Lectio III
Oggi ho la mente piuttosto confusa per una indisposizione.
Non ci occuperemo di punti di vista, ma di fatti. Parleremo dello sviluppo della nuova musica. Che cosa è stato decisivo per essa? L'ultima volta abbiamo trattato uno dei punti di tale problema: la progressiva conquista del materiale fornitoci dalla natura. Ho analizzato le cose fondamentali: come si è prodotta la scala diatonica, come un accordo, semplice o complesso che sia, derivi sempre dalla natura, come lo sviluppo abbia proceduto dall'iniziale conquista delle cose più prossime; a riprova di questo vi ho portato l'esempio della triade, che è il derivato degli armonici più vicini. Da un tale punto seguì il progressivo sfruttamento di questo materiale dato dalla natura.
Il secondo punto è: qualcosa doveva esser detto. Che cosa? Pensieri. Come sono stati formulati i pensieri secondo leggi musicali? Ora seguiremo, a grandi linee, questo sviluppo, perché riteniamo che fra tutte le tendenze date, ce ne sia una che deve apparirci come la realizzazíone di quella che è stata l'aspirazione dei grandi compositori, fin da quando si è cominciato a pensare in termini musicali.
Esposizione di un pensiero musicale: come si può configurarla? Come esposizione di un pensiero in suoni! Volendo esprimere un pensiero sotto un tale aspetto, si devono presupporre delle leggi valide. Tutto ciò che accade, tutto ciò a cui si tende, sarà per soddisfare queste leggi. Qualcosa viene espresso in suoni, quindi c'è analogia con il linguaggio. Se devo esprimere qualcosa, subito si presenta la necessità di farmi capire. E questo posso farlo se mi esprimo il più chiaramente possibile. Ciò che io dico deve essere chiaro. Non devo perdermi in particolari, qualunque sia l'argomento trattato. Esiste una parola precisa per questo: comprensibilità. Il principio primo dell'esposizione di un pensiero è la legge della comprensibilità. E questa, è chiaro, deve essere la legge suprema. Che cosa deve accadere perché un pensiero musicale divenga comprensibile? Riflettete: tutto quello che è accaduto nelle varie epoche ha teso unicamente a questo scopo.
Avanziamo di un passo: cosa significa la stessa parola «comprensibilità»? Prendete la parola in senso strettamente letterale; cioè nel senso di «comprendere», «prendere» qualcosa: se raccogliete un oggetto nella mano lo avete «preso». Ma non possiamo, ad esempio, raccogliere in una mano un edificio, «prenderlo». Quindi, in senso più lato: comprensibile è qualcosa che si può abbracciare con lo sguardo, di cui si possono distinguere i contorni. Davanti a una superficie liscia viene a mancare la possibilità stessa di «comprenderla». Sarebbe diverso se fosse dato almeno un inizio. Avere questo inizio significherebbe poter giungere all'articolazione.
Ampliamo ora il quadro! Abbiamo parlato di una parete liscia, e qui vediamo, ad esempio, una parete liscia articolata da colonne. Questo naturalmente è uno schema del tutto primitivo, ma c'è pur sempre un indizio di articolazione. La cosa sarebbe del tutto diversa se ci fossero altri punti di appoggio. Che cosa significa dunque articolazione? In senso generale: poter procedere a un sezionamento allo scopo di analizzare una cosa, di distinguere gli aspetti principali da quelli secondari. Questo è importante per farsi capire, e questo deve esistere anche nella musica. Se volete rendere chiaro qualcosa a qualcuno, non dovete perdere di vista la cosa principale, l'essenziale, e se volete spiegare qualcosa, non dovete mettervi a saltare di palo in frasca. Si deve dunque mantenere la coerenza, altrimenti si diventa incomprensibili. Ecco un elemento che gioca un ruolo particolare: la coerenza è importante per rendere comprensibile un pensiero. Schönberg aveva persino in progetto di scrivere un libro «Sulla coerenza nella musica». Riassumiamo, in sintesi, tutto quello di cui abbiamo parlato: articolazione, cioè distinzione fra parti principali e parti secondarie, e coerenza.
Si potrebbe dire che da quando si scrive musica, lo sforzo della maggior parte dei grandi artisti è consistito nel rendere sempre più chiara questa coerenza. Tutto ciò che è stato fatto deriva da un tale sforzo, e io, ritengo che ai nostri giorni si sia conquistato un grado più alto di coerenza, e precisamente con il tanto osteggiato metodo di composizione che Schönberg ha definito «composizione con dodici suoni in rapporto fra loro». Analizzeremo questo metodo alla fine delle conferenze. L'aspetto che più mi preme è mostrare come si è snodato il cammino che ha portato a questo metodo, e come esso sia stato la nostra aspirazione.
La composizione dodecafonica ha raggiunto un grado di perfezionamento della coerenza, che prima non esisteva neppur lontanamente... E' chiaro che dove esistono soprattutto rapporto e coerenza, anche la comprensibilità è garantita. Tutto il resto è dilettantismo, nient'altro, e così è stato in ogni epoca! E questo non soltanto in musica, ma in ogni altro campo artistico. Per quanto riguarda l'arte figurativa, la pittura, per esempio, posso supporre, se non provare, che esistono anche in essa rapporti tali che garantiscano la coerenza; so per certo che per la parola è così!
La coerenza al servizio della comprensibilità del pensiero! Nelle varie epoche dell'arte musicale si è tenuto conto di questo principio in diversi modi. Oggi però desidero dedicarmi a una sola cosa, basilare per le nostre considerazioni.
Dobbiamo parlare dello spazio che un pensiero musicale può occupare.
In ogni caso è possibile e immaginabile, per esempio fra i popoli primitivi, che un pensiero musicale sia reso da una sola voce. E la melodia del pastore nel Tristano, dunque in un'epoca in cui già esisteva il colossale in musica, è un esempio che anche in quel tempo era possibile raggiungere un alto grado di espressività con una sola voce. E sarebbe assolutamente incomprensibile se qualcuno volesse comporre una musica diversa su questa melodia per «renderla più chiara»! Ciò che nella musica più recente è un caso unico, era usuale agli inizi. Il canto a una voce nella musica occidentale è stato dato come regola nel canto gregoriano. Da questo punto della storia cominceranno le nostre considerazioni, il nostro cammino.
Ma desideriamo subito dire che ben presto parve importante non limitarsi a una sola voce nell'esposizione di un pensiero musicale; si cerca di conquistare un maggiore spazio. Risuonando più voci contemporaneamente, si crea una dimensione di profondità; l'idea musicale non viene espressa da una sola voce, e questa è la forma di esposizione polifonica di un'idea musicale. Come si deve intendere l'insufficienza di una sola voce, la necessità di usare più voci per esporre un'idea musicale?
Cerchiamo di chiarire questo punto. Ben presto si avvertì il bisogno di inserire un'altra dimensione. Se all'inizio le idee erano esprimibili da una sola voce, più tardi, divenute esse più vive, questo mezzo espressivo si è rivelato insufficiente; si è così resa necessaria la conquista di un nuovo spazio e l'inserimento di altre voci. Questo non è stato un caso. Non può essere stato un caso! Non si è aggiunta arbitrariamente un'altra voce. Colui che ebbe per primo una tale idea (forse dopo notti insonni), sapeva perfettamente che doveva essere così. Perché? Non è nata come un giocattolo infantile: la necessità assoluta ha spinto alla creazione; non poteva essere altrimenti. L'idea è distribuita nello spazio, non è soltanto in una voce - da sola non può esprimere l'idea -; soltanto l'unione di più voci riesce ad esprimere compiutamente l'idea. Era necessario per l'idea che essa venisse esposta in più voci. La polifonia è fiorita allora rapidamente. Vorrei portarvene delle prove. Ci occuperemo dei principi secondo i quali si è gradatamente utilizzato il materiale sonoro datoci dalla natura.
Anton Webern, 7 marzo 1933 (da "Il cammino verso la Nuova Musica", SE, 1989)
Oggi ho la mente piuttosto confusa per una indisposizione.
Non ci occuperemo di punti di vista, ma di fatti. Parleremo dello sviluppo della nuova musica. Che cosa è stato decisivo per essa? L'ultima volta abbiamo trattato uno dei punti di tale problema: la progressiva conquista del materiale fornitoci dalla natura. Ho analizzato le cose fondamentali: come si è prodotta la scala diatonica, come un accordo, semplice o complesso che sia, derivi sempre dalla natura, come lo sviluppo abbia proceduto dall'iniziale conquista delle cose più prossime; a riprova di questo vi ho portato l'esempio della triade, che è il derivato degli armonici più vicini. Da un tale punto seguì il progressivo sfruttamento di questo materiale dato dalla natura.
Il secondo punto è: qualcosa doveva esser detto. Che cosa? Pensieri. Come sono stati formulati i pensieri secondo leggi musicali? Ora seguiremo, a grandi linee, questo sviluppo, perché riteniamo che fra tutte le tendenze date, ce ne sia una che deve apparirci come la realizzazíone di quella che è stata l'aspirazione dei grandi compositori, fin da quando si è cominciato a pensare in termini musicali.
Esposizione di un pensiero musicale: come si può configurarla? Come esposizione di un pensiero in suoni! Volendo esprimere un pensiero sotto un tale aspetto, si devono presupporre delle leggi valide. Tutto ciò che accade, tutto ciò a cui si tende, sarà per soddisfare queste leggi. Qualcosa viene espresso in suoni, quindi c'è analogia con il linguaggio. Se devo esprimere qualcosa, subito si presenta la necessità di farmi capire. E questo posso farlo se mi esprimo il più chiaramente possibile. Ciò che io dico deve essere chiaro. Non devo perdermi in particolari, qualunque sia l'argomento trattato. Esiste una parola precisa per questo: comprensibilità. Il principio primo dell'esposizione di un pensiero è la legge della comprensibilità. E questa, è chiaro, deve essere la legge suprema. Che cosa deve accadere perché un pensiero musicale divenga comprensibile? Riflettete: tutto quello che è accaduto nelle varie epoche ha teso unicamente a questo scopo.
Avanziamo di un passo: cosa significa la stessa parola «comprensibilità»? Prendete la parola in senso strettamente letterale; cioè nel senso di «comprendere», «prendere» qualcosa: se raccogliete un oggetto nella mano lo avete «preso». Ma non possiamo, ad esempio, raccogliere in una mano un edificio, «prenderlo». Quindi, in senso più lato: comprensibile è qualcosa che si può abbracciare con lo sguardo, di cui si possono distinguere i contorni. Davanti a una superficie liscia viene a mancare la possibilità stessa di «comprenderla». Sarebbe diverso se fosse dato almeno un inizio. Avere questo inizio significherebbe poter giungere all'articolazione.
Ampliamo ora il quadro! Abbiamo parlato di una parete liscia, e qui vediamo, ad esempio, una parete liscia articolata da colonne. Questo naturalmente è uno schema del tutto primitivo, ma c'è pur sempre un indizio di articolazione. La cosa sarebbe del tutto diversa se ci fossero altri punti di appoggio. Che cosa significa dunque articolazione? In senso generale: poter procedere a un sezionamento allo scopo di analizzare una cosa, di distinguere gli aspetti principali da quelli secondari. Questo è importante per farsi capire, e questo deve esistere anche nella musica. Se volete rendere chiaro qualcosa a qualcuno, non dovete perdere di vista la cosa principale, l'essenziale, e se volete spiegare qualcosa, non dovete mettervi a saltare di palo in frasca. Si deve dunque mantenere la coerenza, altrimenti si diventa incomprensibili. Ecco un elemento che gioca un ruolo particolare: la coerenza è importante per rendere comprensibile un pensiero. Schönberg aveva persino in progetto di scrivere un libro «Sulla coerenza nella musica». Riassumiamo, in sintesi, tutto quello di cui abbiamo parlato: articolazione, cioè distinzione fra parti principali e parti secondarie, e coerenza.
Si potrebbe dire che da quando si scrive musica, lo sforzo della maggior parte dei grandi artisti è consistito nel rendere sempre più chiara questa coerenza. Tutto ciò che è stato fatto deriva da un tale sforzo, e io, ritengo che ai nostri giorni si sia conquistato un grado più alto di coerenza, e precisamente con il tanto osteggiato metodo di composizione che Schönberg ha definito «composizione con dodici suoni in rapporto fra loro». Analizzeremo questo metodo alla fine delle conferenze. L'aspetto che più mi preme è mostrare come si è snodato il cammino che ha portato a questo metodo, e come esso sia stato la nostra aspirazione.
La composizione dodecafonica ha raggiunto un grado di perfezionamento della coerenza, che prima non esisteva neppur lontanamente... E' chiaro che dove esistono soprattutto rapporto e coerenza, anche la comprensibilità è garantita. Tutto il resto è dilettantismo, nient'altro, e così è stato in ogni epoca! E questo non soltanto in musica, ma in ogni altro campo artistico. Per quanto riguarda l'arte figurativa, la pittura, per esempio, posso supporre, se non provare, che esistono anche in essa rapporti tali che garantiscano la coerenza; so per certo che per la parola è così!
La coerenza al servizio della comprensibilità del pensiero! Nelle varie epoche dell'arte musicale si è tenuto conto di questo principio in diversi modi. Oggi però desidero dedicarmi a una sola cosa, basilare per le nostre considerazioni.
Dobbiamo parlare dello spazio che un pensiero musicale può occupare.
In ogni caso è possibile e immaginabile, per esempio fra i popoli primitivi, che un pensiero musicale sia reso da una sola voce. E la melodia del pastore nel Tristano, dunque in un'epoca in cui già esisteva il colossale in musica, è un esempio che anche in quel tempo era possibile raggiungere un alto grado di espressività con una sola voce. E sarebbe assolutamente incomprensibile se qualcuno volesse comporre una musica diversa su questa melodia per «renderla più chiara»! Ciò che nella musica più recente è un caso unico, era usuale agli inizi. Il canto a una voce nella musica occidentale è stato dato come regola nel canto gregoriano. Da questo punto della storia cominceranno le nostre considerazioni, il nostro cammino.
Ma desideriamo subito dire che ben presto parve importante non limitarsi a una sola voce nell'esposizione di un pensiero musicale; si cerca di conquistare un maggiore spazio. Risuonando più voci contemporaneamente, si crea una dimensione di profondità; l'idea musicale non viene espressa da una sola voce, e questa è la forma di esposizione polifonica di un'idea musicale. Come si deve intendere l'insufficienza di una sola voce, la necessità di usare più voci per esporre un'idea musicale?
Cerchiamo di chiarire questo punto. Ben presto si avvertì il bisogno di inserire un'altra dimensione. Se all'inizio le idee erano esprimibili da una sola voce, più tardi, divenute esse più vive, questo mezzo espressivo si è rivelato insufficiente; si è così resa necessaria la conquista di un nuovo spazio e l'inserimento di altre voci. Questo non è stato un caso. Non può essere stato un caso! Non si è aggiunta arbitrariamente un'altra voce. Colui che ebbe per primo una tale idea (forse dopo notti insonni), sapeva perfettamente che doveva essere così. Perché? Non è nata come un giocattolo infantile: la necessità assoluta ha spinto alla creazione; non poteva essere altrimenti. L'idea è distribuita nello spazio, non è soltanto in una voce - da sola non può esprimere l'idea -; soltanto l'unione di più voci riesce ad esprimere compiutamente l'idea. Era necessario per l'idea che essa venisse esposta in più voci. La polifonia è fiorita allora rapidamente. Vorrei portarvene delle prove. Ci occuperemo dei principi secondo i quali si è gradatamente utilizzato il materiale sonoro datoci dalla natura.
Anton Webern, 7 marzo 1933 (da "Il cammino verso la Nuova Musica", SE, 1989)
1 commento:
Ottima lettura estiva, su suggerimento del saggio HvT, che consiglierei a tutti!
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