Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, maggio 08, 2010

Musica trasmessa...

La radio è uno strumento universale d'istruzione e di svago: in questa definizione vi è l'obbligo, da parte della radio e dei suoi collaboratori, di formare il gusto degli ascoltatori e di educarli. Abbiamo scuole superiori aperte al popolo e insegnamento musicale nelle scuole secondarie; abbiamo istituti privati e pubblici dove si può imparare a sonare uno strumento e a leggere le note. Ma la radio adempie un compito incomparabilmente piú vasto: essa porta l'istruzione in casa. Chi vuole imparare non deve piú uscire; basta girare un interruttore, premere un tasto. Come in un gigantesco magazzino i tesori del sapere affluiscono all'ascoltatore. Un passo dopo l'altro un pubblico sempre piú vasto viene educato non solo a vedere ma anche a sentire il mondo... La radiocommedia, come il concerto trasmesso per radio, ha già avuto le sue conseguenze. Non è teatro acustico, cosí come il concerto trasmesso non è l'orchestra filarmonica senza la vista degli orchestrali e del direttore.
Veramente la musica è presa dalla sala dei concerti; non vi è nulla che disturbi: i rumori, la folla, la luce dei riflettori, i movimenti piú o meno fastidiosi del direttore che attirano l'occhio, il nervosismo del complesso orchestrale che suona i violini e soffia negli strumenti a fiato. L'ascoltatore non deve píú preoccuparsi dei biglietti; l'abito elegante è superfluo; non è piú necessario compiere il lungo o disagevole percorso fino alla sala dei concerti. Vicino all'altoparlante l'ascoltatore può immergersi nella musica senza essere disturbato da ciò che lo circonda. Egli può veramente ascoltare. E questo poter udire e dover udire - poiché non esiste alcun'altra via d'accesso alla musica trasmessa - conduce nel corso del tempo alla sorprendente scoperta del mondo sonoro. La radio è la sua voce; essa fornisce trasmissioni.
Ma il concerto trasmesso non è identico a quello sonato. Lungo il cammino dal microfono che accoglie i suoni all'altoparlante che li rende, e che passa attraverso l'ingegnere del suono, si perde qualcosa. Lo strumento radio ha dei difetti. Da trent'anni - da quando la radio uscí poco per volta dallo stadio dell'infanzia - si mira a raggiungere la perfezione tecnica. In questo tempo tecnici, fisici e collaboratori della radio hanno fatto cose meravigliose. Di una cosa però non sono stati capaci: trasmettere all'ascoltatore lontano il suono registrato senza che questo ne sia danneggiato. Ancor oggi si cerca di risolvere questo problema. Esistono intanto microfoni quasi perfetti; da lungo tempo è aperto il campo delle onde ultracorte per trasmissioni di altissima qualità. Si ebbero di conseguenza sostanziali miglioramenti nella ricezione. Lo splendore e la pienezza di un concerto per violino - sentito su onde ultracorte - si avvicinano a quelli di un'esecuzione nella sala da concerti. Manca ancora però l'altoparlante perfetto, l'ultimo anello della catena di trasmissione. All'Esposizione radiofonica di Berlino del 1930 la Primola-Lautsprecherwerk di Monaco presentò modelli «di forme lisce con ornamenti di rosette; impianti di lusso con ricche sculture; in tinta legno chiaro e scuro, oro antico, argento antico, bronzo, con una patina verde, maiolica ecc. ecc.», tutte esteriorità che dovevano mascherare il fatto che non esiste un altoparlante acusticamente perfetto. Noi siamo ora nel 1963, ma l'altoparlante acusticamente perfetto è ancor sempre un sogno dei tecnici.
E le molte centinaia di migliaia o milioni di altoparlanti negli apparecchi radio costruiti dalle industrie? Non è un segreto per nessuno che essi sono un ripiego. Ad esempio, in seguito a difetti meccanici come risonanza propria e resistenza di massa (impallamento), si producono negli altoparlanti piccoli effetti vettori dei suoni alti, mentre in quelli grandi i suoni alti vengono fortemente smorzati. Non ci si può far nulla. La cosa dipende dalla struttura dell'altoparlante, dai suoi elementi di costruzione. La modulazione colta dal trasmettitore deve essere resa percepibile, le vibrazioni elettriche devono essere trasformate in vibrazioni dell'aria. Negli altoparlanti tradizionali ciò avviene mediante una membrana, un sottilissimo disco di lamiera. La molteplicità delle vibrazioni e l'inerzia della membrana non vanno d'accordo; ne sono prova snaturamenti e diminuzione della qualità. Inoltre la qualità della trasmissione dipende dal punto dove è collocato l'altoparlante, dalla grandezza e dal materiale di cui è composta la superficie che esso fa vibrare, dalla grandezza e dal rivestimento delle pareti del locale in cui esso lavora e cosí via Non è possibile trasformare la modulazione a bassa frequenza in onde sonore, cioè le vibrazioni elettriche in vibrazioni meccaniche senza che ne soffra la fedeltà del suono.
Esiste però da alcuni anni un altoparlante quasi perfetto, chiamato «ionofono», il quale trasforma direttamente, cioè senza la deviazione attraverso un elemento meccanico intermedio, la modulazione elettrica in vibrazioni dell'aria. Il principio è già stato indicato negli anni dal 1915 al 1921 dagl'inventori del film sonoro Vogt, Massolle e Engel. Siegfried Klein ha poi costruito lo ionofono. Nucleo dell'altoparlante è un imbuto-megafono con aria ionizzata e resa perciò sensibile alle vibrazioni elettriche. L'intervento della modulazione a bassa frequenza fa vibrare il cono d'aria nell'imbuto-megafono. Il movimento si comunica all'altra aria e diventa udibile come suono. Sfera d'azione dello ionofono è l'intero campo di frequenza sopra gli 8oo hertz, cioè proprio all'altezza necessaria per la formazione dei timbri e per un'eccellente riproduzione degli armonici. La Telefunken ha presentato sul mercato una combinazione di un altoparlante a cono, che lavora sotto 1ooo hertz, con lo ionofono, che viene già usata per gli altoparlanti comuni e per quelli dei cinematografi. Prezzo e volume ne rendono per ora impossibile l'installazione in apparecchi radio costruiti in serie.
Ma i progettísti sono talmente rapidi nell'ideare sui loro tavoli da disegno nuovi modelli perfezionati dei vari strumenti, che il costruttore può appena mantenere lo stesso passo; prima che un'invenzione entri a far parte, con l'approvazione di tutti, del patrimonio della tecnica, intercorrono spesso decenni e devono essere superate difficoltà quasi insormontabili. Da lungo tempo il pubblico desidera ascoltare un concerto in casa. nella stanza di soggiorno; e quanto poco si cura della qualità della trasmissione, il piú delle volte pessima, degli apparecchi radio accesi giorno e notte, tanto è esigente per quel che riguarda «il concerto in casa». L'industria ha costruito apparecchi radio con numerosi altoparlanti e li ha messi in vendita con la fantasiosa indicazione «suono tridimensionale». Il suono è diventato piú pieno, piú brillante, per cosí dire «piú fiorito»; ma ciò non ha nulla a che fare con la spazialità e l'ascolto stereofonico. Il radioascoltatore non ha affatto l'impressione di essere seduto nella sala da concerti. Il primo violino non risuona davanti a sinistra, i contrabbassi non brontolano proprio a destra, l'acuto suono delle trombe non si spinge in avanti dal fondo. L'orecchio non distingue da dove giunge il suono di ogni strumento.
Nel giradischi abbiamo il microsolco, e la high fidelity; la perfezione della tecnica celebra un trionfo dopo l'altro. Il passo che si dovrebbe logicamente compiere sarebbe quello di giungere fino in fondo a questo processo di perfezionamento, di abolire completamente - o per lo meno quasi completamente - la differenza fra registrazione e riproduzione, fra l'orchestra sinfonica nella sala da concerti e l'orchestra sinfonica nella stanza di soggiorno, di rendere uguali la «conserva» musicale e l'avvenimento musicale vero e proprio. Da questo passo dovrebbe risultare la condizione dialettica apparentemente assurda per cui l'originale sarebbe identico alla copia. Il fatto, perciò, che un concerto che venga eseguito, diretto e ascoltato in apposita sala perderebbe ogni significato, posto naturalmente che il pubblico si accontenti di ascoltare.
La nostra vita musicale subirebbe allora senza dubbio una decisa trasformazione. Frattanto il passo è stato compiuto in via sperimentale. Esso fu la risposta dei tecnici alla richiesta degli ascoltatori di non sentire piú la musica da un unico altoparlante, cioè, per cosi dire, con un solo orecchio; un orecchio sarebbe infatti del tutto sufficiente per il vecchio sistema di trasmissione. Il consumatore vuole qualcosa di piú del «suono tridimensionale»; egli vuole la vera stereofonia. Esperimenti con trasmissioni spaziali non sono di oggi. Uno dei primi tentativi di riproduzione sonora plastica ebbe luogo nel 1881, quando si trasmisero telefonicamente concerti del Grand Opéra di Parigi, in modo tale che l'ascoltatore percepiva spazio e direzioni. Nel 1933 il direttore Leopold Stokowski, con l'aiuto di H. Fletcher, fece esperimenti di trasmissione di musica ad alta fedeltà. Per la registrazione egli impiegò tre microfoni e per la trasmissione del suono tre altoparlanti che furono collocati a sinistra, al centro e a destra dinanzi agli ascoltatori. Verso il 1940, nel laboratorio della Philips Gloeilampenfabrieken, Eindhoven, Olanda, si lavorava a un impianto per l'ascolto «binauricolare», Dapprima si misero due microfoni per la registrazione al posto delle orecchie in alcune teste di gesso e le si collocò dinanzi all'orchestra in modo tale che si trovassero all'altezza della testa di un uomo seduto, e si incise la musica. Per la riproduzione ci si serví dapprima di una cuffia, poi di due altoparlanti collocati a destra e a sinistra dinanzi al pubblico. La trasmissione avvenne su due canali separati: dal microfono di sinistra all'altoparlante di sinistra e dal microfono di destra all'altoparlante di destra; su questa disposizione si basa il segreto della stereofonia. Al posto delle teste di gesso, una sfera di legno della forma e della grandezza di una testa umana prestò gli stessi servizi.
Allo sviluppo dell'audizione spaziale contribuí notevolmente l'invenzione dei diversi sistemi della visione spaziale nel film. Nel 1950 e 1951 Norman MacLaren disegnò in via sperimentale i primi due film a colori tridimensionali. Il primo film tridimensionale Bwana der Teufel, ancora molto primitivo, apparve nel 1952; seguirono altri film basati sullo stesso sistema. Nel settembre del 1952 fu proiettato al Broadway Theatre, New York, il primo film in cinerama; un anno dopo si girarono i primi film con i sistemi cinemascope e vistavision. Quest'improvvísa spinta dell'industria cinematografica verso nuove direzioni ha dato origine a esperimenti intensivi con il suono spaziale, perché l'immagine spaziale - sia quella veramente tridimensionale, sia l'immagine apparentemente spaziale del cinemascope richiedeva naturalmente anche il suono a piú canali.
Da questo punto di vista sono degni di nota gli esperimenti che Hermann Scherchen fa nel suo studio sperimentale acustico di Gravesano con l'ultimo elemento di trasmissione, l'altoparlante. Egli prova altoparlanti d'ascolto costruiti dall'industria e cerca di trovare la disposizione ideale per trasmissioni realmente stereofoniche. Già nel 1954, in occasione del Congresso di musica ed elettroacustica, egli aveva stupito i partecipanti con un'esecuzione di musica apparentemente spaziale. Un'intera serie di altoparlanti, distribuiti nello studio oscurato, dava l'impressione di essere veramente in una sala da concerti. Da allora Scherchen ha continuato a dedicarsi a questi esperimenti, persuaso in fondo che la «fine della musica» è imminente e che rimane ancora da fare un'unica cosa, cioè conservare per cosí dire il patrimonio delle opere musicali con una perfetta tecnica della registrazione e della riproduzione.
Instancabilmente provò altre collocazioni degli strumenti, diverse marche di altoparlanti, condizioni acustiche variabili, impiegò risonanze di diversa lunghezza, con le quali poi animò composizioni registrate nel modo piú «asciutto» possibile. E' palese in tutto ciò l'intenzione di creare ogni volta lo «spazio» musicale conveniente, adatto solo all'opera in questione. Ogni epoca della musica conosce un diverso ideale spaziale; ogni periodo dà la preferenza a una differente atmosfera concertistica. Scherchen prende le mosse da questa constatazione. Fra l'altro egli tenta di ricreare la giusta atmosfera mediante l'inclusione dello spazio nell'incisione finita: per Bach la chiarezza e la linearità, per Mendelssohn la trasparenza, per Debussy il pittoresco, per Strawínsky durezza e pregnanza. Egli ha inciso per esempio un tempo di un quartetto di Haydn con un magnetofono a quattro piste, di modo che ognuno dei quattro strumenti sonava in un microfono particolare; ogni voce perciò scorreva separata dalle altre su una delle quattro piste del nastro.
[...]

di Fred K. Prieberg (da "Musica ex machina", Einaudi, 1963)

1 commento:

uniroma.tv ha detto...

Al seguente link potrete vedere il servizio realizzato da Uniroma.TV, dal titolo "Musica e società 2010" sulla terza edizione del convegno "Musica e società" che si pone come obiettivo la diffusione capillare della musica fin dalle scuole primarie.

http://uniroma.tv/?id_video=16124

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