Durante il periodo coloniale, una ricca tradizione musicale religiosa fiorì in America Latina. Attraverso il continente si moltiplicarono le cappelle musicali di Cattedrali e Missioni, in cui maestri spagnoli e indigeni composero centinaia di messe, mottetti e villancicos.
A un primo sguardo questo è il risultato di un'esportazione delle istituzioni musicali spagnole che, sviluppatesi nel corso di tre secoli, abbracciarono stili, epoche e modi differenti e produssero alcune opere «meticce» e originali. I brani scelti per questa registrazione illustrano uno degli aspetti più affascinanti di questa musica: chanzonetas, villancicos e romances gioiose e leggere di soggetto sacro.
Il fatto che canzoni dai ritmi agili e dal carattere così lontano dalla solennità religiosa abbiano fatto parte del servizio musicale delle chiese ispano-americane sembra oggi sorprendente. Tuttavia all'epoca sacro e profano erano indissolubilmente mescolati. Al più severo rituale cattolico seguiva la festa e la danza, si cantava in latino ma anche in spagnolo e in lingua aborigena, severe polifonie e magniloquenti opere policorali erano accostate a villancicos, romances e a danze di carattere popolare.
Non si tratta quindi di "folklore" nel senso corrente del termine: le chanzonetas erano importate dalla Spagna o scritte da maestri di cappella emigrati o da "criollos" protoispanici. In questa registrazione si trovano compositori che non hanno mai calcato il suolo americano: Gerónimo Gonzales, Juan Hildago e Diego de Salazar, accanto a immigrati come Gaspar Fernandes e Juan Gutiérrez de Padilla (Puebla), Fabián Ximeno (Messico), Tomás de Torrejón y Vellazco (Lima), Juan de Araujo (Sucre) o "criollos" come Juan García (Puebla).
Il linguaggio musicale e poetico utilizzato, in massima parte spagnolo e popolare, è rivestito di una necessità di proselitismo evidente: attirare gente al culto, in particolare al rito del mattutino o ad ore avanzate della notte. In Spagna per una dispensa papale speciale, gli otto grandi responsori del mattino delle festività principali erano sostituiti da villancicos e romances. L'importanza che veniva attribuita a queste canzoni era tale che una delle clausole di contratto tipiche fatte ai maestri di cappella stipulava la composizione di nuove villancicos ogni anno.
D'altra parte non va ignorato che il carattere pittoresco di questi brani è il riflesso di una volontà di artifizio, di ornamento, piuttosto che di un interesse profondo per la vita popolare. Per questo motivo si introducono questi elementi nelle composizioni, invece di rifarsi a una tradizione musicale più consueta. Il compositore doveva comunque dimostrare il suo ingegno nella realizzazione di opere ricche e complesse, come Al dichoso naçer de mi nino, uno dei rari madrigali spagnoli che ci restano del XVII secolo. Ma in ogni caso non bisogna pensare di trovare in queste composizioni, come accade nel madrigale italiano, temi personali. La Natività era divenuta il soggetto più importante di questi brani, dove si sviluppano l'atmosfera di gioia e di diversivo continuo proprio delle feste e dove, al contrario, l'uso di alcuni stereotipi espressivi implicherebbero una vera riduzione della verità di alcuni temi pieni di "sapore".
E' per questo che molte villancicos impiegano elementi propri ad alcuni centri socio-culturali: il dialetto e i ritmi di «Jaques» o di «Matones» (A la xacara, xacarella), dei Portoghesi (Pois con tanta graça) e dei Neri (A solo flasiquigo e Los coflades de la estleya). Altri, legati a una musica descrittiva incidentale, caratterizzano situazioni di una vivezza affettiva particolare. Questi ultimi sono pezzi particolari, come i juguetes, che si riferiscono a corridas (Salga et torillo) o a fuochi d'artificio (Un juguetico de fuego); a danze dal carattere sacro, molto consuete all'epoca in Spagna (Serenissima una noche) o a ninnananne dolci e tenere (Si el amor se quedare dormido, Desvalado dueno mio). Il carattere puntuale di questa tradizione popolare si manifesterà chiaramente nel corso del XVII secolo, quando la musica comincierà a perdere le sue peculiarità più direttamente folkloristiche in favore di un'elaborazione strutturale più importante (Torrejón, Araujo).
Diversamente dalle chanzonetas, la musica che si sviluppa a contatto con le civiltà indigene è la
più antica incisa in questa registrazione. Quest'ultima è frutto del lavoro dei missionari cattolici e va considerata come un capitolo a parte nella storia coloniale. La conversione degli aborigeni allo stesso modo era uno degli argomenti determinanti sostenuti dalla Corona spagnola per legittimare il possesso delle colonie, che si tradusse in una forte espansione delle missioni, principalmente nelle zone lontane o marginali. Una vera e propria catena di doctrinas (popolazioni indigene delle missioni separate dal territorio "bianco") fu così fondata in tutto il continente.
La musica europea costituisce quindi il miglior mezzo di proselitismo dei missionari, poiché per qualche misteriosa ragione gli aborigeni si sentivano particolarmente attratti da essa. Si fondarono, nelle doctrinas, cappelle musicali che coltivavano un repertorio di grande difficoltà, scritto in maggioranza da Spagnoli (i compositori indiani erano rari) sia all'interno che al di fuori delle popolazioni indigene. Da uno di questi repertori, facente parte del Codice Vadés (Messico), provengono i due himmi in Nahuatl (linguaggio azteco) attribuiti, non senza qualche giustificazione, allo spagnolo Hernando Franco. In un altro si trovano i brani strumentali di Avila, Diego Fernandes e Penalosa (San Juan de Ixzcoi, Guateniala) mentre di Gaspar Fernandes ci restano tre brani in dialetto indiano "meticcio", scritti durante il suo soggiorno nella doctrina di Puebla de los Angeles (Messico), due dei quli (Theycantimo e Xicochi) qui incisi. Nello stesso periodo probabilmente vide la luce, nel villaggio di Andahuaylillas, vicino a Cusco (Perù), il celebre himno in quechua Hanacpachap cussicuinin, pubblicato dal curato del villaggio Luan Pérez Bocanegra nel suo Rituel formulario del 1631, probabilmente composto da un indigeno.
In tutte queste composizioni si avverte quindi la presenza dominante del Conquistador, sia nel cattolicesimo dei testi che nella tecnica europea del contrappunto musicale.
Ma la lingua e qualche ritmo o forma melodica sono riusciti a sfuggire alla sorveglianza dei guardiani dell'ispanità e a emergere in queste canzoni, in questo caso più come portavoce d'una sensibilità differente che come caratteri puramente pittoreschi. Un'arte nuova principalmente europea, ma già «mescolata», stava per nascere.
A un primo sguardo questo è il risultato di un'esportazione delle istituzioni musicali spagnole che, sviluppatesi nel corso di tre secoli, abbracciarono stili, epoche e modi differenti e produssero alcune opere «meticce» e originali. I brani scelti per questa registrazione illustrano uno degli aspetti più affascinanti di questa musica: chanzonetas, villancicos e romances gioiose e leggere di soggetto sacro.
Il fatto che canzoni dai ritmi agili e dal carattere così lontano dalla solennità religiosa abbiano fatto parte del servizio musicale delle chiese ispano-americane sembra oggi sorprendente. Tuttavia all'epoca sacro e profano erano indissolubilmente mescolati. Al più severo rituale cattolico seguiva la festa e la danza, si cantava in latino ma anche in spagnolo e in lingua aborigena, severe polifonie e magniloquenti opere policorali erano accostate a villancicos, romances e a danze di carattere popolare.
Non si tratta quindi di "folklore" nel senso corrente del termine: le chanzonetas erano importate dalla Spagna o scritte da maestri di cappella emigrati o da "criollos" protoispanici. In questa registrazione si trovano compositori che non hanno mai calcato il suolo americano: Gerónimo Gonzales, Juan Hildago e Diego de Salazar, accanto a immigrati come Gaspar Fernandes e Juan Gutiérrez de Padilla (Puebla), Fabián Ximeno (Messico), Tomás de Torrejón y Vellazco (Lima), Juan de Araujo (Sucre) o "criollos" come Juan García (Puebla).
Il linguaggio musicale e poetico utilizzato, in massima parte spagnolo e popolare, è rivestito di una necessità di proselitismo evidente: attirare gente al culto, in particolare al rito del mattutino o ad ore avanzate della notte. In Spagna per una dispensa papale speciale, gli otto grandi responsori del mattino delle festività principali erano sostituiti da villancicos e romances. L'importanza che veniva attribuita a queste canzoni era tale che una delle clausole di contratto tipiche fatte ai maestri di cappella stipulava la composizione di nuove villancicos ogni anno.
D'altra parte non va ignorato che il carattere pittoresco di questi brani è il riflesso di una volontà di artifizio, di ornamento, piuttosto che di un interesse profondo per la vita popolare. Per questo motivo si introducono questi elementi nelle composizioni, invece di rifarsi a una tradizione musicale più consueta. Il compositore doveva comunque dimostrare il suo ingegno nella realizzazione di opere ricche e complesse, come Al dichoso naçer de mi nino, uno dei rari madrigali spagnoli che ci restano del XVII secolo. Ma in ogni caso non bisogna pensare di trovare in queste composizioni, come accade nel madrigale italiano, temi personali. La Natività era divenuta il soggetto più importante di questi brani, dove si sviluppano l'atmosfera di gioia e di diversivo continuo proprio delle feste e dove, al contrario, l'uso di alcuni stereotipi espressivi implicherebbero una vera riduzione della verità di alcuni temi pieni di "sapore".
E' per questo che molte villancicos impiegano elementi propri ad alcuni centri socio-culturali: il dialetto e i ritmi di «Jaques» o di «Matones» (A la xacara, xacarella), dei Portoghesi (Pois con tanta graça) e dei Neri (A solo flasiquigo e Los coflades de la estleya). Altri, legati a una musica descrittiva incidentale, caratterizzano situazioni di una vivezza affettiva particolare. Questi ultimi sono pezzi particolari, come i juguetes, che si riferiscono a corridas (Salga et torillo) o a fuochi d'artificio (Un juguetico de fuego); a danze dal carattere sacro, molto consuete all'epoca in Spagna (Serenissima una noche) o a ninnananne dolci e tenere (Si el amor se quedare dormido, Desvalado dueno mio). Il carattere puntuale di questa tradizione popolare si manifesterà chiaramente nel corso del XVII secolo, quando la musica comincierà a perdere le sue peculiarità più direttamente folkloristiche in favore di un'elaborazione strutturale più importante (Torrejón, Araujo).
Diversamente dalle chanzonetas, la musica che si sviluppa a contatto con le civiltà indigene è la
più antica incisa in questa registrazione. Quest'ultima è frutto del lavoro dei missionari cattolici e va considerata come un capitolo a parte nella storia coloniale. La conversione degli aborigeni allo stesso modo era uno degli argomenti determinanti sostenuti dalla Corona spagnola per legittimare il possesso delle colonie, che si tradusse in una forte espansione delle missioni, principalmente nelle zone lontane o marginali. Una vera e propria catena di doctrinas (popolazioni indigene delle missioni separate dal territorio "bianco") fu così fondata in tutto il continente.
La musica europea costituisce quindi il miglior mezzo di proselitismo dei missionari, poiché per qualche misteriosa ragione gli aborigeni si sentivano particolarmente attratti da essa. Si fondarono, nelle doctrinas, cappelle musicali che coltivavano un repertorio di grande difficoltà, scritto in maggioranza da Spagnoli (i compositori indiani erano rari) sia all'interno che al di fuori delle popolazioni indigene. Da uno di questi repertori, facente parte del Codice Vadés (Messico), provengono i due himmi in Nahuatl (linguaggio azteco) attribuiti, non senza qualche giustificazione, allo spagnolo Hernando Franco. In un altro si trovano i brani strumentali di Avila, Diego Fernandes e Penalosa (San Juan de Ixzcoi, Guateniala) mentre di Gaspar Fernandes ci restano tre brani in dialetto indiano "meticcio", scritti durante il suo soggiorno nella doctrina di Puebla de los Angeles (Messico), due dei quli (Theycantimo e Xicochi) qui incisi. Nello stesso periodo probabilmente vide la luce, nel villaggio di Andahuaylillas, vicino a Cusco (Perù), il celebre himno in quechua Hanacpachap cussicuinin, pubblicato dal curato del villaggio Luan Pérez Bocanegra nel suo Rituel formulario del 1631, probabilmente composto da un indigeno.
In tutte queste composizioni si avverte quindi la presenza dominante del Conquistador, sia nel cattolicesimo dei testi che nella tecnica europea del contrappunto musicale.
Ma la lingua e qualche ritmo o forma melodica sono riusciti a sfuggire alla sorveglianza dei guardiani dell'ispanità e a emergere in queste canzoni, in questo caso più come portavoce d'una sensibilità differente che come caratteri puramente pittoreschi. Un'arte nuova principalmente europea, ma già «mescolata», stava per nascere.
Gabriel Garrido, nato a Buenos Aires, ha studiato flauto diritto e direzione di coro. Approfondendo in Europa i suoi interessi per la musica antica si è diplomato presso la Schola Cantorum di Basilea, sotto la guida di Michel Piguet. Ha fatto parte dei più prestigiosi gruppi di musica antica quali: «Hesperion XX», «Ricercare» e «Glosas», registrando con essi numerose incisioni. Recentemente è stato invitato al Simposium Internazionale di Nizza insieme ai più importanti musicisti specializzati nel campo della musica rinascimentale e barocca. E' Direttore artistico dei corsi internazionali di musica antica di Erice, insegna attualmente flauto diritto e musica di insieme al «Centre de Musique Ancienne» di Ginevra di cui è stato uno dei fondatori.
A questa attività didattica si affiancano inoltre svariati stages riguardanti la «Prassi esecutiva del Cinquecento» da lui tenuti periodicamente, in Francia, Italia ed America Latina.
A questa attività didattica si affiancano inoltre svariati stages riguardanti la «Prassi esecutiva del Cinquecento» da lui tenuti periodicamente, in Francia, Italia ed America Latina.
Symphonia SY 91S05 - (p) 1992 - 1 CD - DDD
1 commento:
Riguardo al bellissimo inno quechua Hanacpachap cussicuinin cìè da dire che esso è frutto del paziente lavoro dei gesuiti in Parù dove nei villaggi chiamati immeritatamente Reductiones, i Quechua vissero momenti di mai vista da loroe da noi, rara umanità: i conquistadores centrano poco in questo inno, centra semmai la polifonia europea data per scontata dai gesuiti che la esportarono; ma in questo inno si vede bene come è stato per l'arte peruviana "coloniale" la magnifica simbiosi tra gusto peruviano e canoni musicali europei del XVI secolo. L'armonia dell'inno infatti non è del 1600 bensi del barocco Cinquecentesco.
Poi vennero i conquistadores con la loro sete di ricchezze e come sappiamo minacciando regnanti di Spagna e Papa, ingiunsero a questi di chiudere le reduciones e cacciar via i gesuiti non solo dal Perù ma anche dalla Spagna.
Credo che i villaggi dei gesuiti se fossero rimasti oggi avremmo una America latina diversa.
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