Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, novembre 26, 2011

Marco Rapetti: Anatoliy Lyadov (1855-1914)

Sono un uccello libero. La parola devi non mi costringerà mai a fare nulla.” Anatolij Konstantinovič Ljadov

“Per quanto riguarda la musica, qualcosa è accaduto” - scriveva Musorgskij al critico Vladimir Stasov il 2 agosto 1873, “un nuovo e indiscutibile giovane talento, originale e russo è apparso fra noi: si tratta del figlio di Konstantin Ljadov, ora studente al conservatorio […] Un vero e proprio talento, dotato di facilità, naturalezza, audacia, freschezza e potenza […] Cui, Borodin e il miserabile sottoscritto sono al settimo cielo. Te ne descrivo l'aspetto: chiaro di capelli, labbra carnose, con piccole rughe intorno al naso disegnate dalla natura quasi fossero canali per le lacrime diretti verso la bocca. La fronte non è ampia ma piena di carattere, specialmente in congiunzione con le tempie prominenti. Terribilmente nervoso, ancor più terribilmente taciturno, egli ascolta senza proferire parola; solo le sue narici iniziano a muoversi, e ciò significa approvazione! Per quanto concerne i suoi scarabocchi, beh, giudicherai tu stesso. Korsakov va pontificando parecchio su di essi...”
Musorgskij, purtroppo, non visse abbastanza per potersi dilettare con gli “scarabocchi” del Ljadov più maturo. Al momento della sua precoce morte, avvenuta quasi contemporaneamente al brutale assassinio dello zar Alessandro II, nel marzo del 1881, il giovane Anatolij aveva composto soltanto una suggestiva serie di melodie per voce e pianoforte (op.1) e svariati pezzi pianistici in stile schumanniano (opp. 2-4), ed era alle prese con un progetto di vasta portata, l'opera Zorjuška, che avrebbe in seguito abbandonato. In quello stesso anno 1881, Cesar Cui dedicava a Ljadov un intero paragrafo del suo saggio La Musica in Russia, sottolineando “l'estro creativo, la ricchezza e l'eleganza del vocabolario armonico e il magistero tecnico” del giovane compositore.
Di fatto, Ljadov appartiene alla prima generazione di musicisti russi che ebbero l'opportunità di sviluppare un solido bagaglio tecnico grazie a un sistema di educazione pubblico (il Conservatorio di San Pietroburgo era stato appena fondato da Anton Rubinstein, nel 1862). Egli, inoltre, era cresciuto in un ambiente musicalmente stimolante, in quanto diversi familiari erano musicisti professionisti impegnati nel mondo dell'opera. Lo stile bohèmien della sua trasandata e disinibita famiglia ebbe nel contempo un influsso negativo sul talentoso ragazzo, non invogliandolo a seguire gli studi con regolarità (più avanti sarebbe stato addirittura espulso dal conservatorio per assenteismo) e rafforzando in lui la propensione all'indolenza e all'isolamento. Il padre, famoso direttore d'orchestra al teatro Marinskij nonché buon compositore in potenza, impartì le prime lezioni di musica al piccolo Anatolij, che trascorse la sua infanzia dietro le quinte del teatro, trattato come la mascotte della compagnia.
La morte di Konstantin Ljadov, nel 1868, lo lasciò orfano di entrambi i genitori all’età di 13 anni e fu allora che venne affidato a uno dei direttori della Società Musicale Russa che lo iscrisse, due anni più tardi, al conservatorio. Qui sviluppò presto uno spiccato interesse per le tecniche contrappuntistiche, frequentando la classe di contrappunto e fuga di Johansen e successivamente quella di composizione tenuta da Rimskij-Korsakov. “Come tutto era facile per lui!” - scriverà più tardi Rimskij nelle sue memorie. “Da dove scaturiva tutta quella esperienza? Era davvero l'allievo più dotato e più brillante!”
Dopo il suo esame finale di composizione nel maggio 1878, i due musicisti trascorsero l'estate in due villaggi poco distanti e "come passatempo ed esercizio, ognuno scriveva una fuga al giorno sullo stesso tema in re minore". Il legame di Ljadov con Rimskij durerà tutta la vita e avrà profonde ripercussioni su entrambi i compositori, inizialmente discepolo e maestro e in seguito amici e colleghi (il celebre manuale di armonia di Rimskij, ad esempio, fu ispirato ai principi didattici di Ljadov). A settembre dello stesso anno, il ventitreenne Anatolij divenne professore di teoria al conservatorio e, nel 1885, Balakirev e Rimskij lo chiamarono a insegnare teoria e armonia anche alla Cappella della Corte Imperiale.
Se Ljadov non fosse appartenuto a una generazione posteriore, la Mogučaja Kučka (il Possente Manipolo, come Stasov aveva soprannominato la famosa squadra di compositori capeggiata da Balakirev) sarebbe nota oggi come Gruppo dei Sei, invece che come Gruppo dei Cinque. In qualità di membro affiliato al circolo di Balakirev, Ljadov partecipò a varie composizioni collettive (vedi, ad es., il geniale ciclo di Parafrasi per pianoforte, composto insieme a Borodin, Cui e Rimskij-Korsakov), collaborò all'orchestrazione di opere dei suoi colleghi più anziani (Il Principe Igor di Borodin, Il Prigioniero del Caucaso di Cui, La Fiera di Soročintsy di Musorgskij), nonché alla revisione delle opere di Glinka.
All'inizio degli anni '80, Balakirev decise di abbandonare la scena musicale per barricarsi in un'ossessiva e misantropica religiosità; in conseguenza di ciò, i suoi allievi e compagni si distaccarono gradatamente dal carismatico e dispotico fondatore della Mogučaja Kučka, fino al totale scioglimento del gruppo. Fu allora che Ljadov divenne uno dei fondatori del Beljaevskij Kružok (il Circolo Beljaev), insieme a Rimskij e al giovane prodigio Aleksandr Glazunov. Anche Borodin iniziò a frequentare il nuovo cenacolo di musicisti, ma sfortunatamente morì poco tempo dopo. Ljadov e Rimskij (quest’ultimo, essendo nato nel 1844, era il più giovane dei Cinque), rappresentano dunque il collegamento fra i due più importanti circoli di musicisti russi dell'Ottocento, formatisi intorno alle due più influenti 'B' della storia musicale russa: da un lato, Balakirev, capace di catalizzare le energie di una brillante generazione di compositori autodidatti e di spingerla alla creazione di una nuova e autentica scuola russa incentrata sulla rivalutazione del canto popolare; dall'altro, Beljaev, cui si deve la diffusione a livello internazionale della musica russa contemporanea.
Erede di una delle più ricche famiglie di commercianti di legname di tutto l'impero, Mitrofan Petrovič Beljaev decise di ritirarsi dal commercio a 48 anni per dedicarsi interamente a una causa filantropica, per la quale avrebbe devoluto enormi quantità di denaro: la promozione della musica e dei musicisti russi in patria e all'estero. Egli stesso suonava la viola per passione e si esibiva spesso con gli Amanti della Musica di San Pietroburgo, una piccola orchestra privata diretta da Ljadov, che sarebbe rimasto per sempre il suo inseparabile assistente e supervisore. "È possibile considerare il circolo di Beljaev come una continuazione di quello di Balakirev?" - si chiede Rimskij nella sua autobiografia. "In comune essi avevano le idee innovative e un’evidente progressismo. Ma il gruppo di Balakirev corrispondeva al periodo Sturm und Drang della musica russa, mentre quello di Beljaev a un periodo di pacifica marcia in avanti. Il gruppo dei Cinque era rivoluzionario; il Gruppo di Beljaev, progressista."
Nel 1885, l'imponente e altero mecenate fondò a Lipsia una delle più prestigiose case editrici del secolo (la Russia non aveva ancora firmato il protocollo per la protezione dei diritti d'autore e questo fu uno dei motivi per cui venne stabilita la sede in Germania). Beljaev diede disposizioni affinché un comitato di esperti - ovvero, Rimskij, Ljadov e Glazunov - lo aiutasse a selezionare le composizioni da pubblicare (al medesimo triumvirato sarebbe stata poi affidata la gestione dell'impresa editoriale dopo la morte del fondatore, avvenuta nel 1904).
Nel 1894 la musica di Aleksandr Scriabin venne sottoposta per la prima volta al giudizio di Beljaev e dei suoi collaboratori. Rimskij e Glazunov si rifiutarono categoricamente di pubblicare qualsiasi composizione presente e futura dell'altezzoso compositore moscovita, per il quale avrebbero sempre nutrito un'epidermica antipatia (“Narciso” fu il soprannome appioppatogli da Rimskij). Grazie all'opposizione di Ljadov e al supporto di Beljaev, Scriabin superò comunque la selezione e divenne presto il nome più importante e più richiesto nel catalogo della ditta. Entrambi ferventi chopiniani, Ljadov e Scriabin si attrassero e ammirarono reciprocamente fin dal primo incontro.
Per quanto non sia facile distinguere chi ha influenzato maggiormente l'altro nei lavori scritti a metà degli anni '90 (si comparino i Preludi opp. 31, 36, 39, 40, 42, 46 con i pezzi brevi composti da Scriabin negli stessi anni), è chiaro invece come sia stato il vocabolario armonico scriabiniano a fornire il modello per gli ultimi lavori di Ljadov. Il carattere egocentrico e stizzoso di Scriabin era antitetico a quello di Ljadov; inoltre, l'agnosticismo di quest'ultimo non aveva nulla in comune con il misticismo esoterico e il pensiero escatologico scriabiniano.
Tuttavia, Ljadov subì profondamente il fascino del geniale e più giovane collega, anche quando la straordinaria evoluzione del suo linguaggio gli causò sconcerto e non poche perplessità. "In confronto a Scriabin, Wagner balbetta dolcemente come un poppante. Penso che mi possa dar di volta il cervello in qualunque momento. Come ci si può nascondere da questa musica? Aiuto!" - sbottò una volta in presenza di Beljaev. Nel 1911, dopo la prima esecuzione di Prometeo, Ljadov confidò a un amico: "Sapessi come ho dormito male la notte scorsa! Non riesco a non pensare a come sarà quando fra un paio di settimane scopriremo che Scriabin è stato rinchiuso a Udelnij (un ospedale psichiatrico lungo la ferrovia per la Finlandia)."
Scriabin, dal canto suo, dimostrò sempre un affetto particolare per il collega più anziano e similmente fece Stravinskij. "Ljadov era il musicista più progressista della sua generazione e fu lui a difendere i miei primi lavori" - scrive Stravinskij in Memories and Commentaries (1959). Per merito di Ljadov, venne pubblicata la melodia giovanile Il fauno e la pastora; inoltre, a causa dell'eccessivo ritardo con cui “il grande pigro” si accinse alla composizione de L'Uccello di fuoco, Diaghilev, spazientito, girò la commissione del balletto all’ancora sconosciuto Stravinskij e fu così che la storia si arricchì del celeberrimo capolavoro. "Ho l'impressione che Ljadov fosse più sollevato che offeso, allorché accettai la proposta di Diaghilev" - scrive Stravinskij. "Ljadov era un brav'uomo, tenero e adorabile come la sua Tabacchiera musicale. Lo chiamavamo "il fabbro ferraio", ma non so perché; forse proprio per il fatto di apparire, con la sua dolcezza e gentilezza, esattamente il contrario di un fabbro. Era abbastanza piccolo, con un viso simpatico e ammiccante e pochi capelli sulla testa. Teneva sempre dei libri sotto il braccio: Maeterlinck, Hoffmann, Andersen… Adorava tutto ciò che avesse a che fare con l’elemento fantastico."
In effetti, gran parte delle opere orchestrali di Ljadov (Baba-Jaga, Otto Canti popolari russi, Il Lago incantato, Kikimora) evocano atmosfere fiabesche: "Datemi fate e draghi, sirene e folletti e sarò al colmo della felicità" - dichiarò una volta. "L'arte mi nutre con uccelli del paradiso arrosto. È come vivere su un altro pianeta, che nulla ha a che fare con questa terra".
Diversamente da Rimskij, col quale condivise l'amore per il mondo senza tempo delle favole popolari, Ljadov non produsse mai lavori di vaste dimensioni. "Caro amico, ti prego, scrivi un'opera, un'opera autenticamente russa: sei splendidamente dotato per una tale impresa e nessuno potrebbe farlo meglio di te!" Nonostante i ripetuti incoraggiamenti di Rimskij, non soltanto alcuni progetti di opera, ma anche il balletto Lejla i Adelaj e un quartetto d'archi furono a un certo punto abbandonati o lasciati incompiuti.
Questo grande compositore in potenza è stato spesso accusato di mera pigrizia, soprattutto in seguito al matrimonio, avvenuto nel 1884, che gli permise di ottenere una proprietà di campagna a Polinovka, dove avrebbe trascorso tutte le estati e dove avrebbe terminato i suoi giorni (stranamente, Ljadov mantenne sempre il suo matrimonio avvolto in un'aura di mistero, non consentendo a nessuno di conoscere la moglie e recandosi ovunque sempre da solo). "Il suo scetticismo e la sua propensione a ritirarsi in una torre d'avorio erano più forti dei suoi impulsi creativi" - commentò senza mezzi termini Michel Dmitri Calvocoressi. In realtà, dietro al carattere dimesso e all'apparente mancanza di ambizione, Ljadov era un severo autocritico, e questa qualità inibì non poco il suo potenziale creativo, contribuendo al parziale ritiro dall'agone dei contemporanei.
Il “fabbro ferraio” (o piuttosto "l'orologiaio", come Stravinskij avrebbe maliziosamente soprannominato Ravel) si sentiva molto più a suo agio con le piccole strutture finemente cesellate. Le sue opere per pianoforte, voce, coro o per orchestra sono così curate in ogni dettaglio da potersi paragonare a veri e propri cammei musicali. Come scrisse il critico e compositore Vjačeslav Karatighin pochi giorni dopo la morte del compositore, "l'arte di Scriabin è spesso tanto magnificata, riflette talmente il cosmo su larga scala, che per afferrarne i contorni dobbiamo accostarci ad essa come se si trovasse a una certa distanza (psicologica). Possiamo ammirare Chopin con un normale, chiaro colpo d'occhio. Per portare il nostro animo in contatto con le ispirazioni di Ljadov, dobbiamo invece aggiustare la nostra vista a livello microscopico, armarci di prismi e lenti speciali, e scrutinare attentamente i mondi di vita sonora che si parano dinanzi ai nostri occhi. Adottando quest’intimo approccio a quest'arte intimista, ecco che improvvisamente può rivelarsi la sottile e profonda bellezza delle immagini musicali di Ljadov e la loro originalità".
Mentre Scriabin si tuffava nell’efferato nuovo secolo spingendo l'armonia funzionale ai suoi estremi limiti, Lyadov si ritirava come un gasteropode nella sua conchiglia, limitandosi a sempre più sporadici tentativi di comporre. Nel 1901 iniziò a insegnare contrappunto avanzato al conservatorio e nel 1906 subentrò come docente di composizione, attività nella quale dimostrò un rigore pedagogico simile a quello del suo predecessore, Rimskij-Korsakov.
Quando l'enfant prodige Prokof’ev s’iscrisse nella sua classe, trovò l'approccio di Ljadov eccessivamente severo e insofferente a qualsiasi audacia e modernità compositiva da parte dei suoi allievi (la stessa impressione fu riportata anche dall'amico e compagno Mjaskovskij). Viene da chiedersi se Ljadov sia stato davvero il progressista descritto da Stravinskij; di sicuro non fu un rivoluzionario, né in musica né in politica. La sua paura per i cambiamenti e il suo rifiuto per gli eccessi non gli consentirono di aderire agli ideali rivoluzionari che aleggiavano in quell’epoca così inquieta e turbolenta. Molto sensibile al concetto di libertà individuale, ammirava Nietzsche ma provava antipatia per Tolstoj, che, a suo giudizio, "stava aiutando l'umanità a commettere il più grande crimine possibile: livellare tutti".
Un significativo episodio accadde tuttavia nel 1905, al tempo della Prima Rivoluzione Russa. Allorché Rimskij-Korsakov venne licenziato dal conservatorio in seguito all'accusa di aver appoggiato le sommosse degli studenti, Ljadov e Glazunov si dimisero all'istante, per poi riprendere a insegnare solo dopo la riabilitazione dell’amico e collega. Nonostante avesse sempre preferito restare in disparte, rifugiandosi nel suo flemmatico e pessimistico distacco, Ljadov fu consapevole dell'imminente tragedia che stava per travolgere l'Europa e il suo paese, governato da un miope e repressivo regime zarista. Nel 1899 (anno di nascita di Maria, terzogenita della famiglia imperiale), fu proprio la corte dei Romanov a commissionargli l'inno ortodosso Slava, originariamente composto per coro femminile, due arpe e due pianoforti. In questo peana al duce dell'impero (in seguito trucidato con la famiglia nel luglio 1918 per mano dei bolscevichi), l'ultimo zar di Russia, Nicola II, viene paragonato al sole, la zarina alla luna e le figlie alle stelle. Come scrive Faubion Bowers, a quell'epoca "il prezzo dell'ortodossia e dello zarismo era alto, e veniva pagato in infiniti modi, talvolta opposti. Alcuni si fecero atei convinti. Un certo byronismo banalizzato prestò la figura di Don Giovanni come modello di anticonformismo. Altri divennero trascendentalisti autodistruttivi, nella convinzione di essere dio, come ad esempio, Scriabin o il personaggio Kirillov ne i Demoni di Dostojevskij. L'escatologia è un elemento essenziale non solo della Russia che precede la Prima Guerra Mondiale, ma di tutta la storia religiosa russa. Lo spirito apocalittico fece diventare il Libro della Rivelazione la sezione della Bibbia più citata e più rappresentata, sia visivamente che musicalmente. Tutti predicevano la fine del mondo, sconvolgimenti epocali (potrjasenia), rivoluzioni (perevoroti); di 'eventi inauditi' scriveva il poeta simbolista Aleksandr Blok, 'conflagrazione planetaria', gridava Scriabin, 'fine della storia', intonava Solovjov. Persino Ljadov stette in silenzio abbastanza a lungo per poi scrivere un brano
sull'Apocalisse".
Nel 1911-12, all'epoca in cui compose il poema sinfonico Iz Apokalipsiza (Dall'Apocalisse) op.66, la salute di Ljadov aveva già iniziato a deteriorarsi. La sua ultima opera, intitolata Skorbnaja pesn' (Trenodia), per piccola orchestra, apparve nel 1914 e portò il numero di catalogo delle sue opere a 67. Per quanto opposte in dimensioni e finalità, sia l'ultima miniatura di Ljadov sia il colossale e utopistico Misterja di Scriabin sembrano riflettere le stesse parole di Čekov: "Il tempo sta per scadere, una valanga sta per muoverci addosso, una travolgente tempesta chiarificatrice è ormai vicina e presto si scatenerà…" Lyadov morì nell'agosto del 1914, pochi giorni dopo lo scoppio della Grande Guerra. Scriabin lo seguì otto mesi più tardi. Nessuno dei due poté assistere alla traumatica fine di un'era russa.
Marco Rapetti
(note al CD Brilliant Classics 94155)

Nessun commento: