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Amedeo Modigliani (1884-1920) “Ritratto di Jeanne Hébuterne” |
Lo scolasticismo è anzitutto un sistema di difesa, un modo di conservazione, un metodo di imbalsamazione. Lo scolasticismo è per le arti, e in più largo per la vita morale, per la vita intellettuale, quello che il frigidaire è per gli alimenti, l'ingessatura per gli arti fratturati. Oggi lo scolasticismo tesse la sua rete metallica, dispone le sue punte protettive, spande le sue raggelanti correnti incorrompitrici nella pittura e nella musica. Oggi c'è una musica scolastica e una pittura scolastica (non faccio nomi, ma facilmente il lettore potrà trovare gli esempi da sé fra tanta pittura e tanta musica arcaicizzanti, fra tanta pittura e tanta musica neoclassicheggianti, fra tanta pittura e tanta musica stilizzate). Oggi lo scolasticismo fiorisce (ma che fiori rigidi! che gigli di calcestruzzo) tra quelle arti nelle quali la questione tecnica è più vivamente sentita, più baldanzosamente affrontata. Non fiorisce invece nelle lettere d'oggi, chiusa la parentesi breve della «Ronda»; forse perché i letterati d'oggi, voglio dire quelli che hanno argomenti nel cuore e voce da formularli, sono peraltro o addirittura imbelli o troppo debolmente armati di filologiche armi, di gladii latini, di clipei greci da consentirsi il lusso di pugnare scolasticamente senza cadere nel manierato, nel falso, nel ridicolo. Abbiamo detto scolasticismo per i moderni; ma forse bisognava dire neoscolasticismo, e lasciare scolasticismo ai soli antichi. Chi assicura però che anche lo scolasticismo dei Vivaldi, dei Monteverdi, dei Gabrieli nipote e Gabrieli zio non rispondeva agli stessi fini di difesa, di conversazione, di imbalsamazione, di frigidaire, di ingessatura? Per noi questo non lascia dubbio. Dice bene Soffici: anche gli antichi, per quanto antichi, avevano i «loro» antichi.
Allo scolasticismo si arriva sia per comodo, sia per avarizia, sia per disperazione. Ci si può arrivare anche per spirito di obbedienza e amore dell'ordine. Non per nulla scolasticismo è in certo modo sinonimo di cattolicismo. Nessuno in partenza si prefigge lo scolasticismo come meta. Lo scolasticismo come soluzione non appare se non a metà del cammino, sotto il peso degli ostacoli accumulati e davanti alla siepe irsuta delle difficoltà. Allora ci si volta a guardare a destra e a sinistra, si trema all'idea di doversi dichiarare vinti o addirittura di dover tornare indietro, e si è ben felici di trovare la traversa ma più comoda, più facile via dello scolasticismo, invitante e tentatrice: questo ripiego, ma che la sua aria saputa e grave rende tanto più accettabile e gradito. Mi son divertito una volta a cercare per quali vie Amedeo Modigliani arrivò a quello stile che lo ha reso celebre e amato; e trovai che Modigliani in principio tendeva a una rappresentazione naturalisticamente compiuta ma difficile, e che soltanto l'accumularsi delle difficoltà e l'incapacità di sormontarle lo determinarono a fermarsi a mezza strada e ad accettare come meta ciò che in principio non doveva essere se non una semplice tappa. Come se un sarto incapace di portare gli abiti a una forma compiuta, ci convincesse con scolastici argomenti che ben meglio per noi è indossare abiti notomizzati dalle cuciture bianche dell'imbastitura, con una manica sola e questa pure appuntata con gli spilli. In fondo, è per incapacità che si arriva allo stile: segno questo pure della tragica condizione dell'uomo. Certuni troveranno strano che io chiami scolasticismo la maniera di Amedeo Modigliani, ma la parola è tanto propria che lo scolasticismo di Modigliani «ha fatto scuola».
I mezzi, voglio dire il tempo e la pazienza, mi mancano di cercare documenti ed eruditi esempi per dimostrare che lo scolasticismo dei musici del Settecento, del Seicento, del Cinquecento risponde alle medesime ragioni dello scolasticismo di Amedeo Modigliani. Ma della identità di queste ragioni così lontane le une dalle altre io non dubito affatto. Senza dire che in musica bisogna tenere conto soprattutto dei mezzi esteriori, ossia della condizione meccanica degli strumenti musicali: ragione prima della evoluzione musicale. Come prova mi basta il carattere guidato, comandato, ornamentale di quelle musiche («musica a terrazze» è espressivamente chiamato il modo del Concerto Grosso); il loro «timor di Dio»; il loro tono laudativo e osannante, la loro insistenza affermativa; il loro perpetuo «sì», più avverbio in questo caso che ultima delle sette note; il loro passo aristotelico (di quell'aristotelismo che per suo comodo inventò la Chiesa); il loro biancore cattolico, nemico così di ogni ombra come di ogni fessura per cui un dubbio, un perché, una delle oscure e profonde ragioni custodite dalle Madri possa farsi strada; la loro ripugnanza a mischiarsi alle faccende umane, la loro cura a evitare il dramma e soprattutto i motivi psichici del dramma (unica eccezione la musica di Bonporti, rivelazione di questa recente Settimana Senese, forse perché Bonporti è trentino e dunque vicino all'anima settentrionale - del che parleremo un'altra volta); a rimanere nell'aura chiara e generica di un ipotetico Paradiso Terrestre; a evitare il problema del male.
Allo scolasticismo si arriva sia per comodo, sia per avarizia, sia per disperazione. Ci si può arrivare anche per spirito di obbedienza e amore dell'ordine. Non per nulla scolasticismo è in certo modo sinonimo di cattolicismo. Nessuno in partenza si prefigge lo scolasticismo come meta. Lo scolasticismo come soluzione non appare se non a metà del cammino, sotto il peso degli ostacoli accumulati e davanti alla siepe irsuta delle difficoltà. Allora ci si volta a guardare a destra e a sinistra, si trema all'idea di doversi dichiarare vinti o addirittura di dover tornare indietro, e si è ben felici di trovare la traversa ma più comoda, più facile via dello scolasticismo, invitante e tentatrice: questo ripiego, ma che la sua aria saputa e grave rende tanto più accettabile e gradito. Mi son divertito una volta a cercare per quali vie Amedeo Modigliani arrivò a quello stile che lo ha reso celebre e amato; e trovai che Modigliani in principio tendeva a una rappresentazione naturalisticamente compiuta ma difficile, e che soltanto l'accumularsi delle difficoltà e l'incapacità di sormontarle lo determinarono a fermarsi a mezza strada e ad accettare come meta ciò che in principio non doveva essere se non una semplice tappa. Come se un sarto incapace di portare gli abiti a una forma compiuta, ci convincesse con scolastici argomenti che ben meglio per noi è indossare abiti notomizzati dalle cuciture bianche dell'imbastitura, con una manica sola e questa pure appuntata con gli spilli. In fondo, è per incapacità che si arriva allo stile: segno questo pure della tragica condizione dell'uomo. Certuni troveranno strano che io chiami scolasticismo la maniera di Amedeo Modigliani, ma la parola è tanto propria che lo scolasticismo di Modigliani «ha fatto scuola».
I mezzi, voglio dire il tempo e la pazienza, mi mancano di cercare documenti ed eruditi esempi per dimostrare che lo scolasticismo dei musici del Settecento, del Seicento, del Cinquecento risponde alle medesime ragioni dello scolasticismo di Amedeo Modigliani. Ma della identità di queste ragioni così lontane le une dalle altre io non dubito affatto. Senza dire che in musica bisogna tenere conto soprattutto dei mezzi esteriori, ossia della condizione meccanica degli strumenti musicali: ragione prima della evoluzione musicale. Come prova mi basta il carattere guidato, comandato, ornamentale di quelle musiche («musica a terrazze» è espressivamente chiamato il modo del Concerto Grosso); il loro «timor di Dio»; il loro tono laudativo e osannante, la loro insistenza affermativa; il loro perpetuo «sì», più avverbio in questo caso che ultima delle sette note; il loro passo aristotelico (di quell'aristotelismo che per suo comodo inventò la Chiesa); il loro biancore cattolico, nemico così di ogni ombra come di ogni fessura per cui un dubbio, un perché, una delle oscure e profonde ragioni custodite dalle Madri possa farsi strada; la loro ripugnanza a mischiarsi alle faccende umane, la loro cura a evitare il dramma e soprattutto i motivi psichici del dramma (unica eccezione la musica di Bonporti, rivelazione di questa recente Settimana Senese, forse perché Bonporti è trentino e dunque vicino all'anima settentrionale - del che parleremo un'altra volta); a rimanere nell'aura chiara e generica di un ipotetico Paradiso Terrestre; a evitare il problema del male.
Quale prudenza e quale fiuto! Il giorno che i musici italiani vollero dare ascolto alla voce del male, la musica italiana cominciò a precipitare.
Guardare al male è per la musica italiana peccato, e, punita, essa precipita come il fulminato Lucifero. La musica italiana, come la più semplice delle spose italiane, esiste per la sua innocenza e cessa di essere non appena fa tanto di buttare un occhio nei segreti del bene e del male.
Perché distinguere dunque fra antichi e moderni, magnificare quelli e vilipendere questi se entrambi mirano a un fine solo, cioè a dire a «salvarsi» per mezzo della scolastica e, per mezzo della scolastica, edificare con scarsi mezzi un edificio dignitoso? (Si pensi per contrasto al1'assurdo di un Dostoevskij, di un Ariosto, di un Böcklin, di artisti «di grandi mezzi» che cercassero forza e salvezza nello scolasticismo!)
Il critico di un quotidiano ha visto un segno della presente incongruenza musicale nel fatto che Casella, che ingenuamente egli considera «avanguardista» e «futurista», abbia dovuto battere il tempo, nel Salmo di Claudio Monteverdi, a ben diciassette cadenze perfette. Ma l'incongruenza dov'è? Il tono della musica di Casella è ancora quello della musica di Monteverdi, con quel solo arrochimento in più che richiedono i succhi gastrici di uno stomaco moderno; e simile pure è la forma, quel tanto di tremolante in più delle figure riflesse nell'acqua.
Alberto Savinio
originale su "Oggi", 20 settembre 1941
(in "Scatola Sonora", Einaudi Letteratura 53, 1977)