Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

giovedì, maggio 01, 2025

Alberto Savinio: Orchestre

Alberto Savinio (1891-1952)
In media io mi sento un'orchestra alla settimana. Molto 
spesso due. Parlo di orchestre sentite direttamente, non trasmesse. Se aprissi anche la radio di casa mia, allora sentirei orchestre tutti i giorni e dalla mattina alla sera. Ma la radio io non l'apro se non per le notizie necessarie. In casa mia io lavoro e mi circondo di silenzio. Non apparecchi che immettono suoni, dunque, ma apparecchi che intorno a me prosciugassero l'aria di ogni suono: che facessero per me ciò che la signora Carlyle faceva per suo marito, comperando e tirando il collo a tutti i galli e galline in un raggio di mezzo chilometro intorno alla sua casa, perché i chicchiricchí e i coccodè non turbassero le meditazioni del suo Thomas. E anche per una ragione morale. «Voglio conservare l'iniziativa» anche dei miei godimenti estetici. Un'orchestra mi piace andarmela a sentire da me, per volontà mia propria, e magari affrontando e superando quegli ostacoli di carattere materiale come tram, camminate, ecc. che sono la riprova dell'esercizio della nostra volontà. Ascoltare un'orchestra in pantofole e veste da camera, è il modo più passivo di ascoltare un'orchestra. Come mettere in bocca cibo già masticato. Oltre che una violazione di domicilio, l'immissione di suoni nella nostra casa è un trasformarci da creature attive e volitive, in creature passive e abuliche. Perché non si studiano gli effetti della musica trasmessa? Io prevedo un lento ma sicuro effetto devirilizzante. La vita collettiva, la progressiva diminuzione della solitudine e del silenzio, il propagarsi dell'architettura razionale che sostituisce la pietra, il legno e comunque le materie opache col vetro, allarga le finestre, abolisce le camere cubiche e fornite di finestre piccole e armate di solide persiane, fiaccheranno il carattere dell'uomo e a poco a poco lo distruggeranno, lo ridurranno a non pensare più e dunque a non volere. Poiché non c'è predica né provvedimento pubblico o privato che possano arrestare il progresso fatale e il generalizzarsi della vita collettiva e «razionalizzata», io propongo la costruzione di luoghi appositi fatti a imitazione dei bagni pubblici e delle pubbliche latrine, nei quali l'uomo si ridurrà di tanto in tanto per cura e magari in determinate ore della giornata, ove non vedrà altri uomini, non sentirà voci che gli parlano né rumori che lo frastornano, e ove potrà ricaricarsi di pensiero e di volontà. Ai quali silenziatoi e isolatoi pubblici sarà bene provvedere senza por tempo in mezzo, se non si vuole che la potenza mentale dell'uomo scenda al livello della potenza mentale dei galli e delle galline cui la signora Carlyle tirava il collo intorno a casa sua, perché non disturbassero il lavoro del suo Thomas. Si faccia in modo che ogni uomo degno di tal nome abbia per suo conto una signora Carlyle, o almeno i benefici di questa saggia e prudente signora.
S'intende che quante orchestre io sento, altrettanti direttori io sento; perché ancora non c'è esempio da noi di orchestre «senza direttore», a simiglianza di quella orchestra acefala (o cavallo senza morso, o carrozza senza cavalli) che per alcuni anni funzionò in Russia (nel paese che attua ciò che il saggio e stanco Occidente pensa ma non ha il coraggio o il candore o soltanto la pazienza di attuare) dando un esempio di libertà maggiore della nave radiocomandata. Ma quale differenza fra direttore e direttore? La bacchetta ora è più pesante, or più leggera; l'orchestra ora più torbida, ora più limpida; i tempi ora più vivi, ora più smorti; il sentimento ora più caldo, ora più freddo; il temperamento ora più impulsivo, ora più fiacco. Ma quale differenza «radicale» fra interpretazione e interpretazione? Nessuna. Prendiamo due fra i direttori più pregiati: Victor De Sabata e Antonio Guarnieri. Bravissimi entrambi, nel senso che sotto la costoro bacchetta l'orchestra suona più levigata, si colora di colori più vivi, canta con accenti più vibranti, spicca oppure fonde meglio le varie sonorità. Questo e niente più. Comparata all'arte del dipingere, l'orchestra migliore di oggi si adegua alla pittura fine Ottocento, alla pastosità, al rotondo, allo sfumato, alla «pasta» di un Giacomo Grosso o di un Marius Pictor. Scegliamo paralleli più illustri: ha la finitezza e il polito della Salammbò, questo romanzo mancato, questo romanzo «pompiere» di Flaubert. Scegliamo paralleli più illustri ancora: ha il chiaroscuro del San Giovanni di Leonardo. Ma nel frattempo c'è stato l'impressionismo, c'è stato il cézannismo, c'è stato il postimpressionismo, c'è stato il «belluismo», c'è stato il cubismo, c'è stato il surrealismo e le equivalenti esperienze letterarie, filosofiche, psicologiche, metapsichiche. E ognuna di queste esperienze è un modo diverso di considerare l'anatomia dell'universo: ora considerando l'universo «decorticato» e con la fascia muscolare a nudo (Cézanne), ora considerando la sola struttura ossea dell'universo (cubismo), ora considerando la parte visibile ed effabile dell'universo e assieme quella invisibile e ineffabile (surrealismo). L'orchestra invece, raggiunta a suo tempo con grande sforzo e per merito di Debussy la condizione impressionista, continua per lo più a presentarci l'universo attraverso i suoni rigorosamente coperto della sua pelle (pelle quasi sempre di seta o di velluto), adorno di tutti i suoi peli, nei e capellatura all'onda, e vestita di abiti di garza a imitazione delle vignette pubblicitarie che nei primi anni del secolo magnificavano le virtù della Venus Bertelli. L'orchestra è rimasta fedele all'«ideale» di bellezza che era quello delle Biennali di Vittoria Pica e della Scena illustrata di Pilade Pollazzi. L'orchestra in altre parole è ancora wagneriana e dannunziana, ossia chiaroscurista, estetizzante e superficiale. Intanto, in un inattuabile sogno, noi immaginiamo una interpretazione «cubista» delle nove sinfonie di Beethoven, una interpretazione «surrealista» della Creazione di Haydn, e nel teatro della nostra generosa fantasia assaporiamo divini godimenti.
Alberto Savinio
(da "Scatola Sonora", Einaudi Letteratura 53, Einaudi 1977)

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