Nella storia della musica non si è quasi mai verificato che le radici di composizioni altamente significative fossero così anacronistiche come è avvenuto per Bruckner. Il suo sinfonismo infatti non nasconde affatto la sua origine: l'ambito congenito a Bruckner era quello della musica sacra, il suo strumento era l'organo. Ma la grande tradizione organistica era in via di estinzione già intorno al 1750, la musica sacra diveniva alcuni decenni dopo una zona musicalmente provinciale (fatta eccezione per alcune grandi composizioni). Il fatto che Bruckner idolatrasse Wagner e che dedicasse la Terza Sinfonia "All'illustrissimo Signor Richard Wagner, all'ineguagliabile, famosissimo e sublime Maestro dell'arte poetica e musicale in profondissima riverenza", fece sorgere l'equivoco che la musica di Bruckner seguisse le orme tracciate da Wagner. Per quanto ciò fosse errato, Bruckner ne soffri notevolmente; egli si trovò ad essere sospinto senz'altro nel campo wagneriano e lisztiano. L'autorevole critico viennese Eduard Hanslick, dopo la prima esecuzione della Terza Sinfonia nel 1877, ebbe la visione di "come la 'Nona' di Beethoven stringa amicizia con la 'Walchiria' di Wagner e finalmente vada a finire sotto gli zoccoli dei suoi cavalli". Come la musica di Wagner, così anche il sinfonismo di Bruckner fu accusato di mancanza di forma, e per molto tempo non si comprese che Bruckner non voleva esser valutato secondo misure wagneriane, e neanche secondo il metro classicistico.
La Terza Sinfonia (che non certo per caso è in re minore, la tonalità della 'Nona' di Beethoven) è ritenuta con un certo diritto come l'opera in cui Bruckner ha definitivamente trovato la sua via quale compositore sinfonico. Essa pone tuttavia dei problemi particolari. Una prima versione fu vompiuta nel 1873. Ad essa dopo i primi ritocchi (1874), seguirono ancora due rifacimenti (1877 e 1888/89). Di questa Sinfonia esistono così almeno tre versioni; Bruckner lavorò a questa composizione per un periodo superiore a 17 anni. Si è considerato a lungo la terza versione come quella definitivamente valida. Oggi si tende sempre più a riconoscere che anche alla seconda versione (1877), da cui Bruckner tra l'altro eliminò le citazioni wagneriane, spettano i medesimi diritti che non alla terza versione. Il procedimento sinfonico bruckneriano ammette evidentemente, entro certi limiti, diverse possibilità di una valida configurazione. Ciò significa senz'altro che quel principio compositivo orientato alla musica del classicismo viennese necessita d'una revisione. Il modello della 'Nona' beethoveniana è però evidente all'inizio (quel sorgere da uno 'stato sonoro originario') e alla fine del primo movimento (figura di ostinato). Il primo complesso tematico è costituito da un tema ampio ed elementare affidato alla tromba, unitamente al secondo nucleo tematico che sgorga come in un'eruzione sonora. Nel carattere di frammento che hanno le figure tematiche sono racchiuse le loro capacità di svilupparsi sinfonicamente. Un complesso cantabile e meditativo, quindi un imponente dispiegamento timbrico che si addensa in un tema con carattere di corale (Bruckner vi annota: Choral marcato): questo sono ulteriori fasi dell'esposizione. Ma lo schema tradito di esposizione, sviluppo, ripresa, coda viene per così dire colmato da una nuova "tecnica di mutazione" tematica (Werner Korte), che risulta da elementari eventi ritmici e timbrici. Che le visioni sonore di Bruckner sono tratte da una rielaborazione della tradizione di musica sacra, è un fatto chiaramente avvertibile nel movimento lento, mentre nello Scherzo quell'accento di ländler (danze caratteristiche dell'Austria e della Germania meridionale), che da lungo tempo era assurto a nobiltà d'arte, emerge con una veemenza ingenua e al pari demonica. Il Finale, che si solleva di nuovo da una configurazione sonora quasi roteante su se stessa (il nucleo è costituito dall'intervallo primigenio di una quinta), è concepito nei suoi estatici addensamenti timbrici come il coronamento, il riepilogo della Sinfonia. Essa sfocia coerentemente nell'apoteosi del tema affidato alla tromba, che ne aveva costituito l'inizio.
Stefan Kunze (Traduzione: Gabriele Cervone, note al CD DGG 413 362-2)
La Terza Sinfonia (che non certo per caso è in re minore, la tonalità della 'Nona' di Beethoven) è ritenuta con un certo diritto come l'opera in cui Bruckner ha definitivamente trovato la sua via quale compositore sinfonico. Essa pone tuttavia dei problemi particolari. Una prima versione fu vompiuta nel 1873. Ad essa dopo i primi ritocchi (1874), seguirono ancora due rifacimenti (1877 e 1888/89). Di questa Sinfonia esistono così almeno tre versioni; Bruckner lavorò a questa composizione per un periodo superiore a 17 anni. Si è considerato a lungo la terza versione come quella definitivamente valida. Oggi si tende sempre più a riconoscere che anche alla seconda versione (1877), da cui Bruckner tra l'altro eliminò le citazioni wagneriane, spettano i medesimi diritti che non alla terza versione. Il procedimento sinfonico bruckneriano ammette evidentemente, entro certi limiti, diverse possibilità di una valida configurazione. Ciò significa senz'altro che quel principio compositivo orientato alla musica del classicismo viennese necessita d'una revisione. Il modello della 'Nona' beethoveniana è però evidente all'inizio (quel sorgere da uno 'stato sonoro originario') e alla fine del primo movimento (figura di ostinato). Il primo complesso tematico è costituito da un tema ampio ed elementare affidato alla tromba, unitamente al secondo nucleo tematico che sgorga come in un'eruzione sonora. Nel carattere di frammento che hanno le figure tematiche sono racchiuse le loro capacità di svilupparsi sinfonicamente. Un complesso cantabile e meditativo, quindi un imponente dispiegamento timbrico che si addensa in un tema con carattere di corale (Bruckner vi annota: Choral marcato): questo sono ulteriori fasi dell'esposizione. Ma lo schema tradito di esposizione, sviluppo, ripresa, coda viene per così dire colmato da una nuova "tecnica di mutazione" tematica (Werner Korte), che risulta da elementari eventi ritmici e timbrici. Che le visioni sonore di Bruckner sono tratte da una rielaborazione della tradizione di musica sacra, è un fatto chiaramente avvertibile nel movimento lento, mentre nello Scherzo quell'accento di ländler (danze caratteristiche dell'Austria e della Germania meridionale), che da lungo tempo era assurto a nobiltà d'arte, emerge con una veemenza ingenua e al pari demonica. Il Finale, che si solleva di nuovo da una configurazione sonora quasi roteante su se stessa (il nucleo è costituito dall'intervallo primigenio di una quinta), è concepito nei suoi estatici addensamenti timbrici come il coronamento, il riepilogo della Sinfonia. Essa sfocia coerentemente nell'apoteosi del tema affidato alla tromba, che ne aveva costituito l'inizio.
Stefan Kunze (Traduzione: Gabriele Cervone, note al CD DGG 413 362-2)
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