Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

domenica, gennaio 17, 2016

Omaggio a Maderna, veneziano cosmopolita


Bruno Maderna (1920-1973)
Nel 1938 Hermann Scherchen, forse incoraggiato dal prestigio delle prime edizioni del Festival internazionale di musica contemporanea, propose a Goffredo Petrassi, allora sovrintendente del Teatro La Fenice, di istituire un corso estivo di direzione d’orchestra, dove i giovani avrebbero studiato sotto la sua guida le opere di autori del passato, come Monteverdi e Scarlatti, insieme a quelle di autori contemporanei, quali Dallapiccola, Hartmann, Webern. La proposta fu azzerata allora da un telegramma proveniente dal MinCulPop, che proibiva l’ingaggio sotto qualsiasi titolo di Scherchen, perché «noto comunista».
Il progetto fu ripreso con esiti ottimi nell’estate del 1948, e portò a risultati insperati, che Giovanni Morelli ricorda con parole emozionanti:
 
"Il corso di direzione «quarantottana» di Scherchen è divenuto oggi un piccolo mito storico: in poco meno di un mese il Maestro tedesco richiamò a Venezia uno stuolo di gioventù musicale che non aveva vissuto appieno gli anni bui (erano, nel ’38, tutti dei bambini, seppure alcuni bambini prodigio), che proveniva da diversi paesi del mondo, spedito appunto a Venezia a studiare con Scherchen, nel torrido agosto, da Maestri di musica, di Composizione e di Direzione d’orchestra, perlopiù tedeschi ed austriaci o ebrei costretti dalla emigrazione a far musica o a insegnare musica nei paesi disperatamente inomogenei. Quell’occasione […] era simbolica ma anche reale; sembrava voler essere, e difatto forse lo fu, un atto di fondazione di una internazionale-giovani per l’affermazione dei valori artistici già umiliati dai regimi nazifascistici, sperabilmente risorgenti a Venezia, presso il suo Festival e il suo Teatro […].
Ebbene, in quell’estate del 1948, Malipiero chiamò Bruno Maderna e Luigi Nono, espose loro una certa sua rinuncia a poterli seguire personalmente nello sviluppo della loro già espressa vocazione avanguardistica, e, autorevolmente, autoritariamente, li obbligò a iscriversi e a frequentare intensivamente il corso di Scherchen, a cercare lì il loro radicamento formativo, ideologico, tecnico. E in effetti accadde che in quel brevissimo mese di apprendistato a contatto con il Maestro e con i giovani compagni venuti da quelle scuole decentrate nel mondo fondate ovunque dai musicisti emigrati, Luigi Nono e Bruno Maderna, per loro espressa testimonianza, trovarono tutti gli input elementari della loro imminente carriera artistica: idee e tecniche per la creazione delle loro prime opere originali (emblematicamente forse, in prima posizione,
Il canto sospeso). Opere originali e rinnovatamente veneziane."
 
Due dati emergono con evidenza da queste considerazioni: la generosità consapevole di Gian Francesco Malipiero – il quale, pur non condividendo le tendenze stilistiche di Bruno Maderna e Luigi Nono, ebbe la modestia di farsi da parte per consentire che il loro talento ‘radicale’ esplodesse davvero, a contatto con quel formidabile catalizzatore di novità linguistiche ed estetiche che rispondeva al nome di Hermann Scherchen – e il segno della continuità fra tradizione e modernità autentica ancora per poco di là da venire, nel nome di Venezia, città di esperimenti per eccellenza. Si trattò di una tappa importante per la fioritura delle nuove tendenze musicali dopo le macerie belliche: Scherchen invitò Maderna a Darmstadt, che stava per diventare una delle capitali della composizione contemporanea, nel 1949, e nell’anno successivo Bruno vi tornò con Luigi Nono. Furono anni che cambiarono decisamente il modo di concepire l’arte dei suoni.
Quando frequentò il corso della Biennale di Venezia, Bruno Maderna era già un compositore che si affacciava alla notorietà anche come direttore d’orchestra. Era stato protagonista, ad esempio, di un importante «Concerto dedicato alla giovane scuola italiana» nell’ambito del IX Festival di musica contemporanea (settembre 1946), una rassegna in cui fu dato un segnale forte di discontinuità col passato, specie dopo i rigurgiti di Salò. Il compositore, allora ventiseienne, diresse il gruppo strumentale «Benedetto Marcello» nella propria Serenata per undici strumenti e, tra l’altro, nelle Variazioni per pianoforte e orchestra del ventiquattrenne Camillo Togni, compagno d’avventura a Darmstadt (solista Enrica Cavallo).
A quel tempo molti veneziani dovevano serbare memoria viva delle sue esibizioni in veste di bimbo prodigio, visto che aveva dimostrato una precocità rara e un talento innato per la concertazione e la direzione d’orchestra.4 La prima grande occasione di salire alla ribalta era infatti arrivata nel settembre del 1932, quando ‘Brunetto’ diresse, appena dodicenne, complessi di dimensioni davvero ragguardevoli a Milano in un programma di forte impronta popolare, imperniato sulle sinfonie e intermezzi d’opera italiana più celebri (dal Barbiere di Siviglia a Cavalleria rusticana). Meno di venti giorni passano, e stavolta Maderna, presentato nei manifesti come «il Concittadino Brunetto Grossato bambino di 9 anni», ebbe la possibilità di dimostrare le sue doti a casa sua, e nella prima vera sala teatrale della sua vita, quella del Teatro La Fenice. A Venezia poté presentare un programma più sofisticato del precedente, che includeva Mendelssohn (uno dei suoi autori favoriti anche nella maturità) e, nella ripresa, l’ouverture dei Maestri cantori. Un anno dopo Maderna, di nuovo alla Fenice, allargò ulteriormente il proprio repertorio includendovi la Quinta sinfonia di Beethoven e il Wagner imprescindibile di Tristano e Isotta.
Non vale dunque per Maderna il detto «Nemo propheta in patria», visto che in laguna nacque il suo talento e che, forte della protezione di calli, ponti e canali, poté affrontare serenamente una carriera internazionale di primo livello sia come direttore sia come compositore. Anche la sua tendenza a mescolare l’antico al contemporaneo nacque e crebbe a Venezia, città che era vissuta di commistioni sin dai tempi del suo splendore, quand’era incrocio liberale di popoli, culture e lingue. La musica della Serenissima entrò anche nella programmazione del Festival internazionale di musica contemporanea come uno fra gli elementi di raccordo tra passato e presente, fin da quando fu ripresa L’incoronazione di Poppea di Monteverdi seguita da un «concerto sinfonico-vocale di musiche inedite di Antonio Vivaldi» nel 1949, e si rafforzò negli anni successivi.7 D’altro canto non era raro udire alla Fenice la musica d’avanguardia nei cicli di concerti tradizionali, mescolata a composizioni d’altre epoche. Nella stagione sinfonica d’autunno del 1952, ad esempio, Scherchen diresse Haydn e Beethoven, ma anche la suite sinfonica del Lieutenant Kije di Prokof’ev, e soprattutto la prima italiana di Polifonica/Monodia/Ritmica di Luigi Nono.
E Bruno Maderna recitò un ruolo di primo piano nel proporre programmi dove convivevano musiche di diverse epoche, come fece nel primo concerto in cui tornò a Venezia da direttore d’orchestra oramai d’eccellente livello (15 maggio 1951), proponendo tre sonate di Legrenzi, un concerto per tastiera di Bach nella revisione di Busoni seguito dal Quarto concerto per pianoforte di Malipiero (solista Gino Gorini), insieme all’Adagio dalla Decima sinfonia di Mahler – da vero allievo di Scherchen, che ne aveva diretto la prima italiana nel corso dell’XI Festival di musica contemporanea (1948)8 – e alla Mer di Debussy. Non meno misto il programma dell’appuntamento veneziano successivo, inserito nel ciclo di concerti di primavera (11 aprile 1955), in cui Maderna accostò le Variazioni per orchestra op. 30 di Webern al Concerto per violino di Brahms (solista Aldo Ferraresi), aprendo con la sinfonia di Sant’Elena al Calvario di Leonardo Leo, e chiudendo con brani di Ravel (Suite di Ma mère l’Oye) e Stravinskij (Suite n. 2).
Per Maderna fare musica significava dunque muoversi a tutto campo. Nato come violinista in erba, si era esibito nelle orchestrine del padre Umberto, musicista dilettante molto noto in città, e da lì era salito sempre più in alto, fino a diventare un punto riferimento imprescindibile per la nuova musica italiana e mondiale, ma anche un compositore che non disdegnava di occuparsi di altri repertori, come la musica da film, e un trascrittore estroso che aveva alimentato nel contatto con Gian Francesco Malipiero la sua innata passione per la musica del Seicento e in particolare per quella di Monteverdi. Rimase memorabile la sua interpretazione dell’Incoronazione di Poppea alla Scala nel 1967 (prima di lui l’aveva diretta Giulini nel 1953). Maderna diresse allora la partitura nella ‘revisione’ di Giacomo Benvenuti pubblicata da Suvini-Zerboni nel 1937 (sei anni dopo quella curata da Malipiero), la cui orchestrazione tardo-romantica farebbe infuriare gli ascoltatori odierni, abituati al recupero delle sonorità originali, al pari del cast, peraltro stellare, che comprendeva Grace Bumbry nel ruolo di Poppea, impegnata nel duetto finale con Giuseppe Di Stefano (Nerone), mentre Leyla Gencer incarnava la dolente, ma colpevole Ottavia. L’idea di vivere la musica antica e di volgerla al presente era eredità diretta di Malipiero, mentre il contatto con Scherchen aveva spinto Maderna a «proiettare nel futuro la musica del presente».
Ma il gesto più rappresentativo della volontà di accostare l’antico al moderno era già stato compiuto nel 1963, in una tra le sale di esperimenti più in vista di allora, la Piccola Scala. Confermando una generosità sconosciuta ai colleghi, che tanto spesso lo spinse a sacrificare la propria musica per dare impulso a quella altrui, Maderna aveva proposto la prima milanese di Didone ed Enea di Purcell come pannello d’apertura di un dittico con la prima assoluta di Passaggio di Luciano Berio, collega e sodale nello Studio di fonologia della RAI di Milano da loro fondato nel 1955, nonché marito della cantante Cathy Berberian, autentica musa ispiratrice della nuova musica vocale. Fino a quel momento il capolavoro di Purcell, dopo la prima ripresa del 1940 al Maggio Musicale Fiorentino diretta da Gui con le coreografie di Aurelio Millos, era stato rappresentato soltanto all’Opera di Roma nel 1949, e nuovamente a Firenze nel 1959, nell’allestimento firmato dallo scrittore Riccardo Bacchelli. A Milano Adriana Martino era Belinda, Teresa Berganza Didone e Antonio Boyer Enea, mentre lo spettacolo era firmato dalla regista Margherita Wallmann (che curò anche la coreografia) e, per le scene, da Jacques Dupont.11 Maderna diresse Passaggio nelle repliche, lasciando la première all’autore che fu letteralmente sommerso di fischi. L’operazione tentata allora non fu ben compresa nemmeno dalla critica cosiddetta ‘militante’, tuttavia l’amore per il passato non lo abbandonò mai.
Maderna morì a Darmstadt, la sua seconda patria, dieci anni dopo le recite del dittico Didone-Passaggio, stroncato da un male incurabile il 13 novembre 1973: aveva lavorato fino a pochi minuti prima di morire. Questo lutto irreparabile per la cultura mondiale fu l’ultima tappa di un anno terribile anche per la sua città, Venezia, e per il suo teatro, la Fenice. Nel 1973 scomparve infatti anche Mario Labroca (21 luglio), direttore artistico della Fenice e della Biennale dal 1959, e in questa veste promotore di una delle imprese più importanti di Maderna direttore della nuova musica: Intolleranza 1960 di Luigi Nono, artatamente fischiata da mestatori codini alla Fenice il 13 aprile del 1961; nove giorni dopo Labroca se ne andò Gian Francesco Malipiero (1 agosto).
In queste pagine abbiamo ripercorso solo alcune tappe di una carriera straordinaria di direttore-compositore che rendono toccante l’omaggio che gli viene tributato come compositore, con Le rire, e come direttore di repertori desueti, nella convinzione che l’abbraccio tra la musica contemporanea e la musica del passato sia una delle premesse migliori al rinnovamento del gusto. Una carriera paragonabile a quella di Gustav Mahler, non a caso fra gl’idoli di Maderna, purtroppo anche per la fine prematura di entrambi: poco più di cinquant’anni per Mahler (7 luglio 1860 – 18 maggio 1911), tre di più per Maderna, che era nato il 21 aprile del 1920.

Michele Girardi

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