Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

giovedì, settembre 22, 2016

Olga Schnitzler ricorda Mahler

Olga Gussmann e Arthur Schnitzler
Olga, una giovanissima signorina borghese di Vienna che aspirava allora a diventare attrice, incontrò e sposò Arthur Schnitzler alla prima alba del nostro secolo, quando egli era già l'acclamato e discusso autore di Anatol e di Liebelei, del Girotondo e del Velo di Beatrice. Olga Schnitzler ha potuto così celebrare lo scorso anno, in lucidissima ed alacre vecchiaia, il centenario del proprio consorte, nato come Hauptmann nel 1862, ma morto, per fortuna sua, alla fine del 1931, poco prima che la barbarie nazista sommergesse il mondo tedesco. Essa ha dedicato al tramontante Ottocento viennese un piccolo libro (Spiegelbild der Freundschaft - Residenz Verlag, Salzburg, 1962, 154 pagg.) che davvero non merita di andare confuso con la malfamata letteratura agiografica od egocentrica delle "vedove". Da esso infatti la sua persona è del tutto cancellata, mentre in quelle pagine sfila l'intero gruppo dei più caratteristici campioni della vecchia Vienna. In queste Immagini d'amicizia si parla si Schnitzler, come è naturale, ma anche più di Peter Altenberge di Hermann Bahr, di Hofmannstahl, di Beer-Hofmann, di Theodor Herzl e di pochi altri. Le pagine così scevre di vanità e di sentimentalismo, così ricche di atmosfere, suscitarono in me il desiderio di conoscerne l'autrice, una delle ultime superstiti del gran diluvio, che sapevo reduce dall'emigrazione in America e stabilita a Lugano. Un paio di chiacchierate con la giovanissima vegliarda confermarono la simpatia. Quando seppi che l'Approdo faceva omaggio a Mahler, pensai di chiederle qualche personale ricordo del Maestro. Per vero dire nel volumetto Mahler si presenta parecchie volte, ma di scorcio; però nei colloqui con la devotissima, il cui volto si illumina al suo nome, a me era parso di capire che "il Maestro" fosse stato la sua diretta guida, quando Olga, non molto dopo il matrimonio, si era decisa a studiare canto. La cara signora mi rispose con una lunga lettera che io qui offro ai lettori italiani in fedele versione, pur col pericolo di deludere i mahleriani in caccia di fonti biografiche nuove. non sono che sereni ricordi di un remoto passato. Ma quanti sono ormai gli amici ancor vivi del Maestro, che con devozione e intenso rispetto per la sua personalità artistica ed etica, possono darci la misura della sua nobiltà umana?
Lavinia Mazzucchetti


Lugano, Settembre 1963

Cara Signora,

Lei è così gentile da chiedermi, a completamento della nostra amichevole chiacchierata sulla vecchia Vienna della mia gioventù, qualche preciso ricordo di Gustav Mahler, che Lei suppone sia stato mio maestro di Canto. Su questo punto debbo deluderla: io ho avuto da lui e dalla sua affettuosa benevolenza soltanto un primo prezioso "esame" della mia voce, un decisivo incoraggiamento, dopo il quale Mahler mi affidò per alcuni anni al suo giovane compagno di lavoro: a Bruno Walter. Ma può ben darsi che io di Mahler Le abbia parlato come della personalità musicale alla quale ancor oggi, mezzo secolo dopo la sua scomparsa, io più mi sento legata di gratitudine e di ammirazione. Bisogna sempre e prima di tutto proclamare che Gustav Mahler, pur affermatosi in un tempo non certo povero di personalità geniali in campi svariati, serba un suo posto unico ed incomparabile nel ricordo fedele di quanti lo hanno seguito da vicino, per la singolarità e l’altezza morale del suo carattere, per la lontananza da ogni meschina forma di vanità, per la illimitata dedizione al proprio compito d’arte. Naturalmente, a noi viennesi di quegli anni e di quell’ambiente teatrale e musicale, Mahler appariva il centro di ogni interesse. A noi arrivavano, è veto, anche tutti i pettegolezzi malevoli contro di lui, giacché era troppo naturale che un simile "despota" suscitasse ammirazione incondizionata ed insieme decisa ostilità. Ci giungevano inoltre, prima e dopo le famose impeccabili messe in scena realizzate con Roller, i sospiri disperati degli interpreti, che la sua incontentabilità torturava alle prove. L’Opera di Vienna negli anni della sua dittatura era chiarnata la Knochenmühle, la "macina delle ossa". D'altra parte, proprio noi di quel mondo non ignoravamo la sua umana generosità verso cantanti ed orchestrali, ai quali cercava sempre di procurare personalmente aumenti di paga e migliori contratti. In mano sua anche cantanti non eccelsi raggiungevano un livello insperato. Mi piace ricordare, per esempio, la Renard come Tatiana nell'Onegin. Mahler apprezzava gli interpreti non vanitosi. Del suo ottimo interprete della parte di Don Giovanni, il cantante Weidmann, mi disse una Volta: "Quello almeno non crede, come quasi tutti gli altri, di essere il centro dell’universo".
Mahler del resto non era incline a tranciar giudizi e tanto meno a lanciare condanne. Non diresse di persona, almeno a Vienna, certi compositori forse a lui meno grati, come Leoncavallo o Puccini, ma lo fece senza permettersi alcuna polemica. Alla sua ammirazione per il Falstaff di Verdi egli dava invece parole fervidissime appena ne aveva occasione. Una Volta, per un piccolo problema quasi di tecnica musicale, accennò con me ad un "oggi tanto celebre Hugo Wolf", e sostenne che quegli sbagliava affermando che "non si deve mai comporre contro la parola, mentre talvolta la linea della melodia impone di farlo". Però non ho mai udito una sua ripulsa totale dell’allora celebre Wolf.
Credo che talvolta egli non aderisse senza riserve alla musica moderna del nuovo indirizzo di Schönberg, tuttavia rispettava e stimava quei concerti famosi e famigerati del gruppo "Schaffende Tonkünstker" (ribattezzato dalle malelingue "Abzuschaffende Tonkünstler"!) e concedeva sempre la sua solidarietä e la sua presenza. Ricordo una scenetta dopo una serata schönberghiana finita fra un gran duello di fischi ed applausi. Mahler stava in piedi, abbastanza vicino al podio, e batteva le mani con ostentazione, quando gli si accostò un giovanotto che invece fischiava sfacciatamente. Mahler gli
si voltò contro e tuono: "Lei non ha da fischiare dove io applaudisco!", così che quello batté subito in ritirata.
E' nota la sua salda dignità nell’impedire alla Corte ogni intervento, sia 
pur larvato, nella vita del teatro; suppongo che altri amici suoi abbiano raccontato come egli seppe imporsi alla stima personale del principe Montenuovo, l'onnipotente Obersthofmeister che rappresentava l'imperatore, interrompendo la consuetudine servile di "fargli rapporto" restando in piedi di fronte a lui seduto dietro un grande scrittoio. Mahler senza chieder venia accostò, entrando, una sedia e vi si accomodò. Quando dovette decidersi ad andarsene, lasciò nel cassetto del suo ufficio all’Opera tutte le onorificenze ricevute con un foglietto: "Per il mio successore".
Il successore fu Weingartner, del quale noi mahleriani non siamo giudici imparziali. Quando ebbimo sentito il suo "nuovo" Fidelio, rimanemmo così scandalizzati dal suo voler "correggere" le interpretazioni di Mahler che da quella sera boicottammo senz’altro ogni spettacolo di Weingartner.
Quante belle premières viennesi sono ancora nella mia memoria! Lei del resto che ha letto il mio libriccino, conosce il modo gentile con cui il Maestro, che sapeva di avere in Arthur Schnitzler un ammiratore e intenditore devotissimo, lo incoraggiò ad un approccio personale, facendogli chiedere una sera in teatro, durante l'intervallo, le sigarette dimenticate a casa. Ne nacquero inviti ed incontri e a me fu facile avvicinare il grande Mahler, Arthur affermava che la sua alta stima per Mahler compositore era soprattutto dovuta al carattere autobiografico della sua musica che rifletteva una tragica anima in continua lotta.
Quando incominciai a coltivare la mia voce e a pensare ad un avvenire teatrale, non fui stupita di apprendere da un’amica che Mahler s’era informato della mia voce e le aveva anzi detto di farmi udire da lui. Era ben noto che l'incontentabile Kappellmeister andava a caccia di buone voci per ogni via, e che era sempre pronto ad esaminare, consigliare... od anche scoraggiare un principiante. Non avrei però trovato il coraggio di disturbarlo, se non ci fossimo incontrati in casa del violinista Rosé, e non mi fosse toccato Mahler come cavaliere a tavola, dove egli mi parlò appunto dello studio del canto, sottolineando la difficoltà di trovare insegnanti adatti "giacché chi talvolta è la provvidenza per un dato cantante, è poi la rovina per un altro". Fu lui quella sera a dirmi: "Chi è più capace di aiutare i miei cantanti, è il mio giovane condirettore Bruno Walter. Lei venga prima a farsi sentir da me e, se ne val la pena, io la raccomando a Walter. Non fissiamo date: venga il giorno in cui si sente meglio disposta". Mio marito dal suo posto di fronte commentava intanto: "In questo momento mia moglie vorrebbe esser sprofondata sottoterra!". Non aveva torto! Infatti solo dopo qualche settimana di esitazione trovai il coraggio di affrontare Mahler all’Opera, anzi prima, il cerbero famoso della sua anticamera, Hassinger. Il Maestro non mi fece però aspettar troppo e mi accolse poi affettuosamente, circondandomi le spalle col suo braccio e chiedendomi subito: "Ha paura?". "Oh, tanta!", replicai pronta; e lui rise: "Ma come? Chi mai ha paura di me?". Gli cantai quel giorno un'aria della Carmen ed una del Tannhäuser. Il verdetto fu: "Lei ha una voce molto originale. Una Voce che terrò presente. Ma non posso scritturarla così. Lei deve ancora studiate". (Si capisce che io non avevo neppur da lontano sognato una immediata scrittura!) "Parlerò io di lei a Walter e certo l'accoglierà come sua scolara. Di tanto in tanto la sentirò io. Lei deve andare molto spesso all’Opera, con lo spartito, e nei posti più vicini al palcoscenico, per studiare bene il contatto fra scena ed orchestra. Troverà sempre un posto a sua disposizione, basta si rivolga ad Hassinger!". Cominciarono così i miei due anni di prezioso lavoro con Bruno Walter, ma purtroppo, benché Mahler più volte incontrandomi mi chiedesse cortese:"Come va la voce?", non ebbi più l’onore di una sua audizione, poiché egli ben presto passò in America, di dove, come tutti sanno, ritorno moribondo...
E oggi anche Bruno Walter, il cui profondo e complesso rapporto con Gustav Mahler è a tutti presente, se ne è andato nel regno del ricordi...
Sua Olga Schnitzler

tratto da "L'Approdo Musicale", Quaderni di musica, N. 16-17, 1963

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