Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

venerdì, ottobre 19, 2012

Richard Strauss: Teatro per città consociate. Una proposta

Richard Strauss (1864-1949)
Nel 1849 Richard Wagner scrisse un Progetto per l'organizzazione di un teatro nazionale tedesco nel Regno di Sassonia. Secondo quanto riferisce Wagner, il progetto fu accolto con scherno dalle persone a cui il ministro aveva creduto di doverlo sottoporre. Non fu mai realizzato e dorme ora, trascurato da 65 anni, nella raccolta dei suoi scritti. Eppure ogni parola che vi è contenuta è di una importanza tale che non si dovrebbe perdere occasione per rammentare al pubblico i preziosi insegnamenti impartiti dal grande Maestro a tutti coloro che si interessano allo sviluppo del teatro tedesco. Faccio seguire più sotto una libera scelta delle enunciazioni più interessanti, sperando di sollecitare una ripresa del progetto. Nel capitolo Teatro affiliato si parla del rapporto del Teatro Municipale di Lipsia con il Teatro Reale di Dresda. Se leggiamo con attenzione ci accorgeremo subito che se il suo progetto fosse stato realizzato Wagner avrebbe creato l'unica retta base per far davvero fiorire il teatro tedesco. Sappiamo tutti che dopo il fallimento delle sue idee riformatrici Wagner volse le spalle al teatro tedesco e fondò lo stupendo Festspielhaus di Bayreuth, il solo nel suo genere accanto al Prinzregenten-Theater di Monaco. Se osserviamo lo sviluppo dei teatri tedeschi a partire dal 1849 epoca in cui, scrive Wagner, nessuna città di provincia era in grado di mantenere, neppure miseramente, un teatro stabile -, vediamo che oggi quasi tutte le città tedesche di 20.000 abitanti non soltanto mantengono teatri stabili, ma vi rappresentano persino opere che richiedono il massimo impegno artistico; in qual modo lo potrà giudicare chiunque abbia assistito una volta in un piccolo teatro municipale (noti parlo dei piccoli teatri di Corte sovvenzionati da principi illuminati) a una rappresentazione del Tannhäuser o del Lohengrin con un'orchestra di 40-50 musicisti e un coro di circa 40 elementi.
Si deve constatare che oggi in tutti questi teatri serpeggiano crisi più o meno gravi. I direttori si lamentano della scarsa affluenza di pubblico, dell'insostenibile concorrenza delle sale cinematografiche; il pubblico si lagna già da tempo delle cattive esecuzioni, o le diserta del tutto. Non è difficile indovinarne il risultato finanziario. Ma ci si dimentica quanto i tempi siano cambiati. In anni passati, quando tutti erano più o meno attaccati alla loro terra, il pubblico delle piccole città, dalle cui mura non usciva mai o quasi, non poteva fare confronti e si accontentava di cattive esecuzioni più di oggi, quando quasi tutti viaggiano e chiunque ha visto almeno una volta, durante un viaggio di piacere, la Walkiria a Víenna, il Lohengrin a Berlino, i Maestri cantori a Monaco. Quando mi è capitato di chiedere ad abitanti di piccole città se frequentavano il teatro locale, mi son sentito rispondere: «No, non frequento il teatro di qui. Se voglio ascoltare qualcosa vado a Dresda o a Monaco, che si possono raggiungere in due o tre ore col direttissimo». E alla fin fine non fa meraviglia, anzi è da approvare, che i frequentatori dei posti meno cari vadano a vedere uno spettacolo cinematografico buono, nel suo genere, piuttosto che una rappresentazione scadente dei Maestri cantori.
Quel che più di tutto impedisce la formazione del buon gusto artistico e demoralizza il pubblico è la cattiva qualitá delle esecuzioni. Ma come potrebbe puntare sulla qualità l'impresario di un piccolo teatro, se deve tener conto della continua diminuzione dei suoi introiti, non riceve alcuna sovvenzione e non sa più con che cosa richiamare il pubblico? In tempi passati si credeva ancora di attirarlo presentandogli quante più novità possibile (vedi l'era Pollini ad Amburgo e Angelo Neumann a Praga). Si credeva di poter ovviare efficacemente al fastidio per le cattive esecuzioni puntando sulla curiosità. Questo principio non funziona più già da tempo. Un pubblico che si è sorbettato due o tre novità mal preparate e quindi prive di effetto, alla quarta novità non abbocca più. L'esperienza insegna che solo i teatri in cui si possa contare su rappresentazioni ben studiate e lungamente preparate godono di un favore durevole. In Italia e in Francia la situazione è migliore. In Italia vengono rappresentate in media solo cinque o sei opere per stagione, preparate accuratamente in un periodo di prove di sei settimane. I teatri francesi non presentano una novità se non è stata provata a fondo per tre mesi, Come se non bastasse, il direttore di un piccolo teatro tedesco impegna di solito tutto il suo orgoglio nell'allestire una novità nel minor tempo possibile. Una volta che dovevo dirigere il Cavaliere della rosa in un teatro di media grandezza, come direttore ospite, mi fu raccontato con soddisfazione che si era "messa in scena" l'opera con solo tre prove d'orchestra (in tutto). E si vedeva! Il direttore d'orchestra che abbia avuto a che fare con un Tristano "messo sù" in quindici giorni o con un'Elsa del Lohengrin preparata in una settimana è in grado di capire le nostre pene.
Come sarebbe possibile dunque mettere a punto in questi piccoli teatri rappresentazioni ben preparate? La proposta che segue non ha la pretesa di venir messa in pratica subito, così come sta: ma può, spero, servire come suggerimento. E sarà ben felice di cedere il posto a qualsiasi altra proposta che garantisca spettacoli di buona qualità.
E' senz'altro evidente che una piccola città diciamo di 35.000 abitanti - e ognuna di queste si fa carico oggi di una stagione teatrale di sei, otto mesi, comprendente opere e spettacoli di prosa - non possa sostenere, nemmeno con una sovvenzione del municipio, i costi richiesti oggi da un'attività operistica appena decente. Il direttore segue naturalmente il principio già detto di passare da una novità all'altra e può rappresentare ogni opera, anche se ha successo, al massimo tre o quattro volte per stagione. Manca il tempo di preparare le novità in modo almeno decoroso, la qualità delle esecuzioni è scadente e non si richiama nemmeno un pubblico senza troppe pretese, disposto ad accettare rappresentazioni appena discrete. Ma come sarebbe possibile allestire anche in questi teatri minori rappresentazioni ben preparate e studiate con cura, sia pure con esecutori modesti? Vengo così alla mia proposta di un teatro per città consociate. Supponiamo per esempio che tre città vicine si uniscano in modo da mettere a disposizione di un impresario una sovvenzione annuale di 50.000 marchi ognuna. L'impresario si impegnerebbe per una stagione di dieci mesi e il primo mese, diciamo l'agosto, dovrebbe essere impiegato per le prove. Dopo di che il teatro darebbe rappresentazioni per tre mesi, settembre-ottobre-novembre, nella prima città; si costituirebbe così un repertorio pronto per essere esportato senza altre prove nella seconda città in dicembre-gennaio-febbraio, nella terza in marzo-aprile-maggio; dopo di che, due mesi di vacanza. L'anno seguente la città che nel primo anno aveva avuto la stagione in settembre-ottobre-novembre, l'avrebbe in dicembre-gennaio-febbraio, e così via, in un turno triennale. Una siffatta città di 35.000 abitanti può certo arrivare a un numero di abbonati per tre mesi di teatro che permetta all'impresario di reggersi; ma è impossibile che garantisca una frequenza di pubblico per sei, sette mesi. Il tentativo, fatto spesso, di dare rappresentazioni in due o tre città alternandole quotidianamente va respinto, perché logora inutilmente gli artisti e non garantisce la tranquillità e la costanza necessarie per lo studio. La città che un anno ha il teatro aperto, diciamo, in settembre-ottobre-novembre, rimanderebbe tutte le feste di società ai mesi in cui il teatro rimane chiuso. Per quanto riguarda la distribuzione delle parti, solo la direzione avrebbe la possibilità di stipulare contratti pluriennali; e un po' alla volta avrebbe a disposizione un repertorio ben preparato e un'orchestra affiatata. Non sarebbe proprio possibile trovare in Germania trenta città vicine tra loro e disposte ad avere su queste basi dieci teatri che garantiscano rappresentazioni ben allestite e accuratamente preparate? Non sarebbe proprio possibile mettere d'accordo i borgomastri di tre città vicine, tre consigli comunali? Credo che sia difficile; e se si vede che due città vicine come Barmen ed Elberfeld, le quali, in fondo, costituiscono un'unica città, non sono state capaci di mettersi d'accordo per avere un teatro in comune, sembra quasi impossibile. Tuttavia non posso fare a meno di premere in questo senso, perché solo su questa base ci si può aspettare in futuro un profícuo esercizio dell'arte, e sperare di elevare la cultura del nostro popolo. Si porrebbe rimedio al lamento generale sui tracolli finanziari dei piccoli teatri e si renderebbe un grande servizio all'arte e al pubblico.
In conclusione, per tornare al punto di partenza, mi sia concesso un breve epilogo.
Al Reichstag tedesco la richiesta di esaudire le volontà testamentarie di Richard Wagner riguardo al Parsifal è stata accolta con «ilarità a sinistra» e «ilarità al centro». Alla camera dei deputati prussiana ci si è occupati in questi giorni del «sovraccarico di lavoro dei servi pastori» nell'Algovia e nell'Oltrelba (registro «risate omeriche» - fuori del parlamento - dalla Vistola al Lech). Si è mai parlato in uno dei nostri parlamenti del sovraccarico di lavoro e degli stipendi di fame dei nostri valenti orchestrali e coristi?
Non sarebbe il caso che i nostri parlamenti si occupassero una buona volta di questo progetto wagneriano per la fondazione di un teatro tedesco o, se dovessero ammettere di non capirne proprio nulla, lasciar trattare le questioni artistiche serie a un nuovo Forum costituito da persone competenti e incaricate di legiferare? Sarei persino pronto a diventare secondo vicepresidente di questo parlamento di artisti. Noi artisti sapremmo certo intenderci con i nostri prìncipi tedeschi amici delle arti e con i signori ministri. (Städtebund-Theater. Eine Anregung, «Vossische Zeitung», 22 febbraio 1914, edizione del mattino)

Richard Strauss (da "Note di Passaggio", Edt, 1991)

1 commento:

Raffaella Mantovani ha detto...

Salve, Vorrei poterLe comunicare un evento inerente al Quartetto Prometeo.
Come posso fare per mettermi in contatto con lei?

La ringrazio
Cordiali Saluti