Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, settembre 27, 2008

Kagel: L'arte sovversiva della composizione

È morto Mauricio Kagel, magnifico interprete del tempo.
Nato a Buenos Aires nel 1931, famiglia ebraica di origini tedesche e russe, diviene protagonista dell'avanguardia argentina prima di trasferirsi in Germania nel 1957. Iconoclasta, ironico, indocile alle regole, lavora sulla coesione di materiali e modi di essere eterogenei e sradicati. Estraneo alla visione del melodramma, si era occupato anche di teatro-danza, radio e cinema.


Iconoclasta. Sovversivo. Ironico. Tutti aspetti verissimi della personalità artistica di Mauricio Kagel. Le regole non gli sono mai piaciute. Perché inventava altri modi di comporre, però. Non per gusto della trasgressione in forma di happening. Sarebbe un errore imperdonabile lasciare in ombra l'interesse per il pensiero espresso con evidenza da questo immenso musicista, uno dei massimi del secolo scorso e di quello presente, uno dei reali contemporanei in quanto vivacemente attivo nell'oggi, musicale e sociale. Ogni tipo di provocazione, di divertimento traumatizzante, figura nel catalogo dei suoi titoli. Sempre in stretta unione con un'arte sopraffina della composizione, intesa non come una successione ordinata di note sul pentagramma ma come affermazione della coesione tra materiali (e modi di essere) sconnessi, eterogenei, sradicati. Kagel è morto l'altro ieri a Colonia, città dove viveva dal 1957. Era in ospedale da qualche giorno. L'Ansa non ha dato la notizia. Ennesima prova della miseria culturale delle fonti informative italiane, specie quando si tratta di musica che non sia quella pop. Eppure Kagel in Italia ha avuto spesso ottima accoglienza. E proprio in questi giorni è qui, in questo paese disastrato, che a lui si sono dedicate e si preparano importanti iniziative, già previste da tempo. A Bressanone ieri sera per la rassegna Transart 08 si è tenuta l'anteprima del concerto-ritratto che Kagel stava preparando con l'Ensemble Modern per i prossimi giorni a Francoforte. Il 6, 7, 8 e 19 ottobre il Bologna Festival presenterà una «monografia» stimolante del compositore. Che avrebbe dovuto essere presente, con la sua gentile e sorniona disponibilità. E invece tutto si svolgerà in memoriam. Era nato il 24 dicembre 1931 a Buenos Aires. Famiglia ebraica di origini tedesche e russe. Uno dei lavori in programma a Bologna (8 ottobre) si intitola, appunto, ... den 24.XII.1931 . Una bella versione diretta dall'autore si è ascoltata alla Biennale Musica del 2007. Un baritono «racconta» che cosa è successo di importante nel giorno della nascita di Mauricio: spicca una rivolta di prigioneri politici in un carcere della capitale argentina. E intorno si snoda una musica imprevedibile e composita, fatta con uno strumentario che comprende sirene, campane, fischietti, cubi di legno ruotanti, stivali usati come bacchette per marimbe. Si sentono anche melodie soavi, scatti swing, marce militari, ma è mirabile il disegno compositivo, il desiderio di proporre come costituenti eventi sonori insorgenti, «disordinati» Presto protagonista negli ambienti dell'avanguardia musicale argentina, Kagel si era trasferito in Germania nel 1957. Enorme la sua produzione, improntata spesso a una vena teatrale (teatro della crudeltà, teatro dell'assurdo, teatro epico da camera), non necessariamente bisognosa della scena. Nell'anno fatale 1968, per esempio, Kagel scrisse una vera pièce sadiana tutta affidata a musicisti (non più di quattro polistrumentisti, spesso anche lui era della partita). Acustica è un brano di scrittura con improvvisazione che utilizza, insieme a una tastiera elettronica, piccole ghigliottine, raganelle, scatole sonore, un violino con ponticello di ferro, lamelle di metallo. E la musica di rumori, quasi sempre violenti, sinistri, oppure fascinosamente persi in incanti di perversione, procede afferrando alla gola, chiedendo rivolta. Un altro lavoro per dire chi era Kagel. Anche questo in programma al festival bolognese (6 ottobre), anche questo messo in scena - perché qui la scena c'è, eccome! - alla Biennale veneziana del 2005. Mare nostrum (1975) è la storia di una colonizzazione alla rovescia. Evoluti amazzonici invadono, anche con intenti di conversione religiosa, i selvaggi popoli monoteisti dell'Europa e dintorni. Strani strumenti a corda e a percussione, in più tante bellissime melodie semplici eppure mai sentite. Kagel sperimentale con una canzoncina, un lied da cabaret. Come è sperimentale, ben lontano dal populismo o dal terzomondismo demagogico, anzi decostruttivo e leggero, in Exotica (1970-71) per strumenti non occidentali. Oppure in Variété (1976-77) per sei strumenti, un raffinato, irresistibile gioco coltissimo intorno ai piaceri della musica «di consumo». Compositore di suoni del tutto estraneo alla visione tradizionale del melodramma, tuttora molto forte tra gli autori «dotti», Kagel si è occupato anche di teatro-danza. Nel modo che, specie durante gli anni Settanta, si poteva aspettarsi da lui: irriverenza a piene mani. Un suo lavoro fondamentale del 1971 si intitola Staatstheater ed è un balletto per non-danzatori. Poi si è occupato di radio: sempre improntato alla poetica dell'assurdo è Ein Aufnahmezustand (1969). Non poteva trascurare il cinema. E qui ha fatto nuovamente centro. Attenzione al titolo: Ludwig van (1969), che ne sapesse qualcosa Stanley Kubrick ai tempi di Arancia meccanica ? In ogni caso è un film in bianco e nero, regia di Kagel, girato per infrangere il mito dell'autore eroico che per un sacco di tempo, e ancora oggi, si è abbinato all'opera di Beethoven.

Mario Gamba (Il Manifesto, 20 settembre 2008)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie per questo post. Troppa pubblicistica ha dimenticato questo lutto.