Per La mano felice bisogna tener conto soprattutto di quanto segue:
- Per il gioco luce-colori. Sono necessarie fonti luminose molto intense e colori buoni: le scene devono essere dipinte in modo da assorbire i colori!
- Per mille motivi l'allestimento scenico deve seguire per filo e per segno le mie indicazioni, perché altrimenti non funzionerà nulla. A suo tempo preparai alcuni bozzetti che ora dovrei andare a cercare. Ad ogni modo, dovrei ricevere gli schizzi per tempo onde prenderne visione.
- Ho fissato esattamente anche le posizioni degli attori e i loro movimenti sulla scena. Sono convinto che sia necessario attenervisi scrupolosamente perché tutto proceda bene.
- E' molto dífficile illuminare i dodici volti nel primo e nel quarto quadro, farli sparire e poi riapparire (e di colpo!) e quindi bisognerà discuterne.
- Il mostro favoloso deve essere molto grande. Il tentativo, compiuto a Vienna e a Breslavia, di farlo rappresentare da un uomo non si è rivelato fino ad ora in alcun modo soddisfacente. Soprattutto alla fine del terzo quadro, quando il macigno comincia a brillare e piomba sull'Uomo, rivelandosi infine come il mostro stesso. Soprattutto, nessun attore è riuscito a compiere un salto così lungo, da due metri e mezzo a tre metri circa. D'altra parte, un salto non somiglia a una caduta. Qui la cosa migliore sarebbe rifarsi alla mia descrizione.
- Alla fine del primo quadro il sipario deve squarciarsi, il che finora non è mai riuscito, neppure vagamente. Mia moglie ritiene che si possa ricorrere a una proiezione. Credo che un abile tappezziere dovrebbe riuscirvi, intrecciando insieme le cordicelle delle gelosie.
- Parimenti, alla fine del primo quadro «veli neri» discendono sull'Uomo. Anche questo problema è finora irrisolto.
- Non è facile neppure fare il «sole» nel secondo quadro. Deve stare molto in basso!
Credo di aver segnalato le cose che fino ad ora ci hanno procurato le maggiori difficoltà.
Non ho particolare simpatia per le cosiddette scene «stilizzate» (quale stile?) e nella scena amo vedere la mano ben esercitata di un pittore che tira retta una linea retta e non prende esempio dai disegni infantili o dall'arte dei popoli primitivi. Nelle mie opere luoghi e cose recitano anch'essi, e perciò bisogna poterli distinguere chiaramente, al pari delle altezze dei suoni. Se uno spettatore di fronte a una scena enigmatica («Dov'è il cacciatore?») è costretto a chiedersi cosa significhi, non sentirà parte della musica. Può darsi che egli lo gradisca, ma, per me, è un effetto indesiderato.
Non ho particolare simpatia per le cosiddette scene «stilizzate» (quale stile?) e nella scena amo vedere la mano ben esercitata di un pittore che tira retta una linea retta e non prende esempio dai disegni infantili o dall'arte dei popoli primitivi. Nelle mie opere luoghi e cose recitano anch'essi, e perciò bisogna poterli distinguere chiaramente, al pari delle altezze dei suoni. Se uno spettatore di fronte a una scena enigmatica («Dov'è il cacciatore?») è costretto a chiedersi cosa significhi, non sentirà parte della musica. Può darsi che egli lo gradisca, ma, per me, è un effetto indesiderato.
da "Schönberg /Kandinsky - Musica e pittura", SE, 2002
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