Verso la fine del secolo quindicesimo lo stampatore Ottaviano Petrucci da Fossombrone si trasferì a Venezia ed ottenne dalla Signoria, prima d'ogni altro, il Privilegio per la stampa della musica. Nel 1501 diede inizio alla sua opera stampando l'«Harmonice Musices Odhecaton», un'antologia di composizioni polifoniche destinata a restare un esempio insuperato di chiarezza e d'eleganza grafica. Grazie alle pubblicazioni del Petrucci e a quelle dei suoi illustri successori: Antico, Gardane, Scoto ed altri, la tipografia si impose anche in campo musicale contribuendo a far di Venezia uno dei primi centri di diffusione della nuova estetica musicale del Rinascimento. Nell'ambito dell'editoria musicale veneziana del Cinquecento il repertorio per liuto solo e per canto e liuto occupa un posto di particolare importanza, Dobbiamo infatti al Petrucci la pubblicazione nel 1507 della prima «Intabolatura de Lauto» contenente le composizioni di Francesco Spinacino e delle prime Frottole per canto e liuto con la stampa nel 1509 e nel 1511 del primo e del secondo libro di «Tenori e contrabassi intabulati col sopran in canto figurato per cantar e sonar col lauto» che contengono, oltre alle composizioni dei più importanti autori italiani dell'epoca, alcuni Recercari per liuto di Franciscus Bossinensis prescritti come introduzione preludiante alle Frottole.
Sebbene Milano abbia dato i natali ad alcuni fra i maggiori liutisti del Rinascimento, talché si può parlare di una vera «Scuola milarrese», Venezia divenne, nel primo '500, il principale polo d'attrazione per i compositori-liutisti che, come Joan Ambrosio Dalza Milanese, ed in seguito Petro Paulo Borrono da Milano, Francesco da Milano e molti altri, pubblicarono le loro intavolature presso i rinomati stampatori veneziani. Abbiamo quindi deciso di delimitare le nostre scelte alla prima metà del sedicesimo secolo, perché in quell'arco di tempo trovarono precisa definizione alcuni fermenti creativi della rinascita musicale italiana.
I Recercari, le Danze ed altre composizioni per liuto pubblicate nel primo '500 sono con ogni probabilità il risultato di esperienze maturate nell'ambito della tradizione, non scritta ma legata al mondo dell'improvvisazione, degli ultimi decenni del secolo precedente. Tuttavia è solo a partire dalle prime pubblicazioni veneziane che si sviluppò una vasta letteratura strumentale. Le Frottole e le forme affini di musica vocal-strumentale furono il frutto della convergenza di varie tendenze estetiche ed inclusero elementi musicali e poetici eterogenei: sapienza contrappuntistica e citazioni di musica popolaresca, testi poetici di altissima qualità (basti pensare al grande numero di intonazioni musicali dei sonetti di Francesco Petrarca pubblicate nel '500) e citazioni di autentica poesia popolare. Alcuni di questi fattori, fondamentali nel delicato momento di definizione del nuovo stile italiano, confluirono tra il secondo ed il terzo decennio del Cinquecento nel Madrigale. Va però detto che questo nuovo genere di composizioni fu presto portato alla massima perfezione da alcuni musici fiamminghi della grandezza di Jacques Arcadelt e Cipriano de Rore che operarono nelle principali città italiane, dimostrando con la loro capacità di aderire musicalmente al senso poetico dei testi d'essersi perfettamente integrati nello spirito italiano.
Le Frottole nella maggior parte dei casi furono composte per essere eseguite da una sola voce sostenuta da contrappunti strumentali che un buon numero di pubblicazioni e di fonti letterarie dimostra esser stati affidati di preferenza al liuto, tanto che buona parte del repertorio frottolistico è da ritenersi assimilabile a quello originariamente stampato per canto e liuto. Il Madrigale cinquecentesco invece nacque e si affermò come forma polifonica vocale non strofica, anche se abbastanza presto furono pubblicate raccolte di versioni per canto e liuto. In queste trascrizioni però, grazie all'addensarsi di una polifonia a quattro o a cinque parti con momenti omoritmici atti a sottolineare il testo, la parte intavolata per lo strumento cominciò ad assumere un ruolo di sostegno armonico che non fu certo privo di importanza nell'evoluzione verso la monodia accompagnata, attuata da alcuni compositori e teorici alla fine del Cinquecento.
Nel tentativo di rendere con la maggiore fedeltà possibile allo spirito dell'epoca i brani scelti, abbiamo utilizzato esclusivamente copie delle stampe o dei manoscritti originali, facendo costantemente riferimento ai documenti musicali, letterari ed iconografici che illustrano la prassi esecutiva vocale e strumentale del Cinquecento. Riteniamo inoltre fondamentale aver potuto effettuare la presente registrazione in un ambiente rinascimentale come la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista di Venezia, che unisce al pregio di un'acustica ideale il fascino di opere architettoniche e pittoriche la cui facoltà di evocare un mondo intero e di suscitare profonde emozioni speriamo abbia potuto influire sulle nostre scelte interpretative. Crediamo infatti alla possibilità delle arti di influenzarsi vicendevolmente, anche se per vie misteriose che raramente è possibile rivelare con le parole.
In un capitolo del bellissimo studio intitolato: «Carpaccio e la rappresentazione di Sant'Orsola» (Ed. Einaudi 1988) lo storico dell'Arte Ludovico Zorzi pone in risalto con squisita sensibilità le segrete risonanze della musica nei teleri del grande pittore veneziano, notando come «...in alcuni di essi il suono musicale invade il dipinto fondendosi agli effetti cromatici e luministici che circolano nell'atmosfera». Quindi ciò non avviene soltanto grazie alla diretta raffigurazione di musici e strumenti musicali ma anche, e soprattutto, attraverso la ricerca di sottili corrispondenze e armonici rapporti fra spazio, luce, architettura e colore, come in uno dei dipinti che compongono il cielo di Sant'Orsola custoditi presso le Gallerie dell'Accademia di Venezia, nel quale «L'ora prescelta appare quella di un tardo meriggio, il cui oro caldo accende i colori e li diffonde, nell'onda di una sinestesia che assimila il soffio del vento al fiotto sottile delle note».
D'altra parte alcune caratteristiche dell'arte figurativa sembrano riflettersi con altrettanto fascino nella musica del Rinascimento; il Contrappunto, ovvero l'esposizione concorde e simultanea delle diverse linee musicali che compongono un'opera polifonica, può evocare la rappresentazione in un unico dipinto di diverse entità figurative che, pur essendo collocate in spazi prospettici e talvolta anche temporali diversi, concorrono a definire annoniosamente l'unità della composizione.
Sebbene Milano abbia dato i natali ad alcuni fra i maggiori liutisti del Rinascimento, talché si può parlare di una vera «Scuola milarrese», Venezia divenne, nel primo '500, il principale polo d'attrazione per i compositori-liutisti che, come Joan Ambrosio Dalza Milanese, ed in seguito Petro Paulo Borrono da Milano, Francesco da Milano e molti altri, pubblicarono le loro intavolature presso i rinomati stampatori veneziani. Abbiamo quindi deciso di delimitare le nostre scelte alla prima metà del sedicesimo secolo, perché in quell'arco di tempo trovarono precisa definizione alcuni fermenti creativi della rinascita musicale italiana.
I Recercari, le Danze ed altre composizioni per liuto pubblicate nel primo '500 sono con ogni probabilità il risultato di esperienze maturate nell'ambito della tradizione, non scritta ma legata al mondo dell'improvvisazione, degli ultimi decenni del secolo precedente. Tuttavia è solo a partire dalle prime pubblicazioni veneziane che si sviluppò una vasta letteratura strumentale. Le Frottole e le forme affini di musica vocal-strumentale furono il frutto della convergenza di varie tendenze estetiche ed inclusero elementi musicali e poetici eterogenei: sapienza contrappuntistica e citazioni di musica popolaresca, testi poetici di altissima qualità (basti pensare al grande numero di intonazioni musicali dei sonetti di Francesco Petrarca pubblicate nel '500) e citazioni di autentica poesia popolare. Alcuni di questi fattori, fondamentali nel delicato momento di definizione del nuovo stile italiano, confluirono tra il secondo ed il terzo decennio del Cinquecento nel Madrigale. Va però detto che questo nuovo genere di composizioni fu presto portato alla massima perfezione da alcuni musici fiamminghi della grandezza di Jacques Arcadelt e Cipriano de Rore che operarono nelle principali città italiane, dimostrando con la loro capacità di aderire musicalmente al senso poetico dei testi d'essersi perfettamente integrati nello spirito italiano.
Le Frottole nella maggior parte dei casi furono composte per essere eseguite da una sola voce sostenuta da contrappunti strumentali che un buon numero di pubblicazioni e di fonti letterarie dimostra esser stati affidati di preferenza al liuto, tanto che buona parte del repertorio frottolistico è da ritenersi assimilabile a quello originariamente stampato per canto e liuto. Il Madrigale cinquecentesco invece nacque e si affermò come forma polifonica vocale non strofica, anche se abbastanza presto furono pubblicate raccolte di versioni per canto e liuto. In queste trascrizioni però, grazie all'addensarsi di una polifonia a quattro o a cinque parti con momenti omoritmici atti a sottolineare il testo, la parte intavolata per lo strumento cominciò ad assumere un ruolo di sostegno armonico che non fu certo privo di importanza nell'evoluzione verso la monodia accompagnata, attuata da alcuni compositori e teorici alla fine del Cinquecento.
Nel tentativo di rendere con la maggiore fedeltà possibile allo spirito dell'epoca i brani scelti, abbiamo utilizzato esclusivamente copie delle stampe o dei manoscritti originali, facendo costantemente riferimento ai documenti musicali, letterari ed iconografici che illustrano la prassi esecutiva vocale e strumentale del Cinquecento. Riteniamo inoltre fondamentale aver potuto effettuare la presente registrazione in un ambiente rinascimentale come la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista di Venezia, che unisce al pregio di un'acustica ideale il fascino di opere architettoniche e pittoriche la cui facoltà di evocare un mondo intero e di suscitare profonde emozioni speriamo abbia potuto influire sulle nostre scelte interpretative. Crediamo infatti alla possibilità delle arti di influenzarsi vicendevolmente, anche se per vie misteriose che raramente è possibile rivelare con le parole.
In un capitolo del bellissimo studio intitolato: «Carpaccio e la rappresentazione di Sant'Orsola» (Ed. Einaudi 1988) lo storico dell'Arte Ludovico Zorzi pone in risalto con squisita sensibilità le segrete risonanze della musica nei teleri del grande pittore veneziano, notando come «...in alcuni di essi il suono musicale invade il dipinto fondendosi agli effetti cromatici e luministici che circolano nell'atmosfera». Quindi ciò non avviene soltanto grazie alla diretta raffigurazione di musici e strumenti musicali ma anche, e soprattutto, attraverso la ricerca di sottili corrispondenze e armonici rapporti fra spazio, luce, architettura e colore, come in uno dei dipinti che compongono il cielo di Sant'Orsola custoditi presso le Gallerie dell'Accademia di Venezia, nel quale «L'ora prescelta appare quella di un tardo meriggio, il cui oro caldo accende i colori e li diffonde, nell'onda di una sinestesia che assimila il soffio del vento al fiotto sottile delle note».
D'altra parte alcune caratteristiche dell'arte figurativa sembrano riflettersi con altrettanto fascino nella musica del Rinascimento; il Contrappunto, ovvero l'esposizione concorde e simultanea delle diverse linee musicali che compongono un'opera polifonica, può evocare la rappresentazione in un unico dipinto di diverse entità figurative che, pur essendo collocate in spazi prospettici e talvolta anche temporali diversi, concorrono a definire annoniosamente l'unità della composizione.
Massimo Lonardi (note al cd "Voice and Lute in Venice in the 16th century", Edelweiss Ed 1016, 1989)
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