Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, dicembre 19, 2009

La santità dell'organista

Per una spiritualità del servizio liturgico-musicale

Qualche organista mi ha chiesto di approfondire l'argomento La santità dell'organista. Ho cercato di stendere dei pensieri in base alla mia esperienza di organista di paese (circa 8000 abitanti, nella Bergamasca), che, da trenta anni, è fedele al proprio compito e si chiede il perché: tutte le domeniche alle ore 11.00 e 17.30 con mezz'ora di suono in preparazione alla S. Messa. Il sacrificio non trova giustificazione solo nel piacere di suonare e nella professionalità. C'è qualcosa di più e di molto profondo che trasforma il tutto, fino a farlo diventare un privilegio: amore verso Dio e aiuto ai fedeli per amare maggiormente il Signore. Ma per arrivare a questa consapevolezza ci sono voluti decenni di riflessione con domande e risposte, tipo: perché lo faccio? Non è meglio avere le feste libere e andare a sciare, al lago o in montagna? Ho altre possibilità professionali: chi me lo fa fare? In effetti non avevo fatto i conti con il padrone di casa, il Signore, che, invece, ha altre idee e vede le cose sotto un diverso punto di vista. Se pensiamo che il nostro
far musica è per Lui, creatore delle galassie stellari, nel tabernacolo presente in modo reale sotto le specie del pane, ci sentiamo un nulla e nello stesso tempo dei privilegiati: ci tremano i polsi.

Collaborare con l'opera di Dio
Nostro compito è dare fiducia, perché molti organisti si sentono non solo incompresi, poco o nulla considerati, ma demotivati per la banalità delle musiche e la trascuratezza degli strumenti, per lo più suonati in modo superficiale e incompetente, tanto da far allontanare le anime da Dio. E li capiamo a fondo e bene. Eppure è importante che sappiano che nel piano del Signore il loro ruolo è oltremodo importante, tant'è che può definirsi un privilegio, in quanto strumento di Dio per agire sui fedeli. Questi, infatti, sono attratti dalla Sua luce anche con la musica. Noi, in realtà, senza rendercene conto, mettiamo in moto delle dinamiche assai importanti per la loro crescita spirituale, in quanto la musica ha un enorme potere sia sul corpo che sullo spirito. Se pensiamo che il Signore ha il cuore tenero come quello di una mamma, capiamo il perché utilizza la musica: per entrare nell'anima del suo bimbo, per farlo sognare, per accarezzarlo dargli sicurezza e gioia. Questo giustifica ogni nostro sacrificio, correlato da profonda gioia e soddisfazione. Vediamo dettagliatamente i perché.

Privilegio e responsabilità
Se fare l'organista è un pregio, occorre sottolineare che molta è la responsabilità. In generale si può affermare che chi suona è sempre messo alla prova. Nel nostro caso lo è doppiamente, in quanto oltre all'aspetto musicale-artistico c'è quello spirituale. Ma perché la prova sia positiva bisogna preparare a Dio le condizioni al fine di agire sulle anime. Per questo occorre far crescere l'aspetto spirituale. La cosa non è automatica: come per la parte artistica dedichiamo decenni di studio, così deve essere per quella spirituale. Invece la trascuriamo. Crediamo che lo spirituale sia conseguente o di scarsa importanza. Al contrario. Un organista senza spiritualità quando suona può infastidire pur essendo un professionista; invece un organista ricolmo di spiritualità, che esegue in modo corretto cose semplici e non banali, è gradito.

Fare cose semplici in maniera straordinaria
Scriveva S. Massimiliano Kolbe (1894-1941): «Compi le piccole cose con grande amore, è la maggior sorgente di meriti. Fissa lo sguardo verso il fine. Una cosa di poco conto sovente è la causa, magari sconosciuta, di grande cose». Per realizzare questo non occorre per forza eseguire pezzi difficili e belli ma brani semplici - non sciatti - in maniera straordinaria, cioè con molta serietà e impegno. Tutto questo solo ed esclusivamente per il Signore, che è presente nella vita più di quanto pensiamo; in particolare:

  • suonare pezzi, anche facili, in modo ineccepibile, come se fosse un'esecuzione davanti a chi è più di un sovrano;

  • avere sempre la mente, lo spirito, il corpo e la vita rivolta a Dio, non per essere dei bigotti o dei poveracci senza arte né parte, ma, al contrario, per essere il meglio;

  • essere forte nella spiritualità perché con il suono si trasmette quello che si è; in virtù di questa legge naturale se uno è banale comunica banalità pur suonando in modo ineccepibile;

  • preparare i fedeli alla preghiera con la musica affinché aprano il cuore a Dio;

  • essere umile riconoscendo a Dio i meriti di ogni nostra azione.

La musica agisce in modo totalizzante
La musica agisce in modo totalizzante: o suscitando e ampliando sentimenti di adorazione e di ascolto dello Spirito di Dio; o infastidendo, talvolta in modo insopportabile, allontanando il Signore perché l'anima si irrigidisce e si innervosisce. Per questo l'organista deve essere persona molto accorta, esercitata oltre che nel suono anche nello spirito, nella vita privata e di relazione, perché tutto contribuisca al fine. Occorre, pertanto, non solo studiare ma pregare ed essere una brava persona con sé e gli altri. Un organista cafone, anche se professionista, sarà devastante per il fedele. Preghiera, musica e coerenza (con tutti i limiti che nascono dalla nostra particolare condizione umana) siano un connubio forte, discreto e intenso. Crediamo che non si è pienamente musicisti se non si prega e si vive con coerenza. Da ciò nasce lo stato di viva soddisfazione nell'aver servito il Signore, per l'aiuto e l'elevazione dei fedeli, la liturgia e il culto. Il sacrificio di rinuncia a tanti piaceri della vita (ad esempio gite domenicali, tempo libero, svaghi, ritrovo con gli amici e altro) diventano preziosissimi strumenti di amore per il prossimo, per la crescita e la salvezza delle anime, nonché meriti fisici e spirituali per noi. E allora, come abbiamo detto sopra, una cosa di poco conto, sovente è la causa, magari sconosciuta, di grande cose.

Chi può guidare il nostro cuore?
Fa da guida al nostro cuore Maria SS. che invochiamo a Regina della Musica e delle Arti. È meraviglioso constatare come ogni volta che noi preghiamo Dio, Egli ci rimandi a Sua madre Maria affinché sia sempre il nostro modello di riferimento. Ella, quale madre di tutta l'umanità, se da un lato è sempre attenta e sollecita a portare all'attenzione di Gesù le necessità di tutti noi suoi figli, dall'altro non esita un solo istante ad insistere, con pressanti appelli, affinché noi facciamo esattamente tutto ciò che il Signore raccomanda di fare: pregare e adorare unicamente Dio, fare la Sua volontà e vivere nella gioia con coerenza di vita. E Maria, sempre fedele alle consegne ricevute da Suo Figlio, mai ha fatto mancare l'amorevole soccorso e la sicura guida a chiunque l'abbia invocata, sia nei momenti di gioia che in quelli di sofferenza. Tanto più lo fa a noi organisti che siamo in prima fila nell'adorazione, nella preghiera e nella formazione delle anime.

Sentirsi partecipi del progetto divino
Fare l'organista deve essere anche vocazione. Che cosa vuol dire? Sentirsi partecipi del progetto divino, in un'ottica di fede, per il bene proprio e del prossimo. È un sogno che Dio ha su ciascuno di noi, ma la cui realizzazione dipende da noi stessi. Quanti suonano per il Signore? I più per sé stessi, per il piacere di suonare. Ed è una cosa rispettabile anche questa. Ma infinitamente al di sotto di chi lo fa per Lui. Suonare vuol dire comunicare: trasmettere positività o negatività. Ed è solo dove c'è l'amore verso Dio che esiste positività. Essa si estende ai fedeli con effetti meravigliosi da noi nemmeno percepibili, tanto sono profondi e intimi. Ci si affida a Lui, dunque, nella piena fiducia e disponibilità.

Occorre la semplicità dell'anima
La semplicità dell'anima è la condizione senza la quale Dio non riesce ad agire in noi, in quanto esseri liberi. Dunque tocca a noi alzare lo sguardo e osservare Lui. L'organista dà la propria arte a Dio. Egli la trasforma e, come pioggia salutare, scende sulle anime, e dà vitalità ad esse. Nessuno è grande davanti a Dio; lo si diventa nell'umiltà. L'organista, anche quando con merito esegue brani meravigliosi, deve suonare con sincera modestia. Che cosa vuol dire? Che riconosce i propri limiti, rifuggendo da ogni forma di superbia, sempre in agguato.

Belle parole. Ma è necessario passare ai fatti
Quali? Della vita e dell'operosità; in particolare:

  • quando in chiesa nella S. Messa è proclamata la parola di Dio devo prestare attenzione per suonare secondo la Sua parola;

  • alla Consacrazione parteciperò con intensità di preghiera e di suono;

  • se improvviso sottolineerò la particolarità del momento;

  • devo far si che il canto dei fedeli sia invogliato, partecipato, corale;

  • quando c'è spazio per la sola musica, la scelta del brano e l'intensità dell'esecuzione suscitino emozioni e profonda preghiera;

  • sarò il primo ad entrare in chiesa e l'ultimo ad uscire.

Per questo occorre chiedere incessantemente a Dio di essere degni, avere la forza, la volontà, l'ispirazione, in modo che venga spontaneo dire: «che io suoni solo ed esclusivamente per Te, per portare le anime a Te», evitando la lusinga degli altri, stando in disparte. Così l'offerta sarà completa.

di Giosuè Berbenni

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