Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, aprile 06, 2019

Antonio Sartorio (1620-1681) - L'Orfeo

Antonio Sartorio (1620-1681)
Operista di grande talento, maestro della cappella di San Marco e Kappelmeister del Duca di Brunschwig, è un compositore di primo piano del secondo Seicento italiano. Nonostante la sfavorevole descrizione del Caffi, che, circa il periodo della titolarità della cappella marciana (dal 1676 alla morte: 1681, anno in cui fu sostituito dal più noto Legrenzi), censura una sua certa improduttività nel settore del sacro, ci sono state tramandate interessanti composizioni molto indicative del gusto musicale-liturgico del tempo (cfr. l’op. 1, stampata nel 1680 dedicata a Salmi accomodati all’uso liturgico marciano). Durante il lungo servizio prestato alla Corte hannoveriana (1666-1675) si rese ambasciatore e promotore della penetrazione del gusto musicale veneziano negli ambienti culturali tedeschi; agendo anche, materialmente, da tramite politico e agente del Duca, in affari di diverso genere. Autore di cantate per voce e basso continuo, Sartorio è innanzitutto operista raffinato perfettamente in grado di accogliere e marcare la qualità poetica dei testi nel gesto complessivo di una composizione sensibile psicologisticamente intenzionata. La sua quattordicesima opera (la Flora su libretto di N. Bonis - 1681) rimasta incompiuta per la morte sopravvenuta, fu terminata da Ziani junior.
Fra le sue opere ricordiamo: Gli amori infruttuosi di Pirro (1661); Seleuco (1696); La caduta di Elio Sejano (1667); La prosperità di Elio Sejano (1667); Orfeo (1673); Ercole sul Termodonte (1678); I due tiranni al soglio (1679).

ARGOMENTO
Atto primo

Matrimonio di Orfeo con Euridice; annuncio della malattia di Aristeo, innamorato segretamente di Euridice. Autonoe travestita da zingara cerca, con l’aiuto di Ercole e di Achille, di trovare Aristeo il quale ha infranto la promessa di matrimonio. Chirone istitutore di Ercole e di Achille cerca i due giovani per ricondurli agli studi interrotti. Aristeo confessa il suo amore ad Euridice che però non vuole ascoltarlo. Arrivo improvviso di Orfeo che crede di essere tradito dalla moglie e fugge.
Atto secondo
Autonoe confida ad Euridice il suo amore per Aristeo e quest'ultima tenta di fare da intermediaria tra i due. Durante il colloquio tra Euridice e Aristeo sopraggiunge Orfeo che si convince di essere stato tradito. Chirone raggiunge i suoi discepoli e li riconduce nell`antro. Orfeo incarica Orillo il pastore di vendicarlo uccidendo Euridice. Euridice però muore morsa da un serpente velenoso.
Atto terzo
Orfeo pentito cerca con il suo canto di commuovere gli Dei dell'Inferno perché gli rendano Euridice, che gli è apparsa sotto forma di spirito. Aristeo rifiuta nuovamente le offerte d’amore di Autonoe che irata chiede ad Achille di vendicarla. Gli Dei accolgono le preghiere di Orfeo, gli restituiranno Euridice a patto però che lungo la strada che li porterà fuori dagli inferi Orfeo non si giri mai a guardare la sposa che lo segue. Orfeo non riesce a mantenere la promessa, si volge ed Euridice viene riportata nell’Inferno dalle Furie. Autonoe di fronte ad Aristeo incatenato e pentito sente rinascere il suo amore. Il dramma finisce con l'arrivo di Teti, madre di Achille, venuta a prendere il figlio per portarlo al sicuro dalla guerra di Troia.
 
L'Orfeo: metamorfosi di un mito musicale
L’Orfeo, opera in musica di Antonio Sartorio su un libretto di Aurelio Aureli, fu rappresentata a Venezia nel Teatro di San Salvatore durante il carnevale del 1672-73. L’opera è il risultato della collaborazione di due tra i più importanti nomi del mondo dello spettacolo veneziano del diciassettesimo secolo. Il nome del terzo collaboratore, lo scenografo, a quel tempo spesso considerato più importante dello stesso compositore per la buona riuscita del lavoro, non ci è noto.
Sartorio, nato a Venezia intorno al 1620, era uno dei più importanti compositori della città. Tra il 1661 e l’anno della sua morte, il 1681, scrisse quattordici opere per teatri veneziani e compose anche musica sacra, prima come Maestro di Cappella del Duca di Brunschwig, incarico che assunse nel 1666, e poi come Vice-Maestro della Cappella di San Marco, dove lavorò dal 1676 fino alla morte.
Il poeta Aurelio Aureli, tra il 1652 e l’anno della sua morte il 1708, scrisse più di quaranta libretti che riflettono pienamente lo sviluppo dell'opera in un periodo molto importante della sua storia: l’epoca in cui si stava verificando la supremazia della musica sulla parola, e inoltre la chiarezza del testo e la verosimiglianza drammatica cominciavano ad esser soggette ai capricci dei virtuosi. Questa linea di sviluppo culminò nella riforma degli Arcadi alla fine del secolo.
L’Orfeo ottenne un successo considerevole; oltre ad una probabile rappresentazione a Vienna nel l672, fu ripresa parecchie volte fuori Venezia. Sia il testo che la musica dell’Orfeo sono tipici prodotti dei loro autori; e quest'opera, con i suoi dieci cambiamenti di scena, sei balletti, e due spettacolari interventi divini (alla fine del secondo e terzo atto) è un tipico esempio di dramma per musica della seconda metà del diciassettesimo secolo.
 
Il libretto
Alle due trame amorose che si intersecano, Aureli aggiunge un altro intreccio secondario che coinvolge Achille ed Ercole, e il loro precettore, il centauro Chirone. Questo intreccio secondario, legato al dramma principale per mezzo di Esculapio, che fu, anch'egli un alunno di Chirone, fornisce l'occasione per parecchie scene tipiche dell’opera Veneziana di quel periodo.
Oltre ad aggiungere personaggi ed avvenimenti secondari, Aureli trasforma il mito stesso, alterando i caratteri e le situazioni. Così Orfeo non è più l’eroico amante del mito che si reca nelle profondità degli Inferi per ricercare la sua amata, ma un marito il cui sentimento dominante è una gelosia così forte da spingerlo a tramare l'uccisione della moglie. Un esame delle principali componenti del mito, così come sono trattati da Aureli, rivela fino a che punto il librettista rimaneggiò il mito per i suoi propri fini, sottoponendolo così a una nuova metamorfosi.
La morte di Euridice, per esempio, è l’evento drammatico centrale, il movente dell’azione in tutte le interpretazioni operistiche del tema prima di Aureli.
Non solo la morte di Euridice e la decisione di Orfeo di seguirla nell’Ade perdono l'alone eroico del mito; ma la grande impresa di Orfeo per salvarla usando tutta la potenza della sua arte per convincere Plutone a permettergli di condurre Euridice fuori dagli Inferi, e l’esaltazione della mitica forza della musica, sono Completamente estranei al dramma. Perfino la seconda morte di Euridice non riesce a commuovere a lungo Orfeo, sebbene gli suggerisca di cantare un accurato lamento, il suo momento più appassionato nell’opera. Ma, in uno di quei contrasti d’affetto così tipici di questo libretto, Orfeo si rassegna prontamente a vivere senza Euridice, e, dichiarando di rinunciare per sempre a tutto il sesso femminile, semplicemente scompare, permettendo così ai fili conduttori secondari del dramma, agli intrecci, "inventati", di risolversi nel lieto fine convenzionale.

La musica
La messa in musica del testo di Aureli riflette l'apprendistato di Sartorio, erede della tradizione Veneziana di Monteverdi e di Cavalli. L'opera si apre con un breve duetto tra Orfeo ed Euridice, gli amanti da poco sposi, e, alla fine, la riunione dell'altra coppia di amanti, Aristeo ed Autonoe, viene celebrata con un simile duetto. Gli altri passaggi d’insieme sono più brevi e meno importanti. Mancano completamente i cori. Tuttavia la partitura, cosa insolita, contiene la musica per tutti i balletti richiesti dal libretto. Questi brani strumentali, ai quali bisogna aggiungere anche la Sinfonia con cui l’opera si apre, sono annotati nello spartito in modo tipicamente veneziano, per archi - normalmente a cinque parti ma talvolta anche a tre o quattro - e basso continuo, da realizzarsi probabilmente con due o tre clavicembali, uno o più liuti, viola da gamba e violone.
L'interesse principale dell’Orfeo risiede nelle sue arie a solo. Il recitativo, che prima era il nucleo centrale, dell'espressione operistica, in Monteverdi e anche in Cavalli, ha, per lo più, ceduto il suo contenuto e la sua funzione emotiva alle arie; ed è stato essenzialmente relegato su un piano narrativo neutro che gli sarà attribuito anche durante quasi tutto il secolo successivo.
Siamo ormai completamente immersi nell'età dell'aria, il periodo del fiorire del belcanto, durante il quale procedimenti formali indipendenti dalla struttura del testo cominciavano ad essere applicati alle arie.
Lo stesso Orfeo contiene più di cinquanta arie e in esse il continuo susseguirsi degli affetti determina evidentemente la maggior parte delle scelte compositive di Sartorio - riguardanti ad esempio il metro, la tonalità, l’attività ritmica, la struttura della frase, la tessitura, o l'orchestrazione.
A Ciascuno dei personaggi principali viene data l'occasione di esprimere i propri sentimenti direttamente al pubblico in una scena di monologo. Queste scene generalmente consistono in due arie fortemente contrastanti separate da un brano recitativo che effettua il mutamento dell’affetto e giustifica la seconda aria. Come il pubblico di quel tempo, e essenzialmente per le stesse ragioni, noi possiamo godere dell’Orfeo per queste bellissime arie e la ricchezza della musica, per i balletti e le scene elaborate e numerose, e rimanere continuamente stupiti di fronte alla eccentricità del suo intreccio.
Ellen Rosand (Warner Fonit 8573 84103-2)

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