Le nubi che si addensavano cupe sulla cartolina colorata dell'Arena di Verona, nonostante i buoni risultati dell'estate, in questa chiusura di stagione, erano quelle dei numeri a più cifre, di un deficit di 14 milioni, denunciato, ipso facto, dal sopraggiunto segretario operativo, Francesco Girondini, espressione della nuova giunta di centrodestra, a cui si sono aggiunte le dimissioni dal c.d.a. del consigliere Giovanni Aspes, che rappresentava Cariverona, seguite a quelle di agosto dell'industriale, Giuseppe Manni, nominato dalla precedente giunta (prontamente sostituito dal sindaco leghista Flavio Tosi con un rappresentante del comune, Luigi Pisa, noto er le sue passioni discotecare). La ciliegina, a fine ottobre, ce l'ha messa il neoarrivato direttore artistico Giorgio Battistelli, con le annunciate dimissioni (poi congelate), per le difficoltà ad operare in maniera autonoma a fronte di una «elefantiasi e di una burocrazia soffocanti». Ma il sovrintendente Claudio Orazi, nel presentare il cartellone della stagione artistica al Teatro Filarmonico, ora forte di una confermata fiducia da parte del nuovo sindaco, non ci sta a questo gioco al massacro e, carte alla mano, ribadisce con forza la trasparenza dei precedenti bilanci:
«Ogni anno abbiamo dato pubblicamente comunicazione, sempre, di come era andato il bilancio. La realtà è che, se avessimo ricevuto gli stessi finanziamenti standard, senza i tagli, dallo Stato e dai privati, della fine degli anni '90, avremmo avuto attivi di bilancio: questo è il dato, quindi noi abbiamo contenuto le perdite limitatamente ai minori contributi che abbiamo avuto, avendo supplito nel frattempo agli aumenti dei costi e alle maggiorazioni degli scatti del contratto collettivo nazionale; se non fossimo andati con colpi di scure sulle diseconomie, con tagli di 5 milioni di euro, la Fondazione già non sarebbe più in piedi. Ma questa città non è mai intervenuta economicamente».
Quali le prospettive per reperire nuovi fondi?
«A fronte di ciò vedo un grande impegno da parte del sindaco e quindi sono fiducioso che si potrà recuperare una partecipazione dei privati, congrua rispetto alle nostre esigenze, in assoluto, in Italia siamo quelli che pesiamo meno di tutti sulle tasche pubbliche e anche il costo dei nostri lavoratori è sostanzialmente il più basso, se non tra i più bassi. Del resto -prosegue -chi è che non ha debiti nelle fondazioni liriche italiane? Ma ogni città si regola come crede; Verona ha patito di un minore contributo: il comune ci versa 400. 000 euro e i privati un milione, su un bilancio di 53 milioni, mentre un indotto, di 6501700 milioni, fanno dell'Arena una prodigiosa macchina economica, un'impresa culturale in cui la città deve decidere di mettere un minimo di benzina!»
Un fulmine a ciel sereno le dimissioni di Battistelli?
«Giorgio Battistelli, che ho fortemente voluto a Verona dallo scorso anno come segno d'investimento sul futuro, lamenta una situazione in cui le sue direttive artistiche non sempre sono state seguite, a volte rigettate».
Da parte di chi?
«Nella precedente gestione è stata nominata una direzione di produzione che ha sotto di sé tutte le masse artistiche e questo ha creato un conflitto di competenze".
Come vi proponete di risolvere tale anomalia?
«L'Arena deve fare un piano di rilancio con un nuovo organigramma aziendale, con professionalità ben individuate, nel quale le funzionalità artistiche devono tornare sotto la autorità del direttore artistico».
Nel frattempo le dimissioni sono state 'congelate' dal c.d.a. in merito ad una decisione in questo proposito e lo stesso Battistelli, da noi raggiunto, conferma la sua volontà di tornare se verrà confermato un ruolo più decisionale per la direzione artistica.
Intanto viene varato il cartellone firmato Battistelli, con la contemporanea che si accompagna ad un 'primo' Verdi: questo mese apre il balletto di nuova produzione: Jago, l'onesta poesia di un inganno commissionata al compositore Francesco Antonioni assieme al Sogno di una notte di mezza estate su musiche di Mendelssohn/Purcell, a gennaio con Nixon in China di John Adams, viene riconfermata la scommessa contemporanea'di Battistelli, assieme alla chiusura della stagione in maggio con l'opera Roméo et Juliette di Pascal Dusapin. Tra i titoli verdiani, un Oberto, conte di San Bonifacio prestato dal Macerata Opera Festival, e un nuovo allestimento di Attila, con la regia di Laudavant, con la coppia Anastassov/Guleghina.
Per Orazi c'è una totale condivisione su questa impostazione : «Capivo che era audace e la dovevamo spiegare bene alpubblico. Ma c'è anche Verdi che si sintonizza bene con l'idea che abbiamo di avvicinarci al 2013, centenario verdiano, ripercorrendo tappe del primo Verdi, che è anche l'obiettivo che ci siamo dati assieme alla Fenice e al Teatro Verdi di Trieste, anche scambiandoci gli spettacoli. Segno che la nostra fondazione è particolarmente viva sul territorio, che si cimenta con la sfida del fwturo e che non crede affatto che le fondazioni siano dei carrozzoni vuoti».
«Ogni anno abbiamo dato pubblicamente comunicazione, sempre, di come era andato il bilancio. La realtà è che, se avessimo ricevuto gli stessi finanziamenti standard, senza i tagli, dallo Stato e dai privati, della fine degli anni '90, avremmo avuto attivi di bilancio: questo è il dato, quindi noi abbiamo contenuto le perdite limitatamente ai minori contributi che abbiamo avuto, avendo supplito nel frattempo agli aumenti dei costi e alle maggiorazioni degli scatti del contratto collettivo nazionale; se non fossimo andati con colpi di scure sulle diseconomie, con tagli di 5 milioni di euro, la Fondazione già non sarebbe più in piedi. Ma questa città non è mai intervenuta economicamente».
Quali le prospettive per reperire nuovi fondi?
«A fronte di ciò vedo un grande impegno da parte del sindaco e quindi sono fiducioso che si potrà recuperare una partecipazione dei privati, congrua rispetto alle nostre esigenze, in assoluto, in Italia siamo quelli che pesiamo meno di tutti sulle tasche pubbliche e anche il costo dei nostri lavoratori è sostanzialmente il più basso, se non tra i più bassi. Del resto -prosegue -chi è che non ha debiti nelle fondazioni liriche italiane? Ma ogni città si regola come crede; Verona ha patito di un minore contributo: il comune ci versa 400. 000 euro e i privati un milione, su un bilancio di 53 milioni, mentre un indotto, di 6501700 milioni, fanno dell'Arena una prodigiosa macchina economica, un'impresa culturale in cui la città deve decidere di mettere un minimo di benzina!»
Un fulmine a ciel sereno le dimissioni di Battistelli?
«Giorgio Battistelli, che ho fortemente voluto a Verona dallo scorso anno come segno d'investimento sul futuro, lamenta una situazione in cui le sue direttive artistiche non sempre sono state seguite, a volte rigettate».
Da parte di chi?
«Nella precedente gestione è stata nominata una direzione di produzione che ha sotto di sé tutte le masse artistiche e questo ha creato un conflitto di competenze".
Come vi proponete di risolvere tale anomalia?
«L'Arena deve fare un piano di rilancio con un nuovo organigramma aziendale, con professionalità ben individuate, nel quale le funzionalità artistiche devono tornare sotto la autorità del direttore artistico».
Nel frattempo le dimissioni sono state 'congelate' dal c.d.a. in merito ad una decisione in questo proposito e lo stesso Battistelli, da noi raggiunto, conferma la sua volontà di tornare se verrà confermato un ruolo più decisionale per la direzione artistica.
Intanto viene varato il cartellone firmato Battistelli, con la contemporanea che si accompagna ad un 'primo' Verdi: questo mese apre il balletto di nuova produzione: Jago, l'onesta poesia di un inganno commissionata al compositore Francesco Antonioni assieme al Sogno di una notte di mezza estate su musiche di Mendelssohn/Purcell, a gennaio con Nixon in China di John Adams, viene riconfermata la scommessa contemporanea'di Battistelli, assieme alla chiusura della stagione in maggio con l'opera Roméo et Juliette di Pascal Dusapin. Tra i titoli verdiani, un Oberto, conte di San Bonifacio prestato dal Macerata Opera Festival, e un nuovo allestimento di Attila, con la regia di Laudavant, con la coppia Anastassov/Guleghina.
Per Orazi c'è una totale condivisione su questa impostazione : «Capivo che era audace e la dovevamo spiegare bene alpubblico. Ma c'è anche Verdi che si sintonizza bene con l'idea che abbiamo di avvicinarci al 2013, centenario verdiano, ripercorrendo tappe del primo Verdi, che è anche l'obiettivo che ci siamo dati assieme alla Fenice e al Teatro Verdi di Trieste, anche scambiandoci gli spettacoli. Segno che la nostra fondazione è particolarmente viva sul territorio, che si cimenta con la sfida del fwturo e che non crede affatto che le fondazioni siano dei carrozzoni vuoti».
intervista di Fabio Zannoni (il giornale della musica, 12/07)
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