Dopo una collaborazione durata quasi trentacinque anni, la Fondazione Rossini mi ha licenziato all’inizio del 2006, impedendomi di completare il mio lavoro come direttore dell’Edizione Critica delle Opere di Gioachino Rossini (pubblicata da Ricordi). In seguito ho firmato un contratto con Bärenreiter-Verlag di Kassel per pubblicare Works of Gioachino Rossini: una serie di volumi che dovrebbe comprendere tutta la musica che non è apparsa sotto la mia direzione per la Fondazione Rossini. Due volumi sono stati già pubblicati: Musica da camera senza pianoforte nel 2007 e Il barbiere di Siviglia nel 2008. Fin qui, tutto bene. La Fondazione ha la libertà assoluta di decidere di non lavorare più con me e io ho la libertà assoluta di collaborare con un altro editore. La Fondazione Rossini però dispone di una biblioteca: un’istituzione pubblica finanziata dal Comune di Pesaro e dallo Stato italiano e che quindi dev'essere utilizzabile da tutti quelli che ne hanno necessità. Diciotto mesi fa ho annunciato alla Fondazione di volermi recare a Pesaro per studiare tre manoscritti rossiniani - fonti per la Petite messe - che appartengono alla loro collezione. Mi sono recato poi alla biblioteca, ma mi hanno informato che avevano mandato proprio quei manoscritti in «restauro». Tuttavia hanno messo a disposizione altri manoscritti da consultare, assicurandomi che in futuro avrei potuto consultare i testi richiesti. Nel mese di giugno ho scritto di nuovo alla Fondazione per dire che avevo l’intenzione di recarmi a studiare in biblioteca, chiedendo loro l'orario di apertura (non indicato sul sito internet). Mi hanno dato le informazioni richieste, ma quando sono arrivato, ho scoperto che ora è necessario avere un permesso scritto per vedere un manoscritto: una nuova regola, di cui non c’era nessuna indicazione sul sito alla fine della settimana precedente e di cui non mi avevano informato per e-mail. Certamente non era la regola diciotto mesi prima. Quando la bibliotecaria ha tentato di contattare le due persone che avrebbero potuto darmi il permesso (il Presidente Giovanelli e il Segretario Amati), entrambi risultavano irraggiungibili. Le ragazze che lavorano nella Biblioteca sono state gentili; mi hanno fatto vedere delle fotocopie e anche delle riproduzioni digitali (fatte abbastanza bene), ma per le mie verifiche era essenziale vedere i manoscritti.
A questo punto credo che si debba dire chiaramente al pubblico, al Governo italiano e al Comune di Pesaro di verificare la gestione di un’istituzione da essi finanziata e che impedisce la ricerca. Basterebbe pretendere, semplicemente, che la Fondazione Rossini agisca come la Library of Congress negli Stati Uniti, la British Library a Londra, la Bibliothèque Nationale di Parigi e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Roma: istituzioni che hanno scritto i loro regolamenti con chiarezza e trasparenza e che aiutano gli studiosi, invece di impedire loro di lavorare.
Philip Gossett
A questo punto credo che si debba dire chiaramente al pubblico, al Governo italiano e al Comune di Pesaro di verificare la gestione di un’istituzione da essi finanziata e che impedisce la ricerca. Basterebbe pretendere, semplicemente, che la Fondazione Rossini agisca come la Library of Congress negli Stati Uniti, la British Library a Londra, la Bibliothèque Nationale di Parigi e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Roma: istituzioni che hanno scritto i loro regolamenti con chiarezza e trasparenza e che aiutano gli studiosi, invece di impedire loro di lavorare.
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2 commenti:
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