Il progetto del Concerto in sol per pianoforte e orchestra nacque in vista della tournée negli Stati Uniti e nel Canada che Ravel fece nei primi quattro mesi del 1928 su invito di Germaine Schmitz. Il concerto avrebbe dovuto servire alle esibizioni pianistiche dell'autore, che finì per ripiegare sulla più facile Sonatine, sull'accompagnamento della Sonate per violino e pianoforte e delle composizioni vocali. Il Concerto in re per la mano sinistra fu invece commissionato a Ravel da Paul Wittgenstein, fratello del filosofo: a Wittgenstein era stato amputato il braccio destro, in seguito ad una ferita di guerra.
Prima di partire per gli Stati Uniti, Ravel fu impegnato nel completamento della Sonate per violino e pianoforte e così il Concerto in sol subì un rinvio: il progetto, inizialmente, era quello di un divertimento, anziché di un concerto, e dal divertimento derivano, secondo Gil-Marchex, il primo e l'ultimo movimento. Di ritorno dalla tournée americana, Ravel lavorò contemporaneamente ai due concerti: finì prima il Concerto in re per la mano sinistra, che era stato iniziato per secondo: la prima esecuzione fu data a Vienna, il 27 novembre 1931, da Paul Wittgenstein, il quale però ne suonava una versione semplificata. Successivamente, Ravel portò a termine il Concerto in sol, che egli stesso diresse avendo affidato la parte solistica a Marguerite Long, eccellente interprete del Tombeau de Couperin: la prima esecuzione riscosse enorme successo il 14 gennaio 1932 alla Salle Pleyel. In seguito, Ravel e Marguerite Long intrapresero, col Concerto in sol, una fortunata tournée europea. Dell'esecuzione esiste anche un'incisione discografica.
La fortuna di questo concerto, penultimo lavoro di Ravel prima di Don Quichotte à Dulcinée, confermò i successi riportati dal musicista negli Stati Uniti. Il pubblico, addirittura la folla aveva decretato trionfi alla Valse diretta dall'autore, a Los Angeles, e Ravel si era sottratto a fatica agli ammiratori; quando Kussevitzky, durante un concerto di musiche raveliane, indicò il musicista al pubblico, «un vero delirio nella sala», ha narrato Hélène Jourdan-Morhange. «Le donne gli lanciarono fiori tolti dalla scollatura, gli uomini urlavano o fischiavano secondo l'uso aniericano, i programmi volteggiavano per l'aria; una vera e propria ovazione, insomma, durata più di dieci minuti ». E stando al racconto della Jourdan-Morhange, fedele interprete di Ravel e sua attendibile biografa, il duo Szigeti-Ravel nella Sonate violinistica ottenne accoglienze calorose.
In casa della cantante Eva Gauthier, ebbe luogo l'incontro di Ravel con Gershwin, «celebre compositore di musica síncopata», sono parole della Jourdan-Morhange, «della cui Rapsodia in blu (una delle prime composizioni introdotte in Francia dai complessi di strumenti negri) Ravel era sincero ammiratore». In quell'occasione, anzi, Ravel rifiutò di dare lezioni a Gershwín, con la celebre frase: «perdereste la grande spontaneità della vostra melodia per fare del cattivo Ravel».
Questi episodi offrono la prospettiva adatta alla nascita dei due concerti pianistici: la popolarità di Ravel aveva ricevuto una sorta di consacrazione fuori dell'ambiente parigino nel quale ormai il compositore poteva contare soltanto su qualche amico fedele, ma non sul rispetto delle avanguardie. La generazione più giovane gli tributava magari rispetto, ma non simpatia; tanto meno esistevano, al di fuori di qualche eccezione poco importante, musicisti che potevano in qualche modo rappresentare una scuola raveliana. Logico che le accoglienze fervide del vasto pubblico americano procurassero a Ravel molte soddisfazioni. In un certo senso, il manierismo della Valse e della Sonate restituiva all'autore quel successo che l'ambiente parigino non gli riconosceva più: al ritorno dagli Stati Uniti, il Boléro consentì a Ravel di mettere a segno un altro colpo favorevole per la sua popolarità.
Nel 1929, Ciboure, Saint-Jean-de-Luz, Biarritz, i luoghi prediletti da Ravel, festeggiarono il compositore con concerti, danze popolari, partite di pelota. A Ciboure, nella città natale, si battezzò quai Maurice Ravel l'ex rue du Quai. Nel 1931, Ravel venne laureato honoris causa a Oxford.
In questo clima, il compositore fu intervistato dal corrispondente del «Daily Telegraph» in merito ai due concerti pianistici. «E' stata - egli dichiarò un'esperienza interessante concepire e realizzare simultaneamente i due Concerti. Il primo, nel quale figurerò come interprete, è un concerto nel senso più esatto del termine ed è scritto nello spirito di quelli di Mozart e di Saint-Saens. Penso, in realtà, che la musica di un Concerto può essere gaia e brillante, e che non è necessario che essa pretenda alla profondità o che si prefigga effetti drammatici. Si è detto di alcuni grandi musicisti classici che i loro concerti, sono concepiti non, ma , il pianoforte. Per parte mia, considero perfettamente giustificato tale giudizio. Avevo l'intenzione, inizialmente, di intitolare Divertissement il mio lavoro, poi ho pensato che non ce n'era bisogno, considerando che il titolo Concerto è abbastanza esplicito per quanto riguarda il carattere della musica dalla quale è formato. Da un certo punto di vista, il mio Concerto presenta qualche rapporto con la mia Sonate violinistica. Esso contiene qualche elemento preso dal jazz, ma con moderazíone».
Il Concerto in sol è stato analizzato a sufficienza, in particolare da uno specialista della musica pianistica raveliana come Gil-Marchex. Inoltre, Roland-Manuel ha ricordato che Ravel dichiarò a Marguerite Long di river scritto penosamente, due battute per due battute, l'Adagio assai centrale, avendo per modello il Quintetto col clarinetto di Mozart. Riassumendo, i modelli confessati furono Mozart e Saint-Saens, unitamente ad uno spolvero di jazz, nel processo di composizione che Gil-Marchex ha così indicato: prima il piano dell'opera, poi le modulazioni, il sistema armonico e infine i temi.
Il primo movimento, Allegramente, del Concerto in sol è stato tacciato di scarsa organicità. Ma ciò non è giusto, se non altro per la simmetria abbastanza pronunciata che lo contrassegna, e che rispetta il modello classico della forma sonata, con l'esposizione, lo sviluppo e la riesposizione rituali. Il richiamo a Mozart, invece, potrebbe essere giustificato dalle numerose idee musicali, principali ed accessorie, che sono incluse in questo movimento: dal tema dell'ottavino che si avvia, come una danza rustica, una battuta e un quarto dopo il colpo di frusta iniziale, alla ripresa della tromba che conduce alla seconda idea esposta dal pianoforte, concertante fino a quel punto, poi alla terza idea e alla quarta idea sempre pianistiche: segue una serie di passaggi virtuosistici, caratteristicamente raveliani, divisi tra le due mani del solista, fino alla prima cadenza che termina col colpo di gran cassa. Il virtuosismo è interrotto dall'Andante con il glissando a piacere dell'arpa, poi dalla ripresa del tempo con i glissandi degli archi, ancora dall'Andante, con le scale e gli arpeggi di ottava del fagotto, del flauto e dell'oboe, infine dalla cadenza pianistica della mano sinistra con la concatenazione di trilli alla destra; alla fine esso riprende con una marcata accentuazione jazz. Questa si farà particolarmente sensibile nel Presto conclusivo, tre minuti nei quali il manierismo raveliano si connette con le più rischiose concessioni al gusto per l'art nègre noto a Ravel fìn dai tempi in cui frequentava i locali notturni, Le boeuf sur le toit e Le grand écart, dove suonava Wiéner, A pianista jazz, che deliziava Cocteau e i suoi amici. I glissandi di trombone, le fanfare di corni e trombe, l'andirivieni del pianoforte segnano uno dei tanti, forse il più sgradevole cedimento di Ravel all'estetica novecentista francese.
Al centro dei due episodi è l'Adagio assai, nel quale il pianoforte intona una lunga melodia caratterizzata dal contrasto fra il ritmo del canto e quello dell'accompagnamento: il primo in tre quarti, il secondo divisibile binariamente in due gruppi di tre ottavi. La forma è quella del Lied tripartito: la melodia, cui non sono estranee le clausole delle immaginarie pavane di Ravel, appare nel lungo monologo del pianoforte solo, per trentadue battute. Un episodio centrale retrocede il pianoforte al ruolo di strumento concertante nei confronti dei legni, con sestine di semicrome, fìno a quando una dissonanza in fortissimo, un accordo di sol diesis minore contro una nota fondamentale di sol naturale, non si risolve in mi maggiore, la tonalità d'inizio: la figurazione pianistica concertante di sestine si trasforma in gruppi di otto semicrome, mentre il tema d'apertura è intonato dal corno inglese che si sofferma, verso la fìne, in un lungo trillo; la cadenza conclusiva nasce dal flauto e, discendendo all'oboe, al corno inglese, alle viole e al fagotto, spira nel corso di un trillo pianistico fìnale.
Questo episodio, nella sua assoluta semplicità, nel ricalco di sigle raveliane ben note, appartiene ad una sfera completamente diversa rispetto agli altri movimenti del Concerto in sol: a quella della Sonata per violino e violoncello, della Passacaglia nel Trio, dell'epilogo nelle Valse nobles et sentimentales, dove l'incontro tra artificio e lirismo costituisce il motivo più profondo dell'arte di Ravel.
Prima di partire per gli Stati Uniti, Ravel fu impegnato nel completamento della Sonate per violino e pianoforte e così il Concerto in sol subì un rinvio: il progetto, inizialmente, era quello di un divertimento, anziché di un concerto, e dal divertimento derivano, secondo Gil-Marchex, il primo e l'ultimo movimento. Di ritorno dalla tournée americana, Ravel lavorò contemporaneamente ai due concerti: finì prima il Concerto in re per la mano sinistra, che era stato iniziato per secondo: la prima esecuzione fu data a Vienna, il 27 novembre 1931, da Paul Wittgenstein, il quale però ne suonava una versione semplificata. Successivamente, Ravel portò a termine il Concerto in sol, che egli stesso diresse avendo affidato la parte solistica a Marguerite Long, eccellente interprete del Tombeau de Couperin: la prima esecuzione riscosse enorme successo il 14 gennaio 1932 alla Salle Pleyel. In seguito, Ravel e Marguerite Long intrapresero, col Concerto in sol, una fortunata tournée europea. Dell'esecuzione esiste anche un'incisione discografica.
La fortuna di questo concerto, penultimo lavoro di Ravel prima di Don Quichotte à Dulcinée, confermò i successi riportati dal musicista negli Stati Uniti. Il pubblico, addirittura la folla aveva decretato trionfi alla Valse diretta dall'autore, a Los Angeles, e Ravel si era sottratto a fatica agli ammiratori; quando Kussevitzky, durante un concerto di musiche raveliane, indicò il musicista al pubblico, «un vero delirio nella sala», ha narrato Hélène Jourdan-Morhange. «Le donne gli lanciarono fiori tolti dalla scollatura, gli uomini urlavano o fischiavano secondo l'uso aniericano, i programmi volteggiavano per l'aria; una vera e propria ovazione, insomma, durata più di dieci minuti ». E stando al racconto della Jourdan-Morhange, fedele interprete di Ravel e sua attendibile biografa, il duo Szigeti-Ravel nella Sonate violinistica ottenne accoglienze calorose.
In casa della cantante Eva Gauthier, ebbe luogo l'incontro di Ravel con Gershwin, «celebre compositore di musica síncopata», sono parole della Jourdan-Morhange, «della cui Rapsodia in blu (una delle prime composizioni introdotte in Francia dai complessi di strumenti negri) Ravel era sincero ammiratore». In quell'occasione, anzi, Ravel rifiutò di dare lezioni a Gershwín, con la celebre frase: «perdereste la grande spontaneità della vostra melodia per fare del cattivo Ravel».
Questi episodi offrono la prospettiva adatta alla nascita dei due concerti pianistici: la popolarità di Ravel aveva ricevuto una sorta di consacrazione fuori dell'ambiente parigino nel quale ormai il compositore poteva contare soltanto su qualche amico fedele, ma non sul rispetto delle avanguardie. La generazione più giovane gli tributava magari rispetto, ma non simpatia; tanto meno esistevano, al di fuori di qualche eccezione poco importante, musicisti che potevano in qualche modo rappresentare una scuola raveliana. Logico che le accoglienze fervide del vasto pubblico americano procurassero a Ravel molte soddisfazioni. In un certo senso, il manierismo della Valse e della Sonate restituiva all'autore quel successo che l'ambiente parigino non gli riconosceva più: al ritorno dagli Stati Uniti, il Boléro consentì a Ravel di mettere a segno un altro colpo favorevole per la sua popolarità.
Nel 1929, Ciboure, Saint-Jean-de-Luz, Biarritz, i luoghi prediletti da Ravel, festeggiarono il compositore con concerti, danze popolari, partite di pelota. A Ciboure, nella città natale, si battezzò quai Maurice Ravel l'ex rue du Quai. Nel 1931, Ravel venne laureato honoris causa a Oxford.
In questo clima, il compositore fu intervistato dal corrispondente del «Daily Telegraph» in merito ai due concerti pianistici. «E' stata - egli dichiarò un'esperienza interessante concepire e realizzare simultaneamente i due Concerti. Il primo, nel quale figurerò come interprete, è un concerto nel senso più esatto del termine ed è scritto nello spirito di quelli di Mozart e di Saint-Saens. Penso, in realtà, che la musica di un Concerto può essere gaia e brillante, e che non è necessario che essa pretenda alla profondità o che si prefigga effetti drammatici. Si è detto di alcuni grandi musicisti classici che i loro concerti, sono concepiti non
Il Concerto in sol è stato analizzato a sufficienza, in particolare da uno specialista della musica pianistica raveliana come Gil-Marchex. Inoltre, Roland-Manuel ha ricordato che Ravel dichiarò a Marguerite Long di river scritto penosamente, due battute per due battute, l'Adagio assai centrale, avendo per modello il Quintetto col clarinetto di Mozart. Riassumendo, i modelli confessati furono Mozart e Saint-Saens, unitamente ad uno spolvero di jazz, nel processo di composizione che Gil-Marchex ha così indicato: prima il piano dell'opera, poi le modulazioni, il sistema armonico e infine i temi.
Il primo movimento, Allegramente, del Concerto in sol è stato tacciato di scarsa organicità. Ma ciò non è giusto, se non altro per la simmetria abbastanza pronunciata che lo contrassegna, e che rispetta il modello classico della forma sonata, con l'esposizione, lo sviluppo e la riesposizione rituali. Il richiamo a Mozart, invece, potrebbe essere giustificato dalle numerose idee musicali, principali ed accessorie, che sono incluse in questo movimento: dal tema dell'ottavino che si avvia, come una danza rustica, una battuta e un quarto dopo il colpo di frusta iniziale, alla ripresa della tromba che conduce alla seconda idea esposta dal pianoforte, concertante fino a quel punto, poi alla terza idea e alla quarta idea sempre pianistiche: segue una serie di passaggi virtuosistici, caratteristicamente raveliani, divisi tra le due mani del solista, fino alla prima cadenza che termina col colpo di gran cassa. Il virtuosismo è interrotto dall'Andante con il glissando a piacere dell'arpa, poi dalla ripresa del tempo con i glissandi degli archi, ancora dall'Andante, con le scale e gli arpeggi di ottava del fagotto, del flauto e dell'oboe, infine dalla cadenza pianistica della mano sinistra con la concatenazione di trilli alla destra; alla fine esso riprende con una marcata accentuazione jazz. Questa si farà particolarmente sensibile nel Presto conclusivo, tre minuti nei quali il manierismo raveliano si connette con le più rischiose concessioni al gusto per l'art nègre noto a Ravel fìn dai tempi in cui frequentava i locali notturni, Le boeuf sur le toit e Le grand écart, dove suonava Wiéner, A pianista jazz, che deliziava Cocteau e i suoi amici. I glissandi di trombone, le fanfare di corni e trombe, l'andirivieni del pianoforte segnano uno dei tanti, forse il più sgradevole cedimento di Ravel all'estetica novecentista francese.
Al centro dei due episodi è l'Adagio assai, nel quale il pianoforte intona una lunga melodia caratterizzata dal contrasto fra il ritmo del canto e quello dell'accompagnamento: il primo in tre quarti, il secondo divisibile binariamente in due gruppi di tre ottavi. La forma è quella del Lied tripartito: la melodia, cui non sono estranee le clausole delle immaginarie pavane di Ravel, appare nel lungo monologo del pianoforte solo, per trentadue battute. Un episodio centrale retrocede il pianoforte al ruolo di strumento concertante nei confronti dei legni, con sestine di semicrome, fìno a quando una dissonanza in fortissimo, un accordo di sol diesis minore contro una nota fondamentale di sol naturale, non si risolve in mi maggiore, la tonalità d'inizio: la figurazione pianistica concertante di sestine si trasforma in gruppi di otto semicrome, mentre il tema d'apertura è intonato dal corno inglese che si sofferma, verso la fìne, in un lungo trillo; la cadenza conclusiva nasce dal flauto e, discendendo all'oboe, al corno inglese, alle viole e al fagotto, spira nel corso di un trillo pianistico fìnale.
Questo episodio, nella sua assoluta semplicità, nel ricalco di sigle raveliane ben note, appartiene ad una sfera completamente diversa rispetto agli altri movimenti del Concerto in sol: a quella della Sonata per violino e violoncello, della Passacaglia nel Trio, dell'epilogo nelle Valse nobles et sentimentales, dove l'incontro tra artificio e lirismo costituisce il motivo più profondo dell'arte di Ravel.
Claudio Casini (da "Maurice Ravel", Edizioni Studio Tesi, 1990)
3 commenti:
DI DIFFICILE LETTURA PER UN MUSICOFILO. POSSO DIRE CHE IL SECONDO MOVIMENTO DEL CONCERTO IN SOL (ANDANTE) MI MANDA IN ESTASI!
Tanto mi aveva chiesto... mi pare.
HvT
NON SO SE IL SUO E' UNO PSEUDONIMO O MENO. CERTO E' CHE E' DI POCHE PAROLE, INCOMPRENSIBILI, SPECIE SE NON MI SEMBRA DI AVERLE CHIESTE NULLA. HO SOLO DETTO CHE SONO UN MUSICOFILO, NON UN MUSICOLOGO, QUINDI IL PASSO CHE LEI HA RIPORTATO, CHE COMPRENDE DEI TECNICISMI COMPRENSIBILI SOLO PER UN MUSICISTA, ERANO DI DIFFICILE LETTURA PER ME (MUSICOFILO). HO POI CONFIDATO UNA MIA EMOZIONE PROFONDA, NON ME NE FACCIA PENTIRE.
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