Idomeneo è il primo capolavoro di Mozart. Ebbe un deciso successo quando fu rappresentata la prima volta, poi sporadiche riprese. Una lunga eclisse, terminata solo a metà del Secolo passato, quando l'opera è entrata gradualmente nel repertorio.
Con Idomeneo Mozart inizia a forzare l'architettura formale dell'opera seria settecentesca, ovvero, questa serie potenzialmente infinita di recitativi e arie col "da capo". Sperimenta nuove possibilità di drammaturgia musicale, molte arie non rispettano la classica forma A-B-A1 e non possono essere considerate chiuse, sfociando naturalmente nel recitativo successivo; ciò vuol dire una cosa importantissima: Mozart sperimenta e prova, con estremo successo, a scardinare la "forma" per privilegiare il fluire della drammaturgia e degli affetti in musica. Idomeneo è grande avanguardia.
Cosa intende per drammaturgia musicale?
Armonia al servizio della poesia, come da "Seconda prattica" monteverdiana, quest'incrocio straordinario tra partitura e libretto. Lo studio della partitura, quindi diventa per me momento di ricerca drammaturgico registica fondante ed il luogo da cui sorge ogni agito scenico.
Credo che Idomeneo veicoli, nella sua drammaturgia, temi fondamentali del XVIII secolo. Il pensiero illuminista ha pervaso l'alta società, le corti, ma non solo, anche la società proto-borghese. Il tempo dell'Idomeneo, 1781 meno di otto anni dalla Rivoluzione francese e dieci dalla morte di Mozart, investe l'uomo della responsabilità nella propria vita civile e sociale: responsabilità e diritto alla felicità (come afferma la Costituzione Americana 1776).
Nettuno, Idomeneo, il Mostro, La Voce, sono i soggetti straordinari di questa vicenda; il rapporto tra l'uomo la deità, gl'inferi e la verità, sta alla base della cultura occidentale pre e post freudiana. Il tempo di Mozart ci dice che l'uomo è il centro, l'uomo ha la responsabilità, è il creatore di deità, di inferi e di mostri. È Idomeneo che deve trovare la strada per capire ed è per ciò che La Voce in questo allestimento si manifesterà dentro Idomeneo. Solo l'uomo può pensare di assolversi e di far emergere la verità profonda da dentro. La Voce non è la voce di Nettuno (non c'è scritto mai su libretto!), è la Voce della verità della vita, oggettiva eterna e votata alla vita stessa che esiste in ogni cosa e in noi. Questo apre a tutta una serie di interessantissime chiavi di lettura: Idomeneo ha compreso che per andare verso la felicità (in questo caso far sì che un destino d'amore si compia, quella di suo figlio nei confronti di Ilia) è necessario che un destino di vita si compia, che la vita basta a se stessa e non serve un sacrificio. L'unico grande sacrificio è quello di perdere il proprio piccolo "io" e abbandonarsi profondamente alla propria deità, e che questa consapevolezza possa portare attraverso azioni concrete a liberare l'uomo, il suo mondo, dalla sua oscurità fondamentale, liberare Idomeneo dal "voto tremendo" di uccidere suo figlio Idamante.
Questo aspetto si ricollega al grande tema padre e figlio e quello del sacrificio.
Partendo dal fatto che Idomeneo, come ogni uomo, è possessore di deità e di inferi, si arriverà anche a capire che il mostro è Idomeneo, il mostro è l'effetto di una causa messa dall'uomo. Si pensi a che tipo di valenze psicanalitiche straordinarie prende quindi l'uccisione del mostro da parte del figlio Idamante. Ogni figlio ha bisogno di uccidere un padre per poter esistere, per affermare la propria vita e tentare di dirottarne il destino. L'Idomeneo ha una portata tematica immensa anche per le implicazioni psicologiche intrinseche alla vicenda e chiaramente comprensibili ormai per una società "psicanalizzata" come la nostra. Insieme allo scenografo Santi Centineo e alla costumista Giusi Giustino, abbiamo utilizzato come riferimento visivo David La Chapelle, straordinario artista visivo dei nostri tempi capace di rendere mitica la contemporaneità.
Nello scambio epistolare fra Leopold e Amadeus emerge un forte legame/dipendenza fra i due, quasi come quello fra Idomeneo e Idamante?
Il rapporto Idomeneo-Idamante sovrapposto a quello Leopold-Amadeus è stato studiato a lungo: ma qui siamo di fronte alla grandezza di Mozart nel rendere anche i drammi delle nostre umane fragilità alti, mitici, universalmente condivisi e riconoscibili. Nella vita di Mozart l'emancipazione dal padre, coincide anche con l'affermazione completa della personalità artistica e della sua creazione. Ma questo capita a tutti noi. Una paternità è da superare psicologicamente, da uccidere in una parte di noi, per amarla in modo adulto e consapevole. Lo dico da padre: spesso vivo alcune cose di mio figlio come un'uccisione del mio Sé ed è invece un'affermazione del suo.
Nettuno, il mostro e la Voce sono potenzialità o possibilità della nostra vita e in quella di Idomeneo. Quindi Idamante uccidendo il mostro uccide una parte del padre per scegliere poi il suo destino, scegliere di morire per il padre e per Creta: Idamante è figlio di re capace anche di assolvere con la morte le responsabilità di uomo di Stato.
Altri tempi. Altre morali.
Il teatro è materia plastica, deve continuamente rappresentare una società esserne lo specchio. La grande difficoltà nel mettere in scena Idomeneo sta anche in un'azione scenica ridotta e in un dramma prevalentemente interiore che si consuma nell'arco della rappresentazione. Per questo trovo, nei turbamenti emotivi e nel profondo contrasto di ogni personaggio, la straordinaria modernità di quest'Opera.
Parliamo dei due personaggi femminili: la trojana Ilia e la greca Elettra.
Ilia e Elettra rappresentano due possibilità di scegliere dove dirigere l'amore, nel senso che hanno le stesse pulsioni, la stessa energia, ma le vivono a latitudini morali lontane: una volge tutta questa energia verso l'autodistruzione, Elettra; l'altra, Ilia, sceglie la vita comunque anche a costo della propria. Il desiderio di Elettra di autodistruggersi avviene alla fine di un percorso dove possiamo vedere una collezione tragica di tutto quello che può incarnare la donna di oggi. La donna "rifatta" che ricerca di essere riconosciuta per lo status, il fisico, l'apparenza, il potere. Non è certo la "bontà in trionfo".
Entrambe sono donne piene di contraddizioni. Ilia vive una serie di contrasti interiori impressionanti: ama il figlio dell'uomo che ha contribuito a sterminare la propria famiglia. Nella prima aria ("Padre, germani") sembra soccombere al terribile senso di colpa. L'amore per il padre, per la famiglia assassinata, il volto di Idamante che ha lo stesso sangue di chi ha ucciso il proprio padre. Ilia accetta di essere campo di battaglia di questi sensi di colpa, rischia di soccombere ma lotta. La vita di Elettra si chiude, in tutto quello che porta come istanze drammaturgiche. La cosa straordinaria è che comunque entrambe sono servite dalla partitura in maniera mirabile, anche l'isteria di Elettra in Mozart non abdica mai all'eleganza.
Altro protagonista dell'opera è il mare – cito una frase bellissima di Massimo Mila – "il personaggio più imprevisto che si possa pensare nell'opera settecentesca; presenza costante incombente come un paesistico basso continuo; dopo Monteverdi una delle prime apparizioni della Natura profondamente sentita del teatro d'opera". È d'accordo?
Sì, assolutamente. Il mare, in quest'Opera, diventa termine di amplificazione e incarnazione naturale del nostro umano sentire; inoltre è un elemento altro, un confine. In ogni caso vedremo una presenza costante dell'acqua, intesa come limite anche della nostra percezione della vita. È un mondo che si viene a creare proprio per mano di Idomeneo. Una specie di contenitore di vita, una scatola d'acqua: è il nostro mondo e allo stesso tempo è il mondo in cui si svolge questa vicenda. È la vita, il limite umano di Idomeneo, che viene a crearsi durante l'ouverture. Questo limite sarà superato solo con l'accettazione del fatto di essere in grado di poter far emergere la parte più illuminata del Sé. E quindi dopo la Voce, dopo l'aria di Elettra tutta la scena crollerà, oltre il limite troveremo la vittoria della luce.
Mila diceva anche che l'acqua era una sorta di grande metafora delle nostre umane fragilità. Noi in balia delle onde, della nostra emotività. Noi che godiamo di mari calmi che in qualche modo ci fanno sperare nel futuro. Noi completamente incapaci di gestire le tempeste del nostro cuore, della nostra anima. D'altronde il mare per esempio ha permeato anche una delle tipificazioni musicali utilizzate in tutta l'opera seria, come l'aria di tempesta.
In quale tempo storico ha ambientato la vicenda?
La classicità e ciò che il mito rappresenta parlano a noi oggi come parlavano alla vita degli uomini del XVIII secolo.
Il mito ha in se un'atemporalità che ne sottintende il valore universale, per questo la vicenda sarà in un non tempo, con elementi classici e di altre epoche, come per abbracciare idealmente le esperienze umane, gli sforzi di ogni uomo in ogni tempo verso la verità, verso la scoperta della propria deità, l'accettazione e superamento del mostro per lasciar emergere con la luce la Voce che tutto scioglie, anche le nostre paure più ancestrali, così come avviene in quest'opera e nel cuore di Idomeneo.
www.davidelivermore.com
Con Idomeneo Mozart inizia a forzare l'architettura formale dell'opera seria settecentesca, ovvero, questa serie potenzialmente infinita di recitativi e arie col "da capo". Sperimenta nuove possibilità di drammaturgia musicale, molte arie non rispettano la classica forma A-B-A1 e non possono essere considerate chiuse, sfociando naturalmente nel recitativo successivo; ciò vuol dire una cosa importantissima: Mozart sperimenta e prova, con estremo successo, a scardinare la "forma" per privilegiare il fluire della drammaturgia e degli affetti in musica. Idomeneo è grande avanguardia.
Cosa intende per drammaturgia musicale?
Armonia al servizio della poesia, come da "Seconda prattica" monteverdiana, quest'incrocio straordinario tra partitura e libretto. Lo studio della partitura, quindi diventa per me momento di ricerca drammaturgico registica fondante ed il luogo da cui sorge ogni agito scenico.
Credo che Idomeneo veicoli, nella sua drammaturgia, temi fondamentali del XVIII secolo. Il pensiero illuminista ha pervaso l'alta società, le corti, ma non solo, anche la società proto-borghese. Il tempo dell'Idomeneo, 1781 meno di otto anni dalla Rivoluzione francese e dieci dalla morte di Mozart, investe l'uomo della responsabilità nella propria vita civile e sociale: responsabilità e diritto alla felicità (come afferma la Costituzione Americana 1776).
Nettuno, Idomeneo, il Mostro, La Voce, sono i soggetti straordinari di questa vicenda; il rapporto tra l'uomo la deità, gl'inferi e la verità, sta alla base della cultura occidentale pre e post freudiana. Il tempo di Mozart ci dice che l'uomo è il centro, l'uomo ha la responsabilità, è il creatore di deità, di inferi e di mostri. È Idomeneo che deve trovare la strada per capire ed è per ciò che La Voce in questo allestimento si manifesterà dentro Idomeneo. Solo l'uomo può pensare di assolversi e di far emergere la verità profonda da dentro. La Voce non è la voce di Nettuno (non c'è scritto mai su libretto!), è la Voce della verità della vita, oggettiva eterna e votata alla vita stessa che esiste in ogni cosa e in noi. Questo apre a tutta una serie di interessantissime chiavi di lettura: Idomeneo ha compreso che per andare verso la felicità (in questo caso far sì che un destino d'amore si compia, quella di suo figlio nei confronti di Ilia) è necessario che un destino di vita si compia, che la vita basta a se stessa e non serve un sacrificio. L'unico grande sacrificio è quello di perdere il proprio piccolo "io" e abbandonarsi profondamente alla propria deità, e che questa consapevolezza possa portare attraverso azioni concrete a liberare l'uomo, il suo mondo, dalla sua oscurità fondamentale, liberare Idomeneo dal "voto tremendo" di uccidere suo figlio Idamante.
Questo aspetto si ricollega al grande tema padre e figlio e quello del sacrificio.
Partendo dal fatto che Idomeneo, come ogni uomo, è possessore di deità e di inferi, si arriverà anche a capire che il mostro è Idomeneo, il mostro è l'effetto di una causa messa dall'uomo. Si pensi a che tipo di valenze psicanalitiche straordinarie prende quindi l'uccisione del mostro da parte del figlio Idamante. Ogni figlio ha bisogno di uccidere un padre per poter esistere, per affermare la propria vita e tentare di dirottarne il destino. L'Idomeneo ha una portata tematica immensa anche per le implicazioni psicologiche intrinseche alla vicenda e chiaramente comprensibili ormai per una società "psicanalizzata" come la nostra. Insieme allo scenografo Santi Centineo e alla costumista Giusi Giustino, abbiamo utilizzato come riferimento visivo David La Chapelle, straordinario artista visivo dei nostri tempi capace di rendere mitica la contemporaneità.
Nello scambio epistolare fra Leopold e Amadeus emerge un forte legame/dipendenza fra i due, quasi come quello fra Idomeneo e Idamante?
Il rapporto Idomeneo-Idamante sovrapposto a quello Leopold-Amadeus è stato studiato a lungo: ma qui siamo di fronte alla grandezza di Mozart nel rendere anche i drammi delle nostre umane fragilità alti, mitici, universalmente condivisi e riconoscibili. Nella vita di Mozart l'emancipazione dal padre, coincide anche con l'affermazione completa della personalità artistica e della sua creazione. Ma questo capita a tutti noi. Una paternità è da superare psicologicamente, da uccidere in una parte di noi, per amarla in modo adulto e consapevole. Lo dico da padre: spesso vivo alcune cose di mio figlio come un'uccisione del mio Sé ed è invece un'affermazione del suo.
Nettuno, il mostro e la Voce sono potenzialità o possibilità della nostra vita e in quella di Idomeneo. Quindi Idamante uccidendo il mostro uccide una parte del padre per scegliere poi il suo destino, scegliere di morire per il padre e per Creta: Idamante è figlio di re capace anche di assolvere con la morte le responsabilità di uomo di Stato.
Altri tempi. Altre morali.
Il teatro è materia plastica, deve continuamente rappresentare una società esserne lo specchio. La grande difficoltà nel mettere in scena Idomeneo sta anche in un'azione scenica ridotta e in un dramma prevalentemente interiore che si consuma nell'arco della rappresentazione. Per questo trovo, nei turbamenti emotivi e nel profondo contrasto di ogni personaggio, la straordinaria modernità di quest'Opera.
Parliamo dei due personaggi femminili: la trojana Ilia e la greca Elettra.
Ilia e Elettra rappresentano due possibilità di scegliere dove dirigere l'amore, nel senso che hanno le stesse pulsioni, la stessa energia, ma le vivono a latitudini morali lontane: una volge tutta questa energia verso l'autodistruzione, Elettra; l'altra, Ilia, sceglie la vita comunque anche a costo della propria. Il desiderio di Elettra di autodistruggersi avviene alla fine di un percorso dove possiamo vedere una collezione tragica di tutto quello che può incarnare la donna di oggi. La donna "rifatta" che ricerca di essere riconosciuta per lo status, il fisico, l'apparenza, il potere. Non è certo la "bontà in trionfo".
Entrambe sono donne piene di contraddizioni. Ilia vive una serie di contrasti interiori impressionanti: ama il figlio dell'uomo che ha contribuito a sterminare la propria famiglia. Nella prima aria ("Padre, germani") sembra soccombere al terribile senso di colpa. L'amore per il padre, per la famiglia assassinata, il volto di Idamante che ha lo stesso sangue di chi ha ucciso il proprio padre. Ilia accetta di essere campo di battaglia di questi sensi di colpa, rischia di soccombere ma lotta. La vita di Elettra si chiude, in tutto quello che porta come istanze drammaturgiche. La cosa straordinaria è che comunque entrambe sono servite dalla partitura in maniera mirabile, anche l'isteria di Elettra in Mozart non abdica mai all'eleganza.
Altro protagonista dell'opera è il mare – cito una frase bellissima di Massimo Mila – "il personaggio più imprevisto che si possa pensare nell'opera settecentesca; presenza costante incombente come un paesistico basso continuo; dopo Monteverdi una delle prime apparizioni della Natura profondamente sentita del teatro d'opera". È d'accordo?
Sì, assolutamente. Il mare, in quest'Opera, diventa termine di amplificazione e incarnazione naturale del nostro umano sentire; inoltre è un elemento altro, un confine. In ogni caso vedremo una presenza costante dell'acqua, intesa come limite anche della nostra percezione della vita. È un mondo che si viene a creare proprio per mano di Idomeneo. Una specie di contenitore di vita, una scatola d'acqua: è il nostro mondo e allo stesso tempo è il mondo in cui si svolge questa vicenda. È la vita, il limite umano di Idomeneo, che viene a crearsi durante l'ouverture. Questo limite sarà superato solo con l'accettazione del fatto di essere in grado di poter far emergere la parte più illuminata del Sé. E quindi dopo la Voce, dopo l'aria di Elettra tutta la scena crollerà, oltre il limite troveremo la vittoria della luce.
Mila diceva anche che l'acqua era una sorta di grande metafora delle nostre umane fragilità. Noi in balia delle onde, della nostra emotività. Noi che godiamo di mari calmi che in qualche modo ci fanno sperare nel futuro. Noi completamente incapaci di gestire le tempeste del nostro cuore, della nostra anima. D'altronde il mare per esempio ha permeato anche una delle tipificazioni musicali utilizzate in tutta l'opera seria, come l'aria di tempesta.
In quale tempo storico ha ambientato la vicenda?
La classicità e ciò che il mito rappresenta parlano a noi oggi come parlavano alla vita degli uomini del XVIII secolo.
Il mito ha in se un'atemporalità che ne sottintende il valore universale, per questo la vicenda sarà in un non tempo, con elementi classici e di altre epoche, come per abbracciare idealmente le esperienze umane, gli sforzi di ogni uomo in ogni tempo verso la verità, verso la scoperta della propria deità, l'accettazione e superamento del mostro per lasciar emergere con la luce la Voce che tutto scioglie, anche le nostre paure più ancestrali, così come avviene in quest'opera e nel cuore di Idomeneo.
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