Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

domenica, gennaio 07, 2007

Baldassarre Galuppi: Il Filosofo di Campagna

Considerato da Charles Burney come il più ispirato tra i compositori veneziani del suo tempo, celebrato da Carlo Goldoni per lo stile musicale, Baldassarre Galuppi pone grande impegno nella caratterizzazione musicale ed emotiva di ciascun personaggio di quest'opera. La registrazione del «Filosofo di Campagna» diretta da Franco Piva presenta una buona qualità del suono, un riverbero discreto ed un eccellente bilanciamento tra cantanti ed orchestra.

Fino a tempi recenti, la mia conoscenza della musica di Baldassarre Galuppi (1706-85) era totalmente limitata a parecchie sonate in miniatura per clavicembalo che comparivano periodicamente sui CD di recital di musica barocca italiana. Esse non mi hanno preparato alla portata e alla qualità de Il Filosofo di Campagna, che è solo l'ultimo episodio di una recente invasione operistica dei compositori italiani del diciottesimo secolo.
Né nobile ne apprezzato dai nobili, né tantomeno proveniente da una famiglia di artisti rinomati (benché suo padre, di mestiere barbiere, suonasse il violino in una piccola orchestra), Galuppi rappresenta un esempio concreto di musicista che si è creato un percorso nell'epoca del barocco: il compositore di classe media, gran lavoratore che cerca impiego presso qualunque padrone, avvenimento o teatro privato a cui egli può accedere. Per perseguire questo fine Galuppi si applicò con grande serietà, e con notevole successo. Inizialmente continuista nelle case d'opera, terminò la sua esistenza come maestro di coro sia presso la prestigioga cattedrale di San Marco a Venezia, sia all'Ospedale degli Incurabili, dirigendo messe (compresa la sua) in occasione delle visite del Papa. La sua fama ed il cerchio di conoscenze si ampliarono. Era amico di C.P.E.Bach e di Johann Adolf Hasse, ed ebbe l'onore di ricevere una visita da parte del futuro zar di Russia Paolo. Galuppi faceva anche parte di quella ristretta rosa di compositori italiani che Caterina la Grande periodicamente invitava nella sua terra, dove le sue composizioni sacre ed operistiche erano estremamente popolari e finanziariamente remunerative. L'infaticabile scrittore su tutto ciò che riguardava la musica barocca, Charles Burney, considerava Galuppi il più ispirato tra i compositori veneziani del suo tempo, mentre Carlo Goldoni, il grande commediografo e librettista comico, celebrò l'apoteosi dell'opera di Galuppi: «Che musica! Che stile! Che capolavori!».
Goldoni può essere considerato una fonte non obiettiva: dopotutto, egli era il collaboratore più assiduo di Galuppi. Era un rapporto proficuo per entrambi: Goldoni gudagnò un pubblico internazionale per le sue opere che sarebbero altrimenti state limitate dalla barriera linguistica, mentre Galuppi si affermò come il più popolare compositore d'opera del momento in Europa. Ma il fatto che due artisti di tale reputazione lavorassero insieme così spesso (a cominciare da Arcadia in Brenta del 1749) dà un'idea dell'aspetto sinergistico della loro collaborazione. Il loro non è semplicemente il caso di cloni di un libretto di Metastasio genericamente adattati a una musica gradevole. Un libretto di Goldoni è, per intenti e obiettivi, una commedia completa di un autore le cui opere sono ancora oggi considerate rappresentabili, mentre Galuppi utilizza tutte le risorse musicali dell'opera comica italiana contemporanea con immaginazione ed attenzione ai dettagli di carattere.
La tecnica di messa in scena di Goldoni differisce sensibilmente da quella di Da Ponte. Mentre quest'ultimo si concentrava nella rapida evoluzione del soggetto mentre introduceva complicazioni umoristiche, Goldoni indugia (e come conseguenza, c'è un'elevata densità di recitativi nella musica de Il Filosofo. Coloro che non sono interessati ad essa sono avvertiti).
L'umorismo è nei personaggi, e risiede nelle conversazioni piuttosto che interamente nell'azione che li circonda. Niente a che vedere con l'inespressività delle sei marionette di Così Fan Tutte, ed i personaggi dei libretti di Goldoni, come quelli delle sue commedie, erano ispirati alla vita reale. Don Tritemio è un guardiano litigioso, ma mostra anche un buffo umorismo, una libido attiva ed un ingegnoso senso della tattica. Lesbina, la cinica governante sul modello di Despina, ironicamente cade a sua volta nella trappola dell'innamoramento.
Il filosofo a cui si riferisce il titolo, Nardo, è un ricco fattore di campagna dignitoso e dal parlare forbito, ma è anche sentimentale e un pochino bigotto. Sua nipote Lena, in contrasto, non sogna altro che un ricco celibe di città da quello che ella considera un noioso squallore. Le origini della coppia di amanti, Rinaldo ed Eugenia, risiedono forse nella tradizionale Commedia dell'Arte, ma l'inventiva che caratterizza l'opera e l'occasionale intromissione dei cliché tragici richiama Molière: «Mi concedereste dunque la mano (di vostra figlia)?». Chiede Rinaldo. «Nossignore,» replica Tritemio. «Ahimé: muoio!» Esclama il giovane. «Per favore non morite in casa mia.» risponde Tritemio fingendosi serio.
La maggior parte della musica di Galluppi è emotivamente riflessiva e viene utilizzata nei momenti di stasi drammatica - siamo, dopotutto nella metà del diciottesimo secolo, prima dell'apparizione di Haydn, Cimarosa e Mozart. Galuppi, comunque, pone grande impegno nel caratterizzare musicalmente ciascun personaggio e le sue emozioni, per cui non si prova quel dejà-vu tipicamente barocco che talvolta colpisce lo spettatore: «Non ho sentito qualcosa di simile appena venti minuti fa, poi quindici minuti prima di allora, e ieri, quattro volte, mentre ascoltavo un'opera di Vivaldi?» Per esempio: l'aria di Lesbina dal secondo atto, Una ragazza, è in realtà un duetto con il primo violino: un'apertura e una sezione di chiusura civettuole, con una sezione mediana placidamente contrastante in cui lei riflette sul suo nuovo amore. La serenata di Nardo, Amore, se vuoi così, è permeata di charme bucolico, mentre Se non è nata nobile, il suo catalogo di virtù femminili, delinea brevemente ma accuratamente ciascuna di esse. Chi l'ha avuta l'ha avuta di Tritemio è una meravigliosa descrizione del furore che tenta, fallendo, di fingere l'indifferenza. La sola aria di Capocchio (è un notaio, convocato per il matrimonio, di cui Nardo esclama: «Mi piace questo tipo di persona.
Sono così ragionevoli nel loro amore per il danaro e odio per il lavoro») pone la barcollante linea vocale in due quarti su un tempo di giga. Anche se i due amanti sono individualmente meno interessanti come persone, compensano ciò con una serie di arie che richiamano la magica opera nel loro peso musicale; Misera, a tante pene di Eugenia ne è un commovente esempio, mentre le domande sull'amore, poste nella sua aria Che più bramar poss'io? ottengono risposta, in una melodia quasi vocale, dall'orchestra. Il finale del primo atto è una rapida, ingegnosa successione di melodie, con accenti incrociati per creare ulteriore interesse. Quello del secondo atto aggiunge maggiore varietà drammatica, tramutandosi abilmente in un prototipo per uno stupefacente finale alla Rossini (benché ad un tempo più lento).
La storia può essere così brevemente riassunta: il vedovo Tritemio vuole far sposare sua figlia, Eugenia, ad un ricco paesano, Nardo, ma lei è innamorata di un cadetto della nobiltà minore, Rinaldo. Dopo alcune complicazioni e con l'assistenza della governante Lesbina, Eugenia finisce per sposare Rinaldo, mentre la stessa Lesbina sposa Nardo. La materialistica nipote di quest'ultimo, Lena, cerca di far colpo su Tritemio.
Il Filosofo di Campagna non è stato registrato davanti ad un pubblico, cosa atipica per Bongiovanni. La qualità del suono è buona, con un discreto riverbero ed un eccellente bilanciamento tra i cantanti e l'orchestra. Patrizia Cigna, nella parte di Lesbina, mastica finemente le sue consonanti, ma i suoi istinti drammatici sono buoni. La voce è qualitativamente grezza ma dal suono sano, perlomeno finché non cala nel torace in cui svanisce. Paola Antonacci (Eugenia) ha una voce monocromatica ma che pare perdersi nelle sue guance. Non pare esservi significato nelle parole che rpronuncia. Di positivo, possiede un trillo efficace, ed esegue occasionali diminuendo di grande effetto. Mentre il Rinaldo di Patrizio Sbudelli possiede un timbro gradevole, egli lo sfrutta con timore. Anche semplici coppie di otto note, come quelle nell'aria moderatamente ritmata Guerrier che valoroso sono nient'altro che accennate. Il Tritemio di Giorgio Gatti è su un livello più elevato. Egli evince una eccellente, dettagliata caratterizzazione del personaggio e una ferma padronanza dello stile, ma la voce mostra cenni di oscillazioni e un po' di affanno nel registro superiore. Alessandro Calamai (Nardo) possiede un basso indefinito ma fermo ed un vero dono per la caratterizzazione. Sonia Prina nella parte di Lena è un contralto luminoso ed attraente, benché mostri problemi di intonazione nei salti di registro che potrebbero diventare fastidiosi in futuro. Infine, il Capocchino di Cristiano Olivieri è terribile per i problemi di intonazione, la secchezza e la mancanza di fiato.
Tutti gli interpreti danno il meglio nei recitativi, il Gatti è forse il migliore tra tutti - in essi, se non nella musica, mi ricorda l'ottimo lavoro fatto da Sesto Buscantini in così tante registrazioni RAI degli anni '60.
L'Intermusica Ensemble diretto da Franco Piva offre un accompagnamento dettagliato e professionalmente barocco, benché talvolta ostacolato dalle necessità di adattarsi a tempi più lenti di quelli che sono alla portata della maggior parte dei solisti. Gli abbellimenti, a parte qualche occasionale trillo, non sono proprio usati il ché, dato il cast, è forse la scelta migliore. Bongiovanni deve essere lodato per aver incluso nel libretto un lungo trattato in italiano ed inglese (con esempi musicali) di Franco Piva sul compositore, l'opera e le difficoltà nello stabilire un'edizione esecutiva accurata (inutile dire che il Maestro Piva merita tutta la nostra gratitudine). Sia il libretto che il trattato mostrano abilità traduttive molto al di sopra della norma di questa etichetta. Alla fin fine, un cast di media levatura in un'opera deliziosa di un compositore che si merita ben più di un revival in studio. Fortemente raccomandato.
di Barry Brenesal (Orfeo,numero 91, maggio 2005)

2 commenti:

Luigi Grazioli ha detto...

Sto ascoltando un pezzo molto bello e rilassante di Baldassarre Galuppi tutto qui .. bellissimo sentirlo in questo pomeriggio nebbioso nel sud della Svezia!

Angela Balistreri ha detto...

Sto ascoltando il filosofo di campagna dopo aver apprezzato il testo di Goldoni e non mi capacito come una musica così "gustosa" non inviti gli addetti a rimettere in scena e registrare tale opera teatrale.