La viennesità come punto di forza. È questo uno dei capisaldi del Wiener Kammerensemble, la compagine nata dai solisti della prestigiosa orchestra dei Wiener Philharmoniker e che oggi si è affermata come una delle migliori formazioni cameristiche in attività. Joseph Hell, primo violino e direttore del Kammerensemble da più di dieci anni, ci ha svelato alcuni capisaldi del gruppo, e anche qualcosa di più: lo spirito che si cela dietro alle opere degli autori viennesi.
Bentornati a Bologna. Nel 2004 vi abbiamo applaudito in un concerto che allineava Richard Strauss, Beethoven e Hindemith. Quali sono state le novità più importanti di questi ultimi anni?
Negli ultimi anni abbiamo suonato in molte città italiane, in particolare a Milano, Roma e Firenze, nonché in Sicilia, dove ci siamo esibiti per la prima volta nelle bellissime Palermo e Messina. L’incontro con il pubblico italiano, un pubblico tanto interessato alla musica quanto entusiasta, ha costituito per noi un’esperienza meravigliosa.
Il Wiener Kammerensemble festeggia ormai 37 anni di attività e successi musicali. Potrebbe raccontare ai nostri lettori la storia dell’ensemble?
All’epoca della sua creazione, nel 1970, il gruppo si chiamava Wiener Philharmonisches Kammerensemble. Tra i fondatori c’erano il nostro indimenticato maestro Gerhart Hetzel ed il primo clarinetto dei Wiener Philharmoniker, Alfred Prinz. D’altronde le grandi orchestre filarmoniche, come quella dei Wiener, affrontano da sempre anche il repertorio cameristico: è una lunga e importante tradizione. La formazione originaria del Wiener Kammerensemble – costituita da un quartetto d’archi, un flauto e un clarinetto – fu allargata negli anni Ottanta fino a otto componenti, con l’aggiunta di un secondo corno per l’esecuzione dei Divertimenti di Mozart. Poi vennero le incisioni e le tournées mondiali. Da quando il nostro direttore Gerhart Hetzel ci ha lasciato, dirigo io l’ensemble. Sono ormai trascorsi quindici anni, un periodo importante che ha visto peraltro un cambio generazionale nel nostro organico.
Ci può descrivere lo spirito che ha portato alla formazione del Wiener Kammerensemble?
La musica da camera viennese ha una storia plurisecolare, dalla musica di corte al periodo Biedermeier. Sin dalla fondazione dei Wiener Philharmoniker, nel 1842, le maggiori personalità dell’orchestra sono state a stretto contatto con i grandi compositori e autori viennesi: da Brahms a Richard Strauss, da Bruckner a Schmidt, che fu peraltro primo violoncello dei Wiener. Ora, questo contatto reale fra orchestra e grandi autori ha introdotto nei repertori concertistici la musica da camera, e ha dato impulso alla pratica della “Hausmusik”, ancor oggi molto viva nella capitale. Ed in questa temperie culturale è nato il Wiener Kammerensemble, che vive ancora oggi una tradizione impareggiabile e ininterrotta, forse ancor più forte di quella della stessa Orchestra filarmonica. Ad esempio, quando ero giovane i miei colleghi più anziani mi dicevano spesso: “Il mio maestro ha ricevuto questo consiglio da Brahms in persona!”.
Quello che terrete per Musica Insieme suona come un meraviglioso concerto di Capodanno. Ma c’è molto di più: cosa si ‘nasconde’ dietro ai valzer degli Strauss o all’Ottetto di Schubert?
La conoscenza e la salvaguardia della musica tradizionale viennese e degli idiomi che essa contiene sono le chiavi per capire autori come Schubert, Johann Strauss, ma anche Alban Berg – a mio avviso i tre compositori “viennesi” per eccellenza. Purtroppo è difficile spiegare a un non viennese il senso, il legame profondo con questo modo di far musica, e se vogliamo anche con questo stile di vita e con lo stesso dialetto viennese – anche se ci sono stati musicisti che pur non essendo nati a Vienna l’hanno saputa comprendere, in virtù di una sensibilità particolare. Anche dietro i brani più gioiosi di Franz Schubert e Johann Strauss si nasconde ad ogni modo una sorta di tristezza e malinconia esistenziale. Il segreto di un’interpretazione coerente sta però nel non esasperare quella malinconia, rappresentandola piuttosto con equilibrio e misura adeguati.
Considerati i numerosissimi impegni dei Wiener Philharmoniker, come si organizza l’attività del vostro ensemble?
L’attività dell’Orchestra ci impegna per circa 300 serate l’anno, fra recite d’opera, concerti sinfonici, incisioni e tournées in tutto il mondo. In genere la musica da camera è un piacere speciale, che ci concediamo quando tutti questi impegni ce lo permettono.
Qual è secondo lei la differenza fondamentale fra suonare nel Kammerensemble o nei Wiener Philharmoniker?
La maggiore differenza si riscontra nel grado di responsabilità dei singoli interpreti. Se nell’orchestra chi dà forma alla musica è perlopiù il direttore, nell’ensemble c’è una creazione collettiva. Con una formazione cameristica si ha poi il vantaggio non indifferente di poter suonare con una maggiore libertà agogica, determinando e modificando cioè più liberamente l’andamento di un brano; il che influisce anche sull’interpretazione.
Quali i progetti futuri dei Wiener Kammerensemble?
Fra i tanti impegni, attendiamo con gioia il nostro debutto alla Scala di Milano nel 2008, mentre per marzo è in programma una tournée in Giappone. Saremo poi impegnati in nuove elaborazioni di alcuni lavori di Johann Strauss, come il Kaiser-Walzer. Chissà, magari a Bologna potremmo farvelo ascoltare in anteprima...
Negli ultimi anni abbiamo suonato in molte città italiane, in particolare a Milano, Roma e Firenze, nonché in Sicilia, dove ci siamo esibiti per la prima volta nelle bellissime Palermo e Messina. L’incontro con il pubblico italiano, un pubblico tanto interessato alla musica quanto entusiasta, ha costituito per noi un’esperienza meravigliosa.
Il Wiener Kammerensemble festeggia ormai 37 anni di attività e successi musicali. Potrebbe raccontare ai nostri lettori la storia dell’ensemble?
All’epoca della sua creazione, nel 1970, il gruppo si chiamava Wiener Philharmonisches Kammerensemble. Tra i fondatori c’erano il nostro indimenticato maestro Gerhart Hetzel ed il primo clarinetto dei Wiener Philharmoniker, Alfred Prinz. D’altronde le grandi orchestre filarmoniche, come quella dei Wiener, affrontano da sempre anche il repertorio cameristico: è una lunga e importante tradizione. La formazione originaria del Wiener Kammerensemble – costituita da un quartetto d’archi, un flauto e un clarinetto – fu allargata negli anni Ottanta fino a otto componenti, con l’aggiunta di un secondo corno per l’esecuzione dei Divertimenti di Mozart. Poi vennero le incisioni e le tournées mondiali. Da quando il nostro direttore Gerhart Hetzel ci ha lasciato, dirigo io l’ensemble. Sono ormai trascorsi quindici anni, un periodo importante che ha visto peraltro un cambio generazionale nel nostro organico.
Ci può descrivere lo spirito che ha portato alla formazione del Wiener Kammerensemble?
La musica da camera viennese ha una storia plurisecolare, dalla musica di corte al periodo Biedermeier. Sin dalla fondazione dei Wiener Philharmoniker, nel 1842, le maggiori personalità dell’orchestra sono state a stretto contatto con i grandi compositori e autori viennesi: da Brahms a Richard Strauss, da Bruckner a Schmidt, che fu peraltro primo violoncello dei Wiener. Ora, questo contatto reale fra orchestra e grandi autori ha introdotto nei repertori concertistici la musica da camera, e ha dato impulso alla pratica della “Hausmusik”, ancor oggi molto viva nella capitale. Ed in questa temperie culturale è nato il Wiener Kammerensemble, che vive ancora oggi una tradizione impareggiabile e ininterrotta, forse ancor più forte di quella della stessa Orchestra filarmonica. Ad esempio, quando ero giovane i miei colleghi più anziani mi dicevano spesso: “Il mio maestro ha ricevuto questo consiglio da Brahms in persona!”.
Quello che terrete per Musica Insieme suona come un meraviglioso concerto di Capodanno. Ma c’è molto di più: cosa si ‘nasconde’ dietro ai valzer degli Strauss o all’Ottetto di Schubert?
La conoscenza e la salvaguardia della musica tradizionale viennese e degli idiomi che essa contiene sono le chiavi per capire autori come Schubert, Johann Strauss, ma anche Alban Berg – a mio avviso i tre compositori “viennesi” per eccellenza. Purtroppo è difficile spiegare a un non viennese il senso, il legame profondo con questo modo di far musica, e se vogliamo anche con questo stile di vita e con lo stesso dialetto viennese – anche se ci sono stati musicisti che pur non essendo nati a Vienna l’hanno saputa comprendere, in virtù di una sensibilità particolare. Anche dietro i brani più gioiosi di Franz Schubert e Johann Strauss si nasconde ad ogni modo una sorta di tristezza e malinconia esistenziale. Il segreto di un’interpretazione coerente sta però nel non esasperare quella malinconia, rappresentandola piuttosto con equilibrio e misura adeguati.
Considerati i numerosissimi impegni dei Wiener Philharmoniker, come si organizza l’attività del vostro ensemble?
L’attività dell’Orchestra ci impegna per circa 300 serate l’anno, fra recite d’opera, concerti sinfonici, incisioni e tournées in tutto il mondo. In genere la musica da camera è un piacere speciale, che ci concediamo quando tutti questi impegni ce lo permettono.
Qual è secondo lei la differenza fondamentale fra suonare nel Kammerensemble o nei Wiener Philharmoniker?
La maggiore differenza si riscontra nel grado di responsabilità dei singoli interpreti. Se nell’orchestra chi dà forma alla musica è perlopiù il direttore, nell’ensemble c’è una creazione collettiva. Con una formazione cameristica si ha poi il vantaggio non indifferente di poter suonare con una maggiore libertà agogica, determinando e modificando cioè più liberamente l’andamento di un brano; il che influisce anche sull’interpretazione.
Quali i progetti futuri dei Wiener Kammerensemble?
Fra i tanti impegni, attendiamo con gioia il nostro debutto alla Scala di Milano nel 2008, mentre per marzo è in programma una tournée in Giappone. Saremo poi impegnati in nuove elaborazioni di alcuni lavori di Johann Strauss, come il Kaiser-Walzer. Chissà, magari a Bologna potremmo farvelo ascoltare in anteprima...
di Alessandra Masini
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