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venerdì, aprile 11, 2025

La crisi del disco: Stretti alle corde

Dieci anni fa veniva 
lanciato nel mondo il compact disc, supporto rivoluzionario nel quale le case discografiche confidavano per un rilancio effettivo delle loro vendite. Si attendevano in particolare risultati positivi nel settore classico, che da qualche  anno era entrato in crisi nonostante l`avvento delle «registrazioni digitali». Il successo del cd risultò in effetti straordinario, anche superiore alle più ottimistiche previsioni, tanto che già nel 1986 oltre il 50% del mercato classico era costituito da vendite del nuovo supporto. Vi era una richiesta così forte di cd che le fabbriche non potevano soddisfare la domanda del mercato. Con la conseguenza della costruzione in tutto il mondo di nuovi impianti per lo stampaggio di compact disc, dell`offerta ad alto prezzo di prodotti che sembravano ormai destinati a finire fuori catalogo e, soprattutto, della moltiplicazione delle registrazioni e delle case discografiche che le proponevano.
Una vera e propria rivoluzione ha interessato il settore classico, stravolgendo il mercato in meno di un decennio: 8.000 i titoli disponibili in Italia su lp nel 1983, oltre 45.000 oggi su cd; circa 1.000 le nuove proposte (incluse le ristampe) nell`anno 1982, oltre 12.000 nell'anno 1991; circa 30 le case discografiche comunemente distribuite in Italia prima dell'era cd, più di 100 al giorno d'oggi, di cui quasi la metà con anno di fondazione successivo al 1980; 34 le edizioni delle Quattro stagioni di Vivaldi nel 1980, almeno 113 all'inizio della scorsa estate.
Il cd ha avuto una grande importanza per la diffusione della musica classica, sia conquistando nuovi appassionati sia offrendo una straordinaria indagine su nuovi repertori e compositori o composizioni dimenticate. Sempre il cd ha stimolato la ricerca musicologica e ha certamente determinato un aumento dell'offerta musicale in tutto il mondo. Una corsa sfrenata e trionfale alla quale però la moltiplicazione degli interessi e una concorrenzialità sempre più marcata dovevano dare un inevitabile riassestamento. Qualche segnale negativo era già apparso nel 1991 e nel 1992: tuttavia una vera e propria crisi è scoppiata in questo 1993, inserendosi sì nell'ambito della generale crisi economica ma presentando caratteristiche e motivazioni peculiari. La recessione nel settore discografico classico è stata avvertita particolarmente in Italia dove le vendite nei canali cosiddetti «tradizionali» (i negozi di dischi e affini) hanno subìto una contrazione molto evidente. Compact disc classici che oggi in Italia vendano attraverso i negozi di dischi più di 1.000 copie all'anno si contano sulle dita delle mani. La media per una novità non supera infatti le 25 copie, se  escludiamo dal conteggio successi del tutto particolari come i recital di Pavarotti.
Va detto, a onor del vero, che in Italia hanno funzionato benissimo negli ultimi anni i canali «non tradizionali» di vendita come le edicole. Questo va a incidere in misura rilevante sulle quote italiane di vendita nel settore classico, che altrimenti si assesterebbero attorno al 5% su base mondiale. Ciò non toglie che vi sia attualmente una crisi effettiva nel settore classico, che può essere fatta risalire a diverse cause, prime fra tutte la saturazione del mercato e l'esaurirsi di quella spinta all'acquisto che era seguita all'introduzione del cd. L'appassionato, cioè, dopo essersi costituito una discoteca di base sul nuovo supporto ed essere stato travolto dall'eccesso di offerta, non e più disposto a spendere oltre trentamila lire per cd che spesso non aggiungono niente da un punto di vista musicale o interpretativo a quanto già possedevano. Sono poi deceduti o hanno cessato l'attività negli ultimi anni alcuni di quei grandi nomi che «tiravano» il mercato delle multinazionali - e parliamo di Karajan, Bernstein, Horowitz, Serkin, Arrau, Sutherland - senza che tra le nuove generazioni vi sia stato un adeguato ricambio.
Ma in Italia vi è un altro elemento che ha accelerato la crisi discografica e che ha giustificato poi il largo successo del cd in edicola: l`insufficiente rete di distribuzione, con un numero ristrettissimo di negozi specializzati e intere città, anche importanti, prive di un vero punto di vendita per la musica classica, per non voler parlare più in generale della nostra bassa cultura musicale media rispetto agli altri più evoluti paesi europei.
A una situazione del genere è ovvio che le case discografiche - e in particolare le multinazionali che hanno altissimi costi di gestione - stanno cercando di porre un rimedio anche se non sempre il rimedio è efficace. Qualcuno ha sperato nel lancio di dcc e mini disc ma i due nuovi supporti non potranno certo rinnovare il successo del cd e comunque, quando anche riuscissero a imporsi sul mercato, venderebbero più come supporti «bianchi» che come supporti preregistrati. Ritenendo poi giustamente che in prospettiva futura la produzione debba essere impostata sull'immagine di un interprete, si sta cercando di operare più che nel passato con contratti di esclusiva su giovani musicisti, investendo su di loro notevoli quantità di denaro. Purtroppo non se ne ricevono sempre benefici come nel caso di Cecilia Bartoli o Nigel Kennedy. Al contrario le grandi case discografiche devono confrontarsi con costosi effetti collaterali, quali il presentare in contemporanea o a brevissima distanza di tempo registrazioni di stessi brani con interpreti diversi.
Ancora più difficile e per una grande casa discografica il votarsi a un repertorio alternativo, sia perché più o meno quello che c'era di buono da registrare è stato già registrato sia perché vendere grandi quantitativi di questi prodotti resta al giorno d'oggi più improbabile che vendere proprio quell'ennesima edizione delle sinfonie di Beethoven. Le oltre trecentomila copie vendute nel mondo dalla Warner con l'edizione della Nonesuch della Terza sinfonia di Gorecki sono in tal senso un'eccezione e va anche detto che la Nonesuch produce un numero ristrettissimo di cd all'anno, il che consente ai suoi prodotti di beneficiare di una pubblicità mirata e concentrata.
Con costi di produzione elevati accompagnati da una contrazione delle vendite, non è possibile per le grandi case discografiche offrire le proprie novità a un prezzo inferiore a quello oggi praticato nei negozi. Né è possibile altrimenti anche per le piccole case discografiche, che pur avendo costi di produzione e di gestione spesso molto bassi, hanno vendite irrisorie nel mondo, con una media di circa 1.000 pezzi per titolo. In compenso il turn over delle pubblicazioni delle grandi case discografiche si è drasticamente ridotto in conseguenza della sfrenata concorrenzialità: ovvero la novità offerta dalle grandi case discografiche resta ad alto prezzo per un periodo di tempo sempre più piccolo, così che è possibile trovare a medio prezzo cd usciti anche solo un paio di anni prima. Ed è proprio dalle serie a medio prezzo e dalle serie economiche che le multinazionali del disco traggono i loro maggiori ricavi.
Difficile è pronosticare il futuro della situazione discografica classica in Italia e nel mondo. Sicuramente alcune case discografiche non supereranno questo periodo, altre ne risentiranno a livello produttivo e di marketing ancora a lungo. La contrazione delle vendite e la grande competizione hanno messo alle corde anche le aziende che stampano cd che cresciute a dismisura negli ultimi anni, oggi molto spesso offrono sottocosto i loro servizi.
Potrebbero continuare ad avere  successo le case discografiche che vendono cd classici a prezzo economico ma a patto di offrire un prodotto di buona qualità, il che comporterebbe un considerevole aumento dei costi di produzione. Sempre la qualità dovrebbe per l`Italia essere l'arma vincente anche nell'utilizzo del particolare canale dell'edicola.
L'augurio è dunque che questa crisi generi una positiva reazione al consumismo senza limiti che si era ormai affacciato anche nel settore discografico classico, favorendo un'oculata politica di mercato al servizio della cultura e del consumatore.
Gian Andrea Ludovici
("Amadeus", Anno VI, Numero 2 (51). Febbraio 1994)

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