Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, gennaio 26, 2008

Menuhin e Gould su Bach e Schoenberg

Incontro al vertice nel novembre 1965. Yehudi Menuhin e Glenn Gould si esibiscono insieme in una trasmissione televisiva della CBC Il programma comprende la Quarta Sonata in do minore di J. S. Bach, la Fantasia di Schoenberg e la Decima Sonata in sol maggiore op. 96 di Beethoven.
Glenn Gould - "Yehudi, non riesco a immaginare un'opera per violino e pianoforte, per violino e clavicembalo, per violino e tastiera - quale che sia la sua vera origine - che sia meno condizionata dalla natura degli strumenti di questa Sonata di Bach o, comunque, di qualsiasi altra Sonata di Bach. Si potrebbe altrettanto bene farla eseguire da un flauto e un virginale, da un trio di clarinetti, o da..."
Yehudi Menubin - "...Sì, è musica allo stato puro. D'altronde Bach è stato arrangiato per ogni sorta di strumento; lo si può cantare, fischiare, jazzare a volontà".
Glenn Gould - "Una buona prova della sua purezza è il fatto che, quando stavamo provando, suonavo continuamente la parte violinistica".
Yehudi Menuhin - "Lo so, è incredibile. Eppure Bach era un tale strumentista che quello che ha scritto per il violino è perfettamente eseguibile".
Glenn Gould - "Sì, ed è lo stesso per il pianoforte: la sua musica cade sempre perfettamente sotto le dita".
Yehudi Menuhin - "E questo è particolarmente vero nel caso di quelle sue fughe estremamente complesse, come, ad esempio, la Fuga in do maggiore per violino solo; soltanto un violinista poteva scriverla".
Glenn Gould - "E' curioso. Fra poco suoneremo la Fantasia di Schoenberg, ed è un contrasto piuttosto suggestivo; Schoenberg è un autore che manifesta un interesse marcato per gli strumenti in quanto tali. Le sue ascendenze mahleriane, straussiane e wagneriane lo spingono a curare la coloritura strumentale e la Fantasia è piena - suppongo, ma mi corregga se sbaglio - d'ogni sorta di abbellimento o effetto specificamente violinistico: armonici semplici e doppi, pizzicati, glissandi..."
Yehudi Menuhin - "Si; eppure è, allo stesso tempo, sorprendentemente goffa e difficile. Come diceva di Bach, anche questa è musica allo stato puro, ma in un senso molto diverso. Perché, se si considerano le note in sé, ci si rende conto che sono dettate più dalla loro sequenza che dallo strumento per cui sono state scritte".
Glenn Gould - "Dalla serie dei dodici suoni?"
Yehudi Menuhin - "Sì".
Glenn Gould - "Credo sia esatto. Nelle ultime opere di Schoenberg - e in questa, scritta due o tre anni prima della sua morte e, ovviamente, una delle ultimissime - ci sono figure molto strane e arbitrarie. Cosa curiosa di questo brano, e lei l'ha notata l'altro giorno mentre stavamo provando, è che all'inizio era stato concepito per violino solo. E' interamente monodico, e tutti i commenti del pianoforte sono stati inseriti in seguito. E' senz'altro per questo che, suonandolo, riempio tutti i vuoti, mentre lei occupa il primo posto!"
Yehudi Menuhin - "Sì, questa musica ha un aspetto curiosamente puntillista, con quelle sue pause lunghe, e questo mi fa venire in mente un'idea che però, probabilmente, non sta in piedi: in questo tipo di musica si trova un suono che è quasi sempre lo stesso; s'intende che è superato il contrasto tra consonanza e dissonanza, ma non esistono nemmeno grandi contrasti di suono o di intervallo, il che fa sì che l'unico contrasto che sussiste - mi scuso se questa sembra una battuta - è un contrasto tra suono e non-suono e probabilmente è questa la ragione delle tante pause".
Glenn Gould - "No, non è una battuta, è anzi un rimprovero del tutto legittimo. Ma forse non è anche questa la ragione per cui quest'opera comporta un così gran numero di contrasti dinamici estremi, tanti sforzando, piano subito, fortissimo e pianissimo che si alternano brutalmente?"
Yehudi Menuhin - "Senza dubbio, dato che i contrasti armonici sono insufficienti, non rimane altro che utilizzare i contrasti di intervallo, con tutti questi grandi salti e queste grandi pause..."
Glenn Gould - "Via Yehudi, metta tutte le sue carte in tavola; la verità è che a Lei, in realtà, non piace affatto la Fantasia di Schoenberg, no?"
Yehudi Menuhin - "Senta Glenn, avevo un gran desiderio d'accettare il suo invito a suonare con Lei, perché l'ammiro e so che Lei ha una conoscenza e una comprensione di Schoenberg maggiore e più profonda di quella di chiunque altro. Mi interessa sempre conoscere qualcosa di qualcuno grazie alla mediazione di una persona che lo comprende e l'ama. Ho sempre creduto che chi comprende e ama qualcosa ne sappia più di chi non è nella stessa condizione".
Glenn Gould - "A parte i problemi di registrazione e di rapporto strumentale, se dovesse esprimere una o due critiche fondamentali su quello che la infastidisce di quest'opera, quali sarebbero?"
Yehudi Menuhin - "Il fatto che c'è una curiosa divergenza tra azione e parola. E' come se in un dramma come l'Amleto per esempio, Lei staccasse tutte le parole l'una dall'altra e mettesse le sillabe una accanto all'altra in una sequenza arbitraria che non avesse significato in sé, pur rispettando il ritmo e le azioni del dramma, in modo tale che uno spettatore, edotto della vicenda, possa ancora identificare i momenti dove ha luogo la scena d'amore o appare il fantasma..."
Glenn Gould - "L'analogia è stupenda..."
Yehudi Menuhin - "... trovo ciò un po' fastidioso. Altro esempio: c'è un valzer nella Fantasia, un valzer puro; e il solo modo in cui Schoenberg accetta il fatto che si tratti di un valzer è farne una caricatura. E' una parodia del valzer".
Glenn Gould - "Sì, ma del resto ciò che ne fa un valzer è il fatto che l'opera nella sua totalità non è una raccolta di valzer. Al contrario, la scena del valzer, se così vogliamo chiamarla, acquista tutto il proprio valore dal suo essere situata nel bel mezzo di maledizioni degne dell'Antico Testamento. Voglio dire, con questo, che lo Schoenberg che si rivela nella Fantasia è uno Schoenberg del genere più collerico..."
Yehudi Menuhin - "Sicuro, può darsi che Lei abbia perfettamente ragione. Viviamo in un mondo di simboli che scambiamo per evidenze. Ora, noi ignoriamo se questi simboli abbiano un significato intrinseco, però sappiamo che certe cose sono calde o taglienti e che altre sono fredde o carezzevoli. Sappiamo che un accordo maggiore è, generalmente, felice e che un accordo minore è..."
Glenn Gould - "Ma non in questo genere di vocabolario".
Yehudi Menuhin - "Assolutamente, e in questo senso ciò altera il significato dei simboli che noi crediamo evidente. Sarebbe forse giusto scuotere le stampelle alle quali ci appoggiamo. Bisognerebbe che succedesse qualcosa che portasse un po' di chiarezza, dopo un periodo romantico in cui tutto è progressivamente diventato eccessivamente impreciso. Nonostante tutto credo che il servizio reso sia negativo. Non riesco a credere che questa musica sia totalmente autonoma, che stia in piedi da sola".
Glenn Gould - "Da quello che dice deduco però che Lei è realmente interessato a ciò che può venirne fuori".
Yehudi Menuhin - "Profondamente e, grazie a Lei, riesco a suonarla con una certa convinzione. Ma la convinzione che le concedo è una convinzione dell'azione, non delle note".

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