Fu grazie alla fornitissima biblioteca di Weimar, negli anni successivi al suo primo matrimonio, che Bach ebbe la possibilità di trascrivere e studiare opere di autori italiani come Frescobaldi, Corelli, Albinoni, Vivaldi e altri. Una sorta di comunicazione artistica a senso unico, considerando che Bach rimase per la gran parte dei suoi contemporanei un illustre sconosciuto, che mette però in luce l'apertura mentale e la curiosità intellettuale con cui egli sapeva assorbire gli stimoli e le tendenze dei suo tempo. Tale lavoro influenzò soprattutto la produzione concertistica, dando i suoi frutti nel periodo di Köthen (1717-1723), un ambiente di impostazione calvinista poco incline alla fruizione di musica sacra, e che favorì quindi la produzione di musica strumentale.
di Carlo Franceschi De Marchi (note di copertina al CD Amadeus AM 170-2 - Orchestra Aglaia, Cinzia Barbagelata, violino)
Divenuto fenomeno di moda in Europa, grazie alla diffusione a mezzo stampa delle partiture vivaldiane, il concerto italiano in tre tempi (i due esterni veloci, quello centrale lento) è il canovaccio su cui sono imbastiti i quattro concerti per violino solo, archi e basso continuo della presente incisione; un modello che Bach utilizza con grande libertà, come abbrivio per la propria ispirazione, filtrandolo ogni volta attraverso la propria sensibilità e creatività con impostazioni e scelte assai differenziate. Di questi quattro concerti, due ci sono pervenuti in forma originale (BVW 1042 e BVW 1041), mentre gli altri due, mancando gli originali, sono stati ricostruiti in epoca recente da una loro trascrizione per clavicembalo dello stesso Bach (BVW 1052 e BVW 1056a).
Nell'Allegro iniziale del Concerto per violino, archi e basso continuo in mi maggiore BWV 1042 la scrittura di Bach sembra contenere la sua tipica densità armonico-contrappuntistica, modellandosi sullo stile del concertismo barocco di scuola veneziana. Cosi traspare dal sapore melodico dell'elegante tema orchestrale e dalla chiarezza con cui vengono delimitate le sue differenti sezioni: diversamente dai tempi veloci degli altri tre concerti, risulta infatti una netta demarcazione tra orchestra e interventi del solista, oltre all'uso di una regolare forma di tipo ABA. Particolare è anche il ruolo del solista, contenuto in un ambito ben definito, con interventi brevi, mai superiori alle quattro battute, quasi fosse un prolungamento o un'appendice melodica delle frasi orchestrali. La prima sezione (A) si fonda dunque sul tema iniziale che, con cambiamenti di tonalità, viene ripreso e dilatato dagli insedi individuali del solista; mentre la seconda parte (B), una sorta di sviluppo del materiale tematico, propone una deviazione dal monotematismo della prima parte con un melanconico motivo in minore dei violino solo seguito da un flusso armonico-accordale che conduce al tema, rivisitato in modo minore e in altre tonalità, per poi prepararsi alla ripresa di tutta la prima parte (A).
In netto contrasto con la serena baldanza e la dettagliata articolazione dei due movimenti esterni, l'Adagio centrale propone un'ampia e mesta elegia del solista, tratteggiata in un'atmosfera rarefatta con garbati chiaroscuri espressivi, tra cui l'uso di un accompagnamento statico senza basso, e alcuni delicati passaggi al modo maggiore. Al libero fluire del violino fa da contrappeso la costante regolarità di un motivo ostinato del basso, che si presenta inizialmente come motto introduttivo e al termine come coda conclusiva.
La forma a ritornello è quella che Bach utilizza quasi costantemente in questi concerti; si tratta tuttavia di una struttura appena abbozzata che il genio creativo dell'autore modifica ogni volta a suo piacimento. Nell'Allegro assai ritroviamo invece una perfetta simmetria e una regolare scansione delle frasi melodiche di carattere galante, che invita ad abbandonarsi al rassicurante andamento di una danza ternaria. Ai ritornelli del tema si alternano senza soluzione di continuità quattro episodi affini; i primi tre con fantasie del solista sopra accompagnamenti differenti (solo basso continuo, orchestra senza basso continuo, orchestra completa) l'ultimo invece con un'articolazione più variegata e di doppia lunghezza.
Anche nel primo movimento del Concerto per violino, archi e basso continuo in la minore BWV 1041 troviamo un chiaro riferimento al gusto vivaldiano, focalizzato in questo caso intorno a una delle tecniche più caratteristiche di questo stile: la progressione, ovvero la ripetizione di un breve modello melodico-armonico su diversi gradi della scala. Al tema orchestrale d'inizio, riprodotto con numerose varianti, si alternano dunque fluide sequenze di progressioni affidate quasi esclusivamente al solista, che qui assume dunque un ruolo di conduzione melodica e non piu di semplice prolungamento dell'orchestra. Il confronto con il Concerto BVW 1042 rivela inoltre una divisione meno rigida tra la linea del solista e il tema orchestrale, che spesso si compenetrano trascolorando l'uno nell'altro.
Scritto in un sereno modo maggiore, in alternanza al modo minore dei due tempi veloci, l'Andante gioca sull'antitesi di due differenti soggetti presentati in successione: un pedale di basso dall'incedere lento e pacato, e un fraseggio melodico del solista fatto di terzine. I due elementi normalmente si alternano e solo in alcuni momenti si sovrappongono; la struggente melodia del violino crea infatti, attraverso cambiamenti di modo e tonalità, delle arcate che si appoggiano saltuariamente sugli interventi del basso come su solidi pilastri portanti, fino a quando basso e melodia si ritrovano insieme nella coda conclusiva.
Mosso in uno scorrevole tempo di 9/8, il terzo movimento Allegro assai ha una struttura omogenea e corposa, che alterna il compatto tema orchestrale al più frastaglialo motivo del solista. Queste due componenti si alternano in tonalità diverse per poi tornare nella tonalità iniziale, mentre un tappeto armonico di solista e orchestra porta alla ripresa letterale del tema stesso con cui si completa il movimento.
Il primo movimento del Concerto per violino archi e basso continuo in re minore (ricostruzione dal Concerto per clavicembalo BVW 1052) presenta in successione due soggetti antitetici che verranno intercambiati con inesauribile varietà e fantasia: un tema energico e sincopato dell'orchestra all'unisono e un fitto arpeggiare del solista su accordo fermo di tonica. Il tema orchestrale appare ogni volta con sfaccettature diverse: su pedale di tonica, in un sereno modo maggiore, ancora in minore con accenti più drammatici, contrappuntato dal solista, rielaborato in un'ampia sequenza di progressioni e reiterazioni dell'orchestra. Da parte sua il solista, oltre a intersecare le rielaborazioni del tema con tappeti armonici, assume il ruolo di protagonista nella fase centrale, grazie a un lungo ricamo polifonico intorno alla stessa nota ribattuta. Il movimento si chiude quindi in maniera ciclica, riproponendo il tema all'unisono così come è stato ascoltato in apertura.
L'Adagio inizia anche in questo caso con la figura di basso che sottenderà l'intero movimento: una cupa successione di arpeggi raddoppiati all'unisono dalle altre sezioni orchestrali. Sulla ripetizione del basso, con il ripieno armonico degli archi, il solista dipana un tema lento e sconsolato dal quale derivano le variegate fantasie melodiche del violino, intercalate dal lento pulsare dell'accompagnamento. Questo stesso motivo del basso, con l'orchestra all'unisono come in apertura, incornicia il movimento chiudendolo come mesta coda conclusiva.
Nell'Allegro assai il robusto contrappunto di due linee distinte genera un tema orchestrale vigoroso e di grande impatto. Questo si espande prepotentemente, alternandosi tra rielaborazioni di solista e orchestra e i ritornelli, che vengono modificati da cambi di tonalità, contrappunti del solista o da un raffinato scambio di parti tra violini e bassi. Il violino solo trova invece un proprio spazio individuale svincolato dal tema, nella parte centrale, con un ostinato ricamo intorno a una medesima nota ribattuta, e quindi verso la conclusione, con scale, arpeggi e figure reiterato che culminano sulla cadenza solistica prima dell'ultimo ritornello.
Il Concerto per violino archi e basso continuo in sol minore (ricostruzione dal Concerto per clavicembalo BWV 1056a), che in questa incisione presenta organo e fagotto come basso continuo, si apre in un'atmosfera inusuale con toni gravi e intensi, quasi a far presagire il Bach delle Passioni. Dopo la solenne introduzione del tema orchestrale, il violino solo si libera in un canto intenso e appassionato la cui straordinaria espressività, nonostante un denso fraseggo fatto di terzine, ha dei tratti quasi umani. Dopo un breve accenno al tema orchestrale in maggiore, il solista si esprime con accenti più propriamente strumentali, attraverso una nuova fantasia che si arresta sopra un pedale armonico con un breve ricamo melodico. Il tentativo dell'orchestra di riprendere il tema viene bloccato dal solista, che vi si sovrappone per un ulteriore intervento individuale. La parte conclusiva prevede la ricapitolazione del tema orchestrale nella quale trovano spazio due ulteriori insorti del solista.
Alla densità del primo movimento, nel Largo si contrappone la pacata linearità dell'aria del solista, che si dispiega serena sopra i delicati pizzicati degli archi senza accompagnamento del continuo. Appena increspata da un velo di melanconia con il passaggio dal modo maggiore al minore, la melodia riprende la frase iniziale arricchita di fioriture melodiche, per poi portarsi lentamente verso la cadenza sospesa conclusiva che prepara armonicamente l'avvento dell'ultimo tempo.
Reso fluido e leggero dalla rotondità del tempo e delle progressioni armoniche, oltre che da un ammiccante intercalare di sincopi e brevi pause, il tema del Presto viene più volte ritornellato con la consueta varietà fatta di trasposizioni e inserti melodici. A esso si alterna il solista, non più con fantasie melodiche e arpeggi ostinati, ma con veri e propri temi, che vanno mirabilmente a intrecciarsi ai controcanti delle altre voci orchestrali, tanto che lo stile veneziano sembra qui voler lasciare il passo al sublime dinamismo del contrappunto bachiano che riemerge.
Alla densità del primo movimento, nel Largo si contrappone la pacata linearità dell'aria del solista, che si dispiega serena sopra i delicati pizzicati degli archi senza accompagnamento del continuo. Appena increspata da un velo di melanconia con il passaggio dal modo maggiore al minore, la melodia riprende la frase iniziale arricchita di fioriture melodiche, per poi portarsi lentamente verso la cadenza sospesa conclusiva che prepara armonicamente l'avvento dell'ultimo tempo.
Reso fluido e leggero dalla rotondità del tempo e delle progressioni armoniche, oltre che da un ammiccante intercalare di sincopi e brevi pause, il tema del Presto viene più volte ritornellato con la consueta varietà fatta di trasposizioni e inserti melodici. A esso si alterna il solista, non più con fantasie melodiche e arpeggi ostinati, ma con veri e propri temi, che vanno mirabilmente a intrecciarsi ai controcanti delle altre voci orchestrali, tanto che lo stile veneziano sembra qui voler lasciare il passo al sublime dinamismo del contrappunto bachiano che riemerge.
di Carlo Franceschi De Marchi (note di copertina al CD Amadeus AM 170-2 - Orchestra Aglaia, Cinzia Barbagelata, violino)
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