Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

venerdì, gennaio 13, 2012

Roberto Cognazzo: Pickwick

L'allegro jukebox del Novecento
Se arrivavi nello studio in cui si registrava Pickwick vedevi un sacco di gente parlare, urlare, lavorare, ridere, leggere, sacramentare. Poi vedevi Cognazzo. Per lo più già vestito in frack, spesso immobile, impermeabile a tutto nel suo contegno superiore da maggiordomo inglese, e calmo. Di uno calma biblica. Come una bolla sospesa in un temporale.

Poi, a un certo punto, arrivava il suo turno, e si sedeva al pianoforte. Aspettondo che le luci e le scene e la regia e tutto il resto fossero pronti, lo vedevi che si metteva a suonare qualcosa, ma così per tradire l'attesa, mica per fare sul serio, così per muovere le dita. Iniziava sottovoce e a poco a poco decollava, deambulando per una geografia musicale dove ci stava di tutto, dall'idiozia di un galop pescato chissà dove alla Quarta di Cajkovskij, da Reginella al Trovatore. Vagava, lui, e la gente incominciava ad andargli dietro. Ci sono telecameramen, alla RAI, che ne hanno ormai viste di tutte, e non gli strappi un commento o un sorriso neanche a pagarli: perfino loro li vedevi drizzare le orecchie, conticchiare quaicosa, togliersi le cuffie e godersi quel maggiordomo inglese che intanto stava facendo l'inno alla Gioia truccato da fox-trot.

Potrò vedere mille volte Cognazzo suonare in concerto cose serissime e con grande serietà: ma per me resterà sempre quel maggiordomo che, così, senza parere, prendeva tutti in vettura e li portava a correre un po' per l'universo sonoro, scalando Rossini e planando su Torna a Surriento, come se non avesse fatto altro tutto la vita Lo fa anche in questo disco, che però ha un difetto imperdonabile: è un disco.

Perché il bello di Cognazzo è anche vederlo, le facce che fa, il suo modo di stare davanti alla tastiera, come muove le mani. Soprattutto, da un disco non si può vedere quella mezza risata con cui di solito sigilla le sue fantasie pianistiche: ti guarda e ammicca, come dire sono tutti matti, i musicisti, non lui, e questo è il bello, sono tutti motti, dei lestofanti dell'emozione, dei maghi del trucco, dei professionisti dell'effetto. Una mezza risata che non capirò mai se è di ammirazione o di disapprovazione, e che probabilmente è fatto di tutt'e due.

di Alessandro Baricco (prefazione al CD "Pickwick", DDT, 1994)

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