Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

lunedì, ottobre 21, 2024

Alessandro Baricco: il bis sta al concerto come la schiuma al cappuccino

Va be' che quelli della Musica classica 
sono gente sempre un po' strana, ma certo che gli fanno dischi da non crederci. Tempo fa ne circolava uno con non so più quante esecuzioni della Pira (Trovatore di Verdi, il pezzo col do di petto alla fine), una in fila all'altra, per un'ora, roba da uscirci pazzi. Adesso è uscito un disco fatto solo di bis. Si sono messi lì, quelli della Radio Svizzera, e hanno tagliuzzato via da bobine di concerto lunghe così quelle frattaglie finali, di solito destinate al macero. Le hanno messe in fila e alla fine ne son venuti fuori 7l minuti e 22 secondi di schiuma. Nel senso che il bis sta al concerto come la schiuma al cappuccino. Un disco così è come andare al bar e chiedere schiuma senza cappuccino. Va detto che gli svizzeri non sono i primi ad applicarsi a questo singolare esercizio. Qualche anno fa c'aveva provato una casa discografica che si chiamava Claque. Lì era anche più bello: erano i bis di Rubinstein, Richter, Benedetti Michelangeli, Backaus e Horowitz. Si sentiva tutto, anche le grida, gli applausi, i boati, e a un certo punto si sentiva la voce di Rubinstein, proprio la sua voce, che annunciava il bis, una cosa che fanno in pochissimi, di solito suonano e basta e tu passi la serata a chiederti cosa diavolo era, ma lui, Rubinstein, era un signore, era una sorta di maggiordomo di lusso, e aveva quella compiacenza, te lo diceva cosa stava suonando, e lì lo si sente proprio, mentre lo dice: «Scherzo in si bemolle del Chopin», proprio così, «del Chopin», era a Torino, quasi trent'anni fa. Del Chopin.
Si può sempre migliorare. Assurdo per assurdo, feticcio per feticcio, avrei un consiglio. C'è un racconto di Heinrich Böll in cui un tecnico della radio si mette a collezionare i pezzi di nastro che taglia e scarta montando le interviste a intellettuali famosi. Quel che taglia sono i silenzi, le pause di esitazione, tra un pezzo di frase e un altro: quel lavoro di cucito per cui, con un paio d'ore di dedizione, anche Marco Giusti, alla radio, può fare la figura di un fine dicitore. Be', quello incomincia a collezionarli e a poco a poco mette da parte, con meticoloso ordine, questi pezzetti di nulla: e li etichetta: Silenzio di Elias Carletti (dico per dire), Silenzio di Italo Calvino, e così via. Una collezione memorabile. Nella prassi concertistica c'è un istante che non è un istante qualunque, anche se è silenzio assoluto: quando, all'inizio, il pubblico ammutolisce e l'interprete sta per attaccare: dura un attimo, alle volte, ma ci sono concerti in cui dura anche secondi. Se c'è un silenzio pieno di cose sensibilissime, quello lo è. Il consiglio lo do gratis: montatene un po' e fatene un disco. Io 30 mila lire le pagherei per sentire i due secondi di silenzio che sicuramente Glenn Gould avrà fatto prima di attaccare le Variazioni Goldberg. E come ha taciuto la Callas, prima di cantare 1'ultimo bis del suo ultimo concerto pubblico. E il silenzio dei Berliner, subito prima di suonare, per l'ultima volta, con Karajan. Io le pagherei.
Comunque, tornando ai bis. Io quel disco me lo sarei comprato, se non me l'avessero cortesemente spedito. Perché per i bis ho un debole. Mi piace talmente quell'aria che c'è quando inizia il rito dei bis, e tutti si stravaccano un po' sulla poltrona, e il musicista sembra in maniche di camicia anche se non lo è, mi piace talmente che a furia di godermela ho finito per elaborare un sogno. Che anche agli uomini normali fosse data una possibilità del genere. Voglio dire, quando è il momento e schiattano, come di dovere, sarebbe bello che i parenti al capezzale incominciassero ad applaudire e chiedere a gran voce i bis, e sarebbe bellissimo se in effetti fosse data facoltà, al morto, di risvegliarsi un attimo, e concederlo, il bis, una cosa piccola, da niente, una smorfia per cui andava famoso in famiglia, o una delle sue frasi celebri, o un giochetto di bravura con le mani, cose così, piccoli bis: e poi applausi, e lui che schiatta per sempre, questa volta per davvero. Sarebbe bello. Finisce che ci penso sempre, lì, al concerto, mentre sto a sentire i bis. E una volta che c'era Lazar Berman e non la finiva più di bissare (alla fine ne fece nove, di bis), insomma ero lì e non c'era fretta, così mi è venuto da pensare a quale bis concederò io, quando sarà il momento. Sarà stupido, ma mentre ascoltavo non so più quale sequenza di Liszt sempre più acrobatica, ho pensato a tutte le possibilità possibili e alla fine ho deciso. Non arriverò impreparato, a quel momento. So cosa farò. Credo che alzerò un po' la testa e dirò lentamente: pizza pazza a pezzi nel pozzo che puzza. E poi via, per sempre.
Alessandro Baricco
("La Stampa", 22 febbraio 1995)

Nessun commento: