Nessuna circostanza specifica e diretta determinò Schönberg a scrivere questo articolo che si riferisce alle sue rare ma per molti aspetti sconcertanti composizioni tonali. Egli deve evidentemente avere avvertito che si attendeva da lui una precisazione sull'argomento. Porta la data del 1948, non meglio precisata. Inedito fino alla pubblicazione in Style and Idea.
Ricordo con estremo piacere una passeggiata su un fiacre viennese attraverso il famoso Höllenthal. Il fiacre procedeva lento e noi potevamo conversare e ammirare le bellezze della zona, o piuttosto il suo orrido aspetto per cui fu chiamata Valle dell'Inferno. Rimpiango sempre che non si possano più avere i nervi abbastanza saldi per sopportare passeggiate cosí tranquille.
Difatti quando, vent'anni dopo, feci una gita in macchina attraverso una delle piú famose valli svizzere, non vidi quasi nulla, e la persona che mi accompagnava preferí illustrarmi gli aspetti commerciali e industriali della vallata. Nel breve spazio di vent'anni la gente aveva perso ogni piacere alla contemplazione delle bellezze naturali e non riusciva piú a godere di esse.
Ho ripensato a questi due episodi di recente, allorché un tedesco - un mio vecchio allievo e assistente - mi chiese quale risposta avrebbe dovuto dare a chi gli domandava se avessi rinunciato a comporre con le dodici note, dato che ormai componevo cosí spesso musica tonale: la Variazione per banda op.43b, la Seconda Kammersymphonie, la Suite per orchestra d'archi e molti altri lavori.
Diedi una risposta ispirata ai due episodi citati, e dunque basata su fatti reali. Dissi: dovremmo meravigliarci che i compositori classici - Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert, Mendelssohn, Schumann, Brahms e persino Wagner - pur venendo dopo le vette contrappuntistiche toccate da Bach e nonostante il loro stile essenzialmente omofonico, interpolino cosí spesso un contrappunto severo diverso da quello di Bach soltanto per le specifiche caratteristiche dovute al progresso musicale. Vale a dire uno sviluppo piú elaborato mediante le variazioni del motivo.
E' indubbiamente singolare la coabitazione di questi due tipi di strutture. Infatti essi sono contraddittori. Nello stile contrappuntistico il tema è praticamente immutabile e tutti i dovuti contrasti sono provocati dall'aggiunta di una o piú voci; al contrario l'omofonia crea i suoi contrasti mediante lo sviluppo a variazione. Ma quei grandi maestri possedevano un senso cosí elevato delle esigenze etiche ed estetiche della loro arte, che possiamo senz'altro tralasciare di controllare se ciò fosse sbagliato.
Non avrei mai immaginato che la spiegazione di questo deviamento stilistico avrebbe spiegato anche i miei deviamenti. Ero solito dire: i compositori classici, cresciuti nell'ammirazione delle opere dei grandi maestri del contrappunto, da Palestrina a Bach, devono essere stati spesso tentati di ritornare all'arte dei loro predecessori, arte che consideravano superiore alla propria. Cosí grande era infatti la modestia di quegli uomini, che sapevano apprezzare le conquiste degli altri pur non essendo affatto privi di orgoglio, benché ad essi sarebbe stato pur permesso di essere arroganti. (Ma solo un uomo degno di rispetto è capace di portare rispetto a un altro uomo, e solo chi possiede dei meriti può riconoscere i meriti altrui.) Sentimenti simili possono dunque essersi sviluppati in loro fino al punto di tentarli a provare d'ottenere, nel vecchio stile, ciò che sapevano di poter realizzare nel loro stile piú avanzato.
E' un sentimento paragonabile a quello che ci fa preferire il lento e pigro fiacre alla veloce automobile, che ci fa rimpiangere i vecchi tempi, il modo di vivere dei nostri genitori. Naturalmente non si vuol spazzar via il progresso, anche se la macchina ha eliminato tanti mestieri: quello di legatore, quello di ebanista, quello di calligrafo, quello di intagliatore e, in certo senso, quello di pittore.
Quando terminai la mia prima Kammersympbonie op.9 dissi ai miei amici: "Ora ho fissato il mio stile. Ora so come comporre."
Senonché, nelle opere successive deviai notevolmente da quello stile e fu un passo avanti verso lo stile che pratico attualmente. Il destino mi ha spinto in questa direzione: ossia non ero destinato a continuare nella maniera della Notte trasfigurata o dei Gurre-Lieder o persino del Pelleas et Melisande. Il Comandante Supremo mi ha ordinato un cammino piú ardito.
Ma il desiderio di tornare al vecchio stile fu sempre molto forte in me, e di tempo in tempo ho ceduto a questo impulso.
Ecco come e perché talora scrivo musica tonale. A parer mio differenze stilistiche di questa natura non sono di grande importanza. Né so dire quali siano le mie composizioni migliori: io le amo tutte, perché le ho amate quando le scrissi.
Difatti quando, vent'anni dopo, feci una gita in macchina attraverso una delle piú famose valli svizzere, non vidi quasi nulla, e la persona che mi accompagnava preferí illustrarmi gli aspetti commerciali e industriali della vallata. Nel breve spazio di vent'anni la gente aveva perso ogni piacere alla contemplazione delle bellezze naturali e non riusciva piú a godere di esse.
Ho ripensato a questi due episodi di recente, allorché un tedesco - un mio vecchio allievo e assistente - mi chiese quale risposta avrebbe dovuto dare a chi gli domandava se avessi rinunciato a comporre con le dodici note, dato che ormai componevo cosí spesso musica tonale: la Variazione per banda op.43b, la Seconda Kammersymphonie, la Suite per orchestra d'archi e molti altri lavori.
Diedi una risposta ispirata ai due episodi citati, e dunque basata su fatti reali. Dissi: dovremmo meravigliarci che i compositori classici - Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert, Mendelssohn, Schumann, Brahms e persino Wagner - pur venendo dopo le vette contrappuntistiche toccate da Bach e nonostante il loro stile essenzialmente omofonico, interpolino cosí spesso un contrappunto severo diverso da quello di Bach soltanto per le specifiche caratteristiche dovute al progresso musicale. Vale a dire uno sviluppo piú elaborato mediante le variazioni del motivo.
E' indubbiamente singolare la coabitazione di questi due tipi di strutture. Infatti essi sono contraddittori. Nello stile contrappuntistico il tema è praticamente immutabile e tutti i dovuti contrasti sono provocati dall'aggiunta di una o piú voci; al contrario l'omofonia crea i suoi contrasti mediante lo sviluppo a variazione. Ma quei grandi maestri possedevano un senso cosí elevato delle esigenze etiche ed estetiche della loro arte, che possiamo senz'altro tralasciare di controllare se ciò fosse sbagliato.
Non avrei mai immaginato che la spiegazione di questo deviamento stilistico avrebbe spiegato anche i miei deviamenti. Ero solito dire: i compositori classici, cresciuti nell'ammirazione delle opere dei grandi maestri del contrappunto, da Palestrina a Bach, devono essere stati spesso tentati di ritornare all'arte dei loro predecessori, arte che consideravano superiore alla propria. Cosí grande era infatti la modestia di quegli uomini, che sapevano apprezzare le conquiste degli altri pur non essendo affatto privi di orgoglio, benché ad essi sarebbe stato pur permesso di essere arroganti. (Ma solo un uomo degno di rispetto è capace di portare rispetto a un altro uomo, e solo chi possiede dei meriti può riconoscere i meriti altrui.) Sentimenti simili possono dunque essersi sviluppati in loro fino al punto di tentarli a provare d'ottenere, nel vecchio stile, ciò che sapevano di poter realizzare nel loro stile piú avanzato.
E' un sentimento paragonabile a quello che ci fa preferire il lento e pigro fiacre alla veloce automobile, che ci fa rimpiangere i vecchi tempi, il modo di vivere dei nostri genitori. Naturalmente non si vuol spazzar via il progresso, anche se la macchina ha eliminato tanti mestieri: quello di legatore, quello di ebanista, quello di calligrafo, quello di intagliatore e, in certo senso, quello di pittore.
Quando terminai la mia prima Kammersympbonie op.9 dissi ai miei amici: "Ora ho fissato il mio stile. Ora so come comporre."
Senonché, nelle opere successive deviai notevolmente da quello stile e fu un passo avanti verso lo stile che pratico attualmente. Il destino mi ha spinto in questa direzione: ossia non ero destinato a continuare nella maniera della Notte trasfigurata o dei Gurre-Lieder o persino del Pelleas et Melisande. Il Comandante Supremo mi ha ordinato un cammino piú ardito.
Ma il desiderio di tornare al vecchio stile fu sempre molto forte in me, e di tempo in tempo ho ceduto a questo impulso.
Ecco come e perché talora scrivo musica tonale. A parer mio differenze stilistiche di questa natura non sono di grande importanza. Né so dire quali siano le mie composizioni migliori: io le amo tutte, perché le ho amate quando le scrissi.
Arnold Schönberg ("Style and Idea", Feltrinelli, 1975)
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