Intervista ad Alessandro Baricco, regista del film Lezione 21, sulla Nona e gli stereotipi sul mito del compositore. Nelle sale dal 17 ottobre 2008.
Esce nelle sale venerdì 17 ottobre (senza alcun timore scaramantico) il film Lezione 21 di Alessandro Baricco, con John Hurt, Noah Taylor, Leonor Watling, dove si intrecciano varie storie: la prima esecuzione della Nona di Beethoven, un violinista che muore assiderato...
«Nel film - spiega Baricco - un professore geniale e un po' matto, Mondrian Killroy, spiega la sua teoria (che non è necessariamente la mia) secondo la quale la Nona, come altri 143 capolavori tipo il Partenone, l'Ulisse di Joyce, la Gioconda, è sopravvalutata: cioè la storia della cultura ha aggiunto a quelle opere un valore che se poi uno cerca di rintracciare nell'opera stessa, non trova. Racconto anche cosa è successo quel 7 maggio 1824 quando la Nona venne eseguita per la prima volta. Ma quello che mi interessava veramente analizzare è come nasce uno stereotipo, perché serve a spiegare un pezzo della nostra cultura. Perché Beethoven è diventato un eroe, il protomartire dell'arte romantica? Perché dai primi romantici a Wagner ci è stata tramandata questa figura? Capire perché a un certo punto si è sentito il bisogno di costruire una figura eroica serve a capire un pezzo della nostra storia. E' stato il primo artista al quale sia stato dedicato un monumento, prima si innalzavano ai condottieri e ai santi, non certo agli artisti».
Così nel film ci sono anche i suoi contemporanei che lo raccontano...
«Sì, diciamo che sono tre gruppi, tre fasce sociali che parlano di lui, sono testimoni d'epoca, collocati come se fossero in un quadro: i musicisti che hanno sempre uno strumento in mano; i borghesi, ovvero il pubblico nuovo che Beethoven ha portato ai concerti, che mangiano sempre e gli aristocratici al tramonto, ai quali sono rimaste solo le parrucche. Beethoven piaceva a tutti, agli ultimi e ai primi, e loro ne parlano non come se fosse un dio, ma come un contemporaneo che potevano incontrare per strada - come se noi vedessimo Francis Ford Coppola - e quindi hanno anche un tono irrispettoso. Quel rispetto sacrale per la sua figura, la costruzione del mito è avvenuta dopo».
Parliamo della colonna sonora, fondamentale in un film come questo, che interpretazioni hai scelto?
«La Nona che si ascolta nel film è quella diretta da Claudio Abbado con i Berliner Philharmonilker nell'ultima integrale che ha registrato: per me è la Nona più bella, la più moderna, è classica ma c'è anche tanta modernità. Sono andato da Abbado e l'ho supplicato che ci concedesse di usarla, lui ha chiesto di leggere la sceneggiatura, di vedere un pre montato, e poi è, stato così gentile da darci il permesso! Poi ci sono gli ultimi due minuti del Quarto movimento della Settima sinfonia di Beethoven diretti da Daniel Harding - questa è proprio una scena del film - la sua è un'esecuzione molto ritmica, molto spigolosa, 'hardinghiana'. A Mario Brunello ho chiesto che coinvolgesse altri tre musicisti per incidere per noi la Canzona dal Quartetto op. 132 di Beethoven, lui mi ha subito risposto che è il sogno di ogni strumentista ad arco quello di incidere il Quartetto op. 132! Cosi ha chiamato i violinisti Marco Rizzi e Fabio Paggioro, il violista Danilo Rossi e in uno studio di Castelfranco Veneto hanno registrato la Canzona, suonandola divinamente e nel film ce ne sono circa sette minuti: cosa che per un film è un assurdo totale. Tutte le musiche della colonna sonora usciranno in un cd della Deutsche Grammophon che comprende anche 'Nacqui all'affanno` dalla Cenerentola di Rossini canzato dalla Bartoli, un song di Nina Simone ... ».
Ma quale sarà il pubblico che andrà a vedere questo film? Chi ama la classica, chi non ne sa nulla?
«lo non penso a un pubblico nemmene quando scrivo i libri. Ho pensato a questa idea, l'ho lavorata come un artigiano e poi è diventata un prodotto commerciale: sono curioso di vedere come andrà a finire. E' difficile apire quale possa essere il pubblico: tutti e nessuno. Chi già segue i concerti non ne esce annoiato, c'è "da mordere" anche per lui, chi non ne sa nulla scopre delle cose. Mi piacerebbe che fosse come Shrek, che piace al nonno, al papà e al bambino, ognuno sceglie il suo livello di lettura e si ritaglia il suo strato diverso di torta».
«Nel film - spiega Baricco - un professore geniale e un po' matto, Mondrian Killroy, spiega la sua teoria (che non è necessariamente la mia) secondo la quale la Nona, come altri 143 capolavori tipo il Partenone, l'Ulisse di Joyce, la Gioconda, è sopravvalutata: cioè la storia della cultura ha aggiunto a quelle opere un valore che se poi uno cerca di rintracciare nell'opera stessa, non trova. Racconto anche cosa è successo quel 7 maggio 1824 quando la Nona venne eseguita per la prima volta. Ma quello che mi interessava veramente analizzare è come nasce uno stereotipo, perché serve a spiegare un pezzo della nostra cultura. Perché Beethoven è diventato un eroe, il protomartire dell'arte romantica? Perché dai primi romantici a Wagner ci è stata tramandata questa figura? Capire perché a un certo punto si è sentito il bisogno di costruire una figura eroica serve a capire un pezzo della nostra storia. E' stato il primo artista al quale sia stato dedicato un monumento, prima si innalzavano ai condottieri e ai santi, non certo agli artisti».
Così nel film ci sono anche i suoi contemporanei che lo raccontano...
«Sì, diciamo che sono tre gruppi, tre fasce sociali che parlano di lui, sono testimoni d'epoca, collocati come se fossero in un quadro: i musicisti che hanno sempre uno strumento in mano; i borghesi, ovvero il pubblico nuovo che Beethoven ha portato ai concerti, che mangiano sempre e gli aristocratici al tramonto, ai quali sono rimaste solo le parrucche. Beethoven piaceva a tutti, agli ultimi e ai primi, e loro ne parlano non come se fosse un dio, ma come un contemporaneo che potevano incontrare per strada - come se noi vedessimo Francis Ford Coppola - e quindi hanno anche un tono irrispettoso. Quel rispetto sacrale per la sua figura, la costruzione del mito è avvenuta dopo».
Parliamo della colonna sonora, fondamentale in un film come questo, che interpretazioni hai scelto?
«La Nona che si ascolta nel film è quella diretta da Claudio Abbado con i Berliner Philharmonilker nell'ultima integrale che ha registrato: per me è la Nona più bella, la più moderna, è classica ma c'è anche tanta modernità. Sono andato da Abbado e l'ho supplicato che ci concedesse di usarla, lui ha chiesto di leggere la sceneggiatura, di vedere un pre montato, e poi è, stato così gentile da darci il permesso! Poi ci sono gli ultimi due minuti del Quarto movimento della Settima sinfonia di Beethoven diretti da Daniel Harding - questa è proprio una scena del film - la sua è un'esecuzione molto ritmica, molto spigolosa, 'hardinghiana'. A Mario Brunello ho chiesto che coinvolgesse altri tre musicisti per incidere per noi la Canzona dal Quartetto op. 132 di Beethoven, lui mi ha subito risposto che è il sogno di ogni strumentista ad arco quello di incidere il Quartetto op. 132! Cosi ha chiamato i violinisti Marco Rizzi e Fabio Paggioro, il violista Danilo Rossi e in uno studio di Castelfranco Veneto hanno registrato la Canzona, suonandola divinamente e nel film ce ne sono circa sette minuti: cosa che per un film è un assurdo totale. Tutte le musiche della colonna sonora usciranno in un cd della Deutsche Grammophon che comprende anche 'Nacqui all'affanno` dalla Cenerentola di Rossini canzato dalla Bartoli, un song di Nina Simone ... ».
Ma quale sarà il pubblico che andrà a vedere questo film? Chi ama la classica, chi non ne sa nulla?
«lo non penso a un pubblico nemmene quando scrivo i libri. Ho pensato a questa idea, l'ho lavorata come un artigiano e poi è diventata un prodotto commerciale: sono curioso di vedere come andrà a finire. E' difficile apire quale possa essere il pubblico: tutti e nessuno. Chi già segue i concerti non ne esce annoiato, c'è "da mordere" anche per lui, chi non ne sa nulla scopre delle cose. Mi piacerebbe che fosse come Shrek, che piace al nonno, al papà e al bambino, ognuno sceglie il suo livello di lettura e si ritaglia il suo strato diverso di torta».
di Susanna Franchi ("il giornale della musica", Anno XXIV n.252, ottobre 2008)
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