Henri Matisse "Il violinista alla finestra", 1918 |
"La pittura trasforma lo spazio in tempo, la musica trasforma il tempo in spazio." L'aforisma di Hugo von Hofmannsthal, che leggiamo nel Buch der Freunde (“Libro degli amici"), lega insieme le due arti in un rapporto di complicità, come se fosse in atto, da sempre, un progetto segreto e addirittura eversivo di trasformazione del mondo. "Come se". .? Ma sì, quel progetto esiste sin dalle origini del comunicare in termini di civiltà. Si pensi ai dipinti murali nelle tombe egizie, in cui la gerarchia dell'universo si compone finalmente in forme perfette ed eterne al confronto con il mutevole e caotico divenire delle cose cosiddette reali, e, con un balzo attraverso la storia dell'altrettanto cosiddetto homo sapiens, riflettiamo sulla funzione messianica del Tristan-Akkord, grazie al quale dal 1865 in poi è divenuto possibile capire come un accordo caratterizzato da un anomalo Sol diesis subisca una transustanziazione e si trasformi in filtro d‘amore tale da mutare irreversibilmente la nostra essenza antropologiea, o come im pedale di Mi bemolle non "rappresenti simbolicamente" ma "sia ontologicamente" l'origine del cosmo, o ancora, come alla fine del I atto di Parsifal il tempo si trasformi davvero in spazio. Incrociamo i referenti. Si pensi, riandando a tempi antichi, a Pitagora che, dinanzi al disordine etico diffuso da una banda di nottumi e avvinazzati giovinastri inclini all'oscernità e alla violenza, capisce come quel marasma di passioni e d'istinti sia stimolato dalla musica in armonia misolidia (corruttrice e scostumata) suonata da due flautiste. Invitando le due ragazze a suonare nella nobile modalità dorica, il sommo matematico e filosofo esoterico fa sì che i teppisti ritornino in se e si ravvedano, addirittura scusandosi. E, nel campo di una visione alternativa al mondo sedicente reale, rammentiamo le diverse misure e proporzioni che nella pittura gotica rendono la stature del sovrano doppia rispetto a quella dei sudditi ed emergente dalla cintola oltre le mura di una città. Addirittura quadrupla è la statura della Vergine rispetto ad angeli e santi in adorazione ai suoi lati. D'altra parte, pensiamo a come l'orrore si riveli nelle immagini visive quando la pittura assorbe ciò che nella musica è serpeggiante e inesprimibile, e rammentiamo il modo in cui si rivela, da Böcklin a Ensor, l'esistenza di scheletri che, invisibili ai nostri occhi cosiddetti reali suonano, alle nostre veggenti spalle, il violino. Dal vivo del connubio tra pittura e musica, balena e splende il segreto dell'Essere.
Lampo e splendore sono annunci di un'essenza cosmica che, nella sfera delle forme simboliche, e ai limiti del divino: la luce. Se un presunto Dio è onnipotente, la luce, realtà primigenia alle origini del cosmo (almeno del "nostro" cosmo) e a noi concessa da Qualcuno il cui nome è Lucifer, è onnipresente. Essa è energia, e perciò è affine alla materia: piuttosto che al mondo "materiale", la luce appartiene al mondo "sensibile". Ai nostri sensi, essa non è tangibile: è soltanto visibile, anzi, è condizione della visibilità. La musica, a sua volta, ai nostri sensi non è tangibile: è soltanto udibile, anzi e la garanzia di un'udibilità che offre promesse dl felicità assoluta.
Ne consegue che proprio la luce e la sostanza comune alla pittura e alla musica, il tramite che permette il transito dall'una all'altra arte. Da questo principio si scende nei dettagli. E' possibile sostituire un lessico e una sintassi comuni, articolati in grandi capitoli. "La musica è educazione essenziale dello statista", scrive Quintiliano in una splendida pagina del De institutione oratoria, declinando con romana sensibilità politica la chiaroveggenza di Platone. Se poi tentiamo analogie tra la politica e la musica, Robert Schumann insinua un dubbio: può essere democratico l'esercizio della musica? E se ogni membro di un'orchestra volesse essere primo violino, in nome di un dogma ugualitario? Altro capitolo: indubbia è la fiamma demoniaca connaturata nel linguaggio della musica, e più volte dichiarata, con occhi dionisiaci, dall'apollineo Goethe. In realtà, come avverte Thomas Mann, nulla più della musica è insieme evocazione del sublime e scatenamento dell'orrore, ascesa al celeste e discesa agli inferi. Forse, alleandosi con le arti della visione, la musica diventa il mezzo più efficace perché l'uomo raggiunga la redenzione dalla sventura di soggiacere alla cosiddetta realtà.
Lampo e splendore sono annunci di un'essenza cosmica che, nella sfera delle forme simboliche, e ai limiti del divino: la luce. Se un presunto Dio è onnipotente, la luce, realtà primigenia alle origini del cosmo (almeno del "nostro" cosmo) e a noi concessa da Qualcuno il cui nome è Lucifer, è onnipresente. Essa è energia, e perciò è affine alla materia: piuttosto che al mondo "materiale", la luce appartiene al mondo "sensibile". Ai nostri sensi, essa non è tangibile: è soltanto visibile, anzi, è condizione della visibilità. La musica, a sua volta, ai nostri sensi non è tangibile: è soltanto udibile, anzi e la garanzia di un'udibilità che offre promesse dl felicità assoluta.
Ne consegue che proprio la luce e la sostanza comune alla pittura e alla musica, il tramite che permette il transito dall'una all'altra arte. Da questo principio si scende nei dettagli. E' possibile sostituire un lessico e una sintassi comuni, articolati in grandi capitoli. "La musica è educazione essenziale dello statista", scrive Quintiliano in una splendida pagina del De institutione oratoria, declinando con romana sensibilità politica la chiaroveggenza di Platone. Se poi tentiamo analogie tra la politica e la musica, Robert Schumann insinua un dubbio: può essere democratico l'esercizio della musica? E se ogni membro di un'orchestra volesse essere primo violino, in nome di un dogma ugualitario? Altro capitolo: indubbia è la fiamma demoniaca connaturata nel linguaggio della musica, e più volte dichiarata, con occhi dionisiaci, dall'apollineo Goethe. In realtà, come avverte Thomas Mann, nulla più della musica è insieme evocazione del sublime e scatenamento dell'orrore, ascesa al celeste e discesa agli inferi. Forse, alleandosi con le arti della visione, la musica diventa il mezzo più efficace perché l'uomo raggiunga la redenzione dalla sventura di soggiacere alla cosiddetta realtà.
Quirino Principe ("Musica", Mondadori Electa, 2010)
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