund e Sieglinde; e s'alzi dalle labbra di quest'ultima un grido di maternità trionfante sugli dei e su ogni avverso destino; e pronunzi Siegmund sommessamente alla Walkiria, nunzia di morte, la sua rinunzia alle delizie del Walhalla per amore della sua donna terrena; e rompa dall'animo travagliato di Wotan il più commosso, il più lacerante saluto, che mai animo di padre possa rivolgere a figlio, che parta per ignoti destini, senza speranza nè possibilità di ritorno. Tutto questo, saldamente e grecamente costrutto da un tramonto all'altro, nel volgere d'un solo giorno; tutto questo, - senza disconoscere il rallentarsi qua e là dell'azione, o lo scadere del leggermente comico nel solito caricato e grossolanuccio, - foggiato, temprato con mano di fabbro risoluta ed esperta, versato nelle forme d'una poesia allitterativa ed arcaica, con arte di fonditore incomparabile.
Musicalmente, la nota stupefacente e quasi magica genialità, lo stesso magistero sapiente. Tornano i motivi dell'Oro del Reno - la cui conoscenza alla comprensione della Walkiria è, s'íntende, indispensabile - come se venissero rivestendosi di licheni e di muschi ed edere, nella loro rupestre scabrosità ed anfrattuosità. Ma accanto ai vecchi i nuovi: i quali, ora fioriscono in dolcezza d'amore (Motivo dell'amore), ora si affinano e si approfondiscono nella «compassione» divina e umana (Motivo della compassione, variazione del motivo della fuga, addii di Wotan: finale), ora fremono nell'angoscia della fuga (Motivo della fuga), ora promettono salvezza e cantano gloria nell'eroismo (Eroismo dei Wä1sídi), ora domandano, disperatamente domandano, luce al mistero (Enigma del destino), ora rabbrividiscono nella visione d'una morte ineluttabile ed imminente (Presagio di morte), ora cullano nel sonno (Motivi del sonno), ora, infine, sussurrano nell'alitare tiepido del vento di primavera (Canto di primavera). Ma sopra ogni altro, forse, di questa prima stupenda «giornata», si leva il Motivo delle Walkirie: fremente cavalcata e rauco, selvaggio, virgineo grido di vittoria, che piegano agitano squassano gli «archi», come fa la bufera coi rami cedevoli della selva, e squillano d'agli acuti metalli, come squillavano un tempo gli oricalchi, invitando i «cavalieri antiqui», alla gioia della battaglia.
Guido Manacorda, maggio 1925 (testo
riveduto da Giulio Cogni)
Nessun commento:
Posta un commento