La memoria di Gustavo Mahler è onorata non solo da una moltitudine di colti, pronti peraltro a distinguere ciò che della sua produzione vale più o meno, ma anche da uno stuolo ancor numeroso di superstiti amici, saldi testimoni della rettitudine e bontà del suo animo. Uno di costoro è il valentissimo Otto Klemperer, direttore d'orchestra e pianista, ora settantaseienne, che ha raccolto, (ed. Atlantis-Musik-bücherei, Zurigo), le sue Erinnenrungen am Gustav Mahler, annotazioni di incontri e conversazioni, di pubbliche esecuzioni, di favorevoli successi e di amare traversie.
Giovinetto, il Klemperer guardava ammirato Mahler, la cui autorità presto grandeggiava, e tentò d'avvicinarlo. Come? Gli dissero che Mahler, vanitoso, stimava ottime soltanto le proprie composizioni. E s'affrettò alla riduzione pianistica della Seconda Sinfonia, allora apparsa. Riuscì ad offrirla egli stesso in udizione all'autore. E questi, sorpreso di tanta prontezza tecnica, gli chiese perché ambisse alla direzione. Non gli sarebbe bastata la carriera del pianista? Klemperer insisteva: la vocazione, prepotente. Lieto d'accontentarlo, Mahler gli propiziò un primo accessit fra i direttori della Volksoper.
Klemperer allinea altri ricordi suoi e di Schönberg e di Riccardo Strauss e di Pfitzner, in un vivido profilo dell'uomo, «realistico e gioioso, energico, operoso, buono, generoso». Fra i contributi è tuttora capitale la raccolta delle memorie e delle lettere che la vedova, Anna, pubblicò in tedesco, ad Amsterdam vent'anni fa. Il piacere e l'utilità risulterebbero in verità maggiori, se i carteggi fossero stati opportunamente inseriti fra i ricordi di lei, formando come una biografia, e se un indice dei nomi e un altro dei soggetti agevolassero almeno la ricerca della continuità e dell'evoluzione delle opinioni di Mahler su questioni artistiche e su musiche e musicisti. Fra i molti accenni sparsi scelgo quelli che, più numerosi, tramandano le relazioni sociali e artistiche di lui con Riccardo Strauss.
Una sola volta è da annotare una controversia estetica sulla legittimità, quindi sulla pratica, delle «musiche a programma». Pareva a Mahler che Strauss, autore fino allora, 1901, di poemi sinfonici, dal giovanile Dall'Italia alla Vita d'eroe, 1809, si fosse «cacciato in un vicolo cieco»; e gliel'aveva detto, ma quegli «non aveva inteso tutta la verità dell'osservazione». E' questa una fugace considerazione, quasi un biasimo, che proporrebbe un'ampia discussione intorno alla presenza di elementi extramusicali, cioè sentimentali, concettuali, etici, in alcune musiche «pure» dello stesso Mahler, nel confronto con i «programmi» cari allo Strauss.
A parte ciò, Mahler disistimava l'uomo Strauss. Gli sembrava intento soprattutto ai beni materiali, tanto da non essere più cosciente della sua personalità, ed anche freddo e blasé. Questa impressione gli si rinnovava ad ogni incontro. Una volta Strauss gli offerse una copia del Trattato di strumentazione, quello cioè di Berlioz da lui accresciuto «con un pizzico di spezie», e gli promise la partitura della Salomè. Doni sgraditi. Mahler s'affrettò a regalare il volume a sua moglie, («imparerai moltissimo»), e le preannunciò il dono anche dell'opera, il cui possesso le sarebbe stato invidiato dagli infatuati. Infatti, rispondendo all'amatissima consorte, commentava: «Quel che dici su Salomè mi ha interessato molto. Ti avevo predetto tutto quanto. Ma ora sei troppo severa con quest'opera, molto importante, nonostante tutto è, come giustamente intuisci, "virtuosistica" in cattivo senso. Wagner è una personalità ben diversa. Quanto più avanzerai nella vita come "persona", tanto più chiaramente sentirai la differenza tra pochi veri grandi e i meri "virtuosi"! Sono felice di vedere come arrivi rapidamente a veder chiaro. Tu senti infatti la freddezza in Strauss, che non sta nel suo talento ma nella sua personalità, e ti respinge».
Udita poi l'opera, lealmente riconosceva: «E' un lavoro assolutamente geniale, potente, senza dubbio uno dei lavori più imporrami dei nostri tempi! Sotto una quantità di scorie c'è il lavorio e la vita di un vulcano, di un fuoco sotterraneo, non un mero fuoco d'artificio! Certo con Strauss succede sempre così. Per questo non è tanto facile separare in lui il grano dal loglio. Eppure ho un'immensa considerazione per la sua personalità globale e ieri mi è stata riconfermata. Ne sono felice! Questa volta non ho alcuna riserva da fare!». E più onestamente, tacendo del mercantilismo di Riccardo e del fastidio che le chiacchiere e i pettegolezzi della moglie di lui cagionavano a chiunque la frequentasse, tornava volentieri a sentire Salomè: «Voglio di nuovo approfondire un po' il problema Strauss». L'imprecisa frase d'un'altra lettera purtroppo ci delude: «Per quel che riguarda Strauss, neanch'io arrivo a farmi un'idea chiara. Come ci si deve spiegare una personalità così disuguale e composita? Ma il mio giudizio sulla Salomè è definitivo. (Pensa a gente come Tiziano o il filosofo Bacone)».
Vuol esser citato, per curiosità, un accenno alla Tosca di Puccini, 1903: «Nel primo atto, solenne processione con un continuo scampanìo. Nel secondo atto un tale viene torturato tra urli orrendi e un altro pugnalato con un acuminato coltello da pane. Nel terzo atto di nuovo immenso scampanìo su una veduta di tutta Roma dall'alto di una cittadella — di nuovo un'altra diversa serie di campane — e un tale viene fucilato da un plotone di soldati. Prima della fucilazione mi sono alzato e sono andato via. Non occorre aggiungere che il tutto è messo insieme come sempre con abilità da maestro; al giorno d'oggi ogni scalzacane sa orchestrare in modo eccellente».
Motteggi e sarcasmi toccano altri contemporanei, più numerosi nei ricordi della consorte, talvolta appassionati, e, sembra, compiaciuti di acrimonia, che testuali, nelle lettere. Ella riferisce per esempio questa sferzata: «Dei mille Lieder di Wolf ne conosco solo 344, e non mi piacciono». Molto devoto a Schönberg, amava Bruckner, Brahms: «un uomo minuscolo con un torace alquanto stretto»...
E due soli idoli: «Beethoven e Richard Wagner, e niente altro».
Andrea Della Corte ("Stampa Sera", Anno 93, numero 208, 2-3 settembre 1961)
Giovinetto, il Klemperer guardava ammirato Mahler, la cui autorità presto grandeggiava, e tentò d'avvicinarlo. Come? Gli dissero che Mahler, vanitoso, stimava ottime soltanto le proprie composizioni. E s'affrettò alla riduzione pianistica della Seconda Sinfonia, allora apparsa. Riuscì ad offrirla egli stesso in udizione all'autore. E questi, sorpreso di tanta prontezza tecnica, gli chiese perché ambisse alla direzione. Non gli sarebbe bastata la carriera del pianista? Klemperer insisteva: la vocazione, prepotente. Lieto d'accontentarlo, Mahler gli propiziò un primo accessit fra i direttori della Volksoper.
Klemperer allinea altri ricordi suoi e di Schönberg e di Riccardo Strauss e di Pfitzner, in un vivido profilo dell'uomo, «realistico e gioioso, energico, operoso, buono, generoso». Fra i contributi è tuttora capitale la raccolta delle memorie e delle lettere che la vedova, Anna, pubblicò in tedesco, ad Amsterdam vent'anni fa. Il piacere e l'utilità risulterebbero in verità maggiori, se i carteggi fossero stati opportunamente inseriti fra i ricordi di lei, formando come una biografia, e se un indice dei nomi e un altro dei soggetti agevolassero almeno la ricerca della continuità e dell'evoluzione delle opinioni di Mahler su questioni artistiche e su musiche e musicisti. Fra i molti accenni sparsi scelgo quelli che, più numerosi, tramandano le relazioni sociali e artistiche di lui con Riccardo Strauss.
Una sola volta è da annotare una controversia estetica sulla legittimità, quindi sulla pratica, delle «musiche a programma». Pareva a Mahler che Strauss, autore fino allora, 1901, di poemi sinfonici, dal giovanile Dall'Italia alla Vita d'eroe, 1809, si fosse «cacciato in un vicolo cieco»; e gliel'aveva detto, ma quegli «non aveva inteso tutta la verità dell'osservazione». E' questa una fugace considerazione, quasi un biasimo, che proporrebbe un'ampia discussione intorno alla presenza di elementi extramusicali, cioè sentimentali, concettuali, etici, in alcune musiche «pure» dello stesso Mahler, nel confronto con i «programmi» cari allo Strauss.
A parte ciò, Mahler disistimava l'uomo Strauss. Gli sembrava intento soprattutto ai beni materiali, tanto da non essere più cosciente della sua personalità, ed anche freddo e blasé. Questa impressione gli si rinnovava ad ogni incontro. Una volta Strauss gli offerse una copia del Trattato di strumentazione, quello cioè di Berlioz da lui accresciuto «con un pizzico di spezie», e gli promise la partitura della Salomè. Doni sgraditi. Mahler s'affrettò a regalare il volume a sua moglie, («imparerai moltissimo»), e le preannunciò il dono anche dell'opera, il cui possesso le sarebbe stato invidiato dagli infatuati. Infatti, rispondendo all'amatissima consorte, commentava: «Quel che dici su Salomè mi ha interessato molto. Ti avevo predetto tutto quanto. Ma ora sei troppo severa con quest'opera, molto importante, nonostante tutto è, come giustamente intuisci, "virtuosistica" in cattivo senso. Wagner è una personalità ben diversa. Quanto più avanzerai nella vita come "persona", tanto più chiaramente sentirai la differenza tra pochi veri grandi e i meri "virtuosi"! Sono felice di vedere come arrivi rapidamente a veder chiaro. Tu senti infatti la freddezza in Strauss, che non sta nel suo talento ma nella sua personalità, e ti respinge».
Udita poi l'opera, lealmente riconosceva: «E' un lavoro assolutamente geniale, potente, senza dubbio uno dei lavori più imporrami dei nostri tempi! Sotto una quantità di scorie c'è il lavorio e la vita di un vulcano, di un fuoco sotterraneo, non un mero fuoco d'artificio! Certo con Strauss succede sempre così. Per questo non è tanto facile separare in lui il grano dal loglio. Eppure ho un'immensa considerazione per la sua personalità globale e ieri mi è stata riconfermata. Ne sono felice! Questa volta non ho alcuna riserva da fare!». E più onestamente, tacendo del mercantilismo di Riccardo e del fastidio che le chiacchiere e i pettegolezzi della moglie di lui cagionavano a chiunque la frequentasse, tornava volentieri a sentire Salomè: «Voglio di nuovo approfondire un po' il problema Strauss». L'imprecisa frase d'un'altra lettera purtroppo ci delude: «Per quel che riguarda Strauss, neanch'io arrivo a farmi un'idea chiara. Come ci si deve spiegare una personalità così disuguale e composita? Ma il mio giudizio sulla Salomè è definitivo. (Pensa a gente come Tiziano o il filosofo Bacone)».
Vuol esser citato, per curiosità, un accenno alla Tosca di Puccini, 1903: «Nel primo atto, solenne processione con un continuo scampanìo. Nel secondo atto un tale viene torturato tra urli orrendi e un altro pugnalato con un acuminato coltello da pane. Nel terzo atto di nuovo immenso scampanìo su una veduta di tutta Roma dall'alto di una cittadella — di nuovo un'altra diversa serie di campane — e un tale viene fucilato da un plotone di soldati. Prima della fucilazione mi sono alzato e sono andato via. Non occorre aggiungere che il tutto è messo insieme come sempre con abilità da maestro; al giorno d'oggi ogni scalzacane sa orchestrare in modo eccellente».
Motteggi e sarcasmi toccano altri contemporanei, più numerosi nei ricordi della consorte, talvolta appassionati, e, sembra, compiaciuti di acrimonia, che testuali, nelle lettere. Ella riferisce per esempio questa sferzata: «Dei mille Lieder di Wolf ne conosco solo 344, e non mi piacciono». Molto devoto a Schönberg, amava Bruckner, Brahms: «un uomo minuscolo con un torace alquanto stretto»...
E due soli idoli: «Beethoven e Richard Wagner, e niente altro».
Andrea Della Corte ("Stampa Sera", Anno 93, numero 208, 2-3 settembre 1961)
3 commenti:
Molto interessante la spulciatura che stai facendo dall'archivio
Felice di farlo...!
Ammesso che serva a qualcosa e a qualcuno...
HvT
In una lettera di Toscanini vediamo Mahler subire esattamente lo stesso trattamento che lui aveva riservato agli altri. Enrico Polo aveva regalato a Toscanini una partitura appena uscita della quinta sinfonia di Mahler. Toscanini non aveva gradito il regalo, perché considerava che Mahler avesse gli stessi vezzi di Strauss senza averne la genialità, ma alla fine la partitura l'aveva letta, ed aveva trovato i temi della marcia funebre di una volgarità tale che persino Leoncavallo si sarebbe vergognato di usarli. Ma su quei temi Mahler aveva imbastito un intero movimento di sinfonia.
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